Ogni tanto penso di smettere di fumare. Allora mi accatto il pacchetto da dieci. Quello nico che lo puoi mettere dappertutto e perderlo macari che spesso mi capita anche con gli altri più grossi ma con questo è più facile specie se ti sei svegliato con lidea di finirla di spendere quei soldi.
Quanto mi vengono queste fantasie sono bravo. Riesco a tenere preciso il conto delle sigarette che fumo. Almeno fino a quando finisce il primo pacchetto della giornata pecchè poi dopo mi confondo.
Quando rientrai a casa Suellen stava parlando con Concetta. Largomento manco a dirlo era Angelica. E se mangiava. E se dormiva. E se cacava.
Io ero ancora chino per le granite che mi ero calato e così ci dissi che sarei stato fuori e che tornavo nel pomeriggio.
"Ma unni tinnivai?" mi chiese Concetta.
Già! Dove me ne andavo? Io non cero abituato a furiare così tanto che la mia casa mi bastava e la paci macari che non ci vuole assai ad avercela se uno vuole. E allora ci risposi con una alzata di spalle che così senza chiacchiere fui di nuovo subito fora.
Penso di essere stato sempre in questo modo che mi piace a starmene per i fatti miei e da bambino sì ci giocavo a pallone ma poi me ne andavo a passiare in mezzo alla sciara e quando faceva scuro per farimi coraggio fischiettavo. Una cosa qualsiasi che tanto non era importante.
Ricordo che dalla finestra si vedeva tutto il mare e il faro anche. Lampeggiava. A me a volte quello mi sembrava come se mi stesse salutando. Altre invece pareva chiamarmi come se io dovevo aprire la finestra e raggiungerlo. Allora per non rispondere chiudevo gli occhi e aspettavo il tempo esatto. Quello che occorreva per non vedere la luce. Era quello il trucco. Lavevo imparato da solo. E funzionava.
Mah! Forse era meglio se andavo da Discreto. Così pensai e ci provai anche solo però lui non cera.
Sarà che è così con me il destino. Che quando ciò voglia di fare una cosa quasi sempre non marrisutta. Oppure è che le cose si devono fare senza dirle a nessuno. Neanche a se stessi.
Ero confuso. Potevo passare dalla Azzara per spiegarici ogni cosa e tentare di farici capire quello che era successo ma a quellora cera suo marito e sua figghia anche e forse non era il caso. Del resto di andare dallAlicata non se ne parlava nemmeno e tutti gli altri avevo poca voglia di vederli.
Fu così che senza sapiri come mi ritrovai sopra alla terrazza del palazzo.
Il boschetto delle antenne mi passi un poco sciupato. Qualcuna doveva essere caduta da tempo qualcunaltra si vedeva che lavevano proprio scippata pecchè era rimasto solo il ferro della base.
Tutto attorno a dove ero i palazzi invece erano aumentati. Ora parevano cristiani. Cummari che si sono incontrate prima del mercato e ritte in mezzo alla strada chiacchierano tra di loro.
Massittai appoggiando le spalle al muretto dove una volta ci stavano le giare e maddummiscii. Sognai anche. Ma ora non me lo ricordo che cosa. Quando finalmente mi svegliai il sole era girato e ora mi arrivava dritto in faccia. Una zazzamita coraggiosa si stava arrampicando sopra alla mia gamba. Mi stesi fermo fermo per non farla spaventare poi quando finalmente arrivò al muro mi susii.
Il Cavaliere era già a me casa. Mi pareva tranquillo. Forse Giorgi non era un minchiatario.
"Totò! Veni! Assettiti!"
Suellen mi guardava un poco timorosa. Quando però girava locchi verso di lui si vedeva che era felice.
"Allora... ce lo vuoi dire tu?"
"Io..."
"Non fare la carusidda ora! Forza!"
"Totò tu la terresti la bambina? Non è per assai però... e che io... io lo so che tu ci vuoi già bene e mi sintissi più tranquilla e poi appena tutto è sistemato io e Giorgi torniamo e la portiamo con noi e anche a te se vuoi che lamerica è grande e secondo me a tia ti piacerebbe... e io non te lavrei chiesto ma mia madre ciavi una tistazza di lignu e non si fida delle cose che ci dico e di Giorgi anche. Dice che lui mi fa solo sognare pecchè accussì ci veni meglio a... che insomma si approfitta di me e già i risultati si sono visti e io mi ritroverò male ma il Cavaliere invece lo sa che non è così e sarebbe solo per ora Totò! Solo per ora!"
"Vabbene! Vabbene! - Arcidiacono riprese in mano la discussione - Senti Totò la carusa avi raggiuni. Non se la può portare la nicuzza per ora"
Continuavo a non capire picchì non poteva. "Spiegatemi megghiu" ci dissi.
I due si guardarono nella faccia poi nello stesso momento sinniniscenu con un:
"Ora non è possibile!"
Una frase che non voleva dire niente ma in fondo a mia mi andava bene anche accussì.
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
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20/06/08
18/06/08
La picciridda - 15 -
Arcidiacono venne di capomatina. Aveva portato due granite di mandorla e quattro briosce di quelle tunne a forma di minna. Suellen non si era ancora arrusbigghiata e io ero mezzo rotto che avevo dormito sopra alla sdraio.
"E lei?" ci chiesi per cortesia ancora mezzo addumisciuto.
"Sono vecchio Totò. Non mi posso fare lignizione per il diabete a ogni momento"
Preparai rapidorapido il caffè e ci offrii una tazzina bella china. Io invece con il cucchiaino scavai un poco al centro del bicchiere con la granita e dopo ci versai il liquido che era rimasto nella cafittera.
"Novita?"
"Mah! Che ti devo dire... questo caruso... questo Giorgi... pari a posto. I miei amici alla base militare mi hanno detto che è uno che non fa casini. Però non lo sanno se è vera quella cosa delle telenovelle. Lui nei loro documenti ci spunta che è un meccanico"
"Un minchiataro insomma" Mi scappau così di getto questa cosa. Ma era che un poco lavevo sempre pensato.
"Non è detto Totò. Non è detto. Ora aspetto una telefonata dallamerica. Te lo ricordi a Anselmo? Il figghio della Zia Nedda quella che vendeva i muluni che sera maritata con Cola. Quello vedovo. Il figghio della bonanima di Tano u sciancatu?"
Non lo sapevo proprio di chi parlava ma ci feci segno di sì prima che iniziava la lista come nella bibbia.
Sicuro della mia conoscenza il Cavaliere continuò:
"Lui è stato sempre un bravo sarto. Uno dei migliori. Pulito. Preciso. Ora ci fa i costumi allamericani dei filmi e insomma ha tanti amici in quel posto - e qui Arcidiacono fici una risata che non riuscii a capire - che se questo Giorgi è un minchiataro lo scopriamo presto"
Avevo inzuppato troppo la brioscia e ora la tenevo in mano sopra al bicchiere che aspettavo che sculava. Mero conservato la punta della minna però che quella mi piaceva mangiarla da sola.
Finalmente anche Suellen si susiu.
Si presentò con una magliettina e le mutande però appena vide al Cavaliere se ne andò di corsa in bagno a darisi una sistemata e a vistirisi macari. Quando turnai Arcidiacono accuminciò a parrari:
"Ho i biglietti e il passaporto. Per la bambina ci vuole il permesso alla polizia. Però se decidi di portarla te lo faccio avere subito. Che vuoi fare?"
"Io non lo so. E se poi succede qualcosa? E se la devo lasciare per lavorare? Se sammala? Io volevo che la teneva mia madre... ma lei..."
Lui la guardò perplesso. Non lo so se pensava quello che ciavevo io in testa ma poi dopo mi diede unocchiata veloce mi fece un sorriso e ci rispose.
"Tu non ti devi preoccupare che Angelica non rimane da sola. Che poi non si chiama Angelica vero?"
"No"
"Bene! Vorrà dire che fino a quando rimane qua sarà Angelica e poi quando deciderai di portala con te sceglierai tu"
"Ma picchì come si chiama?"
Non è che ciavesse tanta importanza alla fine ma mera venuta la curiosità di sapere.
"Angelica! Pittia è Angelica Totò!"
Il Cavaliere ci fece quanche altra domanda su Giorgi e io lo sapevo dove voleva arrivare solo che lei tirò fuori solo le cose che già conoscevamo.
La mia granita era finita da un pezzo e Suellen aveva lasciato più di metà della sua. Che spreco! Ci resi una spazzolata veloce che era quasi tutta sciolta e maddumai una sigaretta. Arcidiacono sera già alzato per andarsene.
"Oggi pomeriggio torno e tu mi devi dare una risposta precisa per la picciridda. Occhei?"
"Sì sì certo"
I cinquecento euri erano ancora nella sacchetta. Ciavevo la luce e lacqua da pagare e listituto delle case popolari macari che ultimamente quei mangiatari erano diventati più affamati e stonavano la testa un giorno sì e uno no. Certo forse sopra a tutte le fammigghie saranno stati una decina a pagare però faceva rabbia lo stesso che con quello che niscevo di soddi io non ciavevo visto fare mai un lavoro al mio palazzo o alla strada sotto.
Anche le pulizie li pagavamo noi. A uno indiano che aveva portato Amato. La signora Ampecchi non laveva volute fare.
"Io qui ci abito. I facissi qualcunaltro queste cose" Così aveva detto e non aveva voluto cambiare idea.
Pensai nella mia testa se a casa avevo bisogno di qualche cosa. Avevo ancora i buoni per il supermercato che maveva dato il cavaliere e perciò era inutile scangiare per quello gli euri.
Decisi che ci dovevo fare un regalo a Suellen per la partenza. Ma cosa? Io non me ne intendevo di vestiti o di trucchi o di altre cose per le fimmine. Potevo andare da Amato a chiedere. Lui di sicuro qualche idea la trovava e poi secondo me era anche giusto dirgli come era andata a finire collAlicata.
"Oh! Totò! Entra! Entra! Accomodati"
Amato ciaveva una vestaglia leggera tutta acculurata e sotto si vedeva che portava sulu i mutanni. Forse anche lui sera appena svegliato.
Chissà come campava questo cristiano. Io non lavevo mai capito che tutte le volte era assittato davanti al compitere e altro non faceva. Chiaramente sapeva già tutto di Suellen e io lo dovetti informare solo di poche cose. Però a pinsarici che palazzo di cuttigghiari era quello!
Ci misi poco a spiegarici cosa mi serviva. Lui ancora non maveva chiesto niente dellaltra cosa ma di sicuro non selera scordata. Lo conoscevo bene che lui era troppo riservato per chiedermi notizie così direttamente e che invece avrebbe approfittato di qualche parola che prima o poi sarebbe uscita per farmi le domande giuste. Bene! Meglio così!
Dopo tannicchia di silenzio che si vedeva che stava pensando mi rissi:
"Che ne dici di un lettore emmepitre?"
"Emme chi?"
"Emmepitre Totò! E' come una radio piccola con le cuffie solo che dentro ci metti le cose tue che hai registrato"
"E che se ne fa lei?"
"Si può ascutari la musica. Quella che gli piace. Ci penso io per questo! Anzi... a pensarci meglio... proprio laltro giorno mi sono scaricato un corso dinglese che prima o poi ci volevo provare a imparare questa lingua. Potrebbe seguirlo lei con il lettore. Di sicuro ci servirebbe allinizio"
Chi parrava difficile Amato. Lo sapevo che forse ciaveva ragione ma erano cose troppo complicate pimmia.
"Ma se invece ciarrialassi un bello completino con il reggipetto e le mutanne e il pigiama macari? Secondo te non ci piacerebbe chiossai? Lo sai come sono le fimmine che è come se a un bambino ci arriali una bella palla per giocare"
Mi guardò un secondo poi forse mi diede ragione perchè subito sinniu davanti allo schermo e mungennu un paio di tasti mi fici vedere fimmine bellissime che sfilavano quasi a nura davanti a tante persone. Taliava lo schermo e taliava a mia. Poi quando vedeva qualche espressione strana nella mia faccia spingeva un altro tasto e spuntava il modello e il prezzo. Ma quanto costavano quei pezzi di stoffa? Mah!
Oramai era deciso. Dopotutto non me li ero nemmeno sudati quei soldi e potevo spenderli come mi pareva.
"Ma ora come paghiamo? Cè qualche puttuso nel compiutere dove ci vanno messi gli euri?"
Sammazzau dalle risate.
"No Totò! Non cinnè puttusi! Non qua almeno. Dammilli a mia che ci penso io"
I 500 euri passanu dalla mia sacchetta alla sua e mi diede il resto anche mentre lui trafficava con un pezzo di plastica e dei numeri.
"Uso la mia carta di credito" rissi guardando la mia faccia dubbiosa "la settimana prossima arriva tutto per posta"
"Così tardi?" Il biglietto dellaereo era per domenica e non aveva senso un regalo fatto dopo la partenza che non sapevo nemmeno dove spedirlo.
"Aspetta! Ora vedo che si può fare"
Amato mungiu ancora e poi ancora fino a quando si girò tutto soddisfatto verso di mia:
"Dammi trenta euri!"
" Picchì?"
"Così li facciamo arrivare prima"
Ci diedi quando mi aveva chiesto. Merano rimasti solo i soldi per una stecca di emmeesse e quella subito dopo andai a comprare.
"E lei?" ci chiesi per cortesia ancora mezzo addumisciuto.
"Sono vecchio Totò. Non mi posso fare lignizione per il diabete a ogni momento"
Preparai rapidorapido il caffè e ci offrii una tazzina bella china. Io invece con il cucchiaino scavai un poco al centro del bicchiere con la granita e dopo ci versai il liquido che era rimasto nella cafittera.
"Novita?"
"Mah! Che ti devo dire... questo caruso... questo Giorgi... pari a posto. I miei amici alla base militare mi hanno detto che è uno che non fa casini. Però non lo sanno se è vera quella cosa delle telenovelle. Lui nei loro documenti ci spunta che è un meccanico"
"Un minchiataro insomma" Mi scappau così di getto questa cosa. Ma era che un poco lavevo sempre pensato.
"Non è detto Totò. Non è detto. Ora aspetto una telefonata dallamerica. Te lo ricordi a Anselmo? Il figghio della Zia Nedda quella che vendeva i muluni che sera maritata con Cola. Quello vedovo. Il figghio della bonanima di Tano u sciancatu?"
Non lo sapevo proprio di chi parlava ma ci feci segno di sì prima che iniziava la lista come nella bibbia.
Sicuro della mia conoscenza il Cavaliere continuò:
"Lui è stato sempre un bravo sarto. Uno dei migliori. Pulito. Preciso. Ora ci fa i costumi allamericani dei filmi e insomma ha tanti amici in quel posto - e qui Arcidiacono fici una risata che non riuscii a capire - che se questo Giorgi è un minchiataro lo scopriamo presto"
Avevo inzuppato troppo la brioscia e ora la tenevo in mano sopra al bicchiere che aspettavo che sculava. Mero conservato la punta della minna però che quella mi piaceva mangiarla da sola.
Finalmente anche Suellen si susiu.
Si presentò con una magliettina e le mutande però appena vide al Cavaliere se ne andò di corsa in bagno a darisi una sistemata e a vistirisi macari. Quando turnai Arcidiacono accuminciò a parrari:
"Ho i biglietti e il passaporto. Per la bambina ci vuole il permesso alla polizia. Però se decidi di portarla te lo faccio avere subito. Che vuoi fare?"
"Io non lo so. E se poi succede qualcosa? E se la devo lasciare per lavorare? Se sammala? Io volevo che la teneva mia madre... ma lei..."
Lui la guardò perplesso. Non lo so se pensava quello che ciavevo io in testa ma poi dopo mi diede unocchiata veloce mi fece un sorriso e ci rispose.
"Tu non ti devi preoccupare che Angelica non rimane da sola. Che poi non si chiama Angelica vero?"
"No"
"Bene! Vorrà dire che fino a quando rimane qua sarà Angelica e poi quando deciderai di portala con te sceglierai tu"
"Ma picchì come si chiama?"
Non è che ciavesse tanta importanza alla fine ma mera venuta la curiosità di sapere.
"Angelica! Pittia è Angelica Totò!"
Il Cavaliere ci fece quanche altra domanda su Giorgi e io lo sapevo dove voleva arrivare solo che lei tirò fuori solo le cose che già conoscevamo.
La mia granita era finita da un pezzo e Suellen aveva lasciato più di metà della sua. Che spreco! Ci resi una spazzolata veloce che era quasi tutta sciolta e maddumai una sigaretta. Arcidiacono sera già alzato per andarsene.
"Oggi pomeriggio torno e tu mi devi dare una risposta precisa per la picciridda. Occhei?"
"Sì sì certo"
I cinquecento euri erano ancora nella sacchetta. Ciavevo la luce e lacqua da pagare e listituto delle case popolari macari che ultimamente quei mangiatari erano diventati più affamati e stonavano la testa un giorno sì e uno no. Certo forse sopra a tutte le fammigghie saranno stati una decina a pagare però faceva rabbia lo stesso che con quello che niscevo di soddi io non ciavevo visto fare mai un lavoro al mio palazzo o alla strada sotto.
Anche le pulizie li pagavamo noi. A uno indiano che aveva portato Amato. La signora Ampecchi non laveva volute fare.
"Io qui ci abito. I facissi qualcunaltro queste cose" Così aveva detto e non aveva voluto cambiare idea.
Pensai nella mia testa se a casa avevo bisogno di qualche cosa. Avevo ancora i buoni per il supermercato che maveva dato il cavaliere e perciò era inutile scangiare per quello gli euri.
Decisi che ci dovevo fare un regalo a Suellen per la partenza. Ma cosa? Io non me ne intendevo di vestiti o di trucchi o di altre cose per le fimmine. Potevo andare da Amato a chiedere. Lui di sicuro qualche idea la trovava e poi secondo me era anche giusto dirgli come era andata a finire collAlicata.
"Oh! Totò! Entra! Entra! Accomodati"
Amato ciaveva una vestaglia leggera tutta acculurata e sotto si vedeva che portava sulu i mutanni. Forse anche lui sera appena svegliato.
Chissà come campava questo cristiano. Io non lavevo mai capito che tutte le volte era assittato davanti al compitere e altro non faceva. Chiaramente sapeva già tutto di Suellen e io lo dovetti informare solo di poche cose. Però a pinsarici che palazzo di cuttigghiari era quello!
Ci misi poco a spiegarici cosa mi serviva. Lui ancora non maveva chiesto niente dellaltra cosa ma di sicuro non selera scordata. Lo conoscevo bene che lui era troppo riservato per chiedermi notizie così direttamente e che invece avrebbe approfittato di qualche parola che prima o poi sarebbe uscita per farmi le domande giuste. Bene! Meglio così!
Dopo tannicchia di silenzio che si vedeva che stava pensando mi rissi:
"Che ne dici di un lettore emmepitre?"
"Emme chi?"
"Emmepitre Totò! E' come una radio piccola con le cuffie solo che dentro ci metti le cose tue che hai registrato"
"E che se ne fa lei?"
"Si può ascutari la musica. Quella che gli piace. Ci penso io per questo! Anzi... a pensarci meglio... proprio laltro giorno mi sono scaricato un corso dinglese che prima o poi ci volevo provare a imparare questa lingua. Potrebbe seguirlo lei con il lettore. Di sicuro ci servirebbe allinizio"
Chi parrava difficile Amato. Lo sapevo che forse ciaveva ragione ma erano cose troppo complicate pimmia.
"Ma se invece ciarrialassi un bello completino con il reggipetto e le mutanne e il pigiama macari? Secondo te non ci piacerebbe chiossai? Lo sai come sono le fimmine che è come se a un bambino ci arriali una bella palla per giocare"
Mi guardò un secondo poi forse mi diede ragione perchè subito sinniu davanti allo schermo e mungennu un paio di tasti mi fici vedere fimmine bellissime che sfilavano quasi a nura davanti a tante persone. Taliava lo schermo e taliava a mia. Poi quando vedeva qualche espressione strana nella mia faccia spingeva un altro tasto e spuntava il modello e il prezzo. Ma quanto costavano quei pezzi di stoffa? Mah!
Oramai era deciso. Dopotutto non me li ero nemmeno sudati quei soldi e potevo spenderli come mi pareva.
"Ma ora come paghiamo? Cè qualche puttuso nel compiutere dove ci vanno messi gli euri?"
Sammazzau dalle risate.
