Uno studio europeo commissionato da McAfee ha rivelato un preoccupante gap tra il comportamento degli adolescenti online e ciò di cui genitori sono al corrente, nonostante il fatto che il 66% dei genitori abbia aiutato i propri ragazzi a creare i loro profili online che sorprendentemente vengono aperti in età sempre più giovani, con il 4% a meno di 10 anni e il 31% tra i 10 e i 12 anni.Fonte: http://www.bambini.info
In Italia sono molti gli adolescenti che accedono volontariamente a contenuti non appropriati online, nonostante il 76% abbia dichiarato che i loro genitori confidano nella correttezza del loro comportamento online. Un’elevata percentuale di genitori (41%) è convinta che il proprio figlio adolescente dica la verità su tutto ciò che fa su Internet e il 72% ha fiducia nel fatto che i propri ragazzi non accedano online a contenuti non appropriati, mentre solo il 9% è convinto del contrario.
Si tratta di un divario che sta consentendo a molti adolescenti di compiere online attività discutibili e alle volte anche illegali:Il 47% dei genitori ha affermato di essere in grado di scoprire che cosa sta facendo il proprio figlio online, ma solo il 29% degli adolescenti ha dichiarato di non sapere come nascondere il proprio comportamento ai genitori.
- Il 40% degli adolescenti ha ammesso di visitare siti web che i genitori disapproverebbero, mentre solo il 28 % dei genitori pensa che i propri figli consulterebbero siti simili
- Il 45% degli adolescenti ha visto intenzionalmente contenuti video sapendo che i propri genitori non avrebbero approvato, mentre il 32% dei genitori pensa che il proprio figlio lo farebbe
- Il 30% degli adolescenti ha ammesso di aver acquistato online musica piratata e un preoccupante 3% ha dichiarato di aver acquistato alcool o droghe su Internet
- Il 26% degli adolescenti ha inviato o pubblicato online una propria foto in abiti succinti
- Il 10% dei ragazzi ha ammesso di aver ricercato online le risposte a un esame, mentre molti genitori (76%) sono certi che i propri figli non lo farebbero
- Il 25% degli adolescenti ricerca intenzionalmente immagini di nudo o contenuti pornografici online, e il 42% visualizza questo tipo di immagini fino a un paio di volte al mese (il 6% anche più volte al giorno)
- Il 12% degli adolescenti ha dichiarato di aver incontrato realmente persone conosciute online
La ricerca europea ha rivelato, inoltre, che la maggior parte dei ragazzi ha adottato le seguenti misure per nascondere il proprio comportamento online:Cyberbullismo: un pericolo reale e presente
- Il 60% degli adolescenti minimizza la finestra browser quando un genitore entra nella stanza
- Il 41% cancella la cronologia del browser
- Il 36% degli adolescenti ha consultato qualcosa non a casa propria
- Il 14% nasconde o elimina contenuti non appropriati
- Il 14% dei ragazzi ha creato un indirizzo di posta elettronica privato sconosciuto ai propri genitori
Il monitoraggio e il coinvolgimento dei genitori
- Il cyberbullismo è un fenomeno che la maggior parte degli adolescenti intervistati ha osservato o sperimentato in prima persona.
- Il 23% degli adolescenti ha dichiarato di aver assistito a un episodio di bullismo online avente per oggetto un amico o un compagno di classe
- La piattaforma più utilizzata per il bullismo in Italia è Facebook (89%)
- Il 10% degli intervistati è stato vittima in prima persona di episodi di bullismo online, e le emozioni provocate da tali episodi vanno dalla rabbia (81%), al sentirsi soli (62%) e depressi (38%) a un allarmante desiderio di non voler più vivere (19%)
- La risposta più diffusa qualora si sia testimoni di episodi di cyberbullismo in Italia è stata affrontare direttamente il bullo (55%) o denunciare l’episodio a un genitore o un docente (35%)
Il 51% dei genitori ha affermato di aver parlato con i propri figli adolescenti su come navigare online in modo sicuro, ma, dato molto più preoccupante, il 17% non ha fatto assolutamente nulla per monitorare il comportamento online dei propri figli, con un 31% certo che il proprio figlio adolescente non rischi nulla online. Tra i genitori che hanno messo in atto dei controlli:Il 22% dei genitori ammette che il proprio figlio adolescente è più esperto di tecnologia e che non sarà mai in grado di tenere il passo con i suoi comportamenti online. Lo conferma il fatto che il 9% degli adolescenti ha ammesso di disattivare il parental control sui propri dispositivi.
- Solo il 15 % ha impostato dei controlli sul dispositivo mobile del figlio adolescente
- Solo il 30% ne conosce la password del dispositivo mobile
- Solo il 38% si è fatto dare dal proprio figlio adolescente la password della posta elettronica o dell’account di social media
- Solo il 35 % ha impostato dei controlli di sicurezza parentale sul computer di casa
“Questi risultati non sono soltanto allarmanti, ma sono un chiaro invito ad aprire gli occhi per quei genitori convinti al 100% che i propri figli non facciano nulla di pericoloso online, soprattutto dopo che hanno permesso loro di creare dei profili social”, spiega Ombretta Comi, marketing manager per l’Italia di McAfee. “Il mondo online può essere pericoloso, non importa quanti anni abbia un bambino, o un adolescente, i genitori devono assumere un ruolo attivo, se vogliono proteggere i propri figli affinché non vedano o vivano qualcosa di non adatto alla loro età. Il fenomeno del cyberbullismo, ad esempio, ha subìto un’impennata molto preoccupante nel corso dell’ultimo anno e i ragazzi hanno bisogno di essere supportati e informati dai genitori per poter affrontare un qualsiasi tipo di abuso online”.
I genitori dovrebbero avere frequenti conversazioni a tu per tu con gli adolescenti per essere informati sulle scelte che stanno facendo online e i rischi e le conseguenze delle loro azioni. I genitori dovrebbero anche essere attenti nel configurare le funzioni di parental control, per mantenere un occhio vigile per sapere come e quando i propri figli scoprono ciò che li circonda online.
I genitori dovrebbero giocare d’anticipo con gli adolescenti sulle attività di monitoraggio e i controlli attuati sui propri dispositivi di accesso a Internet. Molti ragazzi ci penserebbero due volte prima di fare alcune cose online, se sapessero che i genitori li stanno guardando.
I genitori dovrebbero confortare e tranquillizzare i propri figli se ritengono che siano stati presi di mira da dei bulli. Avere scambi di opinione aperti e onesti fin dal primo ingresso di un ragazzino nel mondo online è il modo migliore per capire quali sono i comportamenti adeguati e quali non lo sono.
