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08/07/12

un sentimento di affetto e di umana solidarietà

http://www.guardian.co.uk/world/2008/jul/17/italy.g8
"Resta comunque nel mio animo - scrive ancora Gianni De Gennaro - un profondo dolore per tutti coloro che a Genova hanno subìto torti e violenze ed un sentimento di affetto e di umana solidarietà per quei funzionari di cui personalmente conosco il valore professionale e che tanto hanno contribuito ai successi dello stato democratico nella lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata".


http://www.portoscomic.com/2012/07/postcards.html

06/07/12

"Un Paese normale" di Giuseppe Aragno

Un Paese normale lo dimetterebbe.
Un Paese normale si troverebbe di fronte all’aut-aut del Presidente della Repubblica: o se ne va lui o me ne vado io.
Un Paese normale avrebbe un’opposizione trasversale in rivolta.
Un Paese normale avrebbe processato il ministro dell’Interno dopo nel luglio 2001.
Un Paese normale assedierebbe il Parlamento.
Un Paese normale urlerebbe così, fino a farsi sentire anche dal padreterno:

.

Un Paese normale?
Ma l’Italia non è un Paese normale…


Fonte: Un Paese normale di Giuseppe Aragno

20/07/11

Sono nato il 29 febbraio. Il 20 luglio avevo una felpa, grigia

Sono nato il 29 febbraio. Il 20 luglio avevo una felpa, grigia.
Sono io: il ragazzo con la felpa grigia.
Sì: sono quello che scappa ad Alimonda, mentre la pistola lo punta, sono quello che scampa, quello che porta la pelle a casa e neanche si volta indietro a guardare cos’è accaduto all’altro, a quello smilzo, con il passamontagna blu e la canottiera bianca.
Sono in tutte le foto di Alimonda. Ma me non mi ha mai cercato nessuno. Perché io scappavo e scappavo perché uno che è nato il 29 di febbraio, se la scampa, la scampa perché scappa.
Uno nato il 29 febbraio è nato sfigato. È uno sempre fuoriposto, che per tre anni su quattro occupa il compleanno altrui: il 28 febbraio, o il primo di marzo. Uno invadente, anche se si ostina a farsi sempre i cazzi suoi.
D’altra parte io nemmeno ci volevo andare giù in città, lo sapevo che poi finiva male.
Però… però mi faceva girare troppo i coglioni che m’avessero chiuso quella stanza del cazzo da fuorisede, che avevo in affitto in centro, vicino a De Ferrari, dietro un tripudio di cancelli e cavalli di frisia. Sembrava di stare a Dachau.
E poi, appena mi svegliavo, me li vedevo davanti i due militari appollaiati sul balcone di fronte, con i fucili di precisione appoggiati sulle gambe. I tiratori scelti. Quelli in casa io me li ero scampati, ma era toccato alla signora di fronte, che gli preparava pure il caffè e glielo portava con un sorriso un po’ complice e spaventato, mattina e sera.
I suoi ragazzi, così li chiamava con le vicine.
A me facevano orrore. E allora, appena sveglio, schizzavo via dal letto e scappavo da Dachau. Così mercoledì. Così giovedì. Ed anche venerdì.
Anche se sapevo che giù in città ci sarebbe stato casino, che tanto lo dicevano tutti, era da giorni che non si sentiva parlare d’altro: dell’arrivo dei Black Blok, dei palloncini pieni di sangue infetto che avrebbero lanciato sulle teste degli sbirri, per passar loro l’AIDS ,degli aeromodelli radiocomandati con mini bombe, di come i No-global avrebbero violato la Zona Rossa.
E degli allenamenti che da mesi facevano gli sbirri, dei nuovi manganelli Tonfa, delle tonnellate di C4 già pronte all’uso, della Zona Rossa da difendere a ogni costo, delle sacche per cadaveri ordinate a stock di centinaia, dei container sparsi per la città, come fossero muraglioni, delle tante celle pronte a Bolzaneto per gettarci dentro tutti i fottuti Black Blok acchiappati.
Che sarebbe stato peggio: peggio della Svezia, peggio di Marsiglia, di Praga, peggio di Napoli. Peggio di tutto.
Io l’avevo già visto prima, quello con la canottiera bianca: piccolo, smilzo, con l’aria smagata. L’avevo visto in rosticceria che si mangiava una farinata, quando già il casino era cominciato, più giù, a Corso Torino.
Che aveva l’aria più che altro di uno che volesse andare al mare, con il caldo che faceva.
