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07/01/14

Amleto - 7 -



Lui a Rosaria ci ha sempre voluto bene. Peccato per quel figghio inutili. Certo se fosse per lui una bella sugghiata di coppa non ci farebbe male. Che lui ne sa qualcosa. Che quando era nico...
Si susi dal letto e telefona subito a Nico. Vuole sapere se ci sono novità dalla Germania che lultima volta anche là qualcuno ci ha tentato a fare u spettu.
"Senti comu stai? E to figghia? Certo capisco. Insomma ti lava rittu iu. Non cè da fidarsi e va beh! Chiffà ni viremu? Quando? Subito se vuoi! Sì. Sì. Sugnu a casa. Vabbene! Ti salutai. Sì. Ti aspetto."
Marco ci abbia una pirata al comodino che ci spezza una gamba e quello cade a terra e tutto quello che cera dentro si sparpaglia sopra allo scendiletto di pelo di pecora. Che lui non lo ha mai sopportato. Che ci ha sempre fatto impressione mittirici i peri sopra a quel coso.
"Rosaria! Rosaria!"
"Chi succiriu? Chiffù?"
Rosaria nesci tutta a nura dal bagno e nemmeno si preoccupa della confusione. Si metti nterra a ci prende il piede nelle mani. E' tutto chino di sangue e gocce dense cascano sopra il pelo bianco del tappeto.
"Chiffù! Chiffù!" continua a ripetere e pulizia quel sangue con le mani con la lingua fino a quando non è sicura che non è niente di grave.

Tino non lo sa dove andare. Ciavi sulu vogghia di rivedere Gemma ma non si può presentare così presto a sò casa. Eppure gira vota e furia ci passa almeno quattro volte davanti a quel portone che lui nemmeno se ne accorge che nel frattempo ci sono finite anche le sigarette.
Quando trasi dal tabacchino cè anche Don Nico che si sta pigghiannu un café.
"Tu pozzu offriri?" ci fa quello e lui non può certo rifiutare.
Ci sta davanti in silenzio che non lo sa davvero cosa ci può dire ma il vecchio non se ne cura e dopo quellofferta per lui u carusu e come se non esistesse. Si accorge di nuovo di lui solo quando va a pagare che si furia e ci dice: "Ni viremu" prima di nesciri nella strada.
Quando Tino lo vede furiare dalla traversa si sente più tranquillo e attraversa la strada e sono al campanello di Carmelo.

05/01/14

Amleto - 6 -






Marco Butera è assittato nel letto. Con una mano sarraspa i baddi e con laltra teni la tazzina che ogni tanto suga che il caffè è ancora caldo. Rosaria è appoggiata con la testa sulla sua panza immobile come a una bomboniera sopra il comò.
"Tunnau?"
"Sì"
"Certo che non si comporta tanto bene"
"E' caruso. Troppi cambiamenti"
"Certo. Certo. Difennilu macari! U sapissi iu comu fari!"
"Lassa stari Marco. Ci passerà"
"Unni sinni iu assira?"
"A casa di Nico"
"Quannu u iattu non cè... "
"Mi rissi ca tunnau"
"Cui? Nico?"
Rosaria non risponde più che è impegnata in altre cose e accala solo la testa per fare capire di sì. Marco posa la tazzina sopra il comodino e si scorda tutto. Quella fimmina ci fa perdere la testa.
Ce laveva invidiata tanto a Bastiano. Quando lavevano conosciuta se lerano giocata a briscola e quello aveva vinto. Venti anni. Erano passati venti anni ma ancora se la ricorda quella carusidda con quelle minne e quel culo da favola. E in tutti questi anni ce laveva sempre avuta sotto agli occhi che Bastiano se lera anche maritata alla picciotta. E però chi si poteva avvicinare? Quella era la moglie di un amico. E del suo socio macari.
Marco ci spinge la testa che manca poco e poi esplode che ci sembra di morire. Rosaria continua e lascia che quel pezzo di carne piano piano trovi pace dentro la sua bocca.
"Allora tunnau! Bene! Ci dobbiamo fare un discorso io e lui. Ora bisogna essere più attenti. Cè bisogno di carne frisca. Di facce nuove. Non ci possiamo presentare più a fare affari come a una vota. To maritu no vuleva capiri che le cose erano cambiate. Bisogna stare più attenti. E lui invece a credere ancora che bastava essere solo uomo donore. Chi minchiata. Oggi servono società. Prestanomi seri. Avvocati. Dutturi. Autru ca sti scacciacani"
Rosaria si alza e lo guarda che pari innamorata."Sarà su futteva accussì con Bastiano" pensa Marco prima di baciarla che lo sente che lei ha ancora voglia. La fa sdraiare nel letto e inizia a toccarla fino a quando non sente le dita bagnarsi e gli occhi di lei addivintari come spuma di mare.

