Io sono sincero non lò mai capito il travagghio che fa Amato.
Certo cè stato un tempo che pensavo che era prufissuri della scuola ma poi mi sono accorto che non nisceva mai e allora non poteva esseri. Fatto stà che è sempre abbiato davanti a quel compiutere a taliari la luci ca cangia. Però è gentile e a sò birra è la migliore di tutto il palazzo.
A simana scorsa quando ci fu quella botta di cauru che nelle strade furiavano solo i miraggi ci sono andato a trovarlo che ogni tanto lo faccio. Lui invece di portarmi in cucina mi fece entrare nella stanza dei libri quella che non lo sapevo che si chiamava accussì e che vedevo sempre chiusa che pensavo che ci teneva qualche fimmina come a Barbablù.
"Ma tu i liggisti tutti?" ci chiesi che subito pensai che era una cazzo di domanda.
Lui manco mi arrispunniu. Ne pigghiò uno nelle mani e lo accarezzò come si fa con una minna la prima volta che sei innamorato e ciai paura a sciuparla.
"Totò ti va di leggere?" disse allimprovviso.
"E chimminnifazzu?" ci risposi sorpreso.
"Niente! Ma non è bello così?"
Sì. Avevano raggione quando mi dicevano che a sapere troppo si scemunisci.
"E sintemu... tu chi mi facissi leggiri?" ci spiai così tanto per dire.
"Prima rispondimi tu..."
"Dimmi"
"Di cosa parliamo noi quando ci incontriamo?"
"Di fimmini" mi vinni in testa che largomento in effetti cera quasi sempre.
Lui si spostò verso una pila di libri vicino a una seggia e pigghiau qualcosa. Poi che era ancora di spalle continuò:
"E poi?"
"Della famigghia" risposi subito.
"E ancora?"
Questa volta ci dovetti pensare e anche alla domanda dopo fu lo stesso.
Mi niscenu dalla bocca due cose:"Quello ca viremu" prima e "Do mangiari" dopo.
L'ultima invece fu più facile che già ci stavo pensando mentre ancora lui trafichiava spostandosi in mezzo a quella confusione come se se le sapeva tutte a memoria la posizione di quelle cartazze.
"Dei nostri sogni" ci rissi e lui mi guardò con un sorriso tutto soddisfatto.
"Lo sapevo" ci scappò dalla bocca. Poi mi resi in mano quelle cose che io ancora non ci credevo. Laveva fatto veramente.
"Provaci" disse sottovoce e cullocchi mammuttau verso la porta.
Mah! Che dire! Ognuno ciavi i sò pazzie e quel giorno a Amato cera preso così.
A casa ci resi una taliata e poi li posai. Ora stanno vicino al televisore così li posso vedere e... bò forse macari a mia mi attacca un giorno sta malatia.
Catullo "Le poesie" a cura di Francesco Della Corte Fondazione Lorenzo Valla
Isaac B.Singer "La famiglia Moskat" Editore TEA
Roland Barthes "La camera chiara. Nota sulla fotografia" Einaudi
Pellegrino Artusi "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" Einaudi
Marx Karl, Engels Friedrich "Il manifesto del Partito Comunista" Editori Riuniti
Giugno 2007
mammamia.. che bellezza.. ho perso l'abitudine di parlare in dialetto, lo faccio quando sono sola tra me e me e anche molto incavolata... con la speranza che nessuno mi senta, tipo m'è scappato un "Ma chi vvoli sta camurria??" oppure con la mia mamma al telefono... la mamma è sempre la mamma..
RispondiEliminami piace e mi fai sorridere. Saluti gocce.
Contento che ti piaccia, ancora più contento che ti faccia sorridere...
RispondiEliminae ricordare :-)
Ciao, Dario.
Grazie. Bellissimo. Grazie ancora.
RispondiEliminaGrazie Massimo :-)
RispondiEliminaCiao, Dario
sai che me li sto leggendo tutti così, senza parere, sti condomini? vanno giù che è una bellezza, questo è una piccola meraviglia. Ti saluto che continuo ancora un po':-))
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