Ma che poi aveva cambiato opinione. Uno come me, che della politica, sì, ma insomma…
Ma che poi s’era detto: – e che cazzo, questa è la mia città e loro non possono venire qua e farci quello che vogliono, cancellate, container, blindati, C4, idranti, elicotteri, tanti elicotteri, troppi elicotteri, che poi dopo, per sei mesi, io mi sono svegliato con la tosse e il rumore dei rotori nelle orecchie. Ogni mattina. Come un incubo travestito da ronzio…
E l’avevo rivisto dopo, incazzato nero, con un bastone in mano, raccolto chissà dove, con il passamontagna, davanti a tutti, che urlava a quelli delle Finanza di piantarla di picchiare, o di farsi avanti invece, che li aspettava. E poi di nuovo, che facevamo la fila alla stessa fontana, col C4 che ci usciva dalle orbite, vicino Tolemaide, e poi ancora, che trascinava un cassonetto per far barricate.
Che roba lo smilzo, smilzo com’era, con il suo rotolo di scotch infilato sul braccio!
Ci eravamo sorrisi: continuavamo ad incrociarci.
Ricordo tutto di quel giorno di merda.
Ma non immagini. Ricordo suoni. Quello delle sirene, dei manganelli battuti sugli scudi, degli anfibi in marcia serrata, il rumore delle pietre a gragnuola, la tosse, le urla, gli spari, tanti spari, gli schianti dei vetri infranti delle vetrine, il cigolio delle serrande divelte, le risate, i pianti, i cori a notte, quando, steso su un parapetto della via che dà sulla Fiera, sentivo i canti degli sbirri, giù, che festeggiavano il morto. Faccetta nera, bell’abissina… Un, due, tre, viva viva Pinochet! Solo di Alimonda ricordo ciò che ho visto. Chissà perché…
Forse perché tutti stavano a guardare. Tutti, anche gli sbirri lì intorno, immobili, come se la cosa non li riguardasse affatto, mentre quella jeep stava dove non doveva stare e non si muoveva.
E ancora non capisco perché. Stava ferma, a motore spento. Mentre la gente esasperata tirava pietre e urlava e correva.
Io lo so cos’è successo, ma che lo dico a fare? Non mi crederebbe nessuno e passerei dei guai. Sono nato il 29 di febbraio, io…
Lui, lo sbirro nella jeep, quello che urlava: - vi ammazzo tutti ! aveva puntato me. Gli era appena arrivato quel maledetto estintore sulla gamba che sporgeva dal Defender e lui urlava e cercava qualcosa da mirare con la canna della sua pistola. E aveva trovato me, me che cercavo di svignarmela da tutto quel casino. E mi seguiva con la calibro 9 spianata, mentre correvo un po’ chinato, dalla sua destra alla sua sinistra, e aspettavo il botto che mi avrebbe fermato.
Invece è arrivato lui, quello con la canottiera bianca e, mentre io correvo, mentre un altro di noi infilava una trave in un finestrino laterale della jeep, ha raccolto l’estintore e ha provato a impedire allo sbirro di fulminarmi il cranio.
Ma è stato lento, troppo lento: quell’altro l’ha visto e ha sparato.
Poi ha sparato di nuovo, sempre con la pistola dritta davanti a sé, parallela al suolo, come uno di quegli agenti segreti dei film, mentre lo smilzo era a terra, mentre l’estintore rotolava, mentre il sangue del ragazzo sembrava una fontana che sgorgava dallo zigomo coperto dal passamontagna.
È stato allora che la jeep, come per incanto, s’è rimessa in moto, ci è passata sopra due volte alla canottiera bianca ed è fuggita via.
Avrei dovuto fermarmi e invece sono fuggito anch’io.
Perché io sono nato il 29 febbraio. Ed anche lui, probabilmente, pensavo, mentre risalivo di corsa Tolemaide, con il fiato mozzo, anche lui bisesto, per essergli andata così di merda…
Dopo ho scoperto che no: lui era nato il 14 marzo del ’78.
Niente sfiga bisestile. Carlo l’avevano proprio ammazzato. L’avevano ammazzato e basta.

(Lello Voce, Quello con la felpa grigia, in Per sempre ragazzo, a cura di Paola Staccioli, Tropea editore, 2011


Grazie a Pietro Orsatti per la condivisione

09/10/09

La civiltà e la giustizia

La civiltà e la giustizia dell'ordine borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni volta che gli schiavi e gli sfruttati di quest'ordine insorgono contro i loro padroni. Allora questa civiltà e questa giustizia si svelano come nuda barbarie e vendetta ex lege
Karl Heinrich Marx