04/01/14

Amleto - 5 -


Tino lo sa che quello è il momento di nesciri e allora saluta e si fa le scale che non lo vuole pigghiare lascensore perché è così quando lui è contento che la vuole allungare quella sensazione come se il tempo si putissi fermare e ancora nella testa cià limmagine di Gemma e ancora lo stomaco sinturcinia come se avissi fami.
Sotto al palazzo si ferma e si adduma una sigaretta e poi accumencia a camminari che sembra che anche la città si sta svegliando e tutto ci pari novu e ogni cosa china di culuri anche se il cielo è quello triste di ogni inizio di anno.
Quando trasi a casa sua madre è chiusa na camera. “Starà futtennu” pensa Tino e mancu si preoccupa di avvisare che tanto non è importante. Rapi il frigorifero e si tagghia una fetta di formaggio e poi si pigghia tannicchia di vino macari che ci hanno detto che se uno beve di matina ci passa più presto il mal di testa. Con il vino vicino sassetta davanti alla televisioni e accumencia a furiari i canali uno dietro laltro fino a stancarisi locchi.
“Putevi telefonari!”
“Mi scuddai u telefono a casa”
“U visti. Unni fusti?”
“Ni Carmelo. Ni mangiamu una pizza. Turnau so o pà!”
“Ah!”
Non lo sa Tino perché ci ha detto quellultima cosa o forse incomincia a immaginarlo ma non lo sa ancora spiegare.
Madre e figlio comunque finiscono di parrari che già si sono detti troppo.
Lei si metti a preparare un cafè e pigghia le tazze buone e il vassoio macari e poi le bustine di zucchero e un dolcetto ca nesci come per magia da dentro una scatola di latta.
“Lo sposino è a casa?”
"Marco sta riposando"
"Certo! Sarà stanco. E non ciù fai lovetto friscu?"
Tino evita per un pelo la manata nella faccia. "Malarucatu!" ci urla lei ma u carusu è già di nuovo fuori di casa che cià bisogno di aria.

Edoardo Sanguineti

Vengo, con la presente, a te, per chiederti formalmente di esentarmi d’urgenza
dal comunicare, con te, per telefono (io non posso battere zuccate disperate,
contro il primo muro che mi trovo a disposizione, ogni volta, capirai,
appena mollo giù il ricevitore):
(perché, mia diletta, io non saprò mai separare, stralciandole,
le tue parole, a parte, dai tuoi gomiti, dai tuoi alluci,
dalle tue natiche, da tutta te): (da tutto me):
sola, la tua voce mi nuoce.

Edoardo Sanguineti, Microkosmos

02/01/14

"Lucevan li occhi suoi più che la stella"

le vecchiette sul treno a dar di gomito
che si stava in peccato, noi
eravamo così nudi
da ignorarlo, da stupirci solo
del cielo,
del suo lento farsi vermiglio.


Scritto per l'EDS rosso come il peccato proposto da La Donna Camel

Partecipano:
- Melusina con Gloria mundi
- Gordon Comstock con Il peccato più grande 
- Fulvia con Biancaneve  
- Melusina con Red Velvet 
- Hombre con Present continuous
- Angela con Pensiero stupendo - trilogia
- Gabriele con Cave cave deus videt
- La Donna Camèl con Vedo rosso
- Melusina con L'amore ai tempi dei nonni
- Pendolante con La confessione
- Melusina con Mille papaveri rossi
- Gabriele con Pesci bianchi, pesci rossi
- Michela con Apple
- Pendolante con Generazioni
- Lillina con Iago
- Cielo con il pantone, altro che rosso

- Calikanto con Tabarin 
- Hombre con nove primi venerdì 
- Melusina con I salami della Beppina 
- La Donna Camèl con La casa rossa
- Leuconoe con Sogno di un pomeriggio di mezzo autunno 
- Il Pendolo con Il treno rivelatore

[ritratti inutili] Turi Pappalardo

A me che quando mi hanno eletto non ci volevo credere che io lavevo fatto per fare un favore a un amico mi ha fatto sempre schifo la politica. Tutti mangiatari che bisogna levarci anche le mutande che ci hanno rubato a questi farabbutti e io così ci ho detto ai miei compaesani che loro erano stanchi come a me e mi hanno votato. Ora sono assittato da un mese in questo posto e non è che ci abbia capito ancora assai. Che questi la fanno difficile e ci sono regole e norme e trucchi che appena ti furii ti futtunu. E tu non te ne sei neanche accorto.

Cè uno della vecchia giunta che mi telefona ogni giorno e mi fa i complimenti e mi suggerisce le cose anche se a quelli della sua parte ci fanno danno.
"Vedi Turi io sono stato sempre a favore del nuovo. E' che non posso ora, non posso. Non si sputa nel piatto in cui si è mangiato"
"Visto che lo dici macari tu? E' ora di finirla!"
"Giusto Turi, giusto. Per questo ti voglio aiutare"
"Dillo ca ti scanti. Ieri vi abbiamo fatto cadere il piano regolatore"
"Non siete stati voi Turi. C'era chi voleva fare il furbo"
"Sì! Sì! Cuntaccilla a Tofulu. Siete tutti morti"
"Ah! Ah! Ah! Allora stai parlando con un fantasma?!
"Che centra! Vi abbiamo circondato"
"Ok! Ok! Senti... voglio aiutarti ancora. Tu però non fare il mio nome"
"Sintemu"
"Domani cè la seconda votazione. Devi dire ai tuoi di aspettare. Qualcuno mi chiamerà fuori dal centro, dal partito a Roma. Se siete bravi mancherà il numero legale..."
"E tu? Chi ci varagni?"
"Io? La tua stima Turi. La tua fiducia. Magari quando sarete voi a comandare ti ricorderai di questo tuo vecchio amico segreto"
"Viremu. Viremu. Intanto ciao che devo chiudere ora"

