16/03/10

Carmine Acquaviva

Acchianava a stento le scale che cera preso di avere scanto dellascensore per via che una vota cera stato dentro una para di ore senza riuscire a uscire. Appresso ciaveva sempre le stesse cose. Un ombrello tannicchia storto nella punta. Una busta che dentro ciaveva tante altre buste. Il cappello stile americano ammaccato con precisione nei lati.
Carmine Acquaviva era stato un belluomo ai suoi tempi e chi lo aveva canusciutu da giovane si meravigghiava ogni volta a vedere quel cambiamento. Che poi non è che fosse vecchio. Sessanta. Sessantacinque. Che ancora a quelletà cè gente che ammutta i muntagni.
Forse è che ne aveva passate tante e selera goduta e tutti la conoscevano la prima parte della sua vita che sempre ci spiavano particolari e sempre lui i mannava affanculu. La vita di prima. Quella dove aveva fatto fortuna vinnennu di tutto allamericani della base. Quella dove ogni sira nisceva con una fimmina diversa e una volta era finito macari supra al giornale per via di unattrice famosa che sera voluta passare il capriccio proprio con lui.
Carmine sembrava averli dimenticati quei giorni. Ora ammuttava sulu i so anni che a stento pareva che ci putissi ancora arrinesciri.
Cerano tante voci sopra a questo fatto ma nessuna pareva quella vera o forse lo erano tutte che in genere è sempre accussì che ammatti. E dunque cera chi parlava di debiti di gioco e chi di donne. Chi di carcere e ammazzatine e chi di lutti in famigghia. Insomma.
Ogni occasione che lo incrociavo lui mi taliava con locchi assenti come se tutti quelli che incontrava fossero fantasmi o gente di poca importanza e una volta sola si fermò che aveva la spesa e io fui deciso nellaiutarlo a acchianare una busta. Fermi davanti alla porta della sua casa lui non sapeva che fare. Io stavo per andarmene che non volevo disturbare ma lui invece alla fine si decise a offrirmi un caffè. Dentro era tutto in ordine solo che mancavano quasi tutti i mobili. In compenso cerano tante foto di tutte le misure con lui che arrireva felice da tutte le città del mondo.  E in alcune era solo ma più spesso cerano fimmini bellissime a fargli compagnia oppure uomini eleganti e altolocati. Io continuavo a sentirmi tannicchia assai a disagio che lui non parlava e mi chiese soltanto se lo volevo zuccherato il caffè e poi chiù nenti.
Solo quando mi accompagnò alla porta vedendomi fermo davanti a una foto alta fino alla mia testa mi mise una mano sicca sicca supra alla spalla e pronunciò tutto serio:
" Ero giovane"
Io mi furia a taliarlo. E mi passi che quelle parole erano come una confessione. E quella sua faccia come una sconfitta.

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