Intra e fora. Intra e fora.
E su fazzu un passo avanti sugnu fora e chiuru questa porta. O a lassu aperta che tanto non ha importanza. E allora putissi andarmene. Furiare il mondo. Anche se il mondo é solo quello che trovo scinnennu le scale. Ma andrebbe bene lo stesso che tanto non cè differenza.
E se torno indietro invece trovare rifugio e cunottu macari. Che fuori la gente è tinta. Malata. Che non cè nenti fora. Che non cè.
Certo. Putissi macari arristari cà e aspittari i fulinii che si fanno parete supra i me razza. Na me testa. In mezzo alle mie gambe. Senza chiù respirari. Futturi. Pinsari. Moriri insomma. Arristannu vivo.
Intra e fora. Intra e fora.
Che tutta la differenza alla fine sta in un muro. Epperò ogni muro ciavi puttusa e punti deboli e terremoti anche. Pronti a distruggerlo. A farne ricordo. E non serve chiedere aiuto che il muro uno quasi sempre se lo porta macari ca non si viri e ci appoggia lanima susciannu. Chinu di pinseri.
Intra e fora. Intra e fora.
U sacciu. Lunica cosa buona fussi abbiarli nterra sti mura. E abballari. Abballari supra alle macerie. Senza più sapere unni è intra. Unni è fora.
Intra e fora. Intra e fora.
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