Intrappolato nel piccolo bagno di casa Alfredo non sa bene cosa fare. L’aria è calda e umida. Sul tubo della doccia qualche goccia d’acqua si condensa per scivolare subito via. Lui, nudo, è seduto sul vaso. Ha dimenticato le mutande nell’altra stanza ma la porta non ha voluto cedere ai suoi strattoni e il bagno è cieco, nessuna possibilità di fuga.
“Che strano dire cieco” pensa Alfredo e chiude anche lui gli occhi come a voler solidalizzare con l’ambiente. Riapre gli occhi e si guarda in giro, se fosse costretto a rimanere lì non potrebbe neanche vestirsi, ha lasciato tutto nelle altre stanze. Al massimo qualche asciugamani, l’accappatoio appena lavato che ancora profuma di qualcosa che Alfredo non sa bene identificare, ma che gli risulta piacevole. Improvvisamente lo assale il pensiero di rimanere lì per sempre.
“Chissà se è possibile mangiare il dentifricio” fantastica, ma poi scarta l’idea e dice a se stesso che potrebbe accontentarsi dell’acqua per il tempo necessario, prima di essere salvato. “Quale tempo però?” “Se ne accorgerà qualcuno?” “Mi cercheranno?” Troveranno un cadavere rinsecchito solo per l’odore che attraverserà la casa giungendo a impregnare di se le mura del palazzo?
Dispiace ad Alfredo l’idea di lasciare solo il ricordo di puzzo di carogna e allora gli viene in mente che ha posato lì, dentro al mobiletto per la biancheria e i medicinali, l’ammorbidente comprato all’Iper. Il profumo è di lavanda, così è scritto, di sicuro lo stesso dell’accappatoio, e lui inzuppa tutte gli asciugamano per gli ospiti con quel liquido viola fino a svuotare il flacone.
Nell’aria si spande un odore così forte da dargli quasi nausea, ha bisogno di muoversi. Prova a distendere le gambe e ad appoggiare la schiena rimanendo seduto, ma lo spazio non è sufficiente. Alfredo si sente sempre più a disagio e affiora anche qualche piccolo brivido a contrargli il corpo. Si alza e in quel momento rammenta di aver letto di un fiore bellissimo, anzi il fiore più grande del mondo. Deve averlo visto su una rivista, immenso, dai petali rossi come di sangue. Il suo odore, c’era scritto, era insopportabile. Sembrava quello di carne putrefatta, eppure qualcuno aveva l’ardire di coltivarlo e di attenderne fiducioso la fioritura .
Un sorriso illumina il viso di Alfredo. Ha smesso di tremare. La mano, con calma, riprova ad abbassare la maniglia.
Una corrente d’aria fredda gli strappa uno starnuto.
Fonte immagine: US Botanic Garden. - http://www.usbg.gov/your-visit/Titan-Day-1.cfmhttp://www.usbg.gov/images/july23at745am_lg.jpg, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3107340
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