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28/02/13

28 febbraio 2013

E poi unu mori u stisso.
E se travagghi mori nella fabbrica e se non travagghi mori per la fabbrica.
E poi unu mori u stisso.
E quello che resta e il titolo del giornale e il chianto della famigghia.
E poi unu mori u stisso.
E attorno tutti dicono che non ci sono chiu loperai. Che già eri morto prima.  
E poi unu mori u stisso.
E alla televisioni si parra di claun e di rivoluzioni di prastica.
E poi unu mori u stisso.
E se non sarà lidea sarà la fame. 

27/02/13

27 febbraio 2013

Io non lo so se è giusto il mio ragionamento che non mi interesso assai di queste cose però sacciu che se qualcuno che ci voglio bene sta male che di mia mi importa picca io cerco il dottore più giusto e chiedo e mi informo  e quando qualcuno mi dice che è bravo voglio vedere il malato come a san tommaso e parrarici se è possibile.
Invece se si presenta u duttureddu stuccu a ucca che se mi va di culo è tutto guadagnato e se non è accussì non posso nemmeno tornare indietro. Magari se sono piccole cose ci do anche fiducia però e può capitare che tra una fiducia e laltra quello impara chiossai e io mi ritrovo a uno che mi salva la vita.
Certo mi incazzo su pavu assai e se non mi fanno la ricevuta mancu ci vaiu chiù anche se a me della fattura non me ne faccio niente.
Eppure vedo la gente che invece dice che ci volunu facce nuove e queste facce manco li conosce che putissuru essiri come a quello che ammutta i muschi arreri u vitru e loro dicono che va bene lo stesso.
Forse è solo che ci vuole fede ed è per questo che io non ci capisco assai che i santi mi stanno simpatici ma loro sono tutti nel paradiso mentre Dio si fà i cazzi sò.

26/02/13

26 febbraio 2013

Io ci sono stato qualche volta allichea che mi sono accattato minchiate per la casa e ci ho mangiato anche che costa poco e uno può dire: Ho mangiato fuori oggi". I mobili no che non sono bravo a montarli e ci ho tentato una volta ma non mi è riuscito bene.
Ecco io ci ho mangiato dicevo e oggi ho scoperto che nelle polpette dellichea cera carne di cavallo e questo sembra che non andava bene perchè loro quelli dellichea non la dicevano questa cosa nella etichetta anche se a me la carne di cavallo piace che la mangiavo sempre quando ero a Catania. Insomma dentro ci mettevano questa carne e anche nelle lasagne dicono che cera un misto strano ma quelle le facevano a Bologna.
Le polpette allichea te le danno con la marmellata e una salsina e sarà per farci cambiare sapore forse oppure è la loro tradizione che quelli vengono da altri paesi e non mangiano come a noi. Io comunque questa cosa non mi sorprende che se vado lì non è che mi aspetto di mangiare cose eccezionali e cè qualcuno in Germania che dice che tutte queste cose che hanno sequestrato o ritirato invece di gettarle potrebbero darle ai poveri che quelli non si curano di quello che mangiano e sarebbe uno spreco. E certo che è vero che ai porci si da tutto prima di scannarli.

25/02/13

25 febbraio 2013

Ora succede che addumo la televisione e in un colpo solo scopro che non cè più il governo e il papa e il capo della polizia e allora mi scappa un sorriso che lo so che è per picca questa novità però è bello pensare che per un attimo non cè più nessuno che comanda in questo paese e che ti dice quello che devi fare e che quello che devi fare puoi anche farlo e pensarlo con la tua testa che qualcuno te lha data per quello.
Il guaio è che a essere liberi a pinsarisi liberi ci vole tempo. Anni e anni e storie di famigghia e tradizioni come a esseri poveri insomma che a quello però ci siamo abituati da sempre e anche se ora pari che sta crollando il mondo in fondo è picca ca ciavumu due lire in più nella sacchetta e io me lo ricordo ancora come si fa a risparmiare e a cogghiri lolio sopra il macco. Invece per la libertà non è accussi che ogni tanto qualcuno sè sentito anche libero che a me me lhanno cuntato i nonni questa cosa ma non è che abbia fatto una bella fine oppure cè passata in fretta questa fantasia che è più comodo stari sutta a qualcuno e che insomma poi ci si abitua presto.
Io pinsavo a queste cose questa matina e nel frattempo ero affacciato che continuava a nevicare che sono giorni ormai. Sopra ai rami dellalbero di fronte a casa mia due acidduzzi sbattevano le ali e iniziavano a cuppiari. Come sempre.