“Essendo cresciuti nel mondo online, gli adolescenti di oggi sono spesso più smaliziati dei loro genitori nella navigazione, andando ad alimentare quel gap di conoscenza che a volte rende difficile per i genitori fornire le indicazioni necessarie ai propri figli. Questo significa che, oggi più che mai, i genitori hanno bisogno di aiuto per affinare la loro consapevolezza delle minacce online e dei modi per mantenere le loro famiglie al sicuro anche quando non sono con loro”, conclude Ombretta Comi.
A proposito della ricerca
La ricerca è stata commissionata da McAfee e condotta da Atomik Research in Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi e Italia con interviste a 200 genitori di adolescenti e 200 adolescenti (di età compresa tra i 13 e i 17 anni) in ciascuna nazione nel mese di ottobre 2013.
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
30/11/13
Adolescenti e Internet da http://www.bambini.info
21/11/11
"Manifesto dei pediatri per un uso sicuro e positivo del web"
"Una grande indagine europea condotta in 25 Paesi nell’ambito del Safer Internet Programme della Commissione Europea ha rilevato che i bambini e gli adolescenti italiani hanno minori competenze digitali rispetto ai loro coetanei europei; che l’accesso a Internet dalle scuole italiane è il più basso in Europa (62% media europea contro 49% italiana) così come il coinvolgimento degli insegnanti nelle attività on-line (65% contro la media europea del 73%). L’indagine ha rilevato altresì che i bambini cominciano a usare internet sempre prima, spesso senza la supervisione di un adulto, il che rende proprio i più piccoli i soggetti più vulnerabili ai rischi della rete (come contatti con sconosciuti, bullismo, pornografia). Infine, i genitori italiani, più degli altri censiti dalla ricerca, appaiono poco consapevoli dei rischi che i loro figli possono correre sul web.Fonti e condivisioni: Società Italiana di Pediatria
Politiche orientate soltanto a limitare l’esposizione ai rischi online sono dannose perché rischiano di acuire il divario digitale, cioè lo svantaggio culturale e sociale creato dalle ridotte capacità, o possibilità, di utilizzazione delle tecnologie dell’informazione. Occorre invece promuovere usi positivi della rete, fornire ai ragazzi le conoscenze e gli strumenti necessari per affrontare i rischi. Occorre una “mediazione sociale” nell’uso del Web. La media education deve diventare una priorità dei percorsi formativi della scuola italiana.
Partendo da queste premesse la Società Italiana di Pediatria, da sempre attenta non solo alla salute, ma anche alle tematiche sociali dell’infanzia e dell’adolescenza, si fa promotrice di un “Manifesto” volto a unire tutti i soggetti che ruotano attorno al mondo del bambino e dell’adolescente verso un uso responsabile e consapevole del Web che massimizzi le opportunità e minimizzi i rischi, a cominciare dalla scuola.
Quest’ultima deve rappresentare il contesto primario per trasformare le pratiche digitali dei bambini e degli adolescenti, ancora troppo svantaggiati rispetto agli altri Paese europei, in competenze con valenza cognitiva e significato culturale. Tale approccio dovrebbe essere perseguito nell’ottica di ridurre il divario digitale, di prepararli ad un futuro personale e professionale, e di ridurre i rischi associati all’uso del web. L’applicazione delle tecnologie digitali ai processi educativi potrebbe infatti permettere un significativo potenziamento delle capacità degli studenti, un forte stimolo alla curiosità intellettuale, e un’aumentata capacità verso la collaborazione e il lavoro di gruppo. La scuola rappresenta inoltre anche il luogo nel quale i genitori possono avere quel supporto conoscitivo necessario svolgere pienamente il proprio ruolo nell’era dell’informazione e dell’intrattenimento digitali.
LE PROPOSTE CONCRETE
1 Rendere la Banda Larga disponibile dovunque
Il tasso di penetrazione della banda larga in Italia era nel 2010 del 21.3% della popolazione, contro il 38.2 della Danimarca e una media di 25.7 dei 27 Paesi della UE. Migliorare le infrastrutture per facilitare l’accesso ad Internet nelle scuole ed in qualunque luogo di convivenza sociale è indispensabile per sfruttare appieno il potenziale della rete da parte di tutti i cittadini, ed in particolare dei giovani. Inoltre è necessario ridurre il divario che ancora
2 Una Lavagna Interattiva Multimediale per ogni classe
Grazie a un progetto annunciato dal Governo Italiano nel 2008 sono state diffuse circa 35 mila LIM in tutta Italia per un totale di 770 mila studenti, pari a una media di soltanto 1 LIM per ogni scuola.
La lavagna interattiva multimediale consente di incrementare la qualità comunicativa dell’insegnamento e dell’apprendimento ed appare una tecnologia di mediazione didattica convincente e sostenibile. I piani di diffusione svolti e in atto nella scuola pubblica sono però ancora molto lontani e non hanno ancora garantito una sua presenza in ogni aula di lezione e in ogni laboratorio. Gli investimenti devono andare in questa direzione.
3 Integrare i materiali didattici con gli E-BOOK I dispositivi per la lettura di libri elettronici (eBook reader) e alcuni Tablet hanno ormai prezzi abbastanza accessibili.
L’uso di materiali didattici su supporto digitale comporta una riduzione del peso dei materiali, una dimensione ipermediale dei materiali proposti, un accesso dinamico alla rete e un facile aggiornamento ed integrazione dei contenuti. Per investire in questa direzione è necessario però un coordinamento tra MIUR, case editrici, università e centri di ricerca che realizzi modelli convincenti di libri di testo elettronico. L’uso degli e-book non va inteso come completamente sostitutivo del libro stampato. Pur considerando utile conservare, almeno nella fascia 3-13 anni, l’uso del libro stampato, l’introduzione degli e-book nella scuola permetterebbe di evitare il fenomeno “usa e getta” tipico dei libri di testo tradizionali.
4 Computer, prima lo usi meglio è
Oggi l’età media di utilizzo di Internet in Europa è 7 anni, contro i 10 anni dell’Italia. Un uso precoce della tecnologia orientato a scoprirne e utilizzarne le valenze cognitive e culturali consentirebbe di incrementare lo sfruttamento delle sue potenzialità e di concepire l’uso del computer e del web alla pari di quello di qualunque altro strumento utilizzato durante i processi educativi. Un uso precoce ma finalizzato in modo esplicito a fini formativi e mediato e tutelato da figure adulte, permetterebbe anche una riduzione dei rischi potenziali e l’induzione ad un uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte di tutta la famiglia, come attività sia educativa sia di intrattenimento condiviso. Ciò avrebbe anche lo scopo di proteggere maggiormente i bambini più piccoli, che oggi appaiono i più vulnerabili ai rischi della rete, perché usano internet per un numero limitato di attività e acquisiscono minore consapevolezza. La SIP chiede quindi un maggior uso del computer sin dalle prime classi elementari.
