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27/03/08

[Pubblico e Privato] Legge Fortuna Baslini



1 Dicembre 1970


L'estate era passata rapidarapida e anche senza a Gianni avevamo giocato lo stesso, e vinto, e perso.
Io ero diventato tifoso del Cagliari, ma è che ammia mi piaceva Riva che era il migliore attaccante del mondo. Ancora me la ricordo la formazione dello scudetto: Albertosi; Martiradonna (che quando giocavi con le figurine e ti spuntava era megghiu di un terno al lotto); Zignoli; Cera; Niccolai; Tomasini; Domenghini; Nenè (chiddu niuru); Gori; Greatti e Riva. Comunque... chissà picchì ciu ficiuni vinciri quellanno lo scudetto.
La scuola aveva accuminciato da un pezzo e le suore ci stonavano la testa con le preghiere e le cose da imparare per Natale; certo potrà sembrare strano ma a me mi piaceva imparare le poesie e le rime e le canzoni anche. Con loro io ci passavo il tempo quandero solo e mi facevano compagnia nella testa. Uno poi le poteva sbagghiari di proposito o mischiarle oppure mittirici parole nuove e cose senza senso tipo: "ci rumpu tutti i renti, o ziu Carmelu..." invece di quello che scinni dalle stelle.
D'inverno non si andava sotto il palazzo che cera il fango e però dentro le case non cera lo spazio per giocare e accussì ci vedevamo poco cullamici e tutto quello che sapevo di loro lo sentivo attraverso i muri o nelle parole di mia madre.
Lei un giorno parlando di una fammigghia che serano trasferiti da poco mi disse anche una cosa nuova: divozziu. Però non me lo seppe dire quello che voleva dire, o forse non ciaveva vogghia di spiegarmelo.

Approfondimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Divorzio

02/09/07

[ Pubblico e Privato ] Teresa Ricciardi


9 Aprile 1969

Io giocavo con il pallone. Cerano Lucio, Nello, Paolo e Gianni e cera il supertell appena scoppiato. Non lo sapevo per davvero cosa significava morire.

Lucio era quello più magro, però lui mangiava come agli altri e quando passava la lapa con la frutta riusciva sempre a pigghiare qualche cosa per noi senza farsi vedere. Nello invece ciaveva già sette anni. Faceva le scuole e era il doppio di noi, anche se poi quando ci facevamo gli sghezzi di paura attaccava a chianciri come a una fimminedda. Gianni era ponchio come a mia, quasi insomma, un pò di meno pecchè quella mia il dottore aveva detto che era leredità di famigghia. Paolo non parrava. Ci taliava sempre muto e anche se ci facevi lo sgambetto nella partita lui non si lamentava, si vutava e ti dava tanti pugna che tu ti levavi il vizio. Anche quelli grandi lo lasciavano in pace che non ne volevano guai.

Alla radio avevano detto di questa morta e a noi non ce ne fotteva assai solo che lei si chiamava come la madre di Gianni e per questo cera stata tannicchia di discussione

"Pensa se era to o mà"
"No. Non può essiri. Idda non saffaccia mai picchì annunca mio padre ci rumpi lossa"
"E picchì?"
"Dice che ci taliano le cosce"
"Ma cui?"
"Ecchinnisacciu iu?"
"Però che cè di mali?"
"Bho! Iu a viru sempri nura"
"Però è tua madre"
"Certo"
"Perciò non vale"
"E picchì?"
"Bho! Iucamu va"
"Sì. Sì. Acchiappa acchiappa"
"No. A nascondino"
"Va bene. Però iu non mi mettu sutta"
"Nello cunta tu"
"Ma pecchè sempre io?"
"Picchì tu sai i numera"
"Non è giusto però"
"Forza. Però nammucciamu fino al palo che dopo non vale"
"1, 2, 3..."