"No Totò! Non cinnè puttusi! Non qua almeno. Dammilli a mia che ci penso io"
I 500 euri passanu dalla mia sacchetta alla sua e mi diede il resto anche mentre lui trafficava con un pezzo di plastica e dei numeri.
"Uso la mia carta di credito" rissi guardando la mia faccia dubbiosa "la settimana prossima arriva tutto per posta"
"Così tardi?" Il biglietto dellaereo era per domenica e non aveva senso un regalo fatto dopo la partenza che non sapevo nemmeno dove spedirlo.
"Aspetta! Ora vedo che si può fare"
Amato mungiu ancora e poi ancora fino a quando si girò tutto soddisfatto verso di mia:
"Dammi trenta euri!"
" Picchì?"
"Così li facciamo arrivare prima"
Ci diedi quando mi aveva chiesto. Merano rimasti solo i soldi per una stecca di emmeesse e quella subito dopo andai a comprare.
12/06/08
La picciridda - 14 -
Non cera tempo da perdere. Dovevo passare di casa a cangiarimi?
Mi resi una ciaurata di nascosto che ero in mezzo alla strada e decisi che potevo andare bene. Arrivai però così in anticipo. Nella foga di fare presto sarà che non me nero accorto di correre. Però anche lei! Si poteva spicciare. Era già più di un quarto dora che ero lì.
Dove la portavo? Ci dicevo di restare in macchina? No! E con quale scusa? Meglio indirizzarla veramente verso qualche cinema e poi strada facendo... e se spuntava con suo marito? Lavevo scoperti i giochini che ci piaceva fare a quei due ma pinsai che ci dovevano essere arrivati a capire che a me non minteressano quelle cose. Certo però che non melaspettavo questa nuova occasione!
Mappoggiai a un muretto. Non sapevo proprio che fare. Nel cielo stavano nascendo le prime nuvole.
Una volta me lavevano spiegato tutto il meccanismo che cera dietro a quelle striscie bianche nellaria ma io ho sempre pensato che era più bello immaginare a qualcuno che se ne occupava lui di quelle cose. E questo cristiano destate andava in ferie come a tutti noi e quando riprendeva lo faceva piano piano che purazzo si doveva riabituare a ventiquattro ore di lavoro.
Machine cenerano poco a quellora che quella non era una strada molto trafficata e da dove ero messo io potevo controllare quelle che niscevano dalla traversa che interessava a mia. Di Margherita però dopo tre quarti dora non si vireva lombra.
Non me lo ricordavo preciso dove avevano il garage. La machina quella la conoscevo. Era una Uno blu con unammaccata nello sportello del guidatore. Era capitata tanti anni prima quella botta ma non lavevano mai aggiustata.
A occhio e croce era passata più di unora. Forse unora e mezza.
Mi ero sbagliato? Unaltro po'! Unaltro po'! Ripeteva qualcuno nella mia testa.
"Totò che ci fai qua? A cu aspetti?"
Era Antonina Ampecchi che si stava ritirando da qualche condominio di quelli dove puliziava le scale.
"Aspittavo a tia! Me lo dai un passaggio ca mi sentu stancu?"
"Acchiana"
Dentro lauto cera il classico odore delle scale appena lavate solo che era tanto forte che quasi furiava la testa. Mi veniva da vomitare.
"Che ti succede stai male?" mi disse lei che aveva visto la mia faccia addivintari tutta ianca.
Io avevo aperto il finestrino.
"Nenti nenti non ti preoccupari ora passa..." ma non fici in tempo a rassicurarla che partiu la prima boccata.
Il portone per fortuna era aperto. Di corsa accuminciai a farimi le scale per arrivare nel bagno di casa mia a completare quel disatro.
"Totò!"
Margherita Azzara tutta impillicchiata e ciaurusa stava scendendo come a una stella del cinema.
"Io credevo..."
"Ma non ciavevi un appuntamento?"
Mi guardò come si guarda un pezzente. Ero tutto sudato. La bocca mi puzzava e qualche schizzo di fitinzia acculurava la mia camicia.
"Ma io..."
"Tu si scemu figghiu mio! E io più scema di te! Ma come? Un quarto dora fa tu..."
Non mi fici dire niente. Tornò indietro verso casa sua e sintii chiudere con forza la porta.
Io ero rimasto fermo come a uno stoccafisso. Allimprovviso mi resi conto che ciavevo ancora voglia di vomitare.
Non lo so più se ciaveva ragione lei o io. Ho scoperto che il tempo alla fine è come uno lo tiene dentro e ce nè sempre poco o suppecchiu per tutte le nostre cose.
Mi resi una sistemata e mi cangiai. Oramai anche questa seconda occasione era persa e non ciavevo più voglia di fare discussioni
con la signuruzza del piano di sopra.
Suellen sera misa a cucinare e tutta contenta la vedevo trafficare tra il tavolo e i fornelli.
Non maveva chiesto niente di quel pomeriggio e niente io avevo voglia di cuntare.
"Totò ma tu come fai senza telefono?"
Mi fece quella domanda allimprovviso come se solo in quel momento si fosse resa conto di quella che lei giudicava una stranezza.
"E a che mi serve?"
"E se ti cercano?"
"Cui?"
Era stato un giro di domande che neanche alla giostra con i cavalli uno ci arrivava a quella velocità. Comunque finiu accussì la nostra discussione che per evitare problemi addumai la televisione e ficimu cena guardando disastri e facci di minchia.
Angelica sarrusbigghiau che cera un quiz che si vincevano soldi ma lei cercava solo le minne di sua madre che ancora era salva da queste cose inutili. Quando finì Suellen me la vosi mettere in braccio per addommentarla di nuovo.
Comera morbida. E calda anche. E niciula niciula che anche se non era la prima volta avevo sempre paura di poterle fare male.
Con la sua testa sopra alla mia spalla e un passo avanti e uno indietro mi passau tutto:
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa aveva senso
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa non cillaveva.
Mi resi una ciaurata di nascosto che ero in mezzo alla strada e decisi che potevo andare bene. Arrivai però così in anticipo. Nella foga di fare presto sarà che non me nero accorto di correre. Però anche lei! Si poteva spicciare. Era già più di un quarto dora che ero lì.
Dove la portavo? Ci dicevo di restare in macchina? No! E con quale scusa? Meglio indirizzarla veramente verso qualche cinema e poi strada facendo... e se spuntava con suo marito? Lavevo scoperti i giochini che ci piaceva fare a quei due ma pinsai che ci dovevano essere arrivati a capire che a me non minteressano quelle cose. Certo però che non melaspettavo questa nuova occasione!
Mappoggiai a un muretto. Non sapevo proprio che fare. Nel cielo stavano nascendo le prime nuvole.
Una volta me lavevano spiegato tutto il meccanismo che cera dietro a quelle striscie bianche nellaria ma io ho sempre pensato che era più bello immaginare a qualcuno che se ne occupava lui di quelle cose. E questo cristiano destate andava in ferie come a tutti noi e quando riprendeva lo faceva piano piano che purazzo si doveva riabituare a ventiquattro ore di lavoro.
Machine cenerano poco a quellora che quella non era una strada molto trafficata e da dove ero messo io potevo controllare quelle che niscevano dalla traversa che interessava a mia. Di Margherita però dopo tre quarti dora non si vireva lombra.
Non me lo ricordavo preciso dove avevano il garage. La machina quella la conoscevo. Era una Uno blu con unammaccata nello sportello del guidatore. Era capitata tanti anni prima quella botta ma non lavevano mai aggiustata.
A occhio e croce era passata più di unora. Forse unora e mezza.
Mi ero sbagliato? Unaltro po'! Unaltro po'! Ripeteva qualcuno nella mia testa.
"Totò che ci fai qua? A cu aspetti?"
Era Antonina Ampecchi che si stava ritirando da qualche condominio di quelli dove puliziava le scale.
"Aspittavo a tia! Me lo dai un passaggio ca mi sentu stancu?"
"Acchiana"
Dentro lauto cera il classico odore delle scale appena lavate solo che era tanto forte che quasi furiava la testa. Mi veniva da vomitare.
"Che ti succede stai male?" mi disse lei che aveva visto la mia faccia addivintari tutta ianca.
Io avevo aperto il finestrino.
"Nenti nenti non ti preoccupari ora passa..." ma non fici in tempo a rassicurarla che partiu la prima boccata.
Il portone per fortuna era aperto. Di corsa accuminciai a farimi le scale per arrivare nel bagno di casa mia a completare quel disatro.
"Totò!"
Margherita Azzara tutta impillicchiata e ciaurusa stava scendendo come a una stella del cinema.
"Io credevo..."
"Ma non ciavevi un appuntamento?"
Mi guardò come si guarda un pezzente. Ero tutto sudato. La bocca mi puzzava e qualche schizzo di fitinzia acculurava la mia camicia.
"Ma io..."
"Tu si scemu figghiu mio! E io più scema di te! Ma come? Un quarto dora fa tu..."
Non mi fici dire niente. Tornò indietro verso casa sua e sintii chiudere con forza la porta.
Io ero rimasto fermo come a uno stoccafisso. Allimprovviso mi resi conto che ciavevo ancora voglia di vomitare.
Non lo so più se ciaveva ragione lei o io. Ho scoperto che il tempo alla fine è come uno lo tiene dentro e ce nè sempre poco o suppecchiu per tutte le nostre cose.
Mi resi una sistemata e mi cangiai. Oramai anche questa seconda occasione era persa e non ciavevo più voglia di fare discussioni
con la signuruzza del piano di sopra.
Suellen sera misa a cucinare e tutta contenta la vedevo trafficare tra il tavolo e i fornelli.
Non maveva chiesto niente di quel pomeriggio e niente io avevo voglia di cuntare.
"Totò ma tu come fai senza telefono?"
Mi fece quella domanda allimprovviso come se solo in quel momento si fosse resa conto di quella che lei giudicava una stranezza.
"E a che mi serve?"
"E se ti cercano?"
"Cui?"
Era stato un giro di domande che neanche alla giostra con i cavalli uno ci arrivava a quella velocità. Comunque finiu accussì la nostra discussione che per evitare problemi addumai la televisione e ficimu cena guardando disastri e facci di minchia.
Angelica sarrusbigghiau che cera un quiz che si vincevano soldi ma lei cercava solo le minne di sua madre che ancora era salva da queste cose inutili. Quando finì Suellen me la vosi mettere in braccio per addommentarla di nuovo.
Comera morbida. E calda anche. E niciula niciula che anche se non era la prima volta avevo sempre paura di poterle fare male.
Con la sua testa sopra alla mia spalla e un passo avanti e uno indietro mi passau tutto:
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa aveva senso
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa non cillaveva.
11/06/08
La picciridda - 13 -
Arrivai giusto in tempo a casa che spuntau Arcidiacono dietro alla porta.
Sera liberato di Nunzia e per un po' mi aveva anche aspettato ma poi troppo curioso per non cercare di sapiri le novità mera venuto di nuovo a cercare. Lo anticipai di netto:
"No! Non è lei"
"Picchì? Come puoi essere sicuro?"
Nella mia testa avevo già deciso che quelle dellAlicata non erano storie che mi riguardavano e neanche a loro dovevano interessare.
"Lo so e basta"
"Che significa Totò?"
Quando si faceva incazzusu al cavaliere ci addivintava mezza faccia rossa. Forse ciaveva qualche problema di circolazione pinsai mentre continuavo a starici davanti come se lui non si stesse rivolgendo a me.
"Pecchè io lo so chi è la madre"
"Davvero?"
Chi fissa! Questa proprio non se laspettava e il risultato fu quello giusto che ci passanu tutte quelle fisime che aveva in testa. Se cera da risolvere questa storia lunico poteva essere lui e per questo mi ero deciso a dire quello che sapevo. Chiamai le due picciridde che stavano ammucciate nella stanza da letto e aspettai di vedere la faccia a pisci morto del panzone.
Suellen non sembrò affatto sorpresa della mia trovata. Dopo avere salutato come fanno i carusiddi quando in classe entra il preside cominciò a parlare. Assittato bello comodo Arcidiacono ascutava serio serio. Ogni tanto si arrattava il naso o la fronte come se stesse pensando a cosa fare e una sola volta stava quasi per fermarla ma poi però non disse niente.
La mammina dal canto suo si sfogò per bene che a furia di sentiri il nome di Giorgi ammia mi venne lansia.
"Quando sono scappata era perchè io lo sapevo che mia madre non avrebbe voluto. Lontana da casa e con un niuro per giunta non me lavrebbe perdonato mai... come una di quelle. Come una di quelle mi avrebbe trattato ma io mi sono sposata... cè lo detto a lei... e anche voi lo dovete sapere questo. E' stato facile e la religione sua lo permette anche se ancora non ce lho le carte per dimostrarlo che lui è mio marito. E poi quando è nata la picciridda ho pensato che tutto si poteva sistemare... e insomma è sua nipote... un po' di amore penso che dovrebbe essere naturale. Vossignoria non ci voli beni ai suoi nipoti?"
Era da un cafolu di tempo che non sentivo più quella parola. Vossignoria. Pensavo che non si usasse più e che i giovani non la conoscessero ma Suellen ce la mise con tanta furbizia dentro alla sua storia che visti Arcidiacono susirisi di scatto tutto impettitto come a un granduomo e avvicinandosi tutto serio alla carusa dire:
"Non ti preoccupare. Ci penseremo noi. Tu non ti preoccupare"
Ma noi chi? Mi venne da pensare ma subito scartai questa preoccupazione che già ciavevo i miei cazzi. Non potevo essere io. Forse voleva dire lui e lamici suoi e questo mi sembrò più logico.
Arcidiacono si fece dare di nuovo tutti i nomi e le notizie importanti e se le appuntò in un pezzo di carta che tirò fuori dallinterno della giacca. Poi rimise lo stesso foglio nello stesso posto da dove lo aveva preso e si preparò per uscire.
" Allora... tu per ora rimani qua con Totò - e mi diede unocchiata che voleva dire tutto- io invece cerco di aggiustare tutta questa faccenda. Però devi dirmi una cosa in sincerità. Tu te la vuoi portare alla nicuzza nellAmerica? Sei sicura?"
Mi sembrò strana quella domanda. Forse che lui aveva capito qualche cosa a cui io non ero arrivato?
Suellen giocava con una tazzina che era ancora sopra il tavolo e dava limpressione di non stare sentendo niente.
"Non lo so" ci nisciu alla fine dalle labbra. Come un sospiro a forma di voce.
"Bene se è così non cè premura. Diciamo che per ora cercherò di farvi partire insieme e quando sarà tutto pronto mi darai la risposta - poi rivolgendosi a me concluse- nel frattempo tu Totò comportati bene che ora sei due volte papà" E mi schiacciò locchio prima darririri come se
avesse fatto una battuta indimenticabile.
Feci un sorriso anchio e lo accompagnai alla porta. Avevo bisogno di stare un po' tranquillo.
Ora che la cosa era ufficiale non cera più bisogno che nascondevo le mie inquiline e accussì aspettai un attimo e uscii anchio per andare da Nunzia a sentiri che cosa voleva.
Prima però avevo bisogno di una passeggiata e di calmarimi che in fondo il Cavaliere non ciaveva tanto torto su certi miei pensieri.
Pigghiai lautobusso e decisi di andare verso il centro ma no nei negozi che non ciavevo niente da comprare e neanche i soldi. Volevo arrivare al lungomare. Assittarimi in mezzo agli scogli.
Cè una cosa che mi fa impazzire del mare. E' lacqua che scava i puttusi nelle rocce e si muove e va avanti e torna indietro che al confronto è proprio niente tutta la confusione che facciamo. Anche quando è tranquillo come in quella giornata il mare non si stanca mai. Io ciò un posto dove nessuno mi può vedere dalla strada e quando arrivo là sto fermo senza fari nenti che tutto è inutile.
Certe volte arrinescio senza volere pure a non fumare pecchè mi sono perso dentro a qualche sogno a pelo dacqua o che sto fissando una barca lontana oppure che gli spruzzi delle onde giocano cummia.
Quel giorno però qualcosa non andava. Ciavevo una frinisia nella mente e in mezzo alle gambe che conoscevo bene e cera sulu un modo per astutarla.
Si stava facendo scuro. Pigghiai lautobusso del ritorno e mi firmai da Nunzia. Cera anche Margherita da lei che si stava facendo una giocata. Appena mi videro entrare ciarrirenu locchi a tutte e due.
"Finalmente! Che ci vuole per parlare con te? Lo vedi a questo Margherita? Ciavi la fortuna nella testa però fa finta di non saperlo che accussì il mondo non ci prende linvidia di lui..."
Margherita arrirriu e mi resi una taliata come per dire che lo sapeva anche lei.
"... e scommetto che non è solo nella testa che non se la passa male" Aggiungiu quella malarucata.
Se cercava di farimi imbarazzare cera riuscita.
"Vabbene! Torno chiù tardi" ci rissi che già ci bastava il culo magnifico dellAzzara a farimi innervosire.
"Ma unni scappi? Veni cà che ti devo dire una cosa"
Margherita faceva finta di scegliere un portafoglio nuovo per suo marito ma lo sapevo che lei era piu curiosa di mia.
"Te li ricordi i numeri che mi hai dato? Nisceno tutti e tre! Mi facisti pigghiari un bel terno sicco Totò! E penso che questi te li sei meritati!"
Dalla sacchetta della camicetta tirau fuori una banconota. 500 euri. Novinovi come non lavevo mai visti.
Margherita si fici chiù vicino e io allungai la mano per pigghiarli. Inutile fare tanti storie. Se Nunzia aveva deciso così voleva dire che come minimo aveva pigghiato dieci vote tanto e a mia mi servivano.
"Che ti posso dire? Grazie! Ma tu te li iochi sempre le storie che ti racconto io?"
"Ma chi dumanni fai? Scemo! Perchè non dovrei? Diccelo anche tu Margherita! Non ti pari giusto fare accussì?"
Ma picchì tirava in ballo sempri a Margherita? Non lo vireva come mi faceva surare quella fimmina? Lilluminazione mi venne allimprovviso. Approfittando che era entrato unaltro cliente ci rissi piano allAzzara.
"Stavo pinsando di fari una passiata al cinema perchè non mi fai compagnia?"
Era dal giorno che ciavevo cuntato una favola a sua figghia che non ci parlavo così con quella donna. Lei accalau la testa poi a vuci di testa ci disse a Nunzia.
"Questi portafogli non mi piacciono! Sai cosa ti dico? Approfitto che la picciridda è a casa della nonna e me ne vado al centro. Però prima passo dal benzinaio allangolo che allora non ciarrivo con la macchina"
Nunzia non ci rispose niente ma appena lei nisciu prima mi sorrise tutta soddisfatta e poi mi lassau perdere.
Sera liberato di Nunzia e per un po' mi aveva anche aspettato ma poi troppo curioso per non cercare di sapiri le novità mera venuto di nuovo a cercare. Lo anticipai di netto:
"No! Non è lei"
"Picchì? Come puoi essere sicuro?"
Nella mia testa avevo già deciso che quelle dellAlicata non erano storie che mi riguardavano e neanche a loro dovevano interessare.
"Lo so e basta"
"Che significa Totò?"
Quando si faceva incazzusu al cavaliere ci addivintava mezza faccia rossa. Forse ciaveva qualche problema di circolazione pinsai mentre continuavo a starici davanti come se lui non si stesse rivolgendo a me.
"Pecchè io lo so chi è la madre"
"Davvero?"
Chi fissa! Questa proprio non se laspettava e il risultato fu quello giusto che ci passanu tutte quelle fisime che aveva in testa. Se cera da risolvere questa storia lunico poteva essere lui e per questo mi ero deciso a dire quello che sapevo. Chiamai le due picciridde che stavano ammucciate nella stanza da letto e aspettai di vedere la faccia a pisci morto del panzone.
Suellen non sembrò affatto sorpresa della mia trovata. Dopo avere salutato come fanno i carusiddi quando in classe entra il preside cominciò a parlare. Assittato bello comodo Arcidiacono ascutava serio serio. Ogni tanto si arrattava il naso o la fronte come se stesse pensando a cosa fare e una sola volta stava quasi per fermarla ma poi però non disse niente.
La mammina dal canto suo si sfogò per bene che a furia di sentiri il nome di Giorgi ammia mi venne lansia.