5 Genitori e insegnanti sui banchi di scuola
Promuovere la formazione degli insegnanti in modo da consentire loro di valorizzare e guidare l’esperienza dei ragazzi nel campo delle tecnologie dell’informazione. L’obiettivo a cui tendere è quello di considerare l’uso di strumenti tecnologici associati al web non come una materia in più ma come un normale strumento di uso quotidiano anche nell’attività didattica. Vanno concepite iniziative che costruiscano competenze d’uso degli strumenti comunicativi in chiave culturale e intellettuale, che mettano gli insegnanti nelle condizioni di valorizzare e potenziare tutte quelle Best Practices che si siano rivelate didatticamente produttive.
Dovrebbe essere inoltre incentivata la possibilità che gli studenti trasferiscano ai propri genitori la loro esperienza di acquisizione attraverso strumenti tecnologici avanzati. Emblematici, a questo proposito, progetti come “Nonni al computer” che si svolgono in molte scuole medie italiane, nei quali i ragazzi insegnano l’uso del computer e del web agli adulti più impacciati.
6 Lezioni videoregistrate
La possibilità di utilizzare la tecnologia per videoregistrare le lezioni in modo da renderle disponibili senza limitazione di tempo per tutti gli studenti che vogliano consultarle al di fuori dell’orario scolastico deve diventare da attività estemporanea scenario costante. Va favorita la diffusione e l’uso di “lezioni modello” condivise sul web da utilizzare come “compito a casa” e sulle quali discutere in classe."
Corriere.it
Il Tempo
Galileo (anche fonte immagine)
Spicchi di Limone
Francesca Frames
ascuolasulweb
23/06/09
24/01/09
Tweening (adolescenza precoce)
Source: Radio 3
Address : http://www.radio.rai.it/radio3L'immaginario dell'infanzia è sempre più terreno di consumi. E le bambine, inseguendo modelli imposti, diventano adolescenti precocemente. "Lolite" troppo in erba chiamate a far parte del coro di aspiranti veline, modelle, ballerine, fidanzate di calciatori... E anche la letteratura per l'infanzia sembra piegarsi alle regole del mercato
Source: http://www.liberweb.it :: Il mondo dell'editoria per bambini e ragazzi, in rete
Address : http://www.liberweb.itNella società attuale votata all’iper-efficienza sembra aver avuto la meglio un modello educativo, rivolto ai ragazzini e alle ragazzine, basato invece che sul confronto generazionale su una concorrenza spasmodica e asfissiante tra coetanei. In questa temperie, le bambine fra i 9 e 12 anni - spesso cresciute fra colori pastello, con l’ombrellino di Barbie, le pantofoline delle Winx, le magliette di Hello Kitty, gli occhiali a forma di cuore, e le riviste, “Kiss me” “Big” “Love” “Tweens” “Pink girl” “Cioè” “Pop’s”, che sembrano un informe guazzabuglio di stupidità dove galleggiano rossetti, brufoli, diete al limone&C. e infinite declinazioni di amori irraggiungibili e sofferti – risultano strette nella morsa della storditezza delle divette di Mtv, delle fatine e delle principesse dei cartoon, o dell’ombelico di Britney, e precocemente concentrate sul corpo come mezzo di affermazione sociale e come icona culturale della femminilità. Ma sono tutte qui le aspirazioni delle ”piccole donne” di oggi, che i media vorrebbero sbrigativamente esaurire nei sogni di estetiste, parrucchiere, ballerine o veline o mogli di calciatori? E soprattutto, quanto di questa realtà documentano e contribuiscono a creare i nuovi romanzi rivolti alle giovanissime, “rosa” e non, nati dalla disgregazione degli ambiziosi progetti editoriali al femminile degli anni ’80 e‘90? Dove sono finite Gaia, Batticuore, Le Ragazzine e qual è lo stato dell’arte di questa produzione in bilico tra impegno, intrattenimento e serialità?
Source: Rossetto, dieta e seduzione così le fatine diventano lolite - cronaca - Repubblica.it
Address : http://www.repubblica.it"C'è un decadimento nella qualità dei contenuti di quello che viene pubblicato - spiega Riccardo Pontegobbi, condirettore di Liber - Lo notiamo dai giudizi che danno i nostri collaboratori nelle recensioni". Da quell'osservatorio hanno spiato il mercato, visto precipitare il numero dei piccoli lettori, "mezzo milione in meno dalla metà degli Anni 90 a oggi" e nello stesso tempo crescere i titoli sfornati dalle case editrici (dai 900 nel 1987 ai 2.400 dell'anno passato). "A ogni libro diamo un voto, da una a quattro stelle, ma circa il 75% sta nelle due fasce più basse, quelle con un giudizio mediocre". I titoli la dicono lunga: spiegano come "diventare una rock star", annunciano piccoli manuali di galateo, istruzioni su "come sopravvivere alla prima cotta", oppure hanno per protagonisti personaggi seriali minori che nascono sulla scia di un successo come Harry Potter o come le Winx e che ne copiano le gesta e le magie. "La spinta commerciale - spiega Emy Beseghi, docente di Letteratura per l'infanzia a Bologna - sforna libri a getto continuo e rischia di schiacciare i prodotti di qualità che pure ci sono, ma sembrano disperdersi in un oceano di titoli. Penso ad autori di alto profilo come Bianca Pitzorno, Jerry Spinelli, Silvana Gandolfi e altri anche fra i classici che continuano a essere letti e cercati". L'accelerazione verso il mondo dei grandi ha abbassato l'età media delle lettrici di riviste di successo come Cioè, oltre 120mila copie di tiratura. "L'ingresso nell'età più adulta è anticipato - dice Manuela Trinci, psicoterapeuta - Il fenomeno etichettato con il nome di tweening (adolescenza precoce) fa capire come i prodotti, i programmi tv, le riviste apparentemente rivolti alle quattordicenni vengano in realtà fruiti dalle bambine di 7-8 anni.
Le bambole cominciano a essere sexy, a portare i tacchi alti, la pubblicità e la moda a promuovere trasparenze e cuoricini, certi libri di testo a riportare vecchi stereotipi femminili che, rileva ancora Emy Beseghi, "continuano ad essere maestre, segretarie, infermiere". Le solite gabbie, quelle che descrive Loredana Lipperini nel suo "Ancora dalla parte delle bambine" (Feltrinelli) e prima di lei Elena Giannini Bellotti.
18/08/08
Infanzia & Media - (6) L'infanzia, le infanzie
Le funzioni non più pertinenti alla famiglia vennero così, in misura sempre maggiore, svolte da altri sottosistemi: quelle produttive dal sistema industriale, le funzioni espressive dal sistema (sempre più importante economicamente e globalizzante culturalmente) del tempo libero, quelle educative dal sistema scolastico.