Fonte immagine: http://www.lestintorecheamleto.net/ricciardi.htm

03/08/07

[Pubblico e Privato] il manifesto


25 Novembre 1969

Non ceravamo mai acchiappati tra di noi. Una acchiappata seria intendo, di quelle cheppoi dopo è tutto diverso, e del resto noi che ne sapevamo del dopo? La vita era quella che cera in quel momento, e ciabbastava.
Gianni era sceso con la faccia unchiata come un palloncino e non ciaveva voluto cuntare niente di quello che era successo. Noi però lavevamo dimenticato subito questo fatto. Cera poco tempo prima di fare buio e la partita non poteva aspettare.
Ho detto noi, ma non è vero. Paolo non aveva voluto giocare e ciaveva guardato per tutto il tempo serio serio, poi, mentre io tiravo un rigore come a Riva però con il piede sbagliato, lui pigghiau Gianni e se lo portò dallaltro lato della strada. Nel territorio proibito, quello dove cera stato raccomandato di non andare mai pecchè passavano le machine e ci potevano investire che dopo allospedale ciavrebbero fatto centinaia e centinaia di ignizioni prima di cusirici come a una vesti cunsumata.
Per guardali con la coda dellocchio non arriniscii neanche a fare gol. Non si poteva disobbedire a questo modo e trascinandosi gli altri per giunta.

"Macchi sta facennu?"
"Sarà per i coppa ca ci resunu a Gianni... no viristi chi faccia aveva?"
"Sì, ma se li sarà meritati"
"E tu chinnisai?"
"Ammia non mi toccano se mi comporto bene"
"Ma su pensi sempri a mangiari!"
"Ecchì significa?"
"Ora passo macari iu e ci spiu"
"Sì... accussì su ti viri to o ma i pigghi macari tu!"
"E la partita? Semu tri"
"Giochiamo a porta romana"
"No, mi siddiai. Vogghiu sapiri chi ci sta dicennu"
"Ci starà spiannu..."
"Iu minnistaiu turnannu a casa!"
"Ciao"
"No, voglio aspettare... Gianni! Paolo!"
"Tanto non tarrispunnunu"
"Vabbè va... amuninni"



Approfondimento: http://www.molilli.org

12/07/07

[Pubblico e Privato] Città Ho Chi Minh

30 Aprile 1975

Oggi alla televisione cera una confusione di notizie strana. Nonsacciu unni avevano sconfitto agli americani: quelli dei caubboi, e degli indiani, e della coccacola, e dei filmi.
Tutti parevano preoccupati e sorpresi anche, come quando tarrusbigghi dopo un lungo sonno. Iu, per conto mio, aspittavo nella poltrona solo che iniziavano i cartoni animati che delle altre cose non minteressava, cerano cose più importanti da pensare.
Avevano arrestato allamico mio Paolo e la scuola media era veramente difficile con tutti i prufissuri che ti facevano furiare la testa, e i compiti, e le interrogazioni.
A Paolo lavevano preso che dentro a una gioielleria si stava inchiennu i sacchetti. Ciaveva la pistola di Ginco, quella che avevamo comprato insieme alla fera, ma nessuno senera accorto. Tutto stava filannu lisciu quando dentro al negozio trasiu uno sbirro. Paolo non si scantau. Era un duro lui.
Ci appoggiò la canna della pistola nella testa e "Non ti moviri ca tammazzu!" ci rissi.
Però a quel pezzo di merda ci pariu, quel giorno, di essere un eroe. Si girò di scatto e ucchiappau, però prima si pigghiò una pisciata fridda nella faccia.
La fontana sutta a me casa non funzionava e Paolo aveva pensato daiutarisi da solo.


Fonte immagine: http://www.weatherman.splinder.com

02/07/07

[Pubblico e Privato] La maggioranza silenziosa



7 Marzo 1971

Ciavevo già sette anni e mezzo e una televisione nuova: Sanremo, Canzonissima, il Telegiornale... io avevo tifato per quella canzone, come si chiamava... "Che sarà"; però alle mie cugine ci piaceva di più Nada checciaveva il cuore zingaro e a pensarci oggi, sarà stata la loro età o i primi sfruculiamenti, non ci potevo dare torto anche se ammia continua a piacere quella.
Eravamo tutti a casa di mia nonna.
Me la ricordo ancora quella casa. Ogni tanto ancora ci passo e faccio finta daccattari quacche cosa dai cinesi che ora ci stanno dentro. Era a pianoterra, ma con i soffitti alti che ci pareva una chiesa e il cesso fuori che ricordava il bordello.
Quando eravamo lì tutti davanti alla televisioni subito si facevano le squadre. Ma no così a discussioni. No, tutto avveniva amuta amuta che già, non si sa come, appena arrivato ognuno aveva preso la sua decisione e fatto la combriccola. Quando ti accorgevi che non eri tra quelli che vincevano ciavevi solo due possibilità: scassarici la minchia, e uscari coppa, o nesciri fora e giocare a sciancateddu. Iu nisceva.
Il comune ciaveva messo una luce forte proprio sopra al pezzo di strada della casa, e si vireva tutto come se fosse giorno. Così prendevo il gessetto da qualche muro fresco e disegnavo le caselle. Tanto lo sapevo che non ci resistevano assai la dentro, con le madri e i padri a litigare, e con mia nonna ca munnava faviani.