"Quando sono scappata era perchè io lo sapevo che mia madre non avrebbe voluto. Lontana da casa e con un niuro per giunta non me lavrebbe perdonato mai... come una di quelle. Come una di quelle mi avrebbe trattato ma io mi sono sposata... cè lo detto a lei... e anche voi lo dovete sapere questo. E' stato facile e la religione sua lo permette anche se ancora non ce lho le carte per dimostrarlo che lui è mio marito. E poi quando è nata la picciridda ho pensato che tutto si poteva sistemare... e insomma è sua nipote... un po' di amore penso che dovrebbe essere naturale. Vossignoria non ci voli beni ai suoi nipoti?"
Era da un cafolu di tempo che non sentivo più quella parola. Vossignoria. Pensavo che non si usasse più e che i giovani non la conoscessero ma Suellen ce la mise con tanta furbizia dentro alla sua storia che visti Arcidiacono susirisi di scatto tutto impettitto come a un granduomo e avvicinandosi tutto serio alla carusa dire:
"Non ti preoccupare. Ci penseremo noi. Tu non ti preoccupare"
Ma noi chi? Mi venne da pensare ma subito scartai questa preoccupazione che già ciavevo i miei cazzi. Non potevo essere io. Forse voleva dire lui e lamici suoi e questo mi sembrò più logico.
Arcidiacono si fece dare di nuovo tutti i nomi e le notizie importanti e se le appuntò in un pezzo di carta che tirò fuori dallinterno della giacca. Poi rimise lo stesso foglio nello stesso posto da dove lo aveva preso e si preparò per uscire.
" Allora... tu per ora rimani qua con Totò - e mi diede unocchiata che voleva dire tutto- io invece cerco di aggiustare tutta questa faccenda. Però devi dirmi una cosa in sincerità. Tu te la vuoi portare alla nicuzza nellAmerica? Sei sicura?"
Mi sembrò strana quella domanda. Forse che lui aveva capito qualche cosa a cui io non ero arrivato?
Suellen giocava con una tazzina che era ancora sopra il tavolo e dava limpressione di non stare sentendo niente.
"Non lo so" ci nisciu alla fine dalle labbra. Come un sospiro a forma di voce.
"Bene se è così non cè premura. Diciamo che per ora cercherò di farvi partire insieme e quando sarà tutto pronto mi darai la risposta - poi rivolgendosi a me concluse- nel frattempo tu Totò comportati bene che ora sei due volte papà" E mi schiacciò locchio prima darririri come se
avesse fatto una battuta indimenticabile.
Feci un sorriso anchio e lo accompagnai alla porta. Avevo bisogno di stare un po' tranquillo.
Ora che la cosa era ufficiale non cera più bisogno che nascondevo le mie inquiline e accussì aspettai un attimo e uscii anchio per andare da Nunzia a sentiri che cosa voleva.
Prima però avevo bisogno di una passeggiata e di calmarimi che in fondo il Cavaliere non ciaveva tanto torto su certi miei pensieri.
Pigghiai lautobusso e decisi di andare verso il centro ma no nei negozi che non ciavevo niente da comprare e neanche i soldi. Volevo arrivare al lungomare. Assittarimi in mezzo agli scogli.
Cè una cosa che mi fa impazzire del mare. E' lacqua che scava i puttusi nelle rocce e si muove e va avanti e torna indietro che al confronto è proprio niente tutta la confusione che facciamo. Anche quando è tranquillo come in quella giornata il mare non si stanca mai. Io ciò un posto dove nessuno mi può vedere dalla strada e quando arrivo là sto fermo senza fari nenti che tutto è inutile.
Certe volte arrinescio senza volere pure a non fumare pecchè mi sono perso dentro a qualche sogno a pelo dacqua o che sto fissando una barca lontana oppure che gli spruzzi delle onde giocano cummia.
Quel giorno però qualcosa non andava. Ciavevo una frinisia nella mente e in mezzo alle gambe che conoscevo bene e cera sulu un modo per astutarla.
Si stava facendo scuro. Pigghiai lautobusso del ritorno e mi firmai da Nunzia. Cera anche Margherita da lei che si stava facendo una giocata. Appena mi videro entrare ciarrirenu locchi a tutte e due.
"Finalmente! Che ci vuole per parlare con te? Lo vedi a questo Margherita? Ciavi la fortuna nella testa però fa finta di non saperlo che accussì il mondo non ci prende linvidia di lui..."
Margherita arrirriu e mi resi una taliata come per dire che lo sapeva anche lei.
"... e scommetto che non è solo nella testa che non se la passa male" Aggiungiu quella malarucata.
Se cercava di farimi imbarazzare cera riuscita.
"Vabbene! Torno chiù tardi" ci rissi che già ci bastava il culo magnifico dellAzzara a farimi innervosire.
"Ma unni scappi? Veni cà che ti devo dire una cosa"
Margherita faceva finta di scegliere un portafoglio nuovo per suo marito ma lo sapevo che lei era piu curiosa di mia.
"Te li ricordi i numeri che mi hai dato? Nisceno tutti e tre! Mi facisti pigghiari un bel terno sicco Totò! E penso che questi te li sei meritati!"
Dalla sacchetta della camicetta tirau fuori una banconota. 500 euri. Novinovi come non lavevo mai visti.
Margherita si fici chiù vicino e io allungai la mano per pigghiarli. Inutile fare tanti storie. Se Nunzia aveva deciso così voleva dire che come minimo aveva pigghiato dieci vote tanto e a mia mi servivano.
"Che ti posso dire? Grazie! Ma tu te li iochi sempre le storie che ti racconto io?"
"Ma chi dumanni fai? Scemo! Perchè non dovrei? Diccelo anche tu Margherita! Non ti pari giusto fare accussì?"
Ma picchì tirava in ballo sempri a Margherita? Non lo vireva come mi faceva surare quella fimmina? Lilluminazione mi venne allimprovviso. Approfittando che era entrato unaltro cliente ci rissi piano allAzzara.
"Stavo pinsando di fari una passiata al cinema perchè non mi fai compagnia?"
Era dal giorno che ciavevo cuntato una favola a sua figghia che non ci parlavo così con quella donna. Lei accalau la testa poi a vuci di testa ci disse a Nunzia.
"Questi portafogli non mi piacciono! Sai cosa ti dico? Approfitto che la picciridda è a casa della nonna e me ne vado al centro. Però prima passo dal benzinaio allangolo che allora non ciarrivo con la macchina"
Nunzia non ci rispose niente ma appena lei nisciu prima mi sorrise tutta soddisfatta e poi mi lassau perdere.
07/06/08
La picciridda - 12 -
Quando arrivai nel pianerottolo davanti alla mia casa la porta dellascensore si stava aprendo.
"Totò! Dove sei stato? Sono tre ore che citofono!"
Cu minchia era? Il cielo sera fatto scuro e la luce del condominio nel pomeriggio non cera nessuno che lattaccava. Ciavevo poi anche la testa che mi faceva male e mi furiava come una trottola per la botta che avevo preso e quella voce in quel momento non mi diceva proprio nenti.
"Totò! Totò! Macchiffai dormi? Ora capisco picchì sogni sempre"
"Nunzia!"
Un attimo di lucidità mi aveva fatto pigghiari ciato.
"Senti Totò ti devo dire una cosa. E' importante! Mi fai entrare?"
E come facevo ora? Il uochitochi era muto e sarà che sera sfasciato ma anche da dietro alla porta non se ne sentivano voci. Forse Suellen aveva capito e si era ammucciata ma potevo rischiare? E la bambina? In fondo Nunzia non era del palazzo e non doveva sapere. Fu il Cavaliere a salvarmi. Penso che fosse curioso di sapere comera finita la storia del filmino e per questo spuntò intrasatta dalle scale. Appena però vide a quella vicino a mia con lesperienza del vecchio lupo cercò di mascherare ogni cosa.
"Nunzia cheffai non apri oggi?" ci disse con una di quelle domande che domande non sono.
"E' ancora presto. - arrispunniu lei tutta seria - Cinque minuti me li posso permettere"
"Allora visto che è così venite con me che a te ti offro un caffè e ti rugnu le giocate che avevo preparato e a Totò invece ci faccio assaggiare un liquore speciale che mi hanno regalato"
"No! Non posso Cavaliere. Veramente" Io ava parratu ma tanto per cambiare non ciavevo capito niente delle sue manovre.
"Ecchè ci vuole?" ribattè allora lui facendomi locchiolino.
"Vabbene. Vabbene. Aspettatemi a casa però che io devo entrare per forza".
Dissi questultima cosa facendo un sorrisetto da teatro e stringendomi le cosce come a una fimminedda.
"Ma io..." si lasciò scappare Nunzia. Però dire di no a Arcidiacono non era una grande spittizza e così la poverina lo seguì ricordandomi solo sottovoce che non me lo dovevo scordare. Che mi doveva parlare. Che era importante.
Trasii subito e mi misi a cercare. Madre e figghia erano sparite che come ci potevano essere riuscite in quelle due stanze era un mistero.
Minchia! E se selera portata? Difficile a quellora non farsi vedere dentro o fuori il palazzo. Allora? Ma certo. Di sicuro erano dalla nonna. Comè che non ciavevo pensato?
Niscii di nuovo e di corsa mi fici le scale senza nemmeno aspettare lascensore che più tempo passava e più mi sembrava che mi mancava la picciridda.
Quando suonai alla porta mi rapenu subito. Nemmeno se ciavevano la sfera magica. Comè che potevano essere sicure che ero io? Fimmine! Giurai a me stesso che appena questa storia sarebbe finita avrei tentato di battere il record delle casce di birra con Discreto.
"Entra Totò! Entra!"
Assittato nella curva del salotto quello messo nella stanza dove cera la televisione taliavo le tre fimmine. Mi parevano come a un quadro antico.
Anzi sono sicuro che una cosa simile lho vista dentro a qualche chiesa o alla televisione macari quelle certe volte che mi addummiscio e mi risveglio di notte tardi che a volte nel vetro cè qualche documentario con i pittori.
Loro erano mute. La madre con Angelica in braccio che seguiva la figghia e ogni mio movimento e la nonna misa dietro di loro che non levava gli occhi di supra a loro.
Era in quel momento come quando a fine anno aspetti il botto del tappo della sciampagna e quello non arriva e tu avresti proprio voglia di quella liberazione.
Dopo tannigghia di quellattesa fu la carusa a espodere.
"Forza diccelo tu! Diccelo come è andata!"
Suellen continuava a fissarmi però nello stesso tempo si sapeva che quella frase era indirizzata a sua madre e tutta questa scena un poco mi imbarazzava che se fossi stato sicuro per tranquillizzare a tutti ce lavrei cuntato io come erano andate le cose e invece lAdonia sembrò convincersi e attaccò tutta una tiritera sopra agli ultimi avvenimenti.
"Tu lo sai Totò come sono stata male quando questa pazza è sparita accussì senza dire niente senza neanche il conforto di sapere che avevamo litigato per qualche cosa che così potevo macari immaginare che lei se ne era voluta andare... e invece no e... beh comunque chistu è passato e non ci dovrei pensare più che quando lho rivista la settimana scorsa mi pigghiau un colpo e... ti giuro!... era tanta la contentezza che tutte le sofferenze sparenu e non ciavevo più nenti da accusarla o da rimproverarci che lei cera ed era nella nostra casa con me"
Fece una pausa e tentò di darici un vasuni a quella sua figghiola accussì scapestrata. Non ci riuscì però che Suelluen si tirò di lato e parrau anche lei.
"Sì sì mamma! Cerca di tagghiarla però! Diccillu anche che appena ti ho detto che mera nata una picciridda facisti avvulari tutti i piatti e..."
"Ma che centra chistu? Io sono tua madre! Vogghiu il tuo bene! La mia picciridda non si doveva appizzare con le sue stesse mani"
Mi scappau una risata a pensare a Suellen come a una nicuzza. Una risata muta però che non li volevo interrompere. Ladonia comunque se ne accorse lo stesso e mi rimproverò tutta seria.
"Non cè nenti darririri Totò! Che questo non è il cinema. Avissi vulutu viririti con una bastarda niura che furia casa casa"
A sentire questa cosa Suellen si susiu di scatto e chiancennu venne a mittirisi vicino a mia.
"Andiamo" ci dissi. Prima ancora che la vecchia avesse avuto il tempo di continuare.
"Totò! Dove sei stato? Sono tre ore che citofono!"
Cu minchia era? Il cielo sera fatto scuro e la luce del condominio nel pomeriggio non cera nessuno che lattaccava. Ciavevo poi anche la testa che mi faceva male e mi furiava come una trottola per la botta che avevo preso e quella voce in quel momento non mi diceva proprio nenti.
"Totò! Totò! Macchiffai dormi? Ora capisco picchì sogni sempre"
"Nunzia!"
Un attimo di lucidità mi aveva fatto pigghiari ciato.
"Senti Totò ti devo dire una cosa. E' importante! Mi fai entrare?"
E come facevo ora? Il uochitochi era muto e sarà che sera sfasciato ma anche da dietro alla porta non se ne sentivano voci. Forse Suellen aveva capito e si era ammucciata ma potevo rischiare? E la bambina? In fondo Nunzia non era del palazzo e non doveva sapere. Fu il Cavaliere a salvarmi. Penso che fosse curioso di sapere comera finita la storia del filmino e per questo spuntò intrasatta dalle scale. Appena però vide a quella vicino a mia con lesperienza del vecchio lupo cercò di mascherare ogni cosa.
"Nunzia cheffai non apri oggi?" ci disse con una di quelle domande che domande non sono.
"E' ancora presto. - arrispunniu lei tutta seria - Cinque minuti me li posso permettere"
"Allora visto che è così venite con me che a te ti offro un caffè e ti rugnu le giocate che avevo preparato e a Totò invece ci faccio assaggiare un liquore speciale che mi hanno regalato"
"No! Non posso Cavaliere. Veramente" Io ava parratu ma tanto per cambiare non ciavevo capito niente delle sue manovre.
"Ecchè ci vuole?" ribattè allora lui facendomi locchiolino.
"Vabbene. Vabbene. Aspettatemi a casa però che io devo entrare per forza".
Dissi questultima cosa facendo un sorrisetto da teatro e stringendomi le cosce come a una fimminedda.
"Ma io..." si lasciò scappare Nunzia. Però dire di no a Arcidiacono non era una grande spittizza e così la poverina lo seguì ricordandomi solo sottovoce che non me lo dovevo scordare. Che mi doveva parlare. Che era importante.
Trasii subito e mi misi a cercare. Madre e figghia erano sparite che come ci potevano essere riuscite in quelle due stanze era un mistero.
Minchia! E se selera portata? Difficile a quellora non farsi vedere dentro o fuori il palazzo. Allora? Ma certo. Di sicuro erano dalla nonna. Comè che non ciavevo pensato?
Niscii di nuovo e di corsa mi fici le scale senza nemmeno aspettare lascensore che più tempo passava e più mi sembrava che mi mancava la picciridda.
Quando suonai alla porta mi rapenu subito. Nemmeno se ciavevano la sfera magica. Comè che potevano essere sicure che ero io? Fimmine! Giurai a me stesso che appena questa storia sarebbe finita avrei tentato di battere il record delle casce di birra con Discreto.
"Entra Totò! Entra!"
Assittato nella curva del salotto quello messo nella stanza dove cera la televisione taliavo le tre fimmine. Mi parevano come a un quadro antico.
Anzi sono sicuro che una cosa simile lho vista dentro a qualche chiesa o alla televisione macari quelle certe volte che mi addummiscio e mi risveglio di notte tardi che a volte nel vetro cè qualche documentario con i pittori.
Loro erano mute. La madre con Angelica in braccio che seguiva la figghia e ogni mio movimento e la nonna misa dietro di loro che non levava gli occhi di supra a loro.
Era in quel momento come quando a fine anno aspetti il botto del tappo della sciampagna e quello non arriva e tu avresti proprio voglia di quella liberazione.
Dopo tannigghia di quellattesa fu la carusa a espodere.
"Forza diccelo tu! Diccelo come è andata!"
Suellen continuava a fissarmi però nello stesso tempo si sapeva che quella frase era indirizzata a sua madre e tutta questa scena un poco mi imbarazzava che se fossi stato sicuro per tranquillizzare a tutti ce lavrei cuntato io come erano andate le cose e invece lAdonia sembrò convincersi e attaccò tutta una tiritera sopra agli ultimi avvenimenti.
"Tu lo sai Totò come sono stata male quando questa pazza è sparita accussì senza dire niente senza neanche il conforto di sapere che avevamo litigato per qualche cosa che così potevo macari immaginare che lei se ne era voluta andare... e invece no e... beh comunque chistu è passato e non ci dovrei pensare più che quando lho rivista la settimana scorsa mi pigghiau un colpo e... ti giuro!... era tanta la contentezza che tutte le sofferenze sparenu e non ciavevo più nenti da accusarla o da rimproverarci che lei cera ed era nella nostra casa con me"
Fece una pausa e tentò di darici un vasuni a quella sua figghiola accussì scapestrata. Non ci riuscì però che Suelluen si tirò di lato e parrau anche lei.
"Sì sì mamma! Cerca di tagghiarla però! Diccillu anche che appena ti ho detto che mera nata una picciridda facisti avvulari tutti i piatti e..."
"Ma che centra chistu? Io sono tua madre! Vogghiu il tuo bene! La mia picciridda non si doveva appizzare con le sue stesse mani"
Mi scappau una risata a pensare a Suellen come a una nicuzza. Una risata muta però che non li volevo interrompere. Ladonia comunque se ne accorse lo stesso e mi rimproverò tutta seria.
"Non cè nenti darririri Totò! Che questo non è il cinema. Avissi vulutu viririti con una bastarda niura che furia casa casa"
A sentire questa cosa Suellen si susiu di scatto e chiancennu venne a mittirisi vicino a mia.
"Andiamo" ci dissi. Prima ancora che la vecchia avesse avuto il tempo di continuare.
31/05/08
La picciridda - 11 -
Mi chiurii la porta portandomi il uochitochi per fare tannicchia di scena se qualcuno mi incontrava e andai a suonare alla porta dellAlicata. Erano ancora le due e io lo sapevo che a quellora si era appena ritirita che lavevo vista tante volte dalla finestra.
"Totò! Come sta la picciridda? Cè successo qualcosa?"
Era a metà tra spaventata e sorpresa per quella mia visita.
"Posso entrare?" dissi io sottovoce.
Non cero mai stato a casa sua e forse nessuno nel palazzo cera mai trasuto. Lo sapevamo bene che lei il dolore suo selera sempre voluto tenere stretto prima che scappava e anche il ricordo delle cose belle con quello.
Cambiò faccia alla mia richiesta ma nel frattempo io ero già nella saletta che furiavo locchi curioso. Lei con la porta ancora aperta mi taliau storto come se non ci poteva credere che io avessi avuto quel coraggio.
"Chivvoi? Ti serve qualche cosa?"
Ora era proprio incazzata.
Che dovevo fare? Ci facevo vedere subito le fotografie? Ci giravo attorno sperando che lei mi confessava che ci piaceva futtiri? Ci spiavo di suo marito?
"Hai visto qualcuno quando hai trovato la picciridda?"
"No Totò! Tu cuntai già! - era sempre chiù niura - Stavo uscendo e quando lho vista mi misi a citofonari a tutti che non sapevo che dovevo fare"
"Sì! Ma cera qualche cosa di strano?"
"Nenti! Come te lo devo dire? Macchì stai diventando sbirro? Lho presa in braccio e poi lho data allAdonia che è stata la prima a scinniri dopo di me"
"LAdonia? A quellora?"
"Ecchinnisacciu io? Forse doveva buttare la spazzatura... e poi lei è al primo piano avrà sentito le mie voci"
"Quale ittari... forse se la doveva pigghiare..."
"Chi? Chiddici?"
"No. Nenti. Pinsava..."
"Mah! E allora? Trasisti per chiedermi questo?"
"No... e che..."
Tirai fuori i fogghi dalla tasca e ce li misi davanti allocchi. Lei prima sazzittiu poi allimprovviso si misi a scicarli fino a farli diventare mille pezzi.
"Chi significa? Totò! Chi significa? Perchè mi fai viriri queste cose?"
Era tutta russa nella faccia e le mani ci tremavano come alla fiamma in campagna quanto si abbrucia lerba sicca.
"Cè chi pensa che sei tu quella"
"Io?"
Rapiu locchi puntandoli addosso alla mia faccia e non era sorpresa la sua ma qualcosa come a quando si talia uno spettacolo di magia che non ci piace e si sa che cè un trucco ma non si capisci qualè e uno lo vorrebbe scoprire solo per farici fari una mala figura a quello che ci sta davanti.