A questa mutata situazione sociale corrispose un massiccio movimento culturale di definizione\scoperta delle diverse fasi e dei diversi momenti che caratterizzano l'infanzia. La rivoluzione freudiana spalancò poi un nuovo universo interpretativo. Così se da un lato il bambino acquistò, fino ai nostri giorni, una sua autonomia forte rispetto alla psicologia dell'adulto, dall'altro si ritrovò incasellato, nella traduzione popolare che della psicoanalisi venne/viene fatta, in rigide gabbie normative (le fasi orale, anale e genitale; il complesso di Edipo; la fase di latenza; etc.); norme e dicotomie presenti del resto anche in quella ossessione della misura, del confronto falsamente paritario, che ha portato alla diffusione di massa dei test di intelligenza, alla netta separazione tra normale (sia questa normalità concernente lo sviluppo fisico, le capacità cognitive o altro) e anormale.
Destinatari, e non solo nelle famiglie borghesi, di sempre maggiori spazi all'interno dell'abitazione ma anche fruitori di luoghi urbani quali la strada, il cortile, i giardini, i bambini oggi costituiscono, allo stesso tempo e indissolubilmente, il “fuoco” di un interesse teso alla loro formazione (interesse che passa attraverso la letteratura di consiglio, le riviste femminili, la pubblicità pediatrica, l'informazione medica, il passa parola di mamme ed educatrici, l'informazione televisiva; etc.) ed il “centro” di nuovi mercati commerciali.
Questo infittirsi di attenzioni produce, allora, una esplosione di modelli proposti, modelli che appaiono frutto di nuove situazioni sviluppatesi da fenomeni sociali, economici, culturali diversi.
Anche la presenza nel secondo dopoguerra, in Europa, di intensi flussi migratori provenienti dapprima dalle nazioni del bacino mediterraneo e successivamente dalle ex-colonie e dall'est-europa, ha provocato, soprattutto nella scuola, reazioni non prevedibili legate alla difficoltà di accettare mondi doppiamente altri.
Indiscutibili conseguenze, infine, ha provocato, in alcuni paesi la rapida industrializzazione, il mutamento, repentino e traumatico, dei rapporti interni e della stessa costituzione della famiglia.
La pluralità di proposte, di suggerimenti, di modelli più o meno imposti, accettati o condivisi riguardo all'infanzia ha spesso fatto emergere (più o meno consapevolmente ma ancor più oggi) in chi, come genitore, insegnante o altro, costantemente si rapporta con i bambini, la voglia di abbandonarsi alla norma, allo stereotipo, alla finta tradizione.
14/08/08
Infanzia & Media - (5) Selvaggio, Genio, Eroe
Questi tre processi sembrano potersi legarsi tra loro nella definizione di selvaggio. Con tale termine è possibile, infatti, indicare il bambino non ancora sottoposto ad un regime normativo; il comportamento e l'aspetto propri delle classi popolari; l'indigeno non ancora civilizzato.
Il progressivo senso di dominio che l'uomo ritenne di poter esercitare sulla natura si trasferì, rispetto al bambino, nella possibilità, che l'educatore sentì propria, di modificare, civilizzare, il selvaggio che ogni infante rappresentava.
Proprio nello sforzo di mutare la condizione selvatica dei bambini la pedagogia delle scuole di carità dal XVII fino al XIX secolo si preoccupò che, all'interno delle classi, l'occhio del maestro potesse, senza incontrare ostacoli, giungere a cogliere immediatamente l'elemento che, contravvenendo alle regole, andava a turbare l'armonia di un totalizzante ordine scolastico. Da qui una ritualizzazione assai forte della giornata e l'ossessione per la postura del corpo.
In questo contesto divennero teoricamente fondamentali per lo sviluppo futuro del fanciullo le circostanze ambientali e di crescita perché il miracolo dell'educazione, questo miracolo che, in chiave laica, parve sostituire quello della grazia, aveva bisogno di un controllo totale di quella cera grezza da cui, attraverso un'opera di manipolazione, doveva essere formato il nuovo oggetto di devozione, il nuovo modello da indicare ad esempio per il crescente pubblico borghese: il bambino prodigio.
Il termine selvaggio si prestava, tuttavia, ad avere un'altra chiave di lettura; infatti se con questa parola, come abbiamo visto, possiamo indicare colui che non è stato ancora formato dalla civiltà (usando quindi una sostanziale lettura negativa di tale posizione) risulta anche possibile indicare con essa colui che non è stato ancora deformato dalla civiltà stessa (ribaltando così in positivo ciò che appariva negativo).
Se la prima definizione sarà fatta propria dal movimento pedagogico dei secoli XVIII e XIX, la seconda sarà assunta soprattutto dal movimento romantico.
In tale veste il bambino divenne, o forse ritornò ad essere ( seppur in forma secolarizzata), exemplum di ciò che l'umanità aveva perduto, testimonianza vivente di un'antica purezza divenuta, quasi sempre, irrecuperabile. Solo la forza dei nuovi valori propagandati dalla borghesia (la Libertà; la Patria; la Rivoluzione; etc.) poteva infatti consentire la rigenerazione dell'umanità e la rappresentazione di questi stessi valori attraverso il corpo di un\a fanciullo\a.
Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Contemporanea, Rivista di storia dell'800 e del '900, Numero 2 - aprile 2004-, La storia dell'educazione come storia culturale. Interventi a cura di Fulvio De Giorgi Dominique Julia, Luciano Pazzaglia, Carmen Betti, Giuseppe Tognon , Le edizioni del Mulino
30/07/08
Infanzia & Media - Maschere e tivù
Le prime trasmissioni sperimentali televisive furono effettuate nel 1929, quando lo sviluppo tecnico permise di impiegare la cellula fotoelettrica a metallo alcalino e un triodo come amplificatore. Trasmissioni con carattere di pubblico servizio ebbero inizio negli U.S.A., in Germania e in Inghilterra tra il 1935 e il 1937.
In Italia, un regolare servizio fu inaugurato nel 1954. Nel pomeriggio del 4 gennaio 1954 fu mandato in onda IL DIARIO DI GIULIETTA, una serie per ragazze in ventuno episodi. Da allora e fino alla riforma RAI l'appuntamento pomeridiano della televisione pubblica con i più giovani rimase immutato.
Il mezzo secolo di Tv in Italia ci permette, dunque, di tentare una lettura diacronica dell'evolversi delle rappresentazioni dell'infanzia attraverso essa veicolate.
Analizzando il percorso storico delle trasmissioni televisive realizzate e\o trasmesse per l'infanzia possiamo rilevare che, nella TV italiana ai suoi esordi erano i cosiddetti valori "forti" (l'operosità, l'altruismo, il senso del dovere, etc.) ad essere costantemente veicolati. Tale situazione conservò una sua staticità fino alla fine degli anni '60.
