24/01/12

Parole con scie (incontri sulla poesia) - 1-

Tra le tante cose che mi provocano imbarazzo e che subito fanno scattare in me il bisogno di ironia, la sacra necessità del minimizzare, vi sono certamente le qualifiche di Esperto e di Poeta.
Certo è bellissimo rendersi conto, a volte, di aver donato un'emozione, o anche solo un pensiero diverso, agli altri durante la loro giornata e, certo, ricordo ancora con commozione la prima volta che ho ascoltato uno dei miei accapo recitato a memoria da una voce che non era la mia, ma poeta è parola difficile da donare ed ancor più da portare.
La prima volta fu associata alla mia persona in uno strano modo.
Avevo deciso di superare il mio scetticismo verso qualsiasi forma di concorso o gara tra “poeti” e “poesie” e partecipato al più comodo dei percorsi verso la gloria: un invio telematico agli organizzatori, l'eventuale sede della premiazione vicino casa, la finta sicurezza di non essere scelto. Invece, bontà loro, i giurati decisero di inserire un mio lavoro nell'antologia pubblicata e io non potevo certo rinunciare al momento della premiazione, al goloso volumetto che mi attendeva. Il giorno fissato, azzimato e contento, mi diressi verso la prestigiosa sala universitaria che avrebbe accolto i vincitori. Mi fermai però prima ad un banchetto che precedeva quel luogo per chiedere informazioni, un simpatico capellone mi squadrò con fare esperto e, quasi non ascoltandomi, mi chiese, porgendomi un elegante volumetto, “Ma lei è un poeta?”.
Superata la frazione di tempo, l'attimo inconsapevole, in cui mi girai per vedere se la domanda fosse stata rivolta a qualcun altro posto alle mie spalle, la mia unica risposta fu solo un imbarazzato: "Non so...”
Sì, quelle due parole non mi appartengono molto, eppure in questi anni, entrando in tante classi per proporre un mio strampalato percorso di scrittura, non ho potuto che essere presentato dai colleghi come il maestro Dario, l'esperto di poesia e poeta.

Mi avvicino alla classe sempre prima che suoni la campana, mi piace vedere arrivare i ragazzi quando ancora per loro sono una figura anonima, un intruso nella loro aula, qualcuno con un valore di importanza prossimo allo zero. Sto in disparte, apparentemente disattento: estraggo i libri dalla mia borsa, collego la chiavetta alla lavagna elettronica... in realtà ne osservo i gesti, ascolto i brevi racconti fatti alla maestra, sorrido silenziosamente per le frasi scambiate tra loro. Credo che tutto questo mi serva per avere un'idea di quello che mi aspetta, ma forse è solo scaramanzia e poi non sempre quello che in seguito avviene si svolge come io lo avevo immaginato, quasi mai direi. Poi, dopo la presentazione ufficiale, mostro loro questa foto dicendo: "Eccomi"

6 commenti:

  1. Dario, sei proprio bravo. Mi piace molto leggerti e la poesia è emozionante.

    Mai visto un elefante con una coda così lunga! :)

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  2. Grazie MM :-)

    Gli elefanti pensosi son tutti così :-)

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  4. Tu Dario saresti un poeta anche se non scrivessi poesie. So quel che dico, fidati.

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