"Macari su fussi accussì... macari ca fussi vero... chi voi di mia?" mi spiò dopo perfettamente tranquilla.
"Cè chi dice che Angelica è to figghia"
"Cè chi pensa... cè chi dice... ma Totò ti rendi conto delle minchiate che dici? Pensavo che eri diverso... ma non è accussì purtroppo. Ora vuoi nesciri per favore?"
"Certo... certo... però prima... prima..."
"Prima cosa?"
Ammuttai la porta con il piede e ciabbrancicai di supra.
Forse era vero che quella non era lei e forse era vero anche che ancora aspettava a so maritu ma quelle labbra però facevano capire altro e lei se ne rese conto macari.
Fu un attimo. Che lAlicata proprio non selaspettava quella mia sparata e neanche io veramente. Poi la porta si aprì di nuovo e io cascai a terra per lo spintone che lei maveva dato per cacciarimi fuori. Mero scordato il uochitochi. Arrivò subito però. Un secondo dopo. Sopra alla mia testa.
Certo non ci potevo dare torto. Non lo so nemmeno io che cosa mi aveva pigghiato. Sarà stato il trambusto di quei giorni o le minne della mammina ma di certo avevo fatto una minchiata. Dovevo farmi perdonare. Ma come? Comunque non erano pensieri per quel momento. Ciavrei studiato dopo. Ora mi toccava scendere prima che qualcuno mi veniva a cercare.
"Totò! Come sta la picciridda? Cè successo qualcosa?"
Era a metà tra spaventata e sorpresa per quella mia visita.
"Posso entrare?" dissi io sottovoce.
Non cero mai stato a casa sua e forse nessuno nel palazzo cera mai trasuto. Lo sapevamo bene che lei il dolore suo selera sempre voluto tenere stretto prima che scappava e anche il ricordo delle cose belle con quello.
Cambiò faccia alla mia richiesta ma nel frattempo io ero già nella saletta che furiavo locchi curioso. Lei con la porta ancora aperta mi taliau storto come se non ci poteva credere che io avessi avuto quel coraggio.
"Chivvoi? Ti serve qualche cosa?"
Ora era proprio incazzata.
Che dovevo fare? Ci facevo vedere subito le fotografie? Ci giravo attorno sperando che lei mi confessava che ci piaceva futtiri? Ci spiavo di suo marito?
"Hai visto qualcuno quando hai trovato la picciridda?"
"No Totò! Tu cuntai già! - era sempre chiù niura - Stavo uscendo e quando lho vista mi misi a citofonari a tutti che non sapevo che dovevo fare"
"Sì! Ma cera qualche cosa di strano?"
"Nenti! Come te lo devo dire? Macchì stai diventando sbirro? Lho presa in braccio e poi lho data allAdonia che è stata la prima a scinniri dopo di me"
"LAdonia? A quellora?"
"Ecchinnisacciu io? Forse doveva buttare la spazzatura... e poi lei è al primo piano avrà sentito le mie voci"
"Quale ittari... forse se la doveva pigghiare..."
"Chi? Chiddici?"
"No. Nenti. Pinsava..."
"Mah! E allora? Trasisti per chiedermi questo?"
"No... e che..."
Tirai fuori i fogghi dalla tasca e ce li misi davanti allocchi. Lei prima sazzittiu poi allimprovviso si misi a scicarli fino a farli diventare mille pezzi.
"Chi significa? Totò! Chi significa? Perchè mi fai viriri queste cose?"
Era tutta russa nella faccia e le mani ci tremavano come alla fiamma in campagna quanto si abbrucia lerba sicca.
"Cè chi pensa che sei tu quella"
"Io?"
Rapiu locchi puntandoli addosso alla mia faccia e non era sorpresa la sua ma qualcosa come a quando si talia uno spettacolo di magia che non ci piace e si sa che cè un trucco ma non si capisci qualè e uno lo vorrebbe scoprire solo per farici fari una mala figura a quello che ci sta davanti.
"Macari su fussi accussì... macari ca fussi vero... chi voi di mia?" mi spiò dopo perfettamente tranquilla.
"Cè chi dice che Angelica è to figghia"
"Cè chi pensa... cè chi dice... ma Totò ti rendi conto delle minchiate che dici? Pensavo che eri diverso... ma non è accussì purtroppo. Ora vuoi nesciri per favore?"
"Certo... certo... però prima... prima..."
"Prima cosa?"
Ammuttai la porta con il piede e ciabbrancicai di supra.
Forse era vero che quella non era lei e forse era vero anche che ancora aspettava a so maritu ma quelle labbra però facevano capire altro e lei se ne rese conto macari.
Fu un attimo. Che lAlicata proprio non selaspettava quella mia sparata e neanche io veramente. Poi la porta si aprì di nuovo e io cascai a terra per lo spintone che lei maveva dato per cacciarimi fuori. Mero scordato il uochitochi. Arrivò subito però. Un secondo dopo. Sopra alla mia testa.
Certo non ci potevo dare torto. Non lo so nemmeno io che cosa mi aveva pigghiato. Sarà stato il trambusto di quei giorni o le minne della mammina ma di certo avevo fatto una minchiata. Dovevo farmi perdonare. Ma come? Comunque non erano pensieri per quel momento. Ciavrei studiato dopo. Ora mi toccava scendere prima che qualcuno mi veniva a cercare.
20/05/08
La picciridda - 10 -
Suellen sarà che era proprio stanca perchè solo quando stavo per aprire la porta arrivò la sua voce a cunuttare Angelica. Per un attimo pinsai anche di non farimi vedere che così li potevo sentire dallapparecchio ma forse non era una cosa giusta e così entrai.
"Buongiorno!"
"Ciao. Mi sono addormentata"
"Me ne sono accorto. Senti... Suellen tu la canusci alla signora Alicata?"
"Certo! Quella del quinto piano. Picchì?"
"No... nenti... nenti. Pensavo. Senti ma me lo dici questo segreto?"
"Quale segreto Totò?"
"Ecchenesò io! Sei tu che prima inizi a parlare e poi ti fermi"
"Ce nhai ancora pannolini?"
"Non canciare discorso!"
"Finiscila! Vieni che la picciridda è tutta bagnata"
Andai a prendere una confezione nuova e ce la portai. Vedendole così una a nura e una che era ancora una picciridda mi venne in mente che erano proprio belle le mie fimmine ma lo cacciai subito via questo pensiero come a un muscuni che da fastidio.
Tornai in cucina a preparare una tazza di caffè e poi pigghiai una bottiglia di pummaroru per fare la pasta.
Me laveva regalata Vito Albana.
Un giorno era spuntato alla mia casa con quattro cassette di bottiglie di birra piene di salsa che ciavevano fatto trovare al suo paese. Mi ricordo che sassittau e mi cuntau tutto il procedimento che poi a lui toccava solo arriminari il passato che altro con quel braccio solo che si trovava non poteva fare. Lunica cosa che mera rimasta in testa di tutta quella discussione era che al suo paese ci mittevano anche la cipolla dentro alla salsa che così uno ciaveva veramente poco da fare se non mettiri lacqua sopra per gli spaghetti.
Ero già assittato quando saffacciano le signore. Giocavano.
Suellen prima fici spuntare solo la faccia della picciridda dallo stipite della porta ma poi ci misi anche la sua. Era come se ciavevano tagghiato la testa in una foto vinuta mali però non potti fare a meno di farici una risata e una boccaccia che mi passi che anche la nicuzza si divertiva.
"Che bello ciauro!" esclamò ridendo.
Sera sistemata i capelli in alto e il collo sottile e scoperto chiamava a missa come le campane di pasqua.
"Veni! Dobbiamo parlare" ci dissi evitando di guardarla.
La verità era che non sapevo bene quello che ci dovevo spiare e pecchè poi lo dovevo fare che se aveva voglia se ne poteva stare anche muta e io non ci potevo dire niente.
"Allora me la vuoi cuntare bene tutta questa storia?"
Suellen sera già tirata fuori una minna. Sembrava che me lo faceva apposta che ora non ciaveva più vergogna nemmeno di cummigghiarisi laltra. Provava a capire quale delle due ci piaceva di più alla picciridda ma la vedevo che ogni tanto alzava locchi e mi dava una taliata birbantella.
"Io ci voglio bene. E' che Giorgi non ci può portare a tutte e due e io non la volevo lasciare così ma poi ci ho chiamato ma non cè stato il tempo e allora io... io... sono..."
Tutte queste parole erano state come una corsa delle biciclette che alla partenza cera una giornata di sole e al traguardo una tempesta di quelle che è difficile anche solo abbiare una pedalata. Attaccau a diluviare.
Mi susii e ci pigghiai un tovagliolo di quelli di carta per la tavola che altro non cera poi me ne andai a fumare una sigaretta al balcone che ancora dopo il caffè non lavevo fatto.
Non cenavevo voglia di vederla piangere e poi mimmaginavo che se non ci davo importanza finiva presto.
Allultima boccata tentai di fare canestro. Mera presa la passione di abbiare la cicca spingendola con lindice e il pollice per farla arrivare direttamente dentro al cassonetto. Finora non cero mai riuscito però una volta ero sceso apposta per controllare che mi sembrava quella giusta e in effetti mancava solo un metro o accussì mi passi.
Un colpo di vento spostò la cenere verso la mia mano che per poco non mi bruciava mentre il filtro andò a finire sopra a una machina posteggiata davanti al portone.
Mi girai prima che mi vanniava qualcuno. In cucina come pensavo tutto era tornato tranquillo. Anche la maglietta era tornata al posto giusto e non sapevo nemmeno se la cosa mi faceva contento oppure no.
"Facciamo così... io ti faccio le domande e tu se vuoi mi rispondi. Va bene?"
Con la boccuccia ancora a cucchiareddu e gli occhi lucidi Suellen accalau la testa.
"La volevi lasciare?"
"No"
"E allora?"
"Io ciavevo provato a dirlo a Giorgi che lei non avrebbe... ma poi è successo... e allora io..."
Stava ricominciando a partire con i chianti.
"Stop! Fermati! Perchè lhai lasciata lassotto?"
"Non doveva essere accussì"
"Centra tua madre?"
"Sì"
Pareva sincera. Si alzò per mettere Angelica a letto che bella sazia la nicuzza si era addormentata e io ripensai alle voci che cerano state a casa sua.
"La volevi lasciare a tua madre?" ci spiai non appena ritornò.
"Sì"
Ora la carusidda parlava a monosillabi e con locchi bassi come se tutta la forza e lallegria macari potevano esserci solo quando aveva in braccio alla picciridda.
Per ora comunque poteva bastare. Mi fici cuntari comera questo Giorgi e un poco lei si rianimò. Però io capii soltanto che quello era alto e che la faceva ridere sempre.
Bene. Era tempo di mangiare e di prepararisi per laltra minchiata della giornata che uno più vuole stare tranquillo e più non ciarrinesci.
"Buongiorno!"
"Ciao. Mi sono addormentata"
"Me ne sono accorto. Senti... Suellen tu la canusci alla signora Alicata?"
"Certo! Quella del quinto piano. Picchì?"
"No... nenti... nenti. Pensavo. Senti ma me lo dici questo segreto?"
"Quale segreto Totò?"
"Ecchenesò io! Sei tu che prima inizi a parlare e poi ti fermi"
"Ce nhai ancora pannolini?"
"Non canciare discorso!"
"Finiscila! Vieni che la picciridda è tutta bagnata"
Andai a prendere una confezione nuova e ce la portai. Vedendole così una a nura e una che era ancora una picciridda mi venne in mente che erano proprio belle le mie fimmine ma lo cacciai subito via questo pensiero come a un muscuni che da fastidio.
Tornai in cucina a preparare una tazza di caffè e poi pigghiai una bottiglia di pummaroru per fare la pasta.
Me laveva regalata Vito Albana.
Un giorno era spuntato alla mia casa con quattro cassette di bottiglie di birra piene di salsa che ciavevano fatto trovare al suo paese. Mi ricordo che sassittau e mi cuntau tutto il procedimento che poi a lui toccava solo arriminari il passato che altro con quel braccio solo che si trovava non poteva fare. Lunica cosa che mera rimasta in testa di tutta quella discussione era che al suo paese ci mittevano anche la cipolla dentro alla salsa che così uno ciaveva veramente poco da fare se non mettiri lacqua sopra per gli spaghetti.
Ero già assittato quando saffacciano le signore. Giocavano.
Suellen prima fici spuntare solo la faccia della picciridda dallo stipite della porta ma poi ci misi anche la sua. Era come se ciavevano tagghiato la testa in una foto vinuta mali però non potti fare a meno di farici una risata e una boccaccia che mi passi che anche la nicuzza si divertiva.
"Che bello ciauro!" esclamò ridendo.
Sera sistemata i capelli in alto e il collo sottile e scoperto chiamava a missa come le campane di pasqua.
"Veni! Dobbiamo parlare" ci dissi evitando di guardarla.
La verità era che non sapevo bene quello che ci dovevo spiare e pecchè poi lo dovevo fare che se aveva voglia se ne poteva stare anche muta e io non ci potevo dire niente.
"Allora me la vuoi cuntare bene tutta questa storia?"
Suellen sera già tirata fuori una minna. Sembrava che me lo faceva apposta che ora non ciaveva più vergogna nemmeno di cummigghiarisi laltra. Provava a capire quale delle due ci piaceva di più alla picciridda ma la vedevo che ogni tanto alzava locchi e mi dava una taliata birbantella.
"Io ci voglio bene. E' che Giorgi non ci può portare a tutte e due e io non la volevo lasciare così ma poi ci ho chiamato ma non cè stato il tempo e allora io... io... sono..."
Tutte queste parole erano state come una corsa delle biciclette che alla partenza cera una giornata di sole e al traguardo una tempesta di quelle che è difficile anche solo abbiare una pedalata. Attaccau a diluviare.
Mi susii e ci pigghiai un tovagliolo di quelli di carta per la tavola che altro non cera poi me ne andai a fumare una sigaretta al balcone che ancora dopo il caffè non lavevo fatto.
Non cenavevo voglia di vederla piangere e poi mimmaginavo che se non ci davo importanza finiva presto.
Allultima boccata tentai di fare canestro. Mera presa la passione di abbiare la cicca spingendola con lindice e il pollice per farla arrivare direttamente dentro al cassonetto. Finora non cero mai riuscito però una volta ero sceso apposta per controllare che mi sembrava quella giusta e in effetti mancava solo un metro o accussì mi passi.
Un colpo di vento spostò la cenere verso la mia mano che per poco non mi bruciava mentre il filtro andò a finire sopra a una machina posteggiata davanti al portone.
Mi girai prima che mi vanniava qualcuno. In cucina come pensavo tutto era tornato tranquillo. Anche la maglietta era tornata al posto giusto e non sapevo nemmeno se la cosa mi faceva contento oppure no.
"Facciamo così... io ti faccio le domande e tu se vuoi mi rispondi. Va bene?"
Con la boccuccia ancora a cucchiareddu e gli occhi lucidi Suellen accalau la testa.
"La volevi lasciare?"
"No"
"E allora?"
"Io ciavevo provato a dirlo a Giorgi che lei non avrebbe... ma poi è successo... e allora io..."
Stava ricominciando a partire con i chianti.
"Stop! Fermati! Perchè lhai lasciata lassotto?"
"Non doveva essere accussì"
"Centra tua madre?"
"Sì"
Pareva sincera. Si alzò per mettere Angelica a letto che bella sazia la nicuzza si era addormentata e io ripensai alle voci che cerano state a casa sua.
"La volevi lasciare a tua madre?" ci spiai non appena ritornò.
"Sì"
Ora la carusidda parlava a monosillabi e con locchi bassi come se tutta la forza e lallegria macari potevano esserci solo quando aveva in braccio alla picciridda.
Per ora comunque poteva bastare. Mi fici cuntari comera questo Giorgi e un poco lei si rianimò. Però io capii soltanto che quello era alto e che la faceva ridere sempre.
Bene. Era tempo di mangiare e di prepararisi per laltra minchiata della giornata che uno più vuole stare tranquillo e più non ciarrinesci.
12/05/08
La picciridda - 9 -
Il Cavaliere era tutto soddisfatto di quella scoperta. Si vedeva nella faccia che si sinteva come a Scerloccoms. Solo dopo scoprii che lui aveva solo lanciato il sospetto e che tutto il merito della indagine era di Amato.
Li feci entrare nella saletta chiurennu subito la porta agli altri scocciatori e dopo poche parole i cunvincii a traslocare tutti insieme a casa del poeta. La scusa era semplice: Angelica ciaveva bisogno di dormire. E la soluzione era a portata di mano: i due uochitochi che mi avevano regalato.
"Uno lo metto vicino alla culla -ci spiegai con le stesse parole che avevano usato per me- e uno me lo porto dietro che così se la nicuzza chianci in un attimo salgo e la cunotto"
Sistemai svelto la picciridda vicino alla madre che nel frattempo si era addumisciuta e chiurii la porta. Salendo per andare a casa sua Amato accuminciò a cuntarimi tutto sottovoce:
"Ci stavo cercando un filmi di pilu al cavaliere quando visti che cenera uno con tante coppie siciliane. Io non mi viru queste cose però lo so che a lui ci piacciono che oramai ciarristau solo questa fantasia e accussì ci faccio il favore che tanto non fa male a nessuno"
Ebbravo a Amato io lo sapevo che con il computer lui non poteva esseri che non ci dava una taliata alle fimmine nude. Che tutti ne parlano che è accussì ma ora ciavevo le prove. E anche du porcu del cavaliere ma chi selimmaginava? Io credevo che lui era solo interessato a inchirisi la panza con la politica. Che poi me secondo a volere e a fariccilla lui non ciaveva nemmeno bisogno di queste fantasie che ci bastava chiedere. Ma chi ci cerca alla sua età? Mi trovai a pensare. Certo più fanno i santi e peggio sono. Me lo dicevano ammia che la vita funziona accussì. Comunque! Mi tinni tutte queste verità nella panza e continuai a ascoltare.
"E insomma ci resi il dischetto e lui dopo tannicchia ritornò da me che io pensai che non funzionava ma invece non era così. Ti devo fare vedere una cosa mi dice lui e fa partire il filmi che nel mezzo dopo una para di coppie con la mascherina e i cazzi di gomma cera questa con uno niuro. Io non lho riconosciuta subito ma poi ho ingrandito limmagine e non cera dubbio. Era la signora Alicata che se la faceva incravaccari da una bistiazza senza misura"
"Cui?!" chiesi io perplesso.
"Sì sì Totò! Proprio lei! Altro che ciavevano avvicinato il marito. Si vede che non ni potti chiù di aspettare e ci resi sutta"
Finiu di parrari che già eravamo arrivati e il disco se lera ammuccato il computer. Nel televisore due futtevano senza pietà.
Amato schiacciò un bottone e andò avanti veloce che mi parevano le comiche di ridolini.
Si cuccavano si susevano si intorciniavano come bambolotti di plastica nei giochi dei picciriddi. Poi arrivò il momento che lui cercava e tutto iniziò ad andare alleggiu alleggiu. Accuminciau a viririsi una fimmina. Prima di schiena con un bel culo tondo senza smagliature. Poi in faccia che la signora si preparava a pigghiari il succo e anche se ciaveva una specie di farfalla misa davanti allocchi non cerano dubbi. Era veramente lei.
"Questo però non significa che la madre è lei"
Amato e il Cavaliere erano ancora con locchi e la lingua di fora e per un attimo nemmeno la sentirono la mia voce tutti impegnati comerano a non fare scoprire leffetto di quelle immagini.
"Ma come Totò! Comè che non capisci? Due più due fa quattro! Cè una picciridda niura ca ora sapemu di unni nesci e cè una fimmina che fa finta di trovarla. Mi sembra semplice!"
Il Cavaliere dopo essere stato a muta fino a quel momento ritornò a parlare. Cera anche tornato lo stesso tono che usava quando voleva invitarimi a votare a quaccuno. Buon segno mi rissi. Vuol dire che ancora non scimuniu del tutto. Ma come farci capire che a volte anche la matematica non cunta assai?
"A mia non mi pare così semplice. Io conosco qualcuno nel palazzo che se lè fatto più di una volta il giro sopra alla giostra con le signorine... come le chiamano? Con le nigeriane ecco... e allora non può essiri macari figghia sò? Eppoi anche se avete ragione chi vulemu fari? Ci suoniamo alla porta e ci diciamo che si è persa a so figghia davanti alle scale?"