Il primo grande segnale di rinnovamento fu infatti dovuto alla necessità, fatta propria dai dirigenti pubblici, di controbilanciare il fermento anti-autoritario del '68 con una programmazione che riproponesse l'efficienza di quella istituzione privata che più d’ogni altra era nel mirino dei capelloni: la famiglia.
Questa risposta non fu però priva d’ambiguità, di aperture e frettolose ritirate, culminanti nel 1976 con la riforma precedentemente ricordata e in un sottodimensionamento, da parte della RAI, dello spazio riservato ai telespettatori più giovani.
Ad influire su queste scelte vi fu, forse, anche l'avvento, spiazzante per la TV di Stato, delle reti private che posero, con la programmazione di cartoon giapponesi e telefilm americani a basso costo, il problema della concorrenza fino ad allora inesistente.
In poco tempo la costosa produzione italiana fu decimata per far spazio a programmi in grado di competere, anche economicamente, con l'offerta della concorrenza.
La forza economica delle TV private fu anche aiutata dalla possibilità di legare i cartoons (spesso forniti, con la pubblicità, in pacchetti unici dalle stesse case produttrici di giocattoli) agli introiti pubblicitari senza ulteriori costi aggiuntivi.
Tra fini sociali, necessità aziendali e proteste dei genitori la Rai ha cercato successivamente di riposizionarsi sul mercato da un lato, ad esempio, legando il proprio marchio a quello della Disney, dall'altro ritornando ad una produzione, seppur minore rispetto al passato, autonoma. Buoni frutti di tale rinnovato impegno sono trasmissioni come L'albero azzurro o La Melevisione. Sempre della Rai è l'esperimento, già peraltro consolidato in altri paesi europei come Germania, Austria ed Olanda, di un programma di news indirizzato ai più giovani, il TG-RAGAZZI, che tenta di reintrodurre, in chiave moderna, lo stile pedagogico della televisione degli esordi.
Tutti questi tentativi sembrano oggi superati dall’effetto “globalizzazzione”. Sono ormai in atto massicci investimenti da parte delle grandi compagnie dell'intrattenimento (Disney in testa) sui programmi diffusi via cavo o parabola e, soprattutto, sul web, il vero mercato del futuro (non casualmente le ultime statistiche statunitensi parlano della disaffezione del giovane pubblico verso la televisione e della vittoria di internet).
Ritorniamo però alla televisione; se sosteniamo che i miti, i linguaggi, i modelli di comportamento proposti in modo celato o palese dalla programmazione televisiva riflettono (e sono fatti propri, dagli utenti, attraverso) le rappresentazioni sociali esistenti allora è possibile evidenziare come, in molti dei programmi televisivi per ragazzi, i protagonisti assumano marcatamente alcune delle caratteristiche "maschere" destinate all'infanzia. Proviamo quindi a far emergere, dal limbo della corta memoria televisiva, alcuni di tali personaggi e le rappresentazioni che essi incarnano.
Quasi sempre i "buoni bambini" (si pensi ai protagonisti de La casa nella prateria o alla piccola Heidi) appaiono sempre pronti a mettere a rischio la propria vita per aiutare coloro che sono in difficoltà, naturalmente grazie alla propria intelligenza, al proprio coraggio, alla propria fantasia riescono sempre nelle loro imprese al contrario di quei piccoli combinaguai corrispondenti ai nomi di Ciuffettino, Gian Burrasca, Pinocchio. E’ da rimarcare poi la similitudine esistente tra alcune caratteristiche di questi bambini (sia buoni che cattivi) e quelle degli adulti infantilizzati e pasticcioni di altre produzioni italiane (ad es. il sacrestano Giacinto de I ragazzi di padre Tobia) e straniere (come il sergente Garcia in Zorro).
L’altra grande figura è quella del puer senex. L'esempio migliore ci è dato dalla situation comedy Arnold. In questo telefilm, di produzione statunitense ma di grande successo anche nel nostro paese, è operato un palese smascheramento del tema utilizzando, con gli opportuni camuffamenti, come piccolo protagonista un non-bambino.
In tale serie, così come ad esempio in "Super Vicky" (dove la bambina protagonista "impersona" sulla scena, un robot), i bambini assumono le vesti di un adulto in grado di far proprio un non disturbante ed indifferenziato "senso comune" .
L'impatto di questi personaggi sugli utenti finali risente della particolarità del mezzo comunicativo utilizzato, essi restano impressi nella memoria del pubblico che li ha seguiti per tante puntate e le canzoncine allegre delle sigle dei loro programmi risuonano ancora nelle orecchie di tanti ex bambini a distanza di anni.
Non è casuale, allora, che gran parte di questi“eroi” vengano periodicamente ripescati negli “amarcord” televisivi riservati al pubblico più adulto.
E’ da segnalare, infine, come, ad opera della Disney, si sia assistito anche al varo di una serie “ibrida”, Un angelo in blue-jeans, in cui un ragazzo rivestiva, contemporaneamente, tutti i ruoli già descritti essendo un angelo (mandato, come custode, sulla terra), un saggio (dotato di superpoteri) e un pasticcione (era pur sempre un ragazzo –sic-). Tale tentativo ha anche avuto un contraltare femminile, Sabrina - vita da strega -, che ha visto la figura dell’angelo trasformarsi in quella (più femminile?) della strega.
25/07/08
Infanzia & Media - (4) L'altro
Superata la fase di riconquista religiosa assisteremo, dal XVIII secolo, ad una progressiva trasmigrazione del primato del potere culturale dalla Chiesa controriformata ai nuovi sacerdoti dello stato: medici; magistrati; pedagoghi; etc.
In questa chiave il maturarsi di un nuovo atteggiamento verso l'infanzia può essere interpretato più che scoperta di un universo sconosciuto come vera e propria creazione di un mondo altro rispetto a quello degli adulti.
Al costituirsi dell'infanzia come entità altra contribuirono vari, eterogenei elementi che legandosi tra di loro testimoniano, ai nostri occhi, come più dell'acuta riflessione del singolo (sia esso l'illustre umanista, pedagogo e/o attivo maestro) sia fondamentale il sotterraneo avanzare, nella mentalità comune, di una nuova visione del mondo coincidente, in questo caso, con il gestaltico delinearsi di un nuovo soggetto.