24/02/13

24 febbraio 2013

Buongiorno. Io mi chiamo Vincenzo e vivo e travagghio a Parma dove ciacchianai un po' di anni fà che invece sono nato a Catania. Non è stata una cosa facile che io ammia mi piaceva la mia città e ciavevo lamici e la famigghia prima ma però cummatteva ogni giorno per la pagnotta e allora ho cercato fuori che qualche cosa ho trovato. Io travagghio dentro a un supermercato che metto le cose nel magazzino e poi le passo nei reparti per venderle. Certo a considerare certe cose mi è andata bene che non sono in fabbrica che allora forse nemmeno qua al nord riuscivo a travagghiare ma insomma.
Io sto scrivendo queste cose che ci pensavo da tempo di farlo. Il fatto è che io di mio parlo poco e allora qua non ci ho tanti amici anzi a dire il vero non cè nho nessuno vero che quelli sono rimasti a Catania e allora Totò che era il mio migliore amico mi ha detto che potevo provare a scrivere prima di diventare pazzo che a lui cè lha consigliato uno del palazzo dove abitavamo e che queste cose che scivevo li potevo mettere in un posto dentro al computer che tutti poi le potevano leggere. E io così ho fatto anche se non mi decidevo mai a iniziare che con le scuole e le lettere non ci sono mai andato daccordo e non lo sapevo che cosa poteva nesciri fora. Insomma volevo iniziare al primo dellanno ma poi mi passau la vogghia e non cenerano tante di date speciali da quel momento. Poi Totò al telefono mi ha detto che quella delle elezioni poteva essere la scusa giusta e io mi sono deciso che per me è importante fare le cose per bene e uno se accumencia qualche cosa ce la deve avere. Una data giusta che poi dice ecco io ho iniziato da questo giorno che cera questo anche per ricordarselo bene se ci capita di parlarne con qualcuno.
Io oggi mi sono svegliato che cera la neve ma anche ieri cera e allora ho pensato che forse è sempre megghio della ciniri niura che cade a Catania e che te la senti addosso quando sei in giro. Ecco però questo non lo dovevo scrivere che era di ieri e io ho iniziato oggi e non lo potevo sapere che allora si vede il trucco.
Insomma oggi ci sono le elezioni e io penso che ci vado. A votare intendo.  Alla televisione ho visto che spiegavano cosa devo fare e quella icchisi da qualche parte finirà che insomma magari non serve ma lho sempre fatto. E' che poi non ci vuole assai a capire dove metterlo quel segno che io non ho mai sopportato due specie di persone quelle ca cuntunu minchiate e quelle tipo testimoni di geova ca si chiurunu locchi e ti devono convincere a ogni costo perchè tutti gli altri sono il male. Ecco io lo so dove arriverà la matita e poi come finisce si cunta.    

23/02/13

"judge a book by its cover" di Fabio Magnasciutti


giudico i libri dalla copertina
superficiale che non sono altro
in libreria
quei libri con titoli a rilievo dorati
non li compro
non li guardo
passo oltre con un indefinibile senso di disagio
mi offendono
perderò un capolavoro
pazienza

le urla
i ringhi
battute frasi azioni
volgari povere primitive
da ripetenti di seconda elementare
mi offendono
offendono secoli di evoluzione del pensiero umano
auricolari nelle orecchie che mi pompano miliardi di decibel
di tutti i discorsi alle poste
sull'autobus
al bar
contemporaneamente
signora mia è un magna magna sono tutti uguali




no

22/02/13

Domenica e lunedì - fine -

«Nell’analisi dei partiti politici italiani si può vedere che essi sono stati sempre volontari per ogni iniziativa anche la più bizzarra che sia vagamente sovversiva (a destra o a sinistra). Nell’analisi dei partiti politici italiani si può vedere che essi sono stati sempre di volontari, e mai o quasi di blocchi omogenei sociali. Un’eccezione è stata la destra storica cavourriana  e quindi la sua superiorità organica e permanente sul Partito d’Azione mazziniano e garibaldino, che è stato il prototipo di tutti i partiti italiani di massa, che non erano in realtà tali (cioè non contenevano blocchi omogenei sociali) ma attendamenti zingareschi e nomadi della politica» 

 Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi Torino 1977


[«Sovversivo».] Il concetto prettamente italiano di «sovversivo» può essere spiegato cosí: una posizione negativa e non positiva di classe: il «popolo» sente che ha dei nemici e li individua solo empiricamente nei cosí detti signori (nel concetto di «signore» c’è molto della vecchia avversione della campagna per la città, il vestito è un elemento fondamentale di distinzione c’è anche l’avversione contro la burocrazia, in cui si vede unicamente lo Stato: il contadino – anche il medio proprietario – odia il «funzionario», non lo Stato, che non capisce, e per lui è questo il «signore» anche se economicamente il contadino gli è superiore, onde l’apparente contraddizione per cui per il contadino il signore è spesso un «morto di fame»). Quest’odio «generico» è ancora di tipo «semi-feudale», non moderno, e non può essere portato come documento di coscienza di classe: ne è appena il primo barlume, è solo appunto la posizione negativa e polemica elementare: non solo non si ha coscienza esatta della propria personalità storica, ma non si ha neanche coscienza della personalità storica e dei limiti precisi del proprio avversario. (Le classi inferiori, essendo storicamente sulla difensiva, non possono acquistare coscienza di sé che per negazioni, attraverso la coscienza della personalità e dei limiti di classe dell’avversario: ma appunto questo processo è ancora crepuscolare, almeno su scala nazionale).
Un altro elemento per comprendere il concetto di «sovversivo» è quello dello strato noto con l’espressione tipica dei «morti di fame». I «morti di fame» non sono uno strato omogeneo, e si possono commettere gravi errori nella loro identificazione astratta. Nel villaggio e nei piccoli centri urbani di certe regioni agricole esistono due strati distinti di «morti di fame»: uno è quello dei «giornalieri agricoli», l’altro, quello dei piccoli intellettuali. Questi giornalieri non hanno come caratteristica  fondamentale  la  loro  situazione  economica, ma la loro condizione intellettuale-morale: essi sono ubbriaconi, incapaci di laboriosità continuata e senza spirito di risparmio e quindi spesso biologicamente tarati o per denutrizione cronica o per mezza idiozia e scimunitaggine. Il contadino tipico di queste regioni è il piccolo proprietario o il mezzadro primitivo (che paga l’affitto con la metà, il terzo o anche i due terzi del raccolto secondo la fertilità e la posizione del fondo), che possiede qualche strumento di lavoro, il giogo di buoi e la casetta che spesso si è fabbricato egli stesso nelle giornate non lavorative, e che si è procurato il capitale necessario o con qualche anno di emigrazione, o andando a lavorare in «miniera», o con qualche anno di servizio nei carabinieri, ecc., o facendo qualche anno il domestico di un grande proprietario, cioè «industriandosi» e risparmiando. Il «giornaliero», invece, non ha saputo o voluto industriarsi e non possiede nulla, è un «morto di fame», perché il lavoro a giornata è scarso e saltuario: è un semimendicante, che vive di ripieghi e rasenta la malavita rurale.
Il «morto di fame» piccolo-borghese è originato dalla borghesia rurale: la proprietà si spezzetta in famiglie numerose e finisce con l’essere liquidata, ma gli elementi della classe non vogliono lavorare manualmente: cosí si forma uno strato famelico di aspiranti a piccoli impieghi municipali, di scrivani, di commissionari, ecc. ecc. Questo strato è; un elemento perturbatore nella vita delle campagne, sempre avido di cambiamenti (elezioni ecc.) e dà il «sovversivo» locale, e poiché è abbastanza diffuso, ha una certa importanza: esso si allea specialmente alla borghesia rurale contro i contadini, organizzando ai suoi servizi anche i «giornalieri morti di fame». In ogni regione esistono questi strati, che hanno propaggini anche nelle città, dove confluiscono con la malavita professionale  e  con la malavita fluttuante. Molti piccoli impiegati delle città derivano socialmente da questi strati e ne conservano la psicologia arrogante del nobile decaduto, del proprietario che è costretto a penare col lavoro. Il «sovversivismo» di questi strati ha due facce: verso sinistra e verso destra, ma il volto sinistro è un mezzo di ricatto: essi vanno sempre a destra nei momenti decisivi e il loro «coraggio» disperato preferisce sempre avere i carabinieri come alleati.