Amato sembrò darmi ragione e accalava la testa tutto attento ma il cavaliere non poteva lasciarsi sfuggire quelloccasione, a lui la signora Alicata non ciaveva mai permesso nemmeno di scambiare una parola.
"No! Dobbiamo sapere! E quando saremo sicuri vedremo quello che cè da fare"
Dovevo uscirmene da quella situazione. Avevo due ciancianedde più importanti a cui pensare e loro potevano svegliarsi da un momento allaltro. Nella stessa culla per giunta.
Mi vinni in mente unidea.
Mi fici rari quacche foto bella chiara di quello che avevamo visto e mi presi lincarico di andare a parlare personalmente con lAlicata per saperne di più.
Rimanemmo così che poi io scinnii di corsa le scale con lapparecchio nella mano destra che faceva passare il chianto di Angelica e con quattro foto nella sinistra che non promettevano un pomeriggio tranquillo.
Li feci entrare nella saletta chiurennu subito la porta agli altri scocciatori e dopo poche parole i cunvincii a traslocare tutti insieme a casa del poeta. La scusa era semplice: Angelica ciaveva bisogno di dormire. E la soluzione era a portata di mano: i due uochitochi che mi avevano regalato.
"Uno lo metto vicino alla culla -ci spiegai con le stesse parole che avevano usato per me- e uno me lo porto dietro che così se la nicuzza chianci in un attimo salgo e la cunotto"
Sistemai svelto la picciridda vicino alla madre che nel frattempo si era addumisciuta e chiurii la porta. Salendo per andare a casa sua Amato accuminciò a cuntarimi tutto sottovoce:
"Ci stavo cercando un filmi di pilu al cavaliere quando visti che cenera uno con tante coppie siciliane. Io non mi viru queste cose però lo so che a lui ci piacciono che oramai ciarristau solo questa fantasia e accussì ci faccio il favore che tanto non fa male a nessuno"
Ebbravo a Amato io lo sapevo che con il computer lui non poteva esseri che non ci dava una taliata alle fimmine nude. Che tutti ne parlano che è accussì ma ora ciavevo le prove. E anche du porcu del cavaliere ma chi selimmaginava? Io credevo che lui era solo interessato a inchirisi la panza con la politica. Che poi me secondo a volere e a fariccilla lui non ciaveva nemmeno bisogno di queste fantasie che ci bastava chiedere. Ma chi ci cerca alla sua età? Mi trovai a pensare. Certo più fanno i santi e peggio sono. Me lo dicevano ammia che la vita funziona accussì. Comunque! Mi tinni tutte queste verità nella panza e continuai a ascoltare.
"E insomma ci resi il dischetto e lui dopo tannicchia ritornò da me che io pensai che non funzionava ma invece non era così. Ti devo fare vedere una cosa mi dice lui e fa partire il filmi che nel mezzo dopo una para di coppie con la mascherina e i cazzi di gomma cera questa con uno niuro. Io non lho riconosciuta subito ma poi ho ingrandito limmagine e non cera dubbio. Era la signora Alicata che se la faceva incravaccari da una bistiazza senza misura"
"Cui?!" chiesi io perplesso.
"Sì sì Totò! Proprio lei! Altro che ciavevano avvicinato il marito. Si vede che non ni potti chiù di aspettare e ci resi sutta"
Finiu di parrari che già eravamo arrivati e il disco se lera ammuccato il computer. Nel televisore due futtevano senza pietà.
Amato schiacciò un bottone e andò avanti veloce che mi parevano le comiche di ridolini.
Si cuccavano si susevano si intorciniavano come bambolotti di plastica nei giochi dei picciriddi. Poi arrivò il momento che lui cercava e tutto iniziò ad andare alleggiu alleggiu. Accuminciau a viririsi una fimmina. Prima di schiena con un bel culo tondo senza smagliature. Poi in faccia che la signora si preparava a pigghiari il succo e anche se ciaveva una specie di farfalla misa davanti allocchi non cerano dubbi. Era veramente lei.
"Questo però non significa che la madre è lei"
Amato e il Cavaliere erano ancora con locchi e la lingua di fora e per un attimo nemmeno la sentirono la mia voce tutti impegnati comerano a non fare scoprire leffetto di quelle immagini.
"Ma come Totò! Comè che non capisci? Due più due fa quattro! Cè una picciridda niura ca ora sapemu di unni nesci e cè una fimmina che fa finta di trovarla. Mi sembra semplice!"
Il Cavaliere dopo essere stato a muta fino a quel momento ritornò a parlare. Cera anche tornato lo stesso tono che usava quando voleva invitarimi a votare a quaccuno. Buon segno mi rissi. Vuol dire che ancora non scimuniu del tutto. Ma come farci capire che a volte anche la matematica non cunta assai?
"A mia non mi pare così semplice. Io conosco qualcuno nel palazzo che se lè fatto più di una volta il giro sopra alla giostra con le signorine... come le chiamano? Con le nigeriane ecco... e allora non può essiri macari figghia sò? Eppoi anche se avete ragione chi vulemu fari? Ci suoniamo alla porta e ci diciamo che si è persa a so figghia davanti alle scale?"
Amato sembrò darmi ragione e accalava la testa tutto attento ma il cavaliere non poteva lasciarsi sfuggire quelloccasione, a lui la signora Alicata non ciaveva mai permesso nemmeno di scambiare una parola.
"No! Dobbiamo sapere! E quando saremo sicuri vedremo quello che cè da fare"
Dovevo uscirmene da quella situazione. Avevo due ciancianedde più importanti a cui pensare e loro potevano svegliarsi da un momento allaltro. Nella stessa culla per giunta.
Mi vinni in mente unidea.
Mi fici rari quacche foto bella chiara di quello che avevamo visto e mi presi lincarico di andare a parlare personalmente con lAlicata per saperne di più.
Rimanemmo così che poi io scinnii di corsa le scale con lapparecchio nella mano destra che faceva passare il chianto di Angelica e con quattro foto nella sinistra che non promettevano un pomeriggio tranquillo.
05/05/08
La picciridda - 8 -
Solo dopo che aveva finito di fare mangiare alla piccola Suellen sembrò tornare al mondo.
Alzò gli occhi verso di mia e accorgendosi di dove stavo taliando si tirò giù la maglietta addivintannu tutta russa.
"E ora che intenzione hai di fare?"
Non lo so pecchè ci fici quella domanda che in fin dei conti ancora lei non mi aveva cuntato niente e poteva anche essere che...
"Io non posso rimanere qui!" Marrispunniu lei mangiandosi le parole e le labbra nello stesso momento.
Ci resi unocchiata storta che non era tempo di ammizzigghiarisi e però nel frattempo non potti fare a meno di stirari le braccia in avanti a reclamare quello che era mio. Lei prima sembrò che non ne voleva sentire di darimi la picciridda. Poi però la pigghiau da sotto le ascidde e ci resi un bacio veloce come un soffio sulla fronte. Pareva che la stava salutannu. Almeno era questo che io speravo.
Con Angelica nelle miei mani mi sentivo più tranquillo. Mi alzai e con un po' di annacatella ci fici fari il ruttino. Poi la portai a dormire nella culla.
"E allora mi vuoi cuntare questa storia?" ci spiai appena turnai.
"Io non posso restare Totò! Giorgi parte domani"
"Giorgi? Eccùiè Giorgi?"
"Giorgi! Ora deve ritornare e io non posso restare"
"Vabbene! U capemu! Tu non puoi restare. Ma ora mi cunti tutto dallinizio?"
Suellen mi pareva mezza scema. Taliava ammia. Taliava tuttattorno nella stanza. Poi allimprovviso abbassava la testa come se ci fosse qualcunaltro sopra il pavimento e solo a questultimo pareva che ci rispondeva. Io approfittai di quella sua confusione per esaminarla meglio.
Quella misura in più al posto giusto aveva fatto meraviglie. Per il resto sembrava curata bene. Vestita comu si vestuno le carusidde e con i capelli tutti arricugghiuti dietro alla testa. Forse tannicchia di trucco supecchiu per la sua età.
"E allora?" provai a ripetere "Pecchè te ne sei scappata?"
"Giorgi è niuru"
"Melero immaginato" ci rissi.
"Io... Giorgi... Ci siamo conosciuti al mare. Giorgi mi ha chiesto una cosa in inglese. Pensava che ero americana"
"E picchì mai?"
"Dice che ho il portamento. Giorgi conosce tutte le attrici che ha lavorato nella produzione"
"Produzione?"
"Sì! Giorgi fa laiuto regista nelle sop"
"Suellen vabbene che hai un nome disgraziato ma mi fai capiri quacche cosa?"
"Le sop Totò! Le telenovele degli americani! Non mi dire che non li canusci? Non lhai mai visto a Biutiful oppure a Sentieri?"
"Vabbene! Vabbene! E allora?"
"Mi ha fatto fare un provino e lha mandato che di sicuro mi chiamano"
"Ma sei sicura?"
Incominciavo a sentiri ciauru di bruciato. Non è che questo Giorgi era tannicchia minchiataro?
"Certo... anche se..."
"Anche se?"
"Ecco. Non lo so se posso dirtelo che... insomma Totò è sicuro!"
"Sicura è a motti"
"Non scherzare..."
"E cu scherza? E allora? Me lo vuoi dire che intenzioni hai?"
"Beh se per te sta bene... se il tempo che... insomma Giorgi mi ha detto che prima bisogna farsi canusciri. Che devo avere il giro giusto. Ma tu che ne puoi sapere di queste cose..."
"Nenti! Hai ragione tu! Ma chi ti fici fari in questo provino?"
Avevo iniziato ad avere un pensiero tinto e poi non mi piaceva che lei mi parrava accussì.
"Un provino Totò. I soliti cosi"
Aveva parlato Merilin. La squadrai tutta che lei abbassò gli occhi e fui sicuro di non avere sbagliato.
Stavo per farci la domanda finale quella che nel rischiatutto vince tutti i soddi quando quaccuno sappizzau al campanello della porta e ci lassau il dito.
E ora? Chi facevu? Ci resi unocchiata allattrice che mi taliava tutta spaventata.
"No! Nessuno! Non mi ha vista nessuno!" Ci nisciu dalla ucca come se avesse capito i miei pensieri.
La casa era troppo piccola per nascondere macari una ugghia. In fretta e furia fici mettiri Suellen al posto della figghia e con Angelica in braccio cancellai le prove del passaggio della madre. Ero pronto per aprire ma non per vedere lo spettacolo che ci trovai.
Mezzo condominio sera dato appuntamento davanti alla mia porta con il Signor Amato e il Cavaliere in prima fila.
"Totò! Totò! Sacciu chi è la madre di Angelica!"
Alzò gli occhi verso di mia e accorgendosi di dove stavo taliando si tirò giù la maglietta addivintannu tutta russa.
"E ora che intenzione hai di fare?"
Non lo so pecchè ci fici quella domanda che in fin dei conti ancora lei non mi aveva cuntato niente e poteva anche essere che...
"Io non posso rimanere qui!" Marrispunniu lei mangiandosi le parole e le labbra nello stesso momento.
Ci resi unocchiata storta che non era tempo di ammizzigghiarisi e però nel frattempo non potti fare a meno di stirari le braccia in avanti a reclamare quello che era mio. Lei prima sembrò che non ne voleva sentire di darimi la picciridda. Poi però la pigghiau da sotto le ascidde e ci resi un bacio veloce come un soffio sulla fronte. Pareva che la stava salutannu. Almeno era questo che io speravo.
Con Angelica nelle miei mani mi sentivo più tranquillo. Mi alzai e con un po' di annacatella ci fici fari il ruttino. Poi la portai a dormire nella culla.
"E allora mi vuoi cuntare questa storia?" ci spiai appena turnai.
"Io non posso restare Totò! Giorgi parte domani"
"Giorgi? Eccùiè Giorgi?"
"Giorgi! Ora deve ritornare e io non posso restare"
"Vabbene! U capemu! Tu non puoi restare. Ma ora mi cunti tutto dallinizio?"
Suellen mi pareva mezza scema. Taliava ammia. Taliava tuttattorno nella stanza. Poi allimprovviso abbassava la testa come se ci fosse qualcunaltro sopra il pavimento e solo a questultimo pareva che ci rispondeva. Io approfittai di quella sua confusione per esaminarla meglio.
Quella misura in più al posto giusto aveva fatto meraviglie. Per il resto sembrava curata bene. Vestita comu si vestuno le carusidde e con i capelli tutti arricugghiuti dietro alla testa. Forse tannicchia di trucco supecchiu per la sua età.
"E allora?" provai a ripetere "Pecchè te ne sei scappata?"
"Giorgi è niuru"
"Melero immaginato" ci rissi.
"Io... Giorgi... Ci siamo conosciuti al mare. Giorgi mi ha chiesto una cosa in inglese. Pensava che ero americana"
"E picchì mai?"
"Dice che ho il portamento. Giorgi conosce tutte le attrici che ha lavorato nella produzione"
"Produzione?"
"Sì! Giorgi fa laiuto regista nelle sop"
"Suellen vabbene che hai un nome disgraziato ma mi fai capiri quacche cosa?"
"Le sop Totò! Le telenovele degli americani! Non mi dire che non li canusci? Non lhai mai visto a Biutiful oppure a Sentieri?"
"Vabbene! Vabbene! E allora?"
"Mi ha fatto fare un provino e lha mandato che di sicuro mi chiamano"
"Ma sei sicura?"
Incominciavo a sentiri ciauru di bruciato. Non è che questo Giorgi era tannicchia minchiataro?
"Certo... anche se..."
"Anche se?"
"Ecco. Non lo so se posso dirtelo che... insomma Totò è sicuro!"
"Sicura è a motti"
"Non scherzare..."
"E cu scherza? E allora? Me lo vuoi dire che intenzioni hai?"
"Beh se per te sta bene... se il tempo che... insomma Giorgi mi ha detto che prima bisogna farsi canusciri. Che devo avere il giro giusto. Ma tu che ne puoi sapere di queste cose..."
"Nenti! Hai ragione tu! Ma chi ti fici fari in questo provino?"
Avevo iniziato ad avere un pensiero tinto e poi non mi piaceva che lei mi parrava accussì.
"Un provino Totò. I soliti cosi"
Aveva parlato Merilin. La squadrai tutta che lei abbassò gli occhi e fui sicuro di non avere sbagliato.
Stavo per farci la domanda finale quella che nel rischiatutto vince tutti i soddi quando quaccuno sappizzau al campanello della porta e ci lassau il dito.
E ora? Chi facevu? Ci resi unocchiata allattrice che mi taliava tutta spaventata.
"No! Nessuno! Non mi ha vista nessuno!" Ci nisciu dalla ucca come se avesse capito i miei pensieri.
La casa era troppo piccola per nascondere macari una ugghia. In fretta e furia fici mettiri Suellen al posto della figghia e con Angelica in braccio cancellai le prove del passaggio della madre. Ero pronto per aprire ma non per vedere lo spettacolo che ci trovai.
Mezzo condominio sera dato appuntamento davanti alla mia porta con il Signor Amato e il Cavaliere in prima fila.
"Totò! Totò! Sacciu chi è la madre di Angelica!"
27/04/08
La picciridda - 7 -
U cafè mi stava bruciando la lingua però cera qualcosa che ancora non andava. Quel rattari fastidioso alla porta si sinteva ancora. Per un attimo pinsai che sbagliavo direzione e che fosse la nicuzza nella sua stanza. Così andai a guardare ma lei si era di nuovo addummisciuta.
Che fare? E se aprivo la porta e il suggi mi entrava a casa?
Mi venne da dire "Cu ie?" e "Chivvoi?" come se si potesse parlare a un animale che manco ti conosce e di certo non maspettavo risposta ma la cosa invece funzionò che dallaltra parte arrivò un:
"Sono io Totò! Apri!"
Comè strana la natura che fa succedere anche questi miracoli pinsai.
Piano piano che così potevo sempre chiudere in fretta e con un piede messo proprio darreri allo spigolo rapii.
La scala era senza luci ma i me occhi non putevano sbagghiari. Era Suellen la scomparsa.
"E tu chiccifai cà?"
"Fammi entrare prima"
"Sì sì. Certo!"
Mi spostai che non ero tanto sicuro di quello che stavo facendo e infatti appena il fantasma misi peri a me casa accuminciau a fari vuci:
"Dovè? Dovè?".
A girare le due stanze che avevo non ci voleva assai anche senza fare quel bordello. "Finiscila!" ci rissi deciso. Non lo sapeva quella disgraziata comerano fatte le case del condominio? Chiurii subito a chiavi la porta poi girando la testa vidi quella disgraziata con in braccio Angelica che piangeva.
"Chi stai facendo?" mi scappò tutto incazzusu.
"Tu non puoi capire! Non puoi capire!" mi rispose lei senza nemmeno alzare gli occhi dalla creatura.
"Capire cosa? Veni cà e non fare a scema. Veni! Assettiti! Che cè anche il caffè pronto"
Con le lacrime che ci uscivano mute come a una marunnuzza dei miracoli Suellen si sistemò nella seggia della cucina. Come se non avesse pensato a altro fino a quel momento tirò fuori una minna bella china da sotto la maglietta ianca con la foto di orsacchiotto e si misi tutta tranquilla a dare da mangiare alla nicuzza.
Laltra minna era metà di fora e io non potti fare a meno di sentiri tannicchia di fami nello stomaco e un pizzico di prurito dove non stava bene.
"E' la tua?" ci spiai senza tanta convinzione.
Ma lei non mi rispose come se non fosse stata capace di sentiri nenti. Mi misi allora a taliarli come si talia un quadro alla chiesa. Un sorriso acculurato e due occhi attenti avvolgevano la mia Angelica.
Che fare? E se aprivo la porta e il suggi mi entrava a casa?
Mi venne da dire "Cu ie?" e "Chivvoi?" come se si potesse parlare a un animale che manco ti conosce e di certo non maspettavo risposta ma la cosa invece funzionò che dallaltra parte arrivò un:
"Sono io Totò! Apri!"
Comè strana la natura che fa succedere anche questi miracoli pinsai.
Piano piano che così potevo sempre chiudere in fretta e con un piede messo proprio darreri allo spigolo rapii.
La scala era senza luci ma i me occhi non putevano sbagghiari. Era Suellen la scomparsa.
"E tu chiccifai cà?"
"Fammi entrare prima"
"Sì sì. Certo!"
Mi spostai che non ero tanto sicuro di quello che stavo facendo e infatti appena il fantasma misi peri a me casa accuminciau a fari vuci:
"Dovè? Dovè?".
A girare le due stanze che avevo non ci voleva assai anche senza fare quel bordello. "Finiscila!" ci rissi deciso. Non lo sapeva quella disgraziata comerano fatte le case del condominio? Chiurii subito a chiavi la porta poi girando la testa vidi quella disgraziata con in braccio Angelica che piangeva.
"Chi stai facendo?" mi scappò tutto incazzusu.
"Tu non puoi capire! Non puoi capire!" mi rispose lei senza nemmeno alzare gli occhi dalla creatura.
"Capire cosa? Veni cà e non fare a scema. Veni! Assettiti! Che cè anche il caffè pronto"
Con le lacrime che ci uscivano mute come a una marunnuzza dei miracoli Suellen si sistemò nella seggia della cucina. Come se non avesse pensato a altro fino a quel momento tirò fuori una minna bella china da sotto la maglietta ianca con la foto di orsacchiotto e si misi tutta tranquilla a dare da mangiare alla nicuzza.
Laltra minna era metà di fora e io non potti fare a meno di sentiri tannicchia di fami nello stomaco e un pizzico di prurito dove non stava bene.
"E' la tua?" ci spiai senza tanta convinzione.
Ma lei non mi rispose come se non fosse stata capace di sentiri nenti. Mi misi allora a taliarli come si talia un quadro alla chiesa. Un sorriso acculurato e due occhi attenti avvolgevano la mia Angelica.
20/04/08
La picciridda - 6 -
Rincasai che la nicuzza stava chiancennu che aveva fame o almeno accussì suggerì Concetta.
"Però è stata brava tutto il tempo" ci tiniu a dirimi. Che dallocchi felici che aveva pinsai che avevo fatto bene e che a lei non cera dispiaciuta affatto quelloccupazione.
Pigghiai Angelica in braccio e accuminciai a fare lo scemo mentre lei ci scaldava il biberon.
