Lo studio medico è abbastanza pulito, Alfredo lo ha scelto a caso tra quelli più economici, più distanti dal centro città. Non ama molto i medici Alfredo, anche se in fondo lui è lì solo grazie a loro, ma forse è proprio quello il motivo.
Il fatto è che ricorda ancora le lunghe file di letti in ospedale dove era stato da piccolo, i giorni passati in solitudine ad attendere l'orario di visita, il cibo scadente. Ora invece è seduto in questa stanza, “abbastanza pulita” torna a dirsi per farsi coraggio.
Alle pareti quadri senza valore e qualche avviso. Nessuno vi presta attenzione e anche loro paiono ad Alfredo consci della loro inutilità.
Ecco, però, forse una parete tutta bianca sarebbe molto più triste, pensa, e allora Alfredo si aggrappa a questa possibilità per dar loro un senso. Si concentra su uno di quei quadri, lo osserva con attenzione. Mostra strisce orizzontali che si accumulano, si passa dal giallo all’azzurro e ogni linea è sovrapposta alla precedente, viene coperta dalla successiva. A volte una pennellata acquista densità e si formano increspature che ad Alfredo paiono piccoli omini protesi verso il vuoto. Come volessero scappare, come volessero vivere in un altro luogo. Altre linee invece risultano piatte e quasi non si distingue la loro esistenza reale sulla tela, quasi fossero semplici macchie della stessa, come se il loro creatore si fosse dimenticato di dar loro una anima.
Alfredo è così assorto che non si accorge che qualcuno lo ha chiamato, che ora è il suo turno.
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