mercoledì, gennaio 02, 2013

Inizia l'anno

E' il primo gennaio: 10 ore, quattordici minuti e trentasette secondi dopo la mezzanotte. Sono sveglio, lo sono da circa quattro ore poiché erano le sei, tre minuti e ventisette secondi quando ho sentito i primi rumori e ho aperto gli occhi e cazzo stava solo sognando e la stanza era la mia stanza, il letto il mio letto e anche la macchia sul soffitto era la stessa e il fascio di luce dell'orologio spezzava ancora i colori sul muro e quella cazzo di vicina continuava a pulire, a sbattere i tappeti, a spostare i mobili come ogni giorno, come ogni anno, come sempre. Ore sei di un fottutissimo giorno qualunque.
Il letto rimanda il mio odore e il cuscino a terra ha piccole macchie di sangue e saliva. Chiudo gli occhi. 10 ore, sedici minuti e quarantacinque secondi. Ho freddo, indosso in fretta la felpa e la tuta e vado a preparare il caffè. Nel frigo la miscela si conserva bene. Un leggero profumo nell'aria prima di mettere la moka sul fornello e correre a pisciare. Cosa stavo sognando? Non ricordo mai i sogni, non che me ne dispiaccia molto, evito in questo modo fantasie e deliri, ma a volte vorrei sapere, non trovarmi come ora con un'eiaculazione notturna senza poter ringraziare nessuno, senza sapere se eri tu. 
"Che fretta c'era..." canticchio dietro la voce di una cover della Goggi trasmessa sulla radio digitale in tv e cerco i biscotti, "...maledetta primavera" sono rimasti solo quelli dell'ultimo viaggio a casa, quelli a forma di esse, quasi tutti spezzettati, briciole. Ricordo, li ho scartati tutti in questi giorni e "Che fretta c'era..." non importa, n o n  i m p o r t a. Afferro la busta di plastica e verso in bocca il contenuto prima del caffè, prima di scottarmi, ancora una volta, ancora. "...lo sappiamo io e te". Lo specchio rimanda il volto di un uomo barbuto, grugnisco prima di lanciarmi in mille smorfie senza senso. Quando abbasso la testa l'acqua inizia finalmente ad essere più calda e posso indagare con le dita la crepa sul lavabo, il bordo sempre più grigio.
Non faccio in tempo a sciacquarmi il viso, una serie di borbottii poi di nuovo acqua gelida e freddo dentro le mie ossa. Maledico il tempo, il padrone di casa e accendo una sigaretta seduto sul cesso. A terra qualche rivista, la settimana enigmistica, il reader per i libri volantini pubblicitari.
Porto la sigaretta tra il pollice e l'indice e aspiro profondamente, a lungo, mentre mi libero. Non ho voglia di leggere, cosa leggere poi? Non ho più una lingua, sento di non avere più nessuna lingua e non mi va di tradurre tutto.
Mi alzo e mi piazzo sotto la doccia, conosco i tempi della caldaia, conosco i suoi capricci: tre minuti esatti poi borbotterà di nuovo. E mi toccherà chiudere, attendere. Intanto provo ad ustionarmi sotto quel flusso, immobile, ritto al centro del magico quadrato.
“I scream, you scream, we all scream, for ice cream!”. Inizio ad urlare al primo getto freddo. “I scream, you scream, we all scream for ice cream!”. Urlo e batto i piedi, lo faccio fin quando resisto, poi resto solo un Benigni di terz'ordine in cerca di una pezza pulita. “I scream, you scream, we all scream for ice cream!”.
Trovo una vecchia maglietta dietro il bidet, sembra asciutta, credo vada bene. Spezzo il fascio di luce che proietta l'orario sul muro. L'azzurro passa tra le dita, lo blocco con il palmo e poi l'afferro stringendo la mano a pugno. Credo siano già passati dieci minuti dall'inizio del gioco o forse solo pochi secondi, non so, smetto. Tra poco suoneranno alla porta e raccatterò le mie due pizze sul pavimento del pianerottolo. Due margherite già pagate ad inizio mese, come quelle già arrivate, come quelle che ci saranno.
Due margherite per stasera e poi per domani anche, prima che il campanello suoni nuovamente.
Sul tavolo le briciole di quelle di ieri. Passo il gomito sul legno laccato per far cadere tutto a terra, lascio i cartoni con le nuove pizze e poi riempio la brocca dell'acqua. Iniziano già a diventare fredde, apro una scatola e taglio delle grosse fette untuose che ripiego prima di portare alla bocca.
Glu, gnam, glub, bevo, mastico e ingoio velocemente tutto poi ripongo la pizza ancora nel cartone e quello che è rimasto dell'altra nel frigo.
Sono gesti ormai standardizzati, questi, gesti che mi salvano.
Ora collegherò il computer al televisore e mi vedrò un film, prima però sarà necessario eliminare l'audio, pigiare un tasto del lettore mp3 e far partire qualcosa a caso, prima di provare anche questa notte a dormire, prima di sognare qualcosa che anche questa volta non ricorderò, non farò.

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