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03/01/09

Filu di vespru - 5 -

Marrusbugghiai che la testa mi faceva ancora ziuziu. Ero a mè casa. Dalla finestra aperta trasevano laria fridda e le luci astuta e adduma dei negozi. Bello Natale che si stava preparando!
Mi susii per chiudere quellinferno gelato e maddumai una sigaretta per riflettere. Nenti. Non mi ricordavo come cero tornato in quel letto. Macchiera stato? Chi mi era successo?
Sul comò allimprovviso notai una busta, grande, gialla e con il nome mio scritto bello con il pennarello. Mi misi una coperta sopra alle spalle e massittai nel letto. Scicai la chiusura aiutandomi con i denti e dopo avere tirato la carta che cera intra accuminciai a leggere. Era una lettera scritta a mano come si usava una vota. Con gli svolazzi e le parole scritte belli ranni e chiare.
"Caro fratello, permettimi di chiamarti così anche se non ci siamo mai conosciuti, credo tu ti stia chiedendo il perché di questo mio improvviso cercarti e di certo sarai rimasto sorpreso da questa tardiva scoperta. Non ho, non cerco, non voglio scuse. Sappi solo che sto morendo e come tutti i condannati mi sono affacciato al ricordo ed al rimorso. Avrei voluto per conoscerti, abbracciarti, sapere di nostra madre, di quella che è stata la sua vita però purtroppo ciò non è più possibile. Mi è stato vietato di spostarmi da letto in cui sono confinato e queste stesse parole le sto dettando alla mia cara moglie, che spero, un giorno, incontrerai. Ti saluto, dunque. Addio."
Chi lettera sconclusionata pinsai. Non ero ancora sicuro di aviri un frati ma se cellavevo era chiù scemu di mia. Ava stato mutu fino a quel momento e picchì non continuava allora? Per dirimi che stava morendo? Che ciaveva una mogliettina? Macchiminifutteva! Stavo per buttare tutta quella giornata nella munnizza quando vidi che nel dietro del foglio cera un disegno. Era una mappa con una icchisi a segnare qualcosa. Non ciaveva molto senso ma pinsai subito alle vie dove mi avevano cuntato che ero nato e dove qualche volta da piccolo ero voluto passare. E coincidevano per giunta! Che anche se non cerano i nomi io lo sapevo che quella disegnata grande era la Via dei Verdurai e che le traverse erano quelle dei Tre Santi e che lì dove cera la icchisi cera il Cuttigghio della Lite, quello che poi quando avevano abbattuto la casa più grande ciavevano cangiato anche il nome per fare un piacere al papa antico, quello buono che saffacciava di notte con la luna.
Qualche cosa non funzionava. Chi vuleva dire questa storia? Mi vistii di corsa e me ne andai fuori. Volevo cercare di parlare con il notaro, anche pecchè ancora non mi spiegavo comè che cero arrivato da quellla seggia scomoda del suo studio al mio letto.

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