Questo è il millesimo post e non potevo far finta di nulla :-)
Il primo risale al 23 Maggio del 2007, provenivo da it.arti.scrivere - nelle pagine linkate un bel riepilogo dell'attività scribacchina condotta da me e da molti altri più bravi di me su I.A.S. - e consideravo il blog poco più di un cassetto...
Un grazie a tutti coloro che, in questi anni, sono passati per caso, hanno letto, spulciato, commentato :-)
ps. il disegno è di Matticchio
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
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03/09/12
31/08/12
06/07/12
non si può aspirare dolore con una cannuccia seppur sottile di plastica blu di Alessandra Racca o la Signora dei calzini
se io potessi aspirare via
tutta la tristezza che ho visto
dietro la tua pupilla destra
lo farei con una piccola cannuccia
come si succhia il fondo
di un coca e rum
quella sinistra l’ho vista in controluce
ma credo che di dolore ce ne fosse anche lì
io quello lo suggerei
come si beve il fondo
di un long drink
una volta da bambina
per non arrivare impreparata al confessionale
mi sono segnata sul diario le bugie
ne dicevo così poche
per paura che non mi credessero
ho dovuto inventarne di finte
almeno un po’
ora, di bugia, ne dico qualcuna in più
peccato non frequentare preti
credo avrei fatto un figurone
quando ti dissi
quella sera
che non eri stato il mio più grande amore
l’ho detta per bene
c’era da crederci, lo so
quando cresci
impari
che non si può aspirare dolore
con una cannuccia seppur sottile
di plastica blu
che non si può suggere tristezza
come se fosse l’ultima goccia di un drink
che gli amori non si misurano
l’uno con l’altro
che la gente che soffre dice stupide cose
e che non bisogna mai mai
pentirsi
di aver amato qualcuno
e anche
che le dita nel naso
te le puoi mettere
comodamente
mentre sei in auto e canticchi ferma
a uno stop
lo fanno tutti
e non ti sgrida nessuno
Fonte: non si può aspirare dolore con una cannuccia seppur sottile di plastica blu di Alessandra Racca o la Signora dei calzini
"La sostanza dei sogni" di Paola Limone
Questa notte pensavo ai sogni.
A come si trasformano nelle nostre mani e possono diventare malleabili.
Alcuni sono come mongolfiere colorate, volano alti e lenti, ma li puoi riportare a terra, li puoi far guidare dalle correnti se le conosci, puoi far loro riprendere il volo quando il tempo è migliore.
Altri sono come liquidi colorati e brillanti, li tieni in bottiglie e barattoli per anni e poi li spargi quando vuoi, imbrattando di allegria tutto e tutti.
Ci sono sogni che se sei bravo li puoi impastare, e se sei paziente sapranno lievitare e dare un buon pane croccante.
I sogni che sembrano maionese impazzita, ti verrebbe da buttarli via ma con calma sai che qualcosa di buono potrai salvare, e ci aggiungi sostanza...e mescoli a lungo...
Cocci di sogni che tagliano le mani, che puoi raccogliere e fondere per farne perle con lacrime e sangue, e metterle al collo nei giorni di festa.
Altri ancora sono piccole braci sotto cataste di legna, resistono all'umidità e basta un soffio per riavere scintille.
Non penso che i sogni svaniscano, ma che possano cambiare stato, come gocce diventare vapore, trasformarsi in pioggia, tornare al mare, risollevarsi.
I sogni non sono nel qui e ora, hanno un orologio a noi sconosciuto che batte un tempo originale.
Nel qui e ora noi possiamo seguirli, senza cadere nella disperazione se per tratti di vita ci sembrano persi.
Se non avremo fatto l'errore di volerli cristallizzare, se sapremo accettare il cambiamento torneranno, con altre vesti, sotto altre forme, li riconosceremo e ci riempiranno il cuore di gioia.
Fonte: "La sostanza dei sogni" di Paola Limone
"Un Paese normale" di Giuseppe Aragno
Un Paese normale lo dimetterebbe.
Un Paese normale si troverebbe di fronte all’aut-aut del Presidente della Repubblica: o se ne va lui o me ne vado io.
Un Paese normale avrebbe un’opposizione trasversale in rivolta.