13/09/09

Decenza


Me lo ricordo ancora che le prime vote che acchianai al nord non mi facevo convinto di come putissi fare la gente ad asciugare i robbi. Isava a testa e vireva sulu balcuni motti. Senza vita. Senza culuri.
Poi malluminanu lintelletto dicennumi che era una questione di decenza. Che non sta bene fari viriri le proprie mutanne al mondo. O parrari affacciato alla ringhiera. E meno che mai chiamari do balcuni a genti na strada.
Io continuo a non crederci a sti minchiati che secunnu mia è sulu ca purazzi non cianu u suli tutto lanno e allora una scusa ci voli per le proprie sventure comu nella favula della volpe e delluva che i soru a scola ma cuntavano o spissu sta storia quantera nicu.
Una vota il Cavaliere Arcidiacono mi cuntau che addirittura a Genova quannu ci fù u buddello avevano fatto una legge per vietarla in tutta la città questa usanza che allora non cera decoro. Comu su fussi chistu u problema della buona educazione mentre invece si putissuru ammazzari a coppa i cristiani impunemente.

14/11/08

"io per fortuna non c'ero" di Fabrizio Venerandi

per fortuna non c'ero, non li ho sentiti arrivare, magari prima solo le urla di gente dal piano di sotto e poi i rumori delle porte sfondate, i colpi, i passi di quelli che scappavano dal piano di sotto a quello di sopra, non c'ero posso solo immaginarlo da quello che ho visto prima e da quello che ho visto dopo, non ho visto i poliziotti correre per i corridoi della scuola con i manganelli, non li ho visti menare, arrivare verso di me in un posto chiuso in cui posso solo correre per scappare o alzare le mani o gridare, cosa posso fare, non c'ero ma posso pensare che non sia piacevole vederli entrare nella scuola vestiti da guerra i poliziotti e menare, e vendicarsi di quello che avevano fatto di giorno per strada sotto quel sole terribile, africano, sentirli da lontano arrivare, salire le scale, e poi entrare nel mio campo visivo, vederli con il volto coperto dal casco che entrano e vengono verso di me, questo deve essere davvero spiacevole, pensare che lo fanno per la legge, vengono verso di me, che non ci sono lì dentro ma mi immagino che vengono verso di me per la legge, e mi prendono mi buttano contro il muro e mi danno dei colpi mi prendono a calci, e io non posso fare altro che pensare che spero che tutto finisca presto, che questa cosa che lo stato italiano sta facendo finisca presto...[continua a leggere]

21/07/07

Genova 2 - Esempi -

A mia non mi hanno mai interessato queste cose della politica. Che uno ci tenta di seguirle e non ci capisci nenti manco se vuole.
Però questa cosa di Genova ce la vosi spiare al cavaliere. Pecchè lui sa sempre tutto e ora al governo ce quello che mi fece votare lui e perciò è informato.
Arcidiacono mi guardò ca mi passi che mi voleva pigghiari po culu ma poi mi disse che non cera da preoccuparsi.
"Sono i soliti buddelli dei comunisti che ci scassono la minchia a chi lavora. Alla gente onesta"
Io allora ciò chiesto chi era la gente onesta e lui si è un poco incazzato e mi ha risposto nervoso.
"Totò picchì no sai cuiè a gente onesta? Sono quelli che fanno travagghiari a tutti. Ciai presente Agnelli? E Bellusconi? E Craxi?"
"Ma non è motto chistu?" ci rissi fermando lelenco.
Lui mi rispose che era solo un esempio poi canciau discorso.

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

Genova 1 - lapilli -

-Signora Azzara! Signora Azzara! Noviri che ciò la biancheria stesa? Picchì non la ietta nella munnizza sta terra?
-Macchivvoli? Noviri ca è letna? Taliassi le macchine
-Biii. Vero. Aveva assai! Macchiffà sta scinnennu a lava? Stamatina al telegiornale parravano solo di du carusu ca mossi a Genova. U visti?
-Sì! Sì! Sa ciccau povero figghiu. Ma cu cinni capisci cosa. Distruggenu na città. Però hanno detto anche che ora si sta fermando
-Ma cui a lava? U sapi ca ci iu macari Vincenzo?
-Cui!?! Vincenzo? Ma non sta travagghiando a Padova? Chiccifà alletna ?
-No. No. Sinniu a Genova Mu rissi soomà aieri
-Cetto! Sinnivanno al nord e si strammano la testa. Chiccì iu a fare in mezzo a du buddellu? Macchiffà signora non li entra i robbi?
-Cetto cetto. Prima che arriva laltra terra. Ieri dicevano che lo volevano fermare. La vista la strada distrutta? Chi pensa? Ciarrinesciunu?
-Ma quali. Non si ferma u munnu. Non lo sanno ca semu nelle mani do signuruzzu?
-Cui Bellusconi?
-No. Parravo del vulcano. Di sta pioggia niura
-Ah. Vabbè va. Ma scusari se lò disturbata
-Nenti nenti. Buongiorno!
-Buongiorno!