La picciridda ciaveva tutta una piluria leggera leggera sopra la testa che era tunna come una mulinciana di sita con il collo che quasi non si vedeva.
Il resto però mi passi troppo nico che io non me lo ricordavo o forse non ciavevo mai fatto caso a come sono strani quando nascono queste creature che le forme che cianno non centrano niente con quello che ci immaginiamo.
Angelica poi aveva certe mani enormi che su crisceva così poteva fare a pugni con chi voleva. Forse ci poteva essere utile un giorno e a mia mi piaciu questo particolare che un po' mi ricordava anche una persona della mia famigghia a cui ero stato molto affezionato.
Ora sera calmata. Forse pecchè aveva sentito la voce di Concetta che mi diceva che era pronto oppure che sera messa anche lei a sturiarimi proprio con quelle mani tutte prese a esplorare la mia faccia.
Si muovevano leggere e ogni tanto si fermavano a ripassare la strada. Proprio come fa un cieco al suo primo incontro damore.
La notte era bellissima.
La luna china di luci ciaveva tuttattorno come unalone che la faceva appariri più grande. Gigantesca. E mi fissava come a taliari dentro di mia. In tutti questi anni non mero mai sentito accussì. Quella picciridda mi faceva pazzo e più provavo a non pinsarici e più quacche cosa mi faceva veniri in mente a lei.
Assittato nel balcone taliavo le luci dei palazzi che a poco a poco si astutavano e cercavo di immaginare se cera qualcunaltro che si poteva sentiri accussì supra alla Terra. Ma poi in fondo che cera di strano.
Ciavevo una figghia bellissima che però non era mia figghia e che se la potevano portare e io non ci potevo fari nenti ma che poteva crescere cummia e io allora ci avrei dovuto dare tutto.
Mi rissi da solo che era come quando le cose non le conosci che macari che non vuoi ti fanno paura e non sai come comportarti anche se magari li hai sempre sognate senza sapiri come si chiamavano.
Insomma la mia testa era completamente partuta e mi accorgevo che i pensieri si mittevano uno sopra o dentro allaltro senza che io ci potevo fari nenti.
Mi susii per andare al frigorifero e per taliari se Angelica stava dormendo. Sì. Eccola. Tutta ammugghiata di sicuro sognava che una specie di sorriso ci scappau dalla vuccuzza. In cucina cera un ordine perfetto.
Concetta sarà che sera passata il tempo e certo non mi dispiaceva quellodore di pulizia. Chissà se celaveva detto a so marito che era stata a casa mia. Forse a questora stava ancora cercando di fare la santa anche per quella sera. Però nessun rumore cera dallaltro lato del muro. E anche fuori. Dormivano tutti. Macari i mura.
La prima luce arrivò come un solletico sopra allocchio chiuso. Mi susii di scatto che la nica non sera svegliata per tutta la notte e maccuminciano a veniri alla testa una cascata di mali pinseri.
Tutta scummigghiata era a panza allaria che taliava langileddi. La controllai di sutta ma non mi passi vagnata. Che dovevo fare? Ci preparavo il latte? Ma lei era ancora tranquilla! Decisi di aspettare e minnii a fare il caffè. Prima però mi pigghiai qualche biscotto che avevano portato per lei. Tanto ancora era troppo nica per metterceli nel latte e a me mera spuntata tannicchia di fame.
Ritornando davanti al fornello sentii come un suggi che arrattava dietro alla porta. "Sinzignanu a acchianari i scali" pensai a voce di testa. Ma poi non ci feci più caso che il ciauro della macchinetta mi tirau come lacqua nel deserto.
"Però è stata brava tutto il tempo" ci tiniu a dirimi. Che dallocchi felici che aveva pinsai che avevo fatto bene e che a lei non cera dispiaciuta affatto quelloccupazione.
Pigghiai Angelica in braccio e accuminciai a fare lo scemo mentre lei ci scaldava il biberon.
La picciridda ciaveva tutta una piluria leggera leggera sopra la testa che era tunna come una mulinciana di sita con il collo che quasi non si vedeva.
Il resto però mi passi troppo nico che io non me lo ricordavo o forse non ciavevo mai fatto caso a come sono strani quando nascono queste creature che le forme che cianno non centrano niente con quello che ci immaginiamo.
Angelica poi aveva certe mani enormi che su crisceva così poteva fare a pugni con chi voleva. Forse ci poteva essere utile un giorno e a mia mi piaciu questo particolare che un po' mi ricordava anche una persona della mia famigghia a cui ero stato molto affezionato.
Ora sera calmata. Forse pecchè aveva sentito la voce di Concetta che mi diceva che era pronto oppure che sera messa anche lei a sturiarimi proprio con quelle mani tutte prese a esplorare la mia faccia.
Si muovevano leggere e ogni tanto si fermavano a ripassare la strada. Proprio come fa un cieco al suo primo incontro damore.
La notte era bellissima.
La luna china di luci ciaveva tuttattorno come unalone che la faceva appariri più grande. Gigantesca. E mi fissava come a taliari dentro di mia. In tutti questi anni non mero mai sentito accussì. Quella picciridda mi faceva pazzo e più provavo a non pinsarici e più quacche cosa mi faceva veniri in mente a lei.
Assittato nel balcone taliavo le luci dei palazzi che a poco a poco si astutavano e cercavo di immaginare se cera qualcunaltro che si poteva sentiri accussì supra alla Terra. Ma poi in fondo che cera di strano.
Ciavevo una figghia bellissima che però non era mia figghia e che se la potevano portare e io non ci potevo fari nenti ma che poteva crescere cummia e io allora ci avrei dovuto dare tutto.
Mi rissi da solo che era come quando le cose non le conosci che macari che non vuoi ti fanno paura e non sai come comportarti anche se magari li hai sempre sognate senza sapiri come si chiamavano.
Insomma la mia testa era completamente partuta e mi accorgevo che i pensieri si mittevano uno sopra o dentro allaltro senza che io ci potevo fari nenti.
Mi susii per andare al frigorifero e per taliari se Angelica stava dormendo. Sì. Eccola. Tutta ammugghiata di sicuro sognava che una specie di sorriso ci scappau dalla vuccuzza. In cucina cera un ordine perfetto.
Concetta sarà che sera passata il tempo e certo non mi dispiaceva quellodore di pulizia. Chissà se celaveva detto a so marito che era stata a casa mia. Forse a questora stava ancora cercando di fare la santa anche per quella sera. Però nessun rumore cera dallaltro lato del muro. E anche fuori. Dormivano tutti. Macari i mura.
La prima luce arrivò come un solletico sopra allocchio chiuso. Mi susii di scatto che la nica non sera svegliata per tutta la notte e maccuminciano a veniri alla testa una cascata di mali pinseri.
Tutta scummigghiata era a panza allaria che taliava langileddi. La controllai di sutta ma non mi passi vagnata. Che dovevo fare? Ci preparavo il latte? Ma lei era ancora tranquilla! Decisi di aspettare e minnii a fare il caffè. Prima però mi pigghiai qualche biscotto che avevano portato per lei. Tanto ancora era troppo nica per metterceli nel latte e a me mera spuntata tannicchia di fame.
Ritornando davanti al fornello sentii come un suggi che arrattava dietro alla porta. "Sinzignanu a acchianari i scali" pensai a voce di testa. Ma poi non ci feci più caso che il ciauro della macchinetta mi tirau come lacqua nel deserto.
12/04/08
La picciridda - 5 -
Non ci vosi molto a trovare una volontaria. La moglie di Alfio appena ce lo chiesi fu tutta cuntenta per quellimpegno accussì importante.
Lei figghi non ne aveva avuto che so maritu Alfio faceva tuttu u masculo con lei ma poi di unni serviva ci nisceva sulu acqua frisca. Me laveva confidato in uno di quei giorni che spuntava a farimi i sorpresi e mancu maveva chiesto di tenere il segreto che lei lo sapeva che di me si poteva fidare.
Appena fu vicino alla picciridda mi sintii più tranquillo. Di corsa mi o pigghiai una confezione da sei di birre che avevo messo nel frigidere per portarle da Discreto.
Quello sembrava che mi aspettava. O forse fu solo impressione mia.
Fatto sta che appena massittai nella sua cucina lui cambiò mutu mutu stanza per ritornare subito con un cestino pieno di calia e simenza. Cerano anche le castagne napoletane che a me mi piaciuno assai e che con la birra calano che è un piacere.
Non contento Discreto ci mise dentro al frigorifero unaltra confezione di birra come a quella che avevo portato io. Di sicuro frequentavamo lo stesso ardiscaunt. Quello che aveva aperto un mese prima a cento metri dal nostro palazzo e che aveva quella marca in offerta.
"Come va?"
"Crisci"
"Non scherzare! Se è solo due giorni che ce lhai"
"E cu scherza?"
"Io intendevo come ti trovi. Se è difficili... cose così"
"Mah! No saccio. Cioè non me le sono fatte queste domande però..."
"Però?"
"E che ciavrei da dirti una cosa e non sapevo con chi parlare..."
"Sono qua"
"Ma forse sono tutte minchiate"
"E io ti ascuto lo stesso"
Per farla breve ci cuntai tutte le cose che avevo pensato della signora Adonia e lui prima si mise a ridere poi addivintau serio serio e si calau una birra tutta di un ciato.
Avevo visto giusto a preoccuparimi?
Discreto si alzò di scatto e sparì di nuovo. Questa vota però la cosa fu lunga.
Quale altra novità cera? Stava cercando quacche cosa?
Fici finta di non darici importanza a tutto questo e con la bocca piena di nucidde rapii il frigorifero che la razione che avevo portato era finita.
"Stava murenno! Stava murenno!"
Lo guardai con la faccia perplessa.
"Ma come? Non te ne sei accorto che non riuscivo più a respirare?"
In effetti prima mi era sembrato tuttu russu nella facci ma pensavo che era leffetto della birra e do cauro misi insieme.
"Mi deve essere andato storto quacche seme" mi disse indicando il cestino. Poi sassittau di nuovo vicino ammia e come se niente fosse successo accuminciau a parrari:
"In effetti..."
Discreto è fatto così.
Uno non se la deve pigghiari se nel mezzo di una discussione accumencia a santiari supra alli potenti e ai dannati. E' nel suo carattere.
Che poi nelle sue cose quacche fatto che ti serve ce la trovi sempre come quando mi disse che sera accorto che da un paio di giorni sintevu vuci strani dalla porta della Adonia. Come di persone che sacchiappano tra di loro e che era sicuro che non era la televisione con quacche politico di quelli che a lui ci facevano veniri lorticaria. Pecchè lui si era anche preoccupato e allora aveva suonato con la scusa di chiedere tannicchia di sale e così le voci da dietro alla porta erano finite.
Poi concluse il suo ragionamento:
"Ora che siccome il marito è vuricato e i parenti sono spariti dopo la seconda disgrazia non ci sono dubbi che lì dentro sta succedendo qualcosa di strano"
E su questo eravamo daccordo.
Ni sugamu le ultime due birre alla russa ma senza ittari le bottiglie che allora si faceva troppo casino e ci salutamu.
Tuttu suratu e mezzo ubriaco non mi sentivo di tornare a casa. Decisi allora di andare a farimi una passiata al lotto e poi di pigghiarimi un cafè.
La signora Nunzia non sembrò sorpresa di vedermi. Forse sapeva già quello che era successo anche se lei con il condominio non centrava nenti.
"Totò! Finalmente! Chiffai non veni chiù a trovarmi?"
Na me testa stava partendo la machina delle domande che a me queste smancerie mi fanno sempre preoccupari.
"Ciò avuto chiffari" ci risposi evasivo.
In effetti capitava di rado che per tre giorni di fila io non minventassi un sogno e ogni volta che sognavo era Nunzia a prendere il posto di Giuseppe quello degli Ebrei e a darimi i numera giusti.
"Come vuoi tu" mi scappò a lei un poco risentita " E allora chi mi cunti?"
continuò però subito dopo con il tono di sempre.
"Cero io una fimmina e un carabbineri con la pistola e io inseguivo a lei e lui a tutte e due"
"Macchittipassa na testa Totò? Che sei a siccu? Su voi tela presento io quacche signora giusta pittia. E che si fa pigghiari macari"
Nunzia ci piaceva fare queste battutte che non si vergognava di queste cose ma io quella volta mi sintii tannicchia a disagio.
"E allora. La fimmina che scappa sta 10. Il carabbineri con la pistola invece è facili facili ed è 32. Poi io direi di mittirici anche linseguimento che è 44 e accussì ciai un bello terno"
"Chiffai tu iochi ora?" mi domandò conoscendo già la risposta.
"No chiù tardi" ci risposi e niscii dal negozio.
Il bar vicino era già chiuso.
Lei figghi non ne aveva avuto che so maritu Alfio faceva tuttu u masculo con lei ma poi di unni serviva ci nisceva sulu acqua frisca. Me laveva confidato in uno di quei giorni che spuntava a farimi i sorpresi e mancu maveva chiesto di tenere il segreto che lei lo sapeva che di me si poteva fidare.
Appena fu vicino alla picciridda mi sintii più tranquillo. Di corsa mi o pigghiai una confezione da sei di birre che avevo messo nel frigidere per portarle da Discreto.
Quello sembrava che mi aspettava. O forse fu solo impressione mia.
Fatto sta che appena massittai nella sua cucina lui cambiò mutu mutu stanza per ritornare subito con un cestino pieno di calia e simenza. Cerano anche le castagne napoletane che a me mi piaciuno assai e che con la birra calano che è un piacere.
Non contento Discreto ci mise dentro al frigorifero unaltra confezione di birra come a quella che avevo portato io. Di sicuro frequentavamo lo stesso ardiscaunt. Quello che aveva aperto un mese prima a cento metri dal nostro palazzo e che aveva quella marca in offerta.
"Come va?"
"Crisci"
"Non scherzare! Se è solo due giorni che ce lhai"
"E cu scherza?"
"Io intendevo come ti trovi. Se è difficili... cose così"
"Mah! No saccio. Cioè non me le sono fatte queste domande però..."
"Però?"
"E che ciavrei da dirti una cosa e non sapevo con chi parlare..."
"Sono qua"
"Ma forse sono tutte minchiate"
"E io ti ascuto lo stesso"
Per farla breve ci cuntai tutte le cose che avevo pensato della signora Adonia e lui prima si mise a ridere poi addivintau serio serio e si calau una birra tutta di un ciato.
Avevo visto giusto a preoccuparimi?
Discreto si alzò di scatto e sparì di nuovo. Questa vota però la cosa fu lunga.
Quale altra novità cera? Stava cercando quacche cosa?
Fici finta di non darici importanza a tutto questo e con la bocca piena di nucidde rapii il frigorifero che la razione che avevo portato era finita.
"Stava murenno! Stava murenno!"
Lo guardai con la faccia perplessa.
"Ma come? Non te ne sei accorto che non riuscivo più a respirare?"
In effetti prima mi era sembrato tuttu russu nella facci ma pensavo che era leffetto della birra e do cauro misi insieme.
"Mi deve essere andato storto quacche seme" mi disse indicando il cestino. Poi sassittau di nuovo vicino ammia e come se niente fosse successo accuminciau a parrari:
"In effetti..."
Discreto è fatto così.
Uno non se la deve pigghiari se nel mezzo di una discussione accumencia a santiari supra alli potenti e ai dannati. E' nel suo carattere.
Che poi nelle sue cose quacche fatto che ti serve ce la trovi sempre come quando mi disse che sera accorto che da un paio di giorni sintevu vuci strani dalla porta della Adonia. Come di persone che sacchiappano tra di loro e che era sicuro che non era la televisione con quacche politico di quelli che a lui ci facevano veniri lorticaria. Pecchè lui si era anche preoccupato e allora aveva suonato con la scusa di chiedere tannicchia di sale e così le voci da dietro alla porta erano finite.
Poi concluse il suo ragionamento:
"Ora che siccome il marito è vuricato e i parenti sono spariti dopo la seconda disgrazia non ci sono dubbi che lì dentro sta succedendo qualcosa di strano"
E su questo eravamo daccordo.
Ni sugamu le ultime due birre alla russa ma senza ittari le bottiglie che allora si faceva troppo casino e ci salutamu.
Tuttu suratu e mezzo ubriaco non mi sentivo di tornare a casa. Decisi allora di andare a farimi una passiata al lotto e poi di pigghiarimi un cafè.
La signora Nunzia non sembrò sorpresa di vedermi. Forse sapeva già quello che era successo anche se lei con il condominio non centrava nenti.
"Totò! Finalmente! Chiffai non veni chiù a trovarmi?"
Na me testa stava partendo la machina delle domande che a me queste smancerie mi fanno sempre preoccupari.
"Ciò avuto chiffari" ci risposi evasivo.
In effetti capitava di rado che per tre giorni di fila io non minventassi un sogno e ogni volta che sognavo era Nunzia a prendere il posto di Giuseppe quello degli Ebrei e a darimi i numera giusti.
"Come vuoi tu" mi scappò a lei un poco risentita " E allora chi mi cunti?"
continuò però subito dopo con il tono di sempre.
"Cero io una fimmina e un carabbineri con la pistola e io inseguivo a lei e lui a tutte e due"
"Macchittipassa na testa Totò? Che sei a siccu? Su voi tela presento io quacche signora giusta pittia. E che si fa pigghiari macari"
Nunzia ci piaceva fare queste battutte che non si vergognava di queste cose ma io quella volta mi sintii tannicchia a disagio.
"E allora. La fimmina che scappa sta 10. Il carabbineri con la pistola invece è facili facili ed è 32. Poi io direi di mittirici anche linseguimento che è 44 e accussì ciai un bello terno"
"Chiffai tu iochi ora?" mi domandò conoscendo già la risposta.
"No chiù tardi" ci risposi e niscii dal negozio.
Il bar vicino era già chiuso.
29/03/08
La picciridda - 4 -
La figghia di Arcifa u vigili che sta al primo piano fu la prima a parrari quando ci spiai a tutti per il nome.
"E come la vuole chiamare? Uno solo può essere il nome. Quello della Santuzza! Altri che portano bene come a questo non cè ne stanno al mondo"
Forse per la grande stima che aveva per il padre della carusidda Nunzio dal piano di sopra a quello ci abbiau un pernacchio e se ne entrò in casa dando il posto alla finestra a sua madre.
Mi vutai il collo verso lalto che cera Vito Albana che ittava vuci:
"No! No! Non è chistu il nome giusto. Ma lavete vista che facciuzza ca avi e che è niura poi ve ne siete accorti? Non ci sta bene Agata come nome. Pimmia deve essere quaccosa di forastiero comu nei film dellamericani che là ce nè un cafolo di niuri che recitano"
"Certo! - ciarrispunniu tutto filosofico Agatino Amato con litaliano che ci sivveva per fare poesie- E così rinneghiamo le nostre tradizioni! La nostra lingua! Però Agata non piace neanche a me. Credo ce ne siano di più belli. Io sarei per Maria. Ma se volessimo osare potremmo chiamarla Luna"
"Ma cià finissi! Ci mancassi autru! A luna e le stidde e i cometi macari!"
Dal piano sotto al mio la moglie di Avanzato faceva sentiri la sua voce potenti di masculazzo. Una volta era capitato che ciavevo chiamato al telefono a casa sua e per quattro cinque volte avevo chiuso pensando di avere sbagliato numero che non ci poteva essere un uomo a quellora che mi arrispondeva.
Comunque non si riusciva a mittirisi daccordo.
Io avevo paura che la picciridda accuminciava a chianciri e ci diedi un taglio a quella cosa ma gli altri continuarono per un altro po' fino a quando non sintii silenzio. Poi dopo circa unora il campanello della porta mi avvertì che qualcosa era successo.
La vecchia Astuta con le cosce ancora aperte per loperazione ciaveva in mano un bigliettino. Era quello con i risultati dellelezioni.
Agata voti 2
Angelica voti 5
Deborah voti 2
Luna voti 1
Carmen voti 4
Nensi voti 1
Grazia voti 3
Maria voti 5
Naomi voti 5
Non cera chiù nuddu. Toccava a me decidere.
E io dissi Angelica.
Forse fa impressione vedere un masculo sulu con una picciridda o forse ogni nicuzzu attira i fimmini come i ciuri con lapi. Fatto sta che le visite delle signore del palazzo a me casa non ciavevano sosta.