Fonte immagine: http://www.tesionline.it

29/06/07

[Pubblico e Privato] Giangiacomo Feltrinelli


14 Marzo 1972

Era passato un anno. La primavera, l'estate, la scuola, il Natale. Era passato un anno, e io criscevo, e giocavo, e imparavo.
Ora sapevo tante cose dei Romani. La storia di quello che aveva fatto ragionare la panza con la testa, e queglialtri che erano morti ma che erano due gioielli, e Cesare, e Pilato anche. Ecco, delle cose della chiesa sapevo di più, pecchè le suore ci tenevano assai a questo, eppoi dovevo fare la prima comunione e andavo al catechismo pure.
Loro, quasi una vota a simana, cercavano da me i soddi per i bambini più poveri, ma io non ce la facevo a immaginare quaccuno più povero di mia che ogni vota che ci chiedevo quaccosa a mia madre lei se ne usciva dicendomi "Quando sarai più grande".
Poi, però, guardando fuori dalle grate del cortile della scuola me ne facevo una ragione di questa storia. Poteva anche essere che ci fossero questi disgraziati.
Ma allora però, pensavo un secunnu dopo, le suore pecchè non dividevano le loro cose con tutti questi che ciavevano bisogno? E poi pecchè mi parravano sempre di questoro che ciaveva santagata, che melavevano anche fatto vedere nella foto, se poi non lo prendevano per fare del bene?
Mah! Menumali ca non ci pensu chiù a queste cose.
Al catechismo ci facevano aprire il libro di Gesù, ma io i vangeli me li avevo letti tutti già quellestate che me li aveva regalati una vecchia del palazzo prima di moriri. Mi passunu dei libri strani, con certe storie che accadevano che erano meglio di quelle di Mandrake o di Thor, e con un finale a sorpresa che uno non selaspettava, pecchè le cose che ciavevo avuto io finivano sempre che il buono vinceva.
Leggendo mimmaginavo a Maddalena e anche se ancora non capivo bene il lavoro che faceva ammia mi sembrava che assomigliava a Eva Kant e anche Pietro e gli apostoli ciavevano una faccia nella mia testa. Solo U Signuruzzu no.
No, non poteva essere come nei filmi che mi facevano vedere alla televisione, tutto alto, biondo, e con la vavva longa. Non lo so pecchè, ma non poteva essere accussì.
No. Non poteva essere accussì.


Fonte immagine: http://www.pagina12.com

25/06/07

[Pubblico e Privato] Piazza Fontana



12 Dicembre 1969

Oggi proprio non ce la faccio a stari sulu a casa. Mi stancai a leggere. Chiovi.
Con le dita faccio dei disegni nel vetro. Cerco di copiare le figure degli aerei che ci sono stampate nel giornale checciò nelle mani. Un fumetto di guerra. Me lo sono comprato ieri dalla signora che vende quelli usati, e i gelati anche, però solo destate che con il freddo i carusi non ce li cercano i ghiaccioli e lei ciappizza i soddi.
In questa storia che ho preso ci sono i giapponesi e gli americani e qualche tedesco anche che sammazzano come i cani. Non ci sono italiani però, anche se mia nonna mi ha detto che la guerra ce stata anche qua, e che lei è dovuta andare nella campagna che per poco non era peggio di stare a Catania e ci moriva forestiera.
Il fatto è che mio nonno se lera portata proprio dove ce stata lunica battaglia. Con i carri armati, e le mitragliatrici, e i cannoni, e loro li hanno viste tutte queste cose e i morti anche, che quando sono morti, mi rici idda, fanno tutti compassione e non lo sai più quali sono i nemici. A parte il fatto che lei aggiunge sempre che loro non lo sapevano veramente quali erano i nemici. Fino al giorno prima infatti cera stato viva questo e viva questaltro e il giorno dopo invece subito ci fu abbasso questo e abbasso questaltro.
Che strana questa storia.
Io quando gioco con i miei amici u sacciu sempri cu su le guardie e cu su i ladri. E la partita finisce solo quando morunu tutti.


