24/02/09

Don Vito

Appena si arrusbigghiava Don Vito chiureva locchi e incominciava a dire:
"Sono vivo! Sono vivo! Sono vivo!"
Se lo ripeteva una trentina di volte, fino a quando non si convinceva che era come diceva lui. Poi si scordava di tutta questa cerimonia ed era allora, solo allora, che accuminciava veramente la giornata.
Era un gran lavoratore Don Vito. Lui li sapeva fare veramente gli interessi suoi e della sua famigghia. Che importava se qualcun altro per quello ogni tanto ci ieva sutta. Il mondo è per chi ciavi i cugghiuni! E' la legge! E non ci possono essere ni sta vita cento lupi e quattro picureddi.
Quel giorno ad esempio ciaveva un nuovo contratto da fare. Una cosuccia insomma, pecchè ni sti cosi era abituato in grande, ma però anche a fare una strada di cento metri cera guadagno e di muddicheddi è fattu u pani.
Resi na taliata dalla finestra e mussiau. Pioveva e a lui ciaveva dato sempre fastidio il tempo quando era allacqua. Comunque non era il momento di ciddiari, pigghiau limpermeabile e nisciu. Prima di andare al comune voleva vedere questo pezzo di campagna da asfaltare. Lautista ci misi tannicchia ad arrivari che il posto era lontano e scumutuleddu, ma nel frattempo u suli ava nisciuto tra le nuvole e Don Vito non potti fare a meno di pensare che lui era veramente fortunato.
La strada da fare doveva unire la provinciale con un capannone che lassessore sera comprato un anno prima. Quando arrivò lì però si ricordò preciso che anche quello era opera sua, che quel deposito laveva costruito lui. Una cosa vecchia. Un lavoro a gratisi. Un regalo per il cognato di un onorevole importante di Palermo. A lui da quella finta spesa cera venuto più del doppio del guadagno quando lanno dopo ci furono le gare per la costruzione dellospedale di Bonomo. Ah! Che bei ricordi! Che tempi!
Si fece lasciare vicino alla strada e si incamminò da solo verso la costruzione.
Ci venne in testa la sua nipotina. Il giorno prima quando era venuta a trovarlo con quello scansafatiche di suo figghio non laveva voluto salutare con un bacio. Poi però si era convinta. Si viri da quando su nichi comu su buttani cetti fimmini! Don Vito se lera comprata con due torroncini e la promessa di una Barbi nuova per lindomani. Sorrise a pensare a questa cosa che lui di fimmini se ne intendeva, qualcosa però, allimprovviso, gli sbarrò la strada. Un albero. Non se nera accorto prima. Rappuli di ciuri russi comu u sangu niscevano fora tra le foglie scure e il tronco massiccio pareva tutto chinu di rughe. Comè che non laveva visto? Eppure era alto una decina di metri. Si girò indietro per chiedere allautista informazioni su quella cosa, ma non si vedeva più la macchina e neanche la strada ci passi di vedere. Aveva camminato così tanto? Si furiau di novu e macari il capannone non cera più. Tutto attorno sulu terra sicca, e quellalbero sconosciuto anche. Ciaccuminciau a girare la testa. Si sedette sotto al tronco e chiuse locchi. Ci sembrò allora di sognare. Cera suo nonno che gli portava delle cose buonissime. "Pigghia Vito, assaggia sti carrubbi!" ci riceva, ma lui per quanto si sforzava non cià faceva a masticari.
Si svegliò che era notte. E non passau chiù.

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