Ora vogghiu riri. Facevano piacere. Ma u supecchiu e come il mancante e io stavo iniziando a innervosirmi. Anche Angelica non riusciva a addormentarsi con tutte quelle braccia che la volevano tenere. Nemmeno fosse stata una vesti bellissima in occasione al mercato che tutti se la strappano dalle mani per vedere la qualità e nessuno selaccatta.
Fra tutte la più assidua era la Adonia che allimprovviso era nisciuta dalla iaggia in cui sera messa e che maveva già chiesta almeno una decina di volte scusa per non essere passata prima.
"Nessuna notizia?" ci spiai tanto per dire.
"No Totò! Chissà unnè la mia nicuzza"
Gli occhi sò quando pensava alla disgrazia si facevano nichi nichi e la bocca accuminciava a tremare. Con i denti si dava piccoli morsi nelle labbra come a volere provare a sconfiggere il dolore con un altro uguale ma non penso che ciarrinisceva veramente.
Io era bastato un giorno per pensare di poterla capire chiossai a quella mischinedda. Insomma ora lo sapevo che voleva dire avere una figghia e forse proprio per questo notai che tutte queste fisime ci passavano quando teneva Angelica tra le sue braccia e anche il sorriso che ci scappava di nascosto quando con i suoi occhi trovava quelli della nicuzza.
Me la voleva rubare?
E se per caso sinnieva dalla polizia e con la scusa di denunciarimi se la faceva dare lei?
No! Non era tipo! Ma cu li capisci alli fimmini e alle madri soprattutto!
Accuminciai a non farcela pigghiari chiù e con la scusa che Angelica stava dormendo non cià fici vedere per tutto il pomeriggio e per il giorno dopo. Però mi sinteva in colpa.
Fa questeffetto aviri una creaturedda? Ca uno si scanta di tutto?
Ci voleva una birra per farimi passari sti mali pinseri e una persona fidata per badare a Angelica almeno una para di uri che non volevo avvicinarmi a lei con il ciato che puzzava.
"E come la vuole chiamare? Uno solo può essere il nome. Quello della Santuzza! Altri che portano bene come a questo non cè ne stanno al mondo"
Forse per la grande stima che aveva per il padre della carusidda Nunzio dal piano di sopra a quello ci abbiau un pernacchio e se ne entrò in casa dando il posto alla finestra a sua madre.
Mi vutai il collo verso lalto che cera Vito Albana che ittava vuci:
"No! No! Non è chistu il nome giusto. Ma lavete vista che facciuzza ca avi e che è niura poi ve ne siete accorti? Non ci sta bene Agata come nome. Pimmia deve essere quaccosa di forastiero comu nei film dellamericani che là ce nè un cafolo di niuri che recitano"
"Certo! - ciarrispunniu tutto filosofico Agatino Amato con litaliano che ci sivveva per fare poesie- E così rinneghiamo le nostre tradizioni! La nostra lingua! Però Agata non piace neanche a me. Credo ce ne siano di più belli. Io sarei per Maria. Ma se volessimo osare potremmo chiamarla Luna"
"Ma cià finissi! Ci mancassi autru! A luna e le stidde e i cometi macari!"
Dal piano sotto al mio la moglie di Avanzato faceva sentiri la sua voce potenti di masculazzo. Una volta era capitato che ciavevo chiamato al telefono a casa sua e per quattro cinque volte avevo chiuso pensando di avere sbagliato numero che non ci poteva essere un uomo a quellora che mi arrispondeva.
Comunque non si riusciva a mittirisi daccordo.
Io avevo paura che la picciridda accuminciava a chianciri e ci diedi un taglio a quella cosa ma gli altri continuarono per un altro po' fino a quando non sintii silenzio. Poi dopo circa unora il campanello della porta mi avvertì che qualcosa era successo.
La vecchia Astuta con le cosce ancora aperte per loperazione ciaveva in mano un bigliettino. Era quello con i risultati dellelezioni.
Agata voti 2
Angelica voti 5
Deborah voti 2
Luna voti 1
Carmen voti 4
Nensi voti 1
Grazia voti 3
Maria voti 5
Naomi voti 5
Non cera chiù nuddu. Toccava a me decidere.
E io dissi Angelica.
Forse fa impressione vedere un masculo sulu con una picciridda o forse ogni nicuzzu attira i fimmini come i ciuri con lapi. Fatto sta che le visite delle signore del palazzo a me casa non ciavevano sosta.
Ora vogghiu riri. Facevano piacere. Ma u supecchiu e come il mancante e io stavo iniziando a innervosirmi. Anche Angelica non riusciva a addormentarsi con tutte quelle braccia che la volevano tenere. Nemmeno fosse stata una vesti bellissima in occasione al mercato che tutti se la strappano dalle mani per vedere la qualità e nessuno selaccatta.
Fra tutte la più assidua era la Adonia che allimprovviso era nisciuta dalla iaggia in cui sera messa e che maveva già chiesta almeno una decina di volte scusa per non essere passata prima.
"Nessuna notizia?" ci spiai tanto per dire.
"No Totò! Chissà unnè la mia nicuzza"
Gli occhi sò quando pensava alla disgrazia si facevano nichi nichi e la bocca accuminciava a tremare. Con i denti si dava piccoli morsi nelle labbra come a volere provare a sconfiggere il dolore con un altro uguale ma non penso che ciarrinisceva veramente.
Io era bastato un giorno per pensare di poterla capire chiossai a quella mischinedda. Insomma ora lo sapevo che voleva dire avere una figghia e forse proprio per questo notai che tutte queste fisime ci passavano quando teneva Angelica tra le sue braccia e anche il sorriso che ci scappava di nascosto quando con i suoi occhi trovava quelli della nicuzza.
Me la voleva rubare?
E se per caso sinnieva dalla polizia e con la scusa di denunciarimi se la faceva dare lei?
No! Non era tipo! Ma cu li capisci alli fimmini e alle madri soprattutto!
Accuminciai a non farcela pigghiari chiù e con la scusa che Angelica stava dormendo non cià fici vedere per tutto il pomeriggio e per il giorno dopo. Però mi sinteva in colpa.
Fa questeffetto aviri una creaturedda? Ca uno si scanta di tutto?
Ci voleva una birra per farimi passari sti mali pinseri e una persona fidata per badare a Angelica almeno una para di uri che non volevo avvicinarmi a lei con il ciato che puzzava.
17/03/08
La picciridda - 3 -
Era passata la notte e io ero peggio di un pagghiazzo della cucina troppo usato. La nicuzza aveva voluto il latte verso le sei e poi si era addumisciuta. E io con lei.
Fu il campanello a svegliarmi che potevano essere le sette. Le sette e mezza. Cullocchi abbuscicati non mi preoccupai nemmeno di mettermi una maglietta e così con le mutande a coprirmi dove era necessario e quacche maledizione nella testa rapii la porta.
Era Margherita Azzara. Tutta frisca e profumata come per andare a missa. Solo che forse con le minigonne come a quella che ciaveva lei ancora alle fimmine non le fanno entrare vicino allaltare.
La signora partiu sparata:
"Cheffaccio disturbo? Volevo dirti che sono proprio ammirata di quello che stai facendo"
Locchi nel frattempo le erano andati dove non dovevano e lamico mio birbante lesto lesto ci vosi ricambiare la taliata a quel pasticcino prima di ritornare sotto allelastico delle mutanne.
"No! No! Ci mancassi! Vuoi...vuole entrare?"
Margherita però già era nella saletta e stava chiudendo la porta dietro di lei. Nemmeno il tempo di dire pio che mi pigghiau la faccia tra le mani e mi fici assapurari quantera duci la sua ucca. Non ci stavo capennu nenti.
"Me la fai vedere?" Mi chiese subito dopo dandomi il tu tutta ammizzigghiata come se niente fosse successo.
Nella mia testa mi ero scordato di ogni cosa e faticai tannicchia a capire che non era il battagghio che la signora voleva ammirare.
"Certo! Non fari rumore però che sta dormendo"
Appena visti alla picciridda ci si illuminò la faccia. A taliau un bello pezzo fino a quando non saccalò sopra alla culla per darici un bacio e farici una carizza.
Io arreri a lei non potei fare a meno di darici unocchiata ai suoi segreti. Quando lavevo sognata una vista come a quella! Ma pareva che era destino che con Margherita non ci puteva nesciri nenti e che ogni vota che ci vedevamo cera qualche situazione strana a impedirici di arrivare a concludere.
"Ignazio voleva passare pure lui ma è dovuto rimanere con la nostra picciridda. Anche lei ancora sta dummennu"
Accalai la testa come per dire che era giusto e ci spiai se voleva qualcosa. Ci rissi macari che non ciavevo acqua però. Solo quella del rubinetto che laltra con quel caldo era finita tutta.
Lei mi passi dispiaciuta. Ciaveva siti purazza. Ma io cosa ci potevo fare? Lultima bottiglia celeravamo divisa io e la picciridda. Non penso che avrebbe accettato una birra e così le proposi un caffè.
"Caldo o freddo?" aggiunsi.
"Caldo grazie. - marrispunniu lei - Possiamo aiutarti io e Ignazio in qualche modo?"
Non sapevo che dire e poi la testa in quel momento ce lavevo ad altro.
Margherita sassittau vicino al tavolo in cucina e accuminciau a parrari della figghia e di quando era nica e delle cose che dovevo sapere che bisognava fare.
Io mentre preparavo la cafittera seguivo tutto attento che tante cose non le sapevo e ci facevo domande e chiedevo. Lei sembrava soddisfatta di quel mio interesse e quando massittai macari iu ad aspettare che il caffè acchianasse mi fece una specie di corso rapido supra ai primi mesi di vita.
Un ciauro nuovo nellaria ci fermò improvviso e fici cangiari direzione o ventu. Mi susii per sistemare tutto e quando mavvicinai con il caffè che fumava lei era ritornata a essiri la fimmina che sognavo. Prima mi rissi che aveva troppa siti. Poi lesta lesta maccalau i mutanni per provare a viviri alla fonti. Arristai come a un babbasunazzu con locchi chiusi e la tazzina nelle mani.
Forse la picciridda accuminciava veramente a portarmi fortuna.
Quando però tornai a viriri la luce ci misi poco a capire che era stato tutto solo un sogno. Giusto il tempo di passare la mano sopra alle mutande vagnate.
Assittato nella seggia e con la testa appoggiata al bordo della culla mero fatto due ore di sonno chino senza neanche accorgermene. La nicuzza si stava guardando in giro.
Chissà su pensano a questetà. O se sognano macari. E se è così chi sogni sù? Di quello che cè prima? Oppure di quello che cè dopo? Forse sulu di mangiari? E ti virunu macari? Mah!
Comunque era già passato un giorno e ancora lei non ciaveva un nome. Bisognava provvedere.
Minni ii a sciacquarimi la faccia e a canciarimi di sutta e poi mavvicinai al balcone. Mi serviva qualche consiglio. Cera ancora calma. Come se tutti si fossero messi daccordo per non disturbarci. Non si sentiva manco lodore delle cose che di solito in quel periodo saccuminciavano a preparare di matina presto per il pranzo.
Stirai il collo fuori dalla finestra e provai a chiamare alla signora Ardenti.
Bastò quello a fare spuntare da ogni puttuso i facci dei cristiani.
"Chi succeri Totò?"
Fu chista la sola voce del coro dellopera.
Fu il campanello a svegliarmi che potevano essere le sette. Le sette e mezza. Cullocchi abbuscicati non mi preoccupai nemmeno di mettermi una maglietta e così con le mutande a coprirmi dove era necessario e quacche maledizione nella testa rapii la porta.
Era Margherita Azzara. Tutta frisca e profumata come per andare a missa. Solo che forse con le minigonne come a quella che ciaveva lei ancora alle fimmine non le fanno entrare vicino allaltare.
La signora partiu sparata:
"Cheffaccio disturbo? Volevo dirti che sono proprio ammirata di quello che stai facendo"
Locchi nel frattempo le erano andati dove non dovevano e lamico mio birbante lesto lesto ci vosi ricambiare la taliata a quel pasticcino prima di ritornare sotto allelastico delle mutanne.
"No! No! Ci mancassi! Vuoi...vuole entrare?"
Margherita però già era nella saletta e stava chiudendo la porta dietro di lei. Nemmeno il tempo di dire pio che mi pigghiau la faccia tra le mani e mi fici assapurari quantera duci la sua ucca. Non ci stavo capennu nenti.
"Me la fai vedere?" Mi chiese subito dopo dandomi il tu tutta ammizzigghiata come se niente fosse successo.
Nella mia testa mi ero scordato di ogni cosa e faticai tannicchia a capire che non era il battagghio che la signora voleva ammirare.
"Certo! Non fari rumore però che sta dormendo"
Appena visti alla picciridda ci si illuminò la faccia. A taliau un bello pezzo fino a quando non saccalò sopra alla culla per darici un bacio e farici una carizza.
Io arreri a lei non potei fare a meno di darici unocchiata ai suoi segreti. Quando lavevo sognata una vista come a quella! Ma pareva che era destino che con Margherita non ci puteva nesciri nenti e che ogni vota che ci vedevamo cera qualche situazione strana a impedirici di arrivare a concludere.
"Ignazio voleva passare pure lui ma è dovuto rimanere con la nostra picciridda. Anche lei ancora sta dummennu"
Accalai la testa come per dire che era giusto e ci spiai se voleva qualcosa. Ci rissi macari che non ciavevo acqua però. Solo quella del rubinetto che laltra con quel caldo era finita tutta.
Lei mi passi dispiaciuta. Ciaveva siti purazza. Ma io cosa ci potevo fare? Lultima bottiglia celeravamo divisa io e la picciridda. Non penso che avrebbe accettato una birra e così le proposi un caffè.
"Caldo o freddo?" aggiunsi.
"Caldo grazie. - marrispunniu lei - Possiamo aiutarti io e Ignazio in qualche modo?"
Non sapevo che dire e poi la testa in quel momento ce lavevo ad altro.
Margherita sassittau vicino al tavolo in cucina e accuminciau a parrari della figghia e di quando era nica e delle cose che dovevo sapere che bisognava fare.
Io mentre preparavo la cafittera seguivo tutto attento che tante cose non le sapevo e ci facevo domande e chiedevo. Lei sembrava soddisfatta di quel mio interesse e quando massittai macari iu ad aspettare che il caffè acchianasse mi fece una specie di corso rapido supra ai primi mesi di vita.
Un ciauro nuovo nellaria ci fermò improvviso e fici cangiari direzione o ventu. Mi susii per sistemare tutto e quando mavvicinai con il caffè che fumava lei era ritornata a essiri la fimmina che sognavo. Prima mi rissi che aveva troppa siti. Poi lesta lesta maccalau i mutanni per provare a viviri alla fonti. Arristai come a un babbasunazzu con locchi chiusi e la tazzina nelle mani.
Forse la picciridda accuminciava veramente a portarmi fortuna.
Quando però tornai a viriri la luce ci misi poco a capire che era stato tutto solo un sogno. Giusto il tempo di passare la mano sopra alle mutande vagnate.
Assittato nella seggia e con la testa appoggiata al bordo della culla mero fatto due ore di sonno chino senza neanche accorgermene. La nicuzza si stava guardando in giro.
Chissà su pensano a questetà. O se sognano macari. E se è così chi sogni sù? Di quello che cè prima? Oppure di quello che cè dopo? Forse sulu di mangiari? E ti virunu macari? Mah!
Comunque era già passato un giorno e ancora lei non ciaveva un nome. Bisognava provvedere.
Minni ii a sciacquarimi la faccia e a canciarimi di sutta e poi mavvicinai al balcone. Mi serviva qualche consiglio. Cera ancora calma. Come se tutti si fossero messi daccordo per non disturbarci. Non si sentiva manco lodore delle cose che di solito in quel periodo saccuminciavano a preparare di matina presto per il pranzo.
Stirai il collo fuori dalla finestra e provai a chiamare alla signora Ardenti.
Bastò quello a fare spuntare da ogni puttuso i facci dei cristiani.
"Chi succeri Totò?"
Fu chista la sola voce del coro dellopera.
11/03/08
La picciridda -2-
E insomma celavevo da mezzora e già non capivo più niente.
Tutte le informazioni che avevo erano quelle della televisione che cerano anche nei film e cioè che a una picciridda bisogna darici il latte cambiarici il panno e farla dormire.
Però menero visti poche storie dove cerano i bambini niuri pecchè la piccola era niura e su questo non si poteva sbagghiari.
Valevano lo stesso le tre cose? E chi me lo diceva se non era così?
Comunque ora era tempo di movirisi pecchè le braccia già mi facevano male a forza di annacarla e poi pareva che si era addummisciuta.
La posai nel letto grande come i bambuli di terracotta di quando ero nicu e ci misi vicino due cuscini. Il latte! Nel mio frigo cera sulu acqua e birra. Bisognava comprarlo. E i pannolini anche. Ora che ci pensavo dovevano essere come quelli collanimale. Collippopotamo della televisione.
Mentre stavo pensando a queste cose però partiu la processione.
Dallarmadi dalle ceste dai garage tutti i condomini pigghianu le barattelle che avevano conservato.
Megghiu della notte di Natale.
La porta di casa mia rimase aperta tutta la giornata che ci mancavano solo gli angileddi per completare il teatro.
Il primo a venire fu il Cavaliere in persona con una cascia china di latte per bambini e una pila di buoni che gli erano rimasti dalle ultime elezioni per fare le spese al supermercato.
La signora Ardenti purtau la culla che era servita per tutti i suoi figghi ma che ancora anche se aveva quacche anmmaccatura funzionava.
Discreto una catenella doro che ce la doveva regalare al suo amore quando prima o poi avissi capitato di incontrarlo ma che andava bene anche per la picciridda.
"Diventerà una donna anche lei" mi disse e iu fici finta di non pensare.
Amato invece mi resi una machina fotografica che però non cera bisogno di stampare le foto. Mi rissi che laveva comprata sopra a internet e io lo ringraziai tutto soddisfatto però appena nisciu labbiai in un cassetto che di sicuro ci vuleva tempu a capiri come funzionava.
Antonina Ampecchi purtau i pannolini che cerano rimasti e visto che le sue due gemelline erano cresciute la scorta era veramente abbondante.
E poi arrivanu vistituzzi. Coperte. Linzola. Macari una borsa per lacqua caura e un biberon senza tettarella. La moglie di Alfio la usava per fare le dosi dei dolci ma me la volle dare lo stesso.
A me casuzza era china di cianfrusaglie e di una picciridda.
Io solo di confusione.
La prima notte non ciarriniscii a dormire. Mavevano spiegato come dovevo fare con il pannolino e io per stare tranquillo e per imparare cenavevo cambiato uno ogni ora.
Comera bella! Più la guardavo e più mi piaceva.
Locchi soprattutto che ogni tanto li rapeva e io ci vireva u cielo.
Che strano! Pinsava che quelli niuri non ce li potessero avere locchi azzurri. Ma non era così evidentemente.
Di tutti quelli del palazzo solo una non sera fatta ancora vedere. La signora Adonia. Quella che un anno fa alla morte del marito sera presa la casa al primo piano.
Forse stava ancora chiancennu. Forse assittata davanti al telefono sperava ancora in quacche telefonata. Oppure per sopravvivere sera scordata di tutto e di tutti.
Quando cera scomparsa Suellen la figghia per un po' non sera parlato daltro nel palazzo.
Quella carusidda ciaveva appena diciotto anni.
Lei la madre aveva denunciato questa cosa ma i carabbineri avevano fatto solo finta di cercare che la figghia aveva lasciato un bigliettino daddio e poi era anche maggiorenne.
Suellen macari che aveva quel nome disgraziato era una favola.
Una di quelle fimmine che uno li talia e ci rinuncia in partenza per come sono belle. Da quando era tornata a stare nel palazzo ogni pomeriggio si formava una strana folla davanti al portone.
Tutti i carusiddi del quartiere venivano a fare limpennata con la vespa sotto al suo balcone o a giocare a pallone o a fari vuci tra loro e a pigghiarisi a pugna come se fossero veri masculi.
Poi però quando lei arrivati alle quattro meno un quarto nisceva fora che andava a una scuola per infermiera nessuno si avvicinava e stavano tutti con la bocca aperta a pisci mottu.
Se ne dissero tante quando non turnau chiù a casa. Che se nera andata per fare lattrice. Che lavevano rapita per darla a quacche sceicco. Che di sicuro prima o poi qualcuno lavrebbe riconosciuta in quacche film di quelli vietati. Nessuno ciaveva mai avuto vera confidenza con lei e così ci fu anche chi disse che aveva scelto di farsi suora o che era partita per aiutare quelli dellafrica.