Fonte immagine: http://italy.indymedia.org

22/06/07

[Pubblico e Privato] Reggio Calabria

5 Luglio 1970Ormai era estate, e non era solo il caldo ma anche tutta quella gente che incominciava a scinniri dal continente per passare le ferie a casa. Quando era quel periodo noi potevamo fare una partita vera pecchè arrivavano anche tanti picciriddi e quasi sempre sarrinisceva a fare due squadre come nei campionati.
Quel giorno ciavevamo anche larbitro: Lorenza, la figghia dello zio di Nello. Quello che faceva il camionista alla Fiat. Lei era già una signurinedda con le minne che incominciavano a spuntare e i capelli lunghi, però se cera dacchiapparisi non si scantava per niente.
Una volta aveva pigghiato a Lucio, che ci voleva fregare una pallina di vetro, e laveva spinto accussì forte che lui, magro comera, pareva che stesse avvulannu. Certo quella era una biglia speciale. Laveva vinta Paolo lanno prima nella macchinetta con il volante, quella dove cerano disegnate le strade, con tanti buchi anche, che se non eri bravo la pallina finiva li dentro e ciappizzavi deci liri.
A Paolo quellanno cera pigghiato che quando la vedeva diventava ancora chiù mutu e certe volte addirittura mancu scinneva da so casa, che quando lo chiamavamo sua madre ci diceva che non cera. Però io qualche volta lò visto ammucciato dietro alla finestra che ci taliava, e non capivo pecchè.

"Oggi voglio giocare anch'io"
"I fimmini non iocunu o palluni"
"E chi l'ha detto?"
"E' accussì!"
"E allora non faccio neanche l'arbitro!"
"Vabbene... tanto nonnavemu bisogno"
"Nello, falla acchianari a casa a to cucina"
"Io non vado in nessun posto"
"Nello!"
"Paolo andiamo nella sciara?"
"Veramenti..."
"Dai!"

Eravamo dispari e senza arbitro. Al primo gol accuminciano le chiacchere e le discussioni, poi dopo tannicchia ni misimu a giocare al fazzoletto.

19/06/07

[Pubblico e Privato ] Chennedi



22 Novembre 1963.

Io sono nato che dallaltro lato del mondo erano tutti attaccati alla radio e non lo sapevano quello che mi stava succedendo.
Insomma sì. Forse non ciavevo la stessa importanza di du mischinazzu nella storia, però... qualcosa, chissacciu... una ripresa, una foto nel giornale, un articoletto tutto pimmia, penso che me la meritavo anchio. Insomma unu chi nasci a fari una vota sula?
Mia madre era abbiata nel letto che spingeva, mentre le sorelle attorno, e le vicine, ci facevano conforto e compagnia.
"Ma è tuttu niuru!"
"Che beddu! Che beddu!"
"Ma non ti pari tannicchia storta sta testa?"
"Talia, talia... è tutto suo padre"
Io non ciò fatto problemi a nesciri, e dopo il primo chianto mabbiai subito a mangiare. Non lavevo mai assaggiato qualcosa di così buono, e anche se ancora non ce lo sapevo dire penso che mi feci capire bene fino a quando non mi inchii la panza.
Poi ci furono i primi anni, ma quelli sono uguali per tutti dalle nostre parti.
Unu mangia, dorme, ioca e caca. E quasi sempre queste quattro cose avvengono senza un ordine preciso. Come ammatti ammatti. Una cosa però ve la voglio dire anche se forse la sapete già: tutto sembra velocissimo in quei giorni.
Come se il tempo non ciavesse passato e mancu futuro.
Come se tutto insomma fussi solo per quel momento.
Oggi mi capita di stare accussì solo quando mabbiu davanti alla televisione. Ma questo è un altro discorso. Poi domani se cè tempo ne parliamo.


Fonte immagine: http://www.whatreallyhappened.com/RANCHO/POLITICS/JFK