Un Paese normale avrebbe processato il ministro dell’Interno dopo nel luglio 2001.
Un Paese normale assedierebbe il Parlamento.
Un Paese normale urlerebbe così, fino a farsi sentire anche dal padreterno:
.
Un Paese normale?
Ma l’Italia non è un Paese normale…
Fonte: Un Paese normale di Giuseppe Aragno
01/04/12
23/02/12
13/10/11
"Forme e contenuti dell'indignazione" di Giovanni Borgognone
“L’indignazione è forse oggi il sentimento politicamentepiù diffuso. Questo ha contribuito alla grande fortuna editoriale di “Indignatevi!” volumetto del novantatreenne Stéphane Hessel, esponentedella Resistenza francese e poi membro della commissione che elaborò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite nel’48. Sennonché ciò di cui parla Hessel è a ben vedere un moto dei cuori e dellementi assai diverso dagli umori “piccolo-medio borghesi” serpeggianti più o meno in tutte le società occidentali, il cui esito, non di rado, è un generico rifiuto della politica, del ruolo delle classi dirigenti e soprattutto dei politici, ovvero una reazione tendenzialmente passiva, di ritiro dal sensodella cittadinanza, proprio quello che per Hessel è “il peggiore degliatteggiamenti”, l’indifferenza. Hessel si richiama all’energia che animò la Resistenza e ispirò i suoi programmi (da una più equa distribuzione delle ricchezze alla piena e inviolabile libertà di stampa). Quella, a suo avviso, fu una grande, splendida manifestazione di indignazione. Il mondo complesso rende forse più difficile mettere bene a fuoco le ragioni per cui indignarsi rispetto a quelle rese evidenti dal nazifascismo. Tuttavia l’autore segnala almeno due grandi sfide odierne: il divario sempre crescente tra i “molto ricchi” e i “molto poveri” e le questioni relative ai diritti dell’uomo e allo stato del pianeta. Il principale problema dell’indignazione è comunque rappresentato dall’antipolitica e dagli eventuali dérapages di tipo populistico: il rifiuto dei partiti e la sfiducia nelle forme della rappresentanza possono infatti rivelarsi meramente quali strumenti per manipolare l’opinionepubblica e consentire l’emergere di nuove forme di leadership carismatiche e demagogiche che fanno leva sulla classica formula “popolo buono vs élitescorrotte”. E il populismo, come è noto, può essere tanto di destra quanto di sinistra. L’indignazione dovrebbe portare piuttosto, come dice Hessel, a “un’azione civile risoluta”. Resta tuttavia da vedere quali possano essere gli strumenti più adatti per esercitare in modo efficace una cittadinanza attiva, senza fermarsi semplicemente alla manifestazione di frustrazionio al massimo di buone intenzioni. E resta il problema di come confrontarsi con la demagogia e la carismaticità, “frutti avvelenati” dei moderni sistemi democratico-rappresentativi”
Recensione a: Indignatevi! di Stéphane Hessel su Il Blog dell'Indice dei Libri del Mese
18/02/11
"decreto milleproroghe, decreto mille tasse" di Francesco Biacca blog
Mentre berlusconi è impegnato a non dirsi preoccupato per l’indagine che lo coinvolge, mentre fini cerca di capire come fare un partito, casini come fare per riuscire a dividersi ulteriormente per poter stare con tutti, mentre il pd fa l’ennesima figuraccia (leggasi l’essersi calato le braghe con bossi per poi sentirsi rispondere con un secco ‘no’), mentre questo paese parla solo ed esclusivamente di sanremo e delle puttane di berlusconi, il governo ha approvato il decreto milleproroghe.
Dicevano che era il governo dei tagli alle tasse, della crescita economica.
Bene, vediamo un pò cosa comporti effettivamente questo decreto milleproroghe:
1) Introdotta tassa di 30 euro più marca da bollo di 8 per ogni ricorso al giudice di pace.
2) Eliminata la detrazione del 19% per gli acquisti di abbonamenti ai trasporti pubblici locali;
3) Eliminata la detrazione del 19% per le spese di aggiornamento degli insegnanti.
4) Cancellato il credito d’ imposta, introdotto da Prodi, del 10% alle imprese che fanno ricerca ed innovazione.