Io solo di una cosa sono sicuro però che furono in tanti quelli che sognarono di ritrovarla la mattina cuccata insieme a loro.
Tutte le informazioni che avevo erano quelle della televisione che cerano anche nei film e cioè che a una picciridda bisogna darici il latte cambiarici il panno e farla dormire.
Però menero visti poche storie dove cerano i bambini niuri pecchè la piccola era niura e su questo non si poteva sbagghiari.
Valevano lo stesso le tre cose? E chi me lo diceva se non era così?
Comunque ora era tempo di movirisi pecchè le braccia già mi facevano male a forza di annacarla e poi pareva che si era addummisciuta.
La posai nel letto grande come i bambuli di terracotta di quando ero nicu e ci misi vicino due cuscini. Il latte! Nel mio frigo cera sulu acqua e birra. Bisognava comprarlo. E i pannolini anche. Ora che ci pensavo dovevano essere come quelli collanimale. Collippopotamo della televisione.
Mentre stavo pensando a queste cose però partiu la processione.
Dallarmadi dalle ceste dai garage tutti i condomini pigghianu le barattelle che avevano conservato.
Megghiu della notte di Natale.
La porta di casa mia rimase aperta tutta la giornata che ci mancavano solo gli angileddi per completare il teatro.
Il primo a venire fu il Cavaliere in persona con una cascia china di latte per bambini e una pila di buoni che gli erano rimasti dalle ultime elezioni per fare le spese al supermercato.
La signora Ardenti purtau la culla che era servita per tutti i suoi figghi ma che ancora anche se aveva quacche anmmaccatura funzionava.
Discreto una catenella doro che ce la doveva regalare al suo amore quando prima o poi avissi capitato di incontrarlo ma che andava bene anche per la picciridda.
"Diventerà una donna anche lei" mi disse e iu fici finta di non pensare.
Amato invece mi resi una machina fotografica che però non cera bisogno di stampare le foto. Mi rissi che laveva comprata sopra a internet e io lo ringraziai tutto soddisfatto però appena nisciu labbiai in un cassetto che di sicuro ci vuleva tempu a capiri come funzionava.
Antonina Ampecchi purtau i pannolini che cerano rimasti e visto che le sue due gemelline erano cresciute la scorta era veramente abbondante.
E poi arrivanu vistituzzi. Coperte. Linzola. Macari una borsa per lacqua caura e un biberon senza tettarella. La moglie di Alfio la usava per fare le dosi dei dolci ma me la volle dare lo stesso.
A me casuzza era china di cianfrusaglie e di una picciridda.
Io solo di confusione.
La prima notte non ciarriniscii a dormire. Mavevano spiegato come dovevo fare con il pannolino e io per stare tranquillo e per imparare cenavevo cambiato uno ogni ora.
Comera bella! Più la guardavo e più mi piaceva.
Locchi soprattutto che ogni tanto li rapeva e io ci vireva u cielo.
Che strano! Pinsava che quelli niuri non ce li potessero avere locchi azzurri. Ma non era così evidentemente.
Di tutti quelli del palazzo solo una non sera fatta ancora vedere. La signora Adonia. Quella che un anno fa alla morte del marito sera presa la casa al primo piano.
Forse stava ancora chiancennu. Forse assittata davanti al telefono sperava ancora in quacche telefonata. Oppure per sopravvivere sera scordata di tutto e di tutti.
Quando cera scomparsa Suellen la figghia per un po' non sera parlato daltro nel palazzo.
Quella carusidda ciaveva appena diciotto anni.
Lei la madre aveva denunciato questa cosa ma i carabbineri avevano fatto solo finta di cercare che la figghia aveva lasciato un bigliettino daddio e poi era anche maggiorenne.
Suellen macari che aveva quel nome disgraziato era una favola.
Una di quelle fimmine che uno li talia e ci rinuncia in partenza per come sono belle. Da quando era tornata a stare nel palazzo ogni pomeriggio si formava una strana folla davanti al portone.
Tutti i carusiddi del quartiere venivano a fare limpennata con la vespa sotto al suo balcone o a giocare a pallone o a fari vuci tra loro e a pigghiarisi a pugna come se fossero veri masculi.
Poi però quando lei arrivati alle quattro meno un quarto nisceva fora che andava a una scuola per infermiera nessuno si avvicinava e stavano tutti con la bocca aperta a pisci mottu.
Se ne dissero tante quando non turnau chiù a casa. Che se nera andata per fare lattrice. Che lavevano rapita per darla a quacche sceicco. Che di sicuro prima o poi qualcuno lavrebbe riconosciuta in quacche film di quelli vietati. Nessuno ciaveva mai avuto vera confidenza con lei e così ci fu anche chi disse che aveva scelto di farsi suora o che era partita per aiutare quelli dellafrica.
Io solo di una cosa sono sicuro però che furono in tanti quelli che sognarono di ritrovarla la mattina cuccata insieme a loro.
07/03/08
La picciridda -1-
Nelle mattine di festa uno si susi un poco più tardi. La faccia impiccicata di sonno. Due colpi di tosse. Il caffè ca nesci di fora e allodda tutta la cucina.
Per fortuna la nicuzza sembra che non me la vuole fare perdere questa abitudine. Non ora almeno. Non questa prima domenica.
Il palazzo è quasi vuoto. Chi ha deciso di farisi u bagnu se ne già andato di matina presto a mare che poi cè confusione e accussì tra sti mura rimane a surari solo qualche vecchio o qualche caruso che ha fatto tardi la sera prima.
Nina dorme ancora.
La sua facciuzza niura gioca a dama con il lenzuolo e io mi metto a sistemare tutto per quando si sveglierà. Stanotte ogni tanto mi suseva per vedere che tutto era a posto. Il respiro. Il cuscino. U linzuleddu.
Ancora non ci riesco a riposare tranquillo e poi non lo sapevo se a attaccarici il ventilatore vicino facevo bene. Poi però non lò fatto. Ci ho solo levato la maglietta prima di coprirla che mi scantavo che si arifriddava.
Su ci cririssi me ne andrei alla missa a ringraziare il Signore. Di certo però lui se cè lo sa già e allora io posso ancora perdere tempo a fumarimi la prima sigaretta prima di puliziari il biberon.
Ancora non li ho accattati i frigoriferi per le case. Certo di sicuro pecchè mi mancano i soddi ma anche pecchè mi sembrano tutti pazzi dentro quelle gabbie chiuse che uno non può aprire la finestra o aspittari u vento o che macari su ciavi voglia di nesciri non lo fa che fuori è troppo caldo.
Io ciò il ventilatore. Uno antico che ho agganciato al paletto che serve per fare le fotografie. Quacche fotografo tannicchia scarso lo aveva ittatu dentro il cassonetto della munnizza e a me mi fici pena che si vedeva subito da come pinneva che ci mancava solo una vite. E insomma non era una morte giusta e accussì u pigghiai che prima o poi di sicuro poteva essermi utile. E infatti.
Certo forse non dormo bene come agli altri macchimminifutti? Se uno ciavi vogghia di dormiri dormi lo stesso.
Quando proprio cè troppo caldo poi mi piaci nesciri appena fa luci con quellaria frizzantina che pari fatta apposta per quelli come a mia.
Scinno le scale. Mi affaccio nella strada per vedere se per qualche miracolo il bar ha aperto prima e poi quando mi tranquillizzo che linsegna è ancora astutata mi faccio un giro tutto intorno al palazzo.
Visto di sutta è unaltra cosa. Sembra gigantesco. E poi in questa stagione è ancora più pieno di colori che in ogni balcone cè stesa almeno una tovagghia del mare e macari se non lo sai quanta gente e di quale età ci vive in quella casa fai presto a fare i conti. Onde con la schiuma bianca bianca e fimmini con il culo bene in vista e poi palme o grattacieli e i colori delle squadre e i pupazzi dei cartoni. E come se ognuno ciavissi il suo biglietto di visita e ci facissi pubblicità.
Cè silenzio macari a quellora. Tutti ancora dormono.
Era un giorno così che il sole aveva appena iniziato a farisi il suo solito giro quando accuminciau questa storia.
Mi ricordo preciso che quaccuno aveva festeggiato la notte abbruciando un cassonnetto e che il feto e il fumo avevano costretto tutti a trasiri i robbi dentro casa. Eppoi anche che il bar non si sappi picchì era aperto quel giorno e cera Mario il barista che faceva la lotta con le bratte che avevano conquistato la machina del cafè.
"Non ti pozzu fari nenti Totò!"
"Ma un cafè friddu non cillhai?"
"Aspetta allora"
Con la mano sinistra si scutulau quacche cosa che camminava sopra alla sua camicia bianca e vinni da me. Mentre saccalava per prendere la bottiglia di cafè dentro il frigorifero sotto al bancone io ci resi una occhiata in giro.
Mario sera candidato per fare il consigliere di quartiere con il partito do minchiataro ma lui dentro il suo bar ciaveva tutti i ricordi di Benito.
Le monete. La bandierina. Il busto come ai musicisti. Il calendario con le foto che ogni anno se ne accattava uno nuovo.
Mavevano anche raccontato che era stato dentro per una cosa di bummi. Io comunque non celavevo mai spiato anche se penso che era vero.
"Mario ma poi comu finiu?"
"Con che cosa?"
"Collelezioni"
"Mi mancavano cinque voti"
"E allora?"
"Nenti. E allura nenti."
"Ma i prossimi?"
"I prossimi chi?"
"Le elezioni Mario! Chiffai ti presenti?"
"Totò ma chi mi stai pigghiannu po culu?"
"No"
"Qua cè il caffè "
"Grazie. Chiffai me li segni?"
"Ma se non veni mai? Lassa perdiri te lo offro io"
"Grazie. A buon rendere"
Niscii fora allaria aperta senza aspittari nemmeno di accendermi la sigaretta.
Io la sapevo la storia dei cinque voti e anche che i soddi comu consigliere di quartiere gli servivano per lunico suo figghio che ancora non aveva travagghio. Però mi divertiva stuzzicarlo e facevo finta di dimenticarlo ogni vota.
Cheppoi ciavevano tentato tanti a pigghiarli quei soddi al comune. A conti fatti vinciu chi ciaveva più parenti vicino casa.
Volendo a Mario ciavissa bastato pensarci prima invece di fare u iettabummi.
Futtiri chiossai e fari figghi che accussì anche lui acchianava.
Tornando verso casa me ne accorsi subito che cera un po' di confusione strana davanti al portone.
Era troppo presto per pensare a qualche gita a mare o minchiate simili.
Per un momento pinsai anche di accelerare il passo ma ci rinunciai subito. Non volevo iniziare la giornata sudando e poi se era successo qualcosa io ero già in ritardo.
Quando finalmente arrivai che mero fumato la prima e addumato la seconda sigaretta era sceso anche il resto del palazzo. Ora tutti insieme formavano un cerchio come a quello delle squadre di regbi quando ciabbiano la palla in mezzo alle cosce solo che lì in mezzo non cera un pallone a forma di uovo di pasqua ma la sorpresa già bella scartata e pronta.
Mi ficiunu passari in prima fila come se si fossero messi daccordo e al centro del gruppo il Cavaleri tinena una pezza ianca ca chianceva.
"E chistu cu ie?" mi venne da dire.
"No sacciu Totò! Però è fimmina!" marrispunniu tutto premuroso il vecchio.
Il Cavaliere sembrava quasi una persona normale. Nessuna delle donne che lo circondavano ci livava quel fagotto dalle mani e lui con la faccia tutta sorridente si abbracciava quella picciridda quasi fosse stata una sua niputedda.
Alfio u curnutu si avvicinò e accuminciau a parlarmi.
"Stamatina la Signora Alicata nisciu presto che doveva partire per una visita a so maritu e appena arrivau con lascensore al piano terra visti che davanti alle scale cera un sacchettino strano. Quando si accorse di quello che era chiamau a tutti..."
"Macari i carabbineri?"
"No! E' che ne abbiamo parlato e tu non ceri e..."
"Ma a scusari qualcuno la deve avere lasciata sta..."
Alfio continuava a non darimi veramente cuntu. Era tutto preso da quello che mi doveva dire che sembrava che selera imparato a memoria.
"Noi abbiamo discusso e cera chi non era daccordo ma poi..."
"Sì va bene! Ma i carabbineri? E la polizia?"
"Aspetta Totò ti dicevo che poi il Cavaliere cià avuto questa idea e insomma..."
Solo in quel momento mi accorsi che cera un silenzio assoluto. Anche la picciridda aveva smesso di piangere e tutti taliavano ammia.
"Tu te la devi tenere Totò!"
La voce del Cavaliere era di quelle che non volevano essere contraddette.
Iu mi fici nicunicu e arriniscii solo ad accalarici la testa.
Per fortuna la nicuzza sembra che non me la vuole fare perdere questa abitudine. Non ora almeno. Non questa prima domenica.
Il palazzo è quasi vuoto. Chi ha deciso di farisi u bagnu se ne già andato di matina presto a mare che poi cè confusione e accussì tra sti mura rimane a surari solo qualche vecchio o qualche caruso che ha fatto tardi la sera prima.
Nina dorme ancora.
La sua facciuzza niura gioca a dama con il lenzuolo e io mi metto a sistemare tutto per quando si sveglierà. Stanotte ogni tanto mi suseva per vedere che tutto era a posto. Il respiro. Il cuscino. U linzuleddu.
Ancora non ci riesco a riposare tranquillo e poi non lo sapevo se a attaccarici il ventilatore vicino facevo bene. Poi però non lò fatto. Ci ho solo levato la maglietta prima di coprirla che mi scantavo che si arifriddava.
Su ci cririssi me ne andrei alla missa a ringraziare il Signore. Di certo però lui se cè lo sa già e allora io posso ancora perdere tempo a fumarimi la prima sigaretta prima di puliziari il biberon.
Ancora non li ho accattati i frigoriferi per le case. Certo di sicuro pecchè mi mancano i soddi ma anche pecchè mi sembrano tutti pazzi dentro quelle gabbie chiuse che uno non può aprire la finestra o aspittari u vento o che macari su ciavi voglia di nesciri non lo fa che fuori è troppo caldo.
Io ciò il ventilatore. Uno antico che ho agganciato al paletto che serve per fare le fotografie. Quacche fotografo tannicchia scarso lo aveva ittatu dentro il cassonetto della munnizza e a me mi fici pena che si vedeva subito da come pinneva che ci mancava solo una vite. E insomma non era una morte giusta e accussì u pigghiai che prima o poi di sicuro poteva essermi utile. E infatti.
Certo forse non dormo bene come agli altri macchimminifutti? Se uno ciavi vogghia di dormiri dormi lo stesso.
Quando proprio cè troppo caldo poi mi piaci nesciri appena fa luci con quellaria frizzantina che pari fatta apposta per quelli come a mia.
Scinno le scale. Mi affaccio nella strada per vedere se per qualche miracolo il bar ha aperto prima e poi quando mi tranquillizzo che linsegna è ancora astutata mi faccio un giro tutto intorno al palazzo.
Visto di sutta è unaltra cosa. Sembra gigantesco. E poi in questa stagione è ancora più pieno di colori che in ogni balcone cè stesa almeno una tovagghia del mare e macari se non lo sai quanta gente e di quale età ci vive in quella casa fai presto a fare i conti. Onde con la schiuma bianca bianca e fimmini con il culo bene in vista e poi palme o grattacieli e i colori delle squadre e i pupazzi dei cartoni. E come se ognuno ciavissi il suo biglietto di visita e ci facissi pubblicità.
Cè silenzio macari a quellora. Tutti ancora dormono.
Era un giorno così che il sole aveva appena iniziato a farisi il suo solito giro quando accuminciau questa storia.
Mi ricordo preciso che quaccuno aveva festeggiato la notte abbruciando un cassonnetto e che il feto e il fumo avevano costretto tutti a trasiri i robbi dentro casa. Eppoi anche che il bar non si sappi picchì era aperto quel giorno e cera Mario il barista che faceva la lotta con le bratte che avevano conquistato la machina del cafè.
"Non ti pozzu fari nenti Totò!"
"Ma un cafè friddu non cillhai?"
"Aspetta allora"
Con la mano sinistra si scutulau quacche cosa che camminava sopra alla sua camicia bianca e vinni da me. Mentre saccalava per prendere la bottiglia di cafè dentro il frigorifero sotto al bancone io ci resi una occhiata in giro.
Mario sera candidato per fare il consigliere di quartiere con il partito do minchiataro ma lui dentro il suo bar ciaveva tutti i ricordi di Benito.
Le monete. La bandierina. Il busto come ai musicisti. Il calendario con le foto che ogni anno se ne accattava uno nuovo.
Mavevano anche raccontato che era stato dentro per una cosa di bummi. Io comunque non celavevo mai spiato anche se penso che era vero.
"Mario ma poi comu finiu?"
"Con che cosa?"
"Collelezioni"
"Mi mancavano cinque voti"
"E allora?"
"Nenti. E allura nenti."
"Ma i prossimi?"
"I prossimi chi?"
"Le elezioni Mario! Chiffai ti presenti?"
"Totò ma chi mi stai pigghiannu po culu?"
"No"
"Qua cè il caffè "
"Grazie. Chiffai me li segni?"
"Ma se non veni mai? Lassa perdiri te lo offro io"
"Grazie. A buon rendere"
Niscii fora allaria aperta senza aspittari nemmeno di accendermi la sigaretta.
Io la sapevo la storia dei cinque voti e anche che i soddi comu consigliere di quartiere gli servivano per lunico suo figghio che ancora non aveva travagghio. Però mi divertiva stuzzicarlo e facevo finta di dimenticarlo ogni vota.
Cheppoi ciavevano tentato tanti a pigghiarli quei soddi al comune. A conti fatti vinciu chi ciaveva più parenti vicino casa.
Volendo a Mario ciavissa bastato pensarci prima invece di fare u iettabummi.
Futtiri chiossai e fari figghi che accussì anche lui acchianava.
Tornando verso casa me ne accorsi subito che cera un po' di confusione strana davanti al portone.
Era troppo presto per pensare a qualche gita a mare o minchiate simili.
Per un momento pinsai anche di accelerare il passo ma ci rinunciai subito. Non volevo iniziare la giornata sudando e poi se era successo qualcosa io ero già in ritardo.
Quando finalmente arrivai che mero fumato la prima e addumato la seconda sigaretta era sceso anche il resto del palazzo. Ora tutti insieme formavano un cerchio come a quello delle squadre di regbi quando ciabbiano la palla in mezzo alle cosce solo che lì in mezzo non cera un pallone a forma di uovo di pasqua ma la sorpresa già bella scartata e pronta.
Mi ficiunu passari in prima fila come se si fossero messi daccordo e al centro del gruppo il Cavaleri tinena una pezza ianca ca chianceva.
"E chistu cu ie?" mi venne da dire.
"No sacciu Totò! Però è fimmina!" marrispunniu tutto premuroso il vecchio.
Il Cavaliere sembrava quasi una persona normale. Nessuna delle donne che lo circondavano ci livava quel fagotto dalle mani e lui con la faccia tutta sorridente si abbracciava quella picciridda quasi fosse stata una sua niputedda.
Alfio u curnutu si avvicinò e accuminciau a parlarmi.
"Stamatina la Signora Alicata nisciu presto che doveva partire per una visita a so maritu e appena arrivau con lascensore al piano terra visti che davanti alle scale cera un sacchettino strano. Quando si accorse di quello che era chiamau a tutti..."
"Macari i carabbineri?"
"No! E' che ne abbiamo parlato e tu non ceri e..."
"Ma a scusari qualcuno la deve avere lasciata sta..."
Alfio continuava a non darimi veramente cuntu. Era tutto preso da quello che mi doveva dire che sembrava che selera imparato a memoria.
"Noi abbiamo discusso e cera chi non era daccordo ma poi..."
"Sì va bene! Ma i carabbineri? E la polizia?"
"Aspetta Totò ti dicevo che poi il Cavaliere cià avuto questa idea e insomma..."
Solo in quel momento mi accorsi che cera un silenzio assoluto. Anche la picciridda aveva smesso di piangere e tutti taliavano ammia.
"Tu te la devi tenere Totò!"
La voce del Cavaliere era di quelle che non volevano essere contraddette.
Iu mi fici nicunicu e arriniscii solo ad accalarici la testa.
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