14/08/08

Infanzia & Media - (5) Selvaggio, Genio, Eroe

Il processo di differenziazione, di progressivo allontanamento tra mondo dell'infanzia e mondo dell'adulto procedette di pari passo a due altri processi analoghi: quello che separò gli strati sociali superiori dalle classi popolari e quello che segnò i rapporti tra i popoli civilizzati dell'Europa e le culture extraeuropee.
Questi tre processi sembrano potersi legarsi tra loro nella definizione di selvaggio. Con tale termine è possibile, infatti, indicare il bambino non ancora sottoposto ad un regime normativo; il comportamento e l'aspetto propri delle classi popolari; l'indigeno non ancora civilizzato.
Il progressivo senso di dominio che l'uomo ritenne di poter esercitare sulla natura si trasferì, rispetto al bambino, nella possibilità, che l'educatore sentì propria, di modificare, civilizzare, il selvaggio che ogni infante rappresentava.
Proprio nello sforzo di mutare la condizione selvatica dei bambini la pedagogia delle scuole di carità dal XVII fino al XIX secolo si preoccupò che, all'interno delle classi, l'occhio del maestro potesse, senza incontrare ostacoli, giungere a cogliere immediatamente l'elemento che, contravvenendo alle regole, andava a turbare l'armonia di un totalizzante ordine scolastico. Da qui una ritualizzazione assai forte della giornata e l'ossessione per la postura del corpo.
In questo contesto divennero teoricamente fondamentali per lo sviluppo futuro del fanciullo le circostanze ambientali e di crescita perché il miracolo dell'educazione, questo miracolo che, in chiave laica, parve sostituire quello della grazia, aveva bisogno di un controllo totale di quella cera grezza da cui, attraverso un'opera di manipolazione, doveva essere formato il nuovo oggetto di devozione, il nuovo modello da indicare ad esempio per il crescente pubblico borghese: il bambino prodigio.
Il termine selvaggio si prestava, tuttavia, ad avere un'altra chiave di lettura; infatti se con questa parola, come abbiamo visto, possiamo indicare colui che non è stato ancora formato dalla civiltà (usando quindi una sostanziale lettura negativa di tale posizione) risulta anche possibile indicare con essa colui che non è stato ancora deformato dalla civiltà stessa (ribaltando così in positivo ciò che appariva negativo).
Se la prima definizione sarà fatta propria dal movimento pedagogico dei secoli XVIII e XIX, la seconda sarà assunta soprattutto dal movimento romantico.
In tale veste il bambino divenne, o forse ritornò ad essere ( seppur in forma secolarizzata), exemplum di ciò che l'umanità aveva perduto, testimonianza vivente di un'antica purezza divenuta, quasi sempre, irrecuperabile. Solo la forza dei nuovi valori propagandati dalla borghesia (la Libertà; la Patria; la Rivoluzione; etc.) poteva infatti consentire la rigenerazione dell'umanità e la rappresentazione di questi stessi valori attraverso il corpo di un\a fanciullo\a.

Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Contemporanea, Rivista di storia dell'800 e del '900, Numero 2 - aprile 2004-, La storia dell'educazione come storia culturale. Interventi a cura di Fulvio De Giorgi Dominique Julia, Luciano Pazzaglia, Carmen Betti, Giuseppe Tognon , Le edizioni del Mulino

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