Possiamo sottolineare così, ad esempio, la presenza crescente di raffigurazioni di angeli (XIII sec.); di scene diverse dell'Infanzia Divina (XIV sec.); di putti e di fanciulli tra la folla in primo o secondo piano (XV e XVI sec.). Sempre in base alle numerose immagini pittoriche pervenuteci possiamo, inoltre, cogliere due embrionali, ma importantissimi, elementi di differenziazione. Assistiamo, infatti, all'emergere di piccoli spazi abitativi destinati ed allestiti in funzione dell'infanzia; in essi i bambini venivano ritratti nella loro vita quotidiana acquistando una mobilità lontana dalla fissità di posa delle immagini precedenti. Vi fu poi l'affermarsi (relativo peraltro alle classi nobili e borghesi) di un modo di vestire proprio dell'infanzia che segnalava la nascente separazione sociale per classi d'età. A volte, infine, la differenziazione fu favorita, più che dalla accettazione\elaborazione individuale di un nascente sentire collettivo, dalla precoce burocratizzazione dello stesso sentire.
Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Ludger Lutkehaus, La solitudine del piacere, scritti sulla masturbazione, Cortina, Milano, 1993
23/07/08
Infanzia & Media - (3) Le "vergini"
Tale modello nel suo farsi storico, dopo l'età delle persecuzioni, fu proposto non solo per il ricordo esemplare ma anche per l'imitazione da parte delle più giovani.
Proprio la particolare attenzione prestata alla descrizione dell'infanzia di queste piccole sante (attenzione rivolta soprattutto a sottolinearne la presunta e "naturale" maggiore esposizione alle insidie del mondo) per un gioco di rimandi (si pensi allo sviluppo, avvenuto soprattutto all'interno delle comunità religiose femminili, di una mistica del Natale accanto a quella della Passione ed alla personalizzazione sempre più accentuata della devozione verso il momento della natività ravvisabile anche nella più diffusa venerazione di bambole del Cristo bambino e di Maria) si allargò dalle singole eroine all'intera infanzia. Tale passaggio si può cogliere anche attraverso l'ingresso nell'arte pittorica del Duecento del tema della maternità della Vergine, sviluppato in molteplici varianti, tema che condurrà, successivamente, alla nascita del ritratto familiare.
Questa maggiore visibilità dell'infanzia come categoria ed il primo affermarsi della nascente cultura borghese segnarono anche il contemporaneo tentativo di recupero della marginalità sociale, la stessa di cui molte delle piccole sante erano testimonianza. Tale recupero passò attraverso un'opera diffusa di forzata istituzionalizzazione assistenziale che permise di isolare i fenomeni di santità nei chiostri monastici e di porli nello stesso tempo fuori dall'ordine, in via di costituzione, delle città.
Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Becchi E.- Julia D. (a cura di), Storia dell'infanzia. Vol. 1: Dall'Antichità al Seicento, Laterza
21/07/08
Infanzia & Media - (2) I "modelli"
Il puer natus est (superando il parvus puer ellenico-romano) si pone, accanto al crocifisso, come figura centrale di ogni pratica di devozione.
Un trio della croce ed un trio familiare, un solo vero protagonista ed un gruppo in cui domina l'elemento femminile e materno: Maria/Gesù è questo il doppio punctum di tutta l’iconografia cristiana.
Particolare dell’Ara di Ratchis (VII sec.) - Cividale del Friuli-
Ricordiamo inoltre che la mancanza nei Vangeli di precise testimonianze, non solo brevemente accennate, relative ai primi anni di vita di queste due figure simboliche di santità maschile e femminile, ha permesso che la casella infanzia divenisse un contenitore adatto più di altri a recepire diverse immagini idealizzate in relazione al contesto sociale esistente.
Possiamo quindi, a questo punto, cercare di definire il proprium dei modelli cristiani dell'infanzia e le loro eventuali differenze rispetto al mondo classico .
L'ETA'. Cronologicamente è possibile affermare che per il mondo antico (ne sono testimonianza numerose notizie biografiche relative a personaggi illustri) e per il primo cristianesimo (in questo caso l'esempio principe é fornito dall'episodio della disputa tra Gesù ed i dottori nel tempio) era l'età compresa tra la nascita ed i dodici\quattordici anni a segnare il periodo dell'infanzia; l'acquisita maturazione fisica e intellettuale permetteva, successivamente,al puer di determinare il proprio percorso di vita.
LA MORALE. Nelle tradizioni sia pagane che paleocristiane donne e bambini erano caratterizzati dalla loro debolezza sia fisica che etica, debolezza che li faceva considerare particolarmente vulnerabili, corruttibili e corruttori. Nel Medioevo tale immagine persistette e se l'infanzia, nel tempo, acquistò una sua valenza positiva divenendo esempio per l'adulto di una semplicità da ritrovare restò tuttavia una valutazione negativa legata al peccato originale di cui il bambino è portatore.
Rimase dunque una profonda diffidenza nei confronti di chi rappresentava, al tempo stesso, la porta d'ingresso del diavolo o di Dio nel mondo.
IL CARATTERE. L'immutabilità del carattere fu uno dei dati accettati dall'antichità (è il tema del puer senex per cui il bambino, pur rimanendo tale, mostra pubblicamente quelle doti che gli saranno proprie nell'età adulta). Riprendendo anche in ciò elementi delle biografie classiche, perfino l'attività riconosciuta come propria dell'infanzia, il gioco, divenne manifestazione anticipatoria del carattere o delle attitudini dell'individuo. In questa atmosfera di totale predestinazione quasi solo l'intervento della divinità poteva assicurare una trasformazione che avveniva, verrebbe da dire ovviamente, dal negativo al positivo.
LA FAMIGLIA. I rapporti familiari furono modellati dal racconto dei Vangeli (la Sacra Famiglia) anche se il furore mistico premette per un allontanamento totale dalla vita mondana; in ogni caso il luogo privilegiato dell'infanzia fu la famiglia (una struttura non statica bensì pronta a mutare la propria organizzazione e dimensione nel tempo storico).
L'EDUCAZIONE. In generale possiamo rintracciare nelle descrizioni biografiche dell’epoca, una separazione ben visibile tra “i normali” ed “i santi”.
I bambini non santi ebbero attribuzioni per lo più connotate negativamente. Li si accusò di essere: indolenti; altezzosi; incontentabili; pieni di capricci.
Il/La futuro/a santo/a rifuggiva, invece, da un rapporto di familiarità con gli altri fanciulli poiché nelle intenzioni del biografo ciò poteva preservarlo/a dalla contaminazione del peccato.
Questo atteggiamento passò in un primo momento (la fase eroica) anche attraverso il rifiuto della educazione tradizionale, rifiuto che, nella redazione delle vite, si stempererà fino a ribaltarsi.
LA FEDE. Nella chiesa degli inizi poca importanza assumeva l'età in relazione al martirio, anche se centrale rimaneva l'esempio evangelico della strage degli innocenti. Nello stesso modo le apologie cristiane rigettarono gli elementi essenziali dei racconti biografici pagani (patria, bellezza fisica, condizioni sociali, etc.) per glorificare esclusivamente le virtù. Anche per ciò che riguarda il martirio, il topos fu quello del puer senex in un superamento o snaturamento dei caratteri propri (oggi, per noi) dell'infanzia.
