"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
21/07/18
[Alfredo] Strade +2
C’è un passaggio, un sentiero non lontano dall'abitazione di Alfredo che lui non ha mai esplorato fino alla fine.
È stretto. Accarezza il retro di poche case basse, inizialmente. L’intonaco sbriciolato, rigonfio, ne segna i confini. Poi campi ad affiancarlo, altre case, l’orizzonte.
Alfredo ne è stato sempre affascinato ed è successo che ne abbia percorso qualche piccolo tratto, una volta fin quasi ad arrivare alla pianura. Poi, però, la quasi totale assenza di alberi, di ombra dove rifugiarsi e sparire, lo aveva sempre fatto desistere.
Il fatto è che Alfredo percepiva il loro non essere pronti. Sapeva che le sue paure erano le stesse di quella striscia di terra.
Aveva sempre pensato, Alfredo, che ogni cosa, tutto quanto esiste, deve poter essere libera di accogliere e di essere accolta, ma nello stesso tempo aveva sempre creduto che per tutto ciò che di importante ci è dato sia sempre, sempre, necessario provare.
Oggi Alfredo ha preso con se una bottiglia d’acqua e ha fatto i primi passi. Il sentiero sembrava nascondersi timoroso tra le mura.
“Ormai è inutile, è passato il tempo” gli sussurrò quello, quasi accarezzandolo con la propria voce. E poi "Sei vecchio! Non riuscirai, non riusciremo. Ti prego" aggiunse, cambiando intonazione così rapidamente da rendere quasi indistinguibili le parole.
Alfredo, lento, continuò ad avanzare.
I passi erano lenti, ma non per la fatica. Aveva imparato l’inutilità di ogni spreco, il gusto del lento possesso, dello sguardo. I primi campi lo accolsero sorridendo.
“Dove vai? Dove vai Alfredo? Non senti come inizia a diventare calda questa giornata? Non vedi quanto ancora ti manca?”
Alfredo si guardò attorno, pensò dapprima all’alto fusto di quell’erba viperina che sembrava essersi piegata al suo passaggio, ma poi si rese conto che non potevano essere che quelle birbe di pratoline.
“Avete anche cambiato il tono di voce per fermarmi?”
“Ma noi lo diciamo per te” rispose un gruppo.
“Lo sai che ti vogliamo bene” aggiunse un altro.
“Lo so, lo so” disse loro Alfredo, poi prese un sorso d’acqua e continuò a camminare.
Alle sue spalle quelle continuavano a chiamarlo, ma ormai, davanti ai suoi occhi, c’era solo una lunga distesa di piccoli ciuffi d’erba.
Aveva già percorso un lungo tratto di strada. Il sentiero, però, continuava a tacere. Alfredo si fermò un attimo per guardare indietro.
“È una cosa che non si dovrebbe mai fare questa!” disse bonariamente a se stesso e subito gli tornarono in mente le storie ascoltate e lette da bambino, quelle che a lui affascinavano perché non riusciva a capirle. Quelle ormai dimenticate.
E ricomparve Orfeo che portò con sé la sua Euridice, ma dietro di loro era la moglie di Lot, la statua di sale, a fissarlo.
Alfredo ripensò alla suora che dalla cattedra aveva raccontato al gruppo dei silenziosi bambini quella storia. Nessuna spiegazione, nessuna enfasi nelle parole di quel piccolo e ormai vecchio corvo nero. Solo la piatta lettura del passo della Bibbia. Del resto cosa, come, spiegare a dei bambini fatti così peccaminosi, impuri.
Chissà, allora, perché la scelta di quel brano. Forse la donna pensava a se stessa oppure le dita sempre dolci tra la testa e il taglio della sua piccola Bibbia, le erano scivolate per caso proprio tra quelle pagine quel giorno, nell’imprevedibilità di ogni cosa.
Alfredo ci aveva ripensato per giorni. Quale era stata la colpa di quella città? Perché impedire alla sfortunata quel gesto?
Poi il ricordo era andato via, sommerso da giochi e interrogazioni. Erano trascorsi decenni prima che riaffiorasse proprio lì, proprio in quel momento.
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