5) Niente restituzione fiscal drag a lavoratori e imprese.
6) Introduzione della cosiddetta tassa sulla tecnologia (lettori multimediali, telef. cellulari, computer)
7) Aumento tariffe dell’ acqua (grazie alla privatizzazione fatta da Tremonti, art. 23 bis decreto legge 133/2008)
8 ) Aumento delle tariffe postali
9) Aumento pedaggi austostrade Anas
10) Aumento di 3 euro sui biglietti aerei per chi parte da Roma e Milano, per qualsiasi destinazione e su qualunque compagnia, low cost incluse.
11) Aumento biglietti dei treni, sia regionali che a lunga percorrenza.
12) Raddoppio dell’ IVA sugli abbonamenti alle pay tv
13) Tabacchi: aumentano sigarette low cost e tabacchi
14) Aumento canone Rai
15) Confermata l’applicazione dell’Iva sulla tassa rifiuti, nonostante sentenza contraria Corte Cosituzionale.
16) Stretta fiscale sulle compagnie assicurative
17) Imposta di scopo (i comuni possono istituire nuovi tributi, ad es. tassa di soggiorno per i turisti) per favorire investimenti nel territorio comunale.
18) Concessa alle regioni la possibilità di aumentare fino al 3% l’ addizionale Irpef.
19) Istituzione pedaggio sui raccordi autostradali (ad es. Firenze-Siena, Roma-Fiumicino, Salerno-Avellino, tangenziale Bologna)
20) Aumento aliquota contributiva, dal 25 al 26%, per iscritti a gestione separata INPS (professionisti senza previdenza di categoria, venditori a domicilio e lavoratori autonomi occasionali)
21) Aumenta al 10% (dal 7-8) l’ “aggio” per la riscossione dei tributi concesso alla Riscossione spa. La nuova norma implica un aggravio per il contribuente pari al 2.5% circa in caso di pagamento dopo il sessantesimo giorno.
22) Aumento di 1 euro per i biglietti del cinema (ad eccezione delle sale parrocchiali)
Certamente è presente la sospensione del pagamento delle tasse per i terremotati d’abruzzo fino al 30 giugno 2011, e sono anche presenti i 100 milioni (sottratti al fondo fas) per i liguri ed i veneti …
si, in definitiva è meglio tornare a parlare di puttane
15/05/10
Un cammino di comunicazione di Pierangelo (Blog: Ditelo sui tetti)
A voler dare retta alle frettolose analisi di alcuni giornalisti o personaggi politici, il rapporto che intercorre tra gli adolescenti e la Rete (e, più in generale, i mezzi tecnologici di comunicazione contemporanei) apparirebbe come la madre di tutti i vizi e di tutte le storture diseducative immaginabili. L'uso delle abbreviazioni finalizzato a contenere gli SMS in 160 caratteri farebbe disimparare l'uso della lingua italiana scritta, il dialogare in chat esporrebbe i nostri Cappuccetti Rossi all'incontro con maniaci senza scrupoli, il prolungato stazionamento davanti ad uno schermo produrrebbe isolamento, autismo, epilessia, incapacità di distinguere il reale dal virtuale.
A mio parere si tratta di campagne che si basano su fondamenti pseudoscientifici e su di un pregiudizio che confonde il mezzo in sé, che è sempre innocente, con l'uso che qualcuno potrebbe fare del mezzo; come se ci mettessimo a parlare male delle autostrade perché su di esse c'è qualcuno che va a centosettanta e qualcun altro che sorpassa gli autotreni in prossimità del dosso. D'altronde la nostra generazione di educatori, che è la stessa degli pseudo sociologi che demonizzano Internet traviatrice di giovinette, è stata enormemente esposta al mezzo televisivo, anch'esso innocente in sé, che ben può essere stato efficace nel plasmare o addormentare coscienze a favore del potente di turno. Eppure la TV non fa lo stesso scandalo. Mi son chiesto il perché e mi sono reso conto che, mentre la TV è per sua natura unidirezionale, tranquilla e noiosa come una lezione frontale durante la quale non può succedere nulla di inatteso, a parte che qualcuno sbadiglia, cambia canale, pensa alle vacche, tanto poi vi attendo al varco quando non saprete ripetere parola per parola quello che ho appena detto, il mezzo informatico è interattivo. Non ci si preoccupa tanto di quello che può arrivare dall'esterno ai ragazzi, ma piuttosto che possa essere esternato senza freni e censure quello che i ragazzi portano dentro.