Autori e Libri per possibili approfondimenti:
DIETER RICHTER, Il bambino estraneo. La nascita dell'immagine dell'infanzia nel mondo borghese, La Nuova Italia, Firenze
20/07/08
Infanzia & Media - (1) Verso la "separazione"
Gli elementi di trasmissione privilegiata di questa nuova cultura furono gli scritti (prima di tutto i Vangeli e le opere riconosciute dalla chiesa ma anche le innumerevoli apologie, le vite dei santi, gli apocrifi, le opere della bassa latinità etc.) tra gli uomini di lettere (pochi a voler prestar fede alle stime sulle percentuali di analfabetismo dell'epoca ed ai metodi d'insegnamento utilizzati per i giovani chierici); le omelie, le rappresentazioni pittoriche e scultoree sacre, le leggende, la tradizione orale per la larga maggioranza della popolazione.
Nella misura in cui gli scritti religiosi (riportanti notizie, anche solo superficiali o indirette, sull'infanzia) influenzarono le immagini presentate nei luoghi di culto e le parole degli uomini di chiesa, tali immagini e tali parole andarono sedimentandosi nella cultura individuale e collettiva, modificando e\o implementando le rappresentazioni pre-esistenti; rappresentazioni fondamentali per il loro ruolo di chiave di decodifica del vivere quotidiano e di ordito della memoria sia del singolo che della comunità. Proprio la memoria corale dei fatti tragici o miracolosi permise, peraltro, a coloro che, ad esempio, ricostruirono le vite dei martiri e dei santi, di preparare la strada a nuove ricostruzioni, a successive stratificazioni, ad iniziali impercettibili mutamenti di fuochi destinati successivamente ad ampliarsi ed imporsi. E' tramite questo processo, accelerato da un’esponenziale mutazione tecnica e socio-economica del mondo occidentale, visibile a partire circa dal Duecento , che sarà possibile controllare il progressivo allontanamento del bambino dal mondo degli adulti e il suo confinamento in un mondo separato, costruito su misura sui nuovi "sentimenti" fatti propri dalla società.
Tali mutamenti sentimentali acquisteranno nel lungo periodo una patente di naturalità, anche in base a ciò appare difficile oggi ammettere, per il senso comune, che le relazioni reciproche del bambino con la famiglia siano in realtà relazioni storicamente ed economicamente determinate.
Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Philippe Ariès, Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Laterza
19/07/08
Infanzia & Media - Premessa
Le immagini dell'infanzia fornite, in due millenni, dalla tradizione cristiana sono andate sedimentandosi nella cultura individuale e collettiva, modificando e\o implementando le rappresentazioni preesistenti; esse sono divenute così rappresentazioni fondamentali per il loro ruolo di chiave di decodifica del vivere quotidiano e di "ordito" della memoria sia del singolo sia della comunità.
Già nel Medioevo (nonostante la nota e ripetuta raffigurazione del bambino come puer senex) in quell'essere umano non ancora del tutto sviluppato era individuato un proprium che non si riusciva bene ad afferrare e che generava un profondo disagio. L'infanzia, come mondo altro, ha tardato, però, ad acquisire una propria dimensione; infatti, al costituirsi di tale entità contribuirono vari elementi che, legandosi tra loro, sono testimonianza di come più che dell'acuta riflessione del singolo (sia esso l'illustre umanista, pedagogo e\o attivo maestro) sia fondamentale il sotterraneo avanzare, nella mentalità comune, di una nuova visione del mondo, visione coincidente, in questo caso, con il gestaltico delinearsi di un nuovo soggetto.
Attraverso le "figure" del bambino selvaggio o prodigio od ancora exemplum di ciò che l'umanità ha perduto, si può assistere, tra '600 ed '800, al progressivo allontanamento del bambino dal mondo degli adulti, quel mondo cui ancora nel Seicento l'infanzia partecipava a titolo diretto, ed il suo essere confinata in un universo fisico\psichico, privilegiato e pieno di sentimento ma separato, costruito su misura, un mondo di fantasie e di sogni, da realizzare, render reali ai genitori.
Tali mutamenti "sentimentali" acquisteranno, nel lungo periodo, una patente di naturalità ed astoricità.
Nel '900 le funzioni non più pertinenti alla famiglia saranno, in misura sempre maggiore, svolte da altri sottosistemi; così quelle produttive dal sistema industriale, le funzioni espressive dal sistema (sempre più importante economicamente e globalizzante culturalmente) del tempo libero, quelle educative dal sistema scolastico.
A questa mutata situazione sociale ha corrisposto un massiccio movimento culturale di definizione\scoperta delle diverse fasi e dei diversi momenti che caratterizzano l'infanzia.
Destinatari, e non solo nelle famiglie borghesi, di sempre maggiori spazi all'interno dell'abitazione ma anche fruitori di luoghi urbani appositamente attrezzati e “recintati”, i bambini, oggi, costituiscono, allo stesso tempo ed indissolubilmente, il fuoco di un interesse teso alla loro formazione (interesse che passa attraverso la letteratura di consiglio, le riviste femminili, la pubblicità pediatrica, l'informazione medica, quella televisiva etc.) ed il centro di nuovi mercati commerciali. Questo infittirsi di attenzioni produce, in parallelo, un’esplosione di modelli proposti per l'infanzia.
Il processo descritto é stato, inoltre, accelerato dalla nascita, nella seconda metà dell'ottocento, di strumenti tecnici in grado di riprodurre in infinite copie l’"opera d'arte" e dalla possibilità di una nuova appercezione del mondo che questi stessi strumenti hanno fornito. E' stata favorita così la diffusione di rappresentazioni, per immagini, dell'infanzia che sono divenute comuni in culture fino a poco tempo addietro diverse per tradizione e\o censo. L'importanza del cinema, nell'immaginario sociale, appare, per questo, immensa così come è oggi fondamentale il peso della televisione.
E' possibile indagare su tale immaginario? In che modo quel senso comune che lo ingloba può essere evidenziato e studiato? Quali rappresentazioni dell'infanzia vengono ad essere veicolate e mutate nella interazione (sia attiva sia passiva) fra l'adulto ed il bambino?
Legata ad altre discipline, quali la sociologia e l'antropologia, la psicologia sociale sembra offrire, proprio per il suo essere disciplina che privilegia l'interdisciplinarietà e per l'importanza da essa attribuita all'interazione, gli strumenti concettuali e di ricerca utili ad indagare su tali domande; uno degli oggetti di studio privilegiati dalla psicologia sociale sono le rappresentazioni sociali.
Esse sono regole flessibili di pensiero pratico orientate verso la comunicazione, la comprensione ed il dominio dell'ambiente sociale, materiale e ideale. In senso largo designano il sapere del senso comune.
