Alla caccia ci andavo con Sara Tricomi, la figlia del massaro Nino. Sara ci aveva un anno meno di mia e però eravamo nella stessa classe che sua madre ci aveva fatto fare la primina dalle suore. La maestra a Sara la trattava come a una principessa che la picciridda ogni fine settimana le portava il bendidio dalle campagne dove lavorava il padre.
Io con Sara facevamo la strada insieme e passavamo dalle case e dalle terre che ci piaceva correre sopra alla pietra lavica e acchianare nei rami degli alberi più alti. Il pomeriggio poi io andavo nella sua casa a giocare che le nostre madri si conoscevano e le famiglie macari.
L’arco l’avevo lasciato dentro al baule grande di vimini che lei teneva nella sua stanza e insieme giocavamo nel cortile e nel giardino che ci divertivamo. Lei però non voleva mai essere salvata nelle cose che ci inventavamo e così finiva che nelle nostre storie eravamo quasi sempre due guide apache. Come quelle dei fumetti accattati la domenica davanti alla chiesa.
Lei si era fatta una fionda potente con la camera d’aria della bicicletta e io l’avevo anche aiutata che ero bravo con il coltello ma lei con quella era proprio diventata esperta che certe volte riusciva anche a battermi quando qualcosa si muoveva in mezzo alle foglie. Però questa sua spittizza se la doveva tenere ammucciata che a sua madre non ci piacevano quei giochi da masculazzo e appena poteva ci controllava a tutti e due dalla finestra che così si sentiva più tranquilla.
Ti leggo e mi piace. Ora perché te l'ho detto non sarà che smetti, vero?
RispondiEliminaPer ora no :-)
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