Un altro elemento da esaminare è il cosí detto «internazionalismo» del popolo italiano. Esso è correlativo al concetto di «sovversivismo». Si tratta in realtà di un vago «cosmopolitismo» legato a elementi storici ben precisabili: al cosmopolitismo e universalismo medioevale e cattolico, che aveva la sua sede in Italia e che si è conservato per l’assenza di una «storia politica e nazionale» italiana. Scarso spirito nazionale e statale in senso moderno. Altrove ho notato che è però esistito ed esiste un particolare sciovinismo italiano, piú diffuso di quanto non pare. Le due osservazioni non sono contraddittorie: in Italia l’unità politica, territoriale, nazionale ha una scarsa tradizione (o forse nessuna tradizione), perché prima del 1870 l’Italia non è mai stata un corpo unito e anche il nome Italia, che al tempo dei Romani indicava l’Italia meridionale e centrale fino alla Magra e al Rubicone, nel Medioevo perdette terreno di fronte al nome Longobardia (vedere lo studio di C. Cipolla sul nome «Italia», pubblicato negli «Atti dell’Accademia di Torino»). L’Italia ebbe e conservò però una tradizione culturale che non risale all’antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento e che fu ricollegata all’età classica dall’Umanesimo e dal Rinascimento. Questa unità culturale fu la base,molto debole invero, del Risorgimento e dell’unità per accentrare intorno alla borghesia gli strati piú attivi e intelligenti della popolazione, ed e ancora il sostrato del nazionalismo popolare: per l’assenza in questo sentimento dell’elemento politico-militare e politico-economico, cioè degli elementi che sono alla base della psicologia nazionalista francese o tedesca o americana, avviene che molti cosí detti «sovversivi» e «internazionalisti» siano «sciovinisti» in questo senso, senza credere di essere in contraddizione.
Ciò che è da notarsi, per capire la virulenza che assume talvolta questo sciovinismo culturale, è questo: che in Italia una maggior fioritura scientifica, artistica, letteraria ha coinciso col periodo di decadenza politica, militare, statale (Cinquecento-Seicento). (Spiegare questo fenomeno: cultura aulica, cortigiana, cioè quando la borghesia dei Comuni [era] in decadenza, e la ricchezza da produttiva era diventata usuraria, con concentrazioni di «lusso», preludio alla completa decadenza economica).
I concetti di rivoluzionario e di internazionalista, nel senso moderno della parola, sono correlativi al concetto preciso di Stato e di classe: scarsa comprensione dello Stato significa scarsa coscienza di classe (comprensione dello Stato esiste non solo quando lo si difende, ma anche quando lo si attacca per rovesciarlo), quindi, scarsa efficienza dei partiti, ecc. Bande zingaresche, nomadismo politico non sono fatti pericolosi e cosí non erano pericolosi il sovversivismo e l’internazionalismo italiano. Il «sovversivismo» popolare è correlativo al «sovversivismo» dall’alto, cioè al non essere mai esistito un «dominio della legge», ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale o di gruppo. Tutte queste osservazioni non possono essere, naturalmente, categoriche e assolute: esse servono a tentare di descrivere certi aspetti di una situazione, per valutare meglio l’attività svolta per modificarla (o la non attività, cioè la non comprensione dei propri compiti) e per dare maggior risalto ai gruppi che da questa situazione emergevano per averla capita e modificata nel loro ambito.

Antonio Gramsci, Passato e presente

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