La rivoluzione provocata dalle comunicazioni di massa, la diffusione dei saperi scientifici e tecnici hanno trasformato i modi di pensiero e creato dei contenuti nuovi. Diviene allora necessario adattare la grammatica, abbreviare il percorso logico, creare nuove immagini, al fine di renderne il senso comprensibile. Tale conoscenza condivisa é concepita specialmente in modo da modellare la percezione e costituire la realtà nella quale si vive. Oggettivandosi essa si integra con le relazioni e con i comportamenti di ciascuno. In tutto ciò é la comunicazione che permette ai sentimenti ed agli individui di convergere, in modo che qualcosa di individuale possa divenire sociale o viceversa. Per questo le rappresentazioni sociali sono storiche nella loro essenza ed al tempo stesso influenzano lo sviluppo dell'uomo dalla prima infanzia.
Le rappresentazioni che abbiamo del corpo, delle relazioni con altre persone, della giustizia, del mondo, etc., si evolvono, attraverso la comunicazione, dall'infanzia alla maturità. La scrittura ed i mezzi di comunicazione di massa, verbali e non verbali, permettono, infatti, la circolazione di rappresentazioni collettive che esprimono immagini ideali e modelli del tutto evidenti e conosciuti al momento della loro produzione ma che perennemente mutano di significato al variare del tempo e dei luoghi della loro decodifica.
Il nostro corpo ed il nostro linguaggio si prestano generosamente e volutamente ad essere mezzo di comunicazione. La gestualità, la mimica, le espressioni del volto, l'intonazione, le pause, le parole dette o taciute possono essere usate per generare un codice pubblico o privato. Tutto ciò si riflette nell'ambito della interazione, ambito in cui la nostra "apparenza" diviene, soprattutto, rivelatrice dell'identità sociale costruita e\o attribuita.
Nell'evoluzione delle società umane la riduzione del discorso a forme grafiche ha sviluppato possibilità e abilità peculiari, gravide di conseguenze a tutti i livelli: prime fra tutte la decontestualizzazione del discorso e le capacità analitiche.
L'avvento di mezzi di comunicazione che privilegiano l'immagine rimanda, invece, alle antiche società orali in cui le classificazioni rispecchiavano il loro modo peculiare di organizzare i dati della realtà, cioè un modo in cui é il contesto del discorso a determinare l'associazione pertinente tra le cose, il loro legame in quel momento più significativo. Non é certo questo un fenomeno nuovo, occorre pur sempre ricordare, infatti, che se da un lato la maggioranza della popolazione mondiale, ancor oggi, ha estrema difficoltà, se non ignoranza, verso il parlare "visibile", dall'altro, già prima che fosse inventata la stampa, il popolo analfabeta aveva elaborato non soltanto un'importante tradizione orale ma anche modi alternativi per fissare o comunicare ciò che era pensato o detto (usando figure, simboli, segni e segnali). Tutto ciò costituiva una sorta di scrittura "tribale" di uso quotidiano: ausilio della mente, mezzo di comunicazione e strumento di testimonianza o autenticazione.
Tali norma di comunicazione hanno oggi due vie di sviluppo; una via "colta" che passa attraverso un repertorio di immagini, suoni, parole diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, dalla pubblicità e, non ultimo, rintracciabile nel mondo “virtuale” dei navigatori della rete, ed una "popolare", o per meglio dire culturalmente minoritaria, rintracciabile ad esempio nei graffiti, nella produzione discografica esterna ai grandi circuiti, nelle "leggende metropolitane", etc.
Questi due livelli interagiscono tra loro, riformulando se stessi ed il proprio passato.
Al centro di tutto pare ergersi in ogni caso la televisione.
Di fronte all'ipotizzato dominio dell’"imagologia" il dibattito si é concentrato, con punte, invero, assai alte di riflessione ed analisi, sui valori e sui pericoli del piccolo schermo.
I risvolti, a volte "referendari", di tale dibattiti sembrano, però, poco utili rispetto alla necessità di indagare su quali mondi e su quali rappresentazioni siano proposte da tale mezzo, e su come la loro interpretazione e trasformazione, nell'interazione sociale attiva, sia successivamente fatta propria dalla televisione stessa. Si è privilegiato, in tal modo, un approccio pavloniano al problema TV dimenticando che anche la più completa delle colonizzazioni non può rifiutare di fare i conti con le trasformazioni e gli adattamenti che il "colonizzato" impone e trasmette, modificando i suoi colonizzatori nello stesso tempo in cui viene egli stesso modificato.
E' in base a quest’ultimo presupposto che diviene utile cercare di rintracciare le tracce dei passaggi che portano alla diffusione, assimilazione e trasformazione (per una nuova, immediata o successiva, nuova diffusione) delle rappresentazioni sociali. Questa esigenza, legata ai dati delle indagini in precedenza evidenziati, ci induce a ritenere che la ricerca delle rappresentazioni dell'infanzia veicolate dalla televisione sia essenziale per ogni possibile indagine sulla formazione e sull'evoluzione del nostro "presente".
Da quando, nel pomeriggio del 4 gennaio 1954, fu mandato in onda Il diario di Giulietta e fino alla riforma RAI l'appuntamento pomeridiano della televisione pubblica con i più giovani é rimasto immutato.
Gli sconvolgimenti, anche di fascia oraria, portati nelle abitudini televisive degli italiani dall'avvento delle televisioni private se da un lato hanno, probabilmente, impoverito qualitativamente l'intera offerta (pubblica e privata) di programmi per l'infanzia, dall'altra hanno evidenziato la necessità di creare contenitori stabili, con conduttori fissi, in cui poter trasmettere, senza incorrere in rischiosi rifiuti da parte del giovane pubblico, i sempre nuovi cartoon (spesso forniti, con la pubblicità, in pacchetti unici dalle stesse case produttrici di giocattoli).
L'attenzione maggiore degli studiosi si é proprio concentrata su questo ultimo aspetto ed ha interessato solo marginalmente il vero centro relazionalmente significativo, rispetto ai telespettatori: il\i conduttore\i.
Non casualmente, ci pare, alcuni dei personaggi televisivi oggi maggiormente osannati hanno iniziato la loro professione in programmi-contenitore rivolti ai più piccoli, ed aldilà della gavetta, proprio in tali trasmissioni sono riusciti a rap-presentarsi ed a rap- presentare ciò che per molti versi é oggi il loro pubblico.
Ecco dunque che indagare sull’approccio dialogico utilizzato dagli odierni conduttori dei programmi per ragazzi diviene, nello stesso tempo, un indagare su questi ultimi, su quello che essi "impongono" ai loro interlocutori ed anche un indagare sulle generazioni precedenti e su quello che esse hanno lasciato riguardo alle stesse rappresentazioni.