Se rifletto sul significato della parola e-ducazione, dovrei comprendere che diseducativo è imbottire le persone, piuttosto che dar loro spazi per esprimersi liberamente. Quanto poco nella scuola concreta si faccia educazione lo si vede quando proviamo a chiedere ad un ragazzo di dirci che cosa pensa e lui risulta sorpreso ed imbarazzato e non si fida, perché non posso chiederti cosa pensi per poi valutarti su questo, cioé giudicarti per quello che pensi, e allora ti dice quello che tu ti aspetti, per compiacerti e magari per questo atto servile, a cui tu l'hai costretto, gli metti anche un buon voto. È una brutta matassa intricata la comunicazione, perché posso comunicare davvero soltanto tra diversi ma pari, mentre il rapporto tra docente ed alunno è un rapporto di subordinazione gerarchica. Vorremmo che ognuno potesse sentirsi libero di dire ciò che pensa, ma nell'aria aleggia la minaccia che qualunque cosa direte potrebbe essere usata contro di voi. Stare zitti, adeguarsi, mostrare una maschera gradita ai più, in altre parole mentire o essere reticenti (entrambe violazioni dell'ottavo comandamento, per noi credenti) diventano atteggiamenti obbligati per garantirsi la sopravvivenza in una community per modo di dire, all'interno della quale è chiarissimo che a nessuno interessa quello che pensi e quello che provi tu.
Per questi motivi risulta almeno singolare che Facebook, il più diffuso dei social network, esordisca con le persone facendo loro una sola terribile domanda: “A cosa stai pensando?”. Ma come, non me lo chiede mai nessuno a cosa sto pensando! Incontro gente e ci si dice “Ciao, come stai?”, ma si capisce subito che è uno stereotipo e che si spera che l'altro risolva tutto con un “Bene, grazie!”, ché non è che ci si può caricare anche dei pesi altrui. Ritengo però che questa banalità di porre una domanda retorica sia una genialata, nella misura in cui sempre più persone, finora costrette a chiudersi, stanno invece prendendo sul serio quella domanda e si stanno esponendo, estrinsecando preziosi indizi del loro essere unici ed irripetibili. Il dialogo, piuttosto che lo scontro finalizzato a far vincere la propria opinione, è attività alla quale siamo pochissimo esercitati e rimane la causa dei principali fallimenti di relazioni importanti, che implodono, sconfitte dal nostro analfabetismo comunicazionale. Se la famiglia e la scuola così poco sono capaci di stimolare la pratica di una sana socialità, ben venga uno strumento laboratoriale come Facebook, in cui posso esprimere un pensiero, un'emozione o un sentimento, mi espongo al contraddittorio dei commenti, imparo a controargomentare e alla fine mi ritrovo più ricco, perché “se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”.
Comunicare è una parola che mette insieme “cum” e “unus”: stare cum qualcun altro e intraprendere un percorso per cui gradatamente lui diventa sempre meno “altro” da me, perché la relazione vera trasforma le persone, le addomestica nel senso della volpe del Piccolo Principe. Per questo motivo, se aggiungere un amico può sembrare una parola grossa, in realtà in quell'atto dichiariamo che siamo disponibili ad iniziare un cammino di comunicazione interpersonale, consci che prima o poi ne risulteremo trasformati. E scusate se è poco.
Se poi riuscissimo ad esportare questo stile comunicazionale fuori del laboratorio, nella vita reale, quando ci si guarda in faccia e ci si annusa, a casa e a scuola e tra colleghi di lavoro, nei talk show ed in fila alla Posta, allora declineremmo altre parole che hanno la stessa etimologia, come comunità e comunione, da tanti oggi etichettate come buoniste, ma a mio parere le uniche parole che possono dare risposte profonde alle aspettative delle persone.
Articolo originale: Un cammino di comunicazione
19/01/10
03/12/08
Stanze all'aria
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