Alla riunione li abbiamo fermati a quegli stronzi. Che loro hanno dovuto cambiare tutto e il giorno dopo hanno approvato una cosa tutta diversa. Ormai ci stiamo dietro. Lo devono capire che se ne devono andare. Il mio amico continua a telefonarmi. Ora è diventato segretario e mi ha fatto trovare un cellulare nuovo tutto rosso sotto allalbero dellufficio. Non cera il nome ma io lo so che è stato lui. Che io non lo volevo. Che a me non mi compra nessuno.

A mia moglie invece ci è piaciuto. Io lavevo portato a casa come prova. Per farlo vedere agli altri del movimento.
"E questo di chi è?" mi ha chiesto lei.
"E' un regalo per te" ci ho risposto e dopo ci siamo baciati.


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01/01/14

[ritratti inutili] Lisa Borletti

Lisa Borletti sa benissimo che quella non è la sua casa, che quello non è il suo letto, che lui non è il suo uomo, eppure continua a non curarsene che questi non son certo pensieri da far venire in testa mentre si sta per scopare: sì, perché Lisa Borletti in questo momento è impegnata in quelli che le riviste chiamano "preliminari dell'atto amoroso". Preliminari che, a giudicare dal rossetto rosso che segna la pelle dell’uomo, dai mugolii che ne disegnano la voce, la vedono garbata protagonista.

Tutto è iniziato la mattina, nell'attimo esatto in cui la curiosa suoneria dello smartphone appena regalato al marito ha annunciato l'arrivo di un messaggio.
"Quel coglione lo ha dimenticato nuovamente a casa!" ha pensato la signora Lisa prima di lasciare le proprie impronte digitali sul vetro ancora privo di graffi.
Il signor Carlo è nudo alle spalle di una donna, nuda anche lei. Avvenente, si direbbe.
"Sarà almeno una quarta" pensa Lisa confrontando subito quell'immagine con il seno un po' calante che le sagoma la t-shirt.
Poco sotto la foto un “sei stato fantastico”, accompagnato da un cuore, la sorprende parecchio.
“Fantastico? Carlo?” pensa, e allora riguarda quell’uomo e sì, il ventre è proprio quello di suo marito e le spalle e le mani e il volto, anche.
Lisa Borletti poggia il telefono e continua a spolverare che i ragazzi ritornano tra poco e ci sarebbe anche da pensare al cenone.
"Oggi esco" dice a tavola decisa.
"Vai al super?" bofonchia Francesco.
Mastica ancora la carne appena portata alla bocca, poi pulisce le labbra con il bordo della tovaglia prima di alzarsi per dirigersi verso la propria stanza.
“Francesco quante volte ti ho detto…” inizia a urlargli dietro il padre interrotto dalla voce del ragazzo.
“Ma’! Se vai al super, mi compreresti un pacco di quadernoni?”
“E tu non gli dici niente?”
Lo sguardo di Carlo cerca gli occhi della madre, ma lei ha già iniziato a raccogliere i piatti e solo sussurra:
“No. Non non vado al supermercato”.

Quando ha iniziato a prepararsi Clara l'ha guardata sorpresa.
“Ma dove vai, mamma?”
“Esco”
“Sì. Lo vedo che esci, ma dove vai?”
“Già, dove vado?” pensa tra sé e sé Lisa ma poi si ricorda di un vecchio invito di Letizia, l'unica amica che le è rimasta. “Vieni con me al Colibrì?” “Quel Colibrì?” “Certo! Perchè no?” “Lo sai cosa si dice di quel posto”
“E allora? Mi hanno detto che è carino”. Poi non se n'era fatto nulla, però.
“Vado in giro” dice alla figlia e sono appena le quattro quando parte con l'auto di famiglia, quella dei grandi viaggi mai fatti, quella delle grosse spese.

“Ma che sto facendo?” improvvisamente si trova a pensare.
“Che sto facendo? Non me ne frega nulla di lui. Sono anni che non mi interessa più. Che non ci cerchiamo più”
Eppure Lisa continua a pensarci, e lo sguardo si ferma sulla bottiglia di olio essenziale appesa allo specchio retrovisore interno che le ha regalato la figlia, sul libro dimenticato da Francesco sul sedile accanto.
“Tutto suo padre!” pensa lei e non si accorge di essere già sulle prime salite. Lontana dalla città, dal Colibrì, da casa sua.
Si ferma al secondo paesino che incontra; deve andare in bagno e poi ha voglia di un caffè, di una sigaretta.


Scritto per l'EDS rosso come il peccato proposto da La Donna Camel

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