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02/11/08

Lu Santu Currau - 12 -

"Maldido... Maldido!"
Malebranco, seduto sulla comoda poltrona della sua scrivania, si risvegliò improvvisamente e subito le sue braccia corsero a rinserrare quelle carte, quelle vite, quei fantasmi che gli appartenevano, che erano suoi, solo suoi.
Nessuno. Nessuno, come sempre. Col tempo quella voce era sembrata divenire più reale, più vicina, quasi un amorevole richiamo alla vita, ma non avrebbe saputo dirci, il famoso detectus, se essa appartenesse ad un uomo o se di donna fosse e neanche rivelarci se il tono di quella chiamata lo affascinasse oppure lo impaurisse.
Quella voce, però, indubitabilmente era e Maldido ormai sembrava quasi attenderlo quel risveglio. Lo chiamava "il sospiro dei miei lunghi dormiveglia". Di esso non aveva fatto mai parola a nessuno poiché in ogni personale memoria, se mai esista una sua realtà collettiva, la menzogna di noi stessi si attorciglia stretta ad innocui brandelli di verità sfuggendo in tal modo ai suoi stretti confini, percorrendo non vista strade ogni volta diverse, consapevolezze cangianti, riempiendo di rumori e voci spazi che vuoti sarebbero altrimenti o vieppiù inesistenti, era l’aver coscienza di ciò che impediva a Malebranco di adagiarvisi felice o, quanto meno, da incolpevole naufrago.

La decisione era presa: avrebbe acquistato quel pezzo di legno per poi cercare di rivenderlo. Con sicurezza si avviò, dunque, verso la farmacia. In testa poche parole e la trattativa già ben disegnata.
Il suono metallico di una campanella annunciò il suo ingresso, con piccoli passi Maldido si avvicinò al grande bancone e lì rimase in attesa. Lo schermo acceso di un computer illuminava un po' più il locale ma Malebranco conosceva bene quell'ambiente e certo non si meravigliò per quel tocco di modernità all'interno di una struttura che pareva essere rimasta quella voluta, un secolo prima, dal nonno di Dionigi. Gli antichi scaffali di legno, quasi nudi nella loro semplicità, ornavano un accogliente semicerchio che aveva proprio nel bancone il suo altare; al di sopra di ciascuna anta una etichetta in metallo annunciava le specialità un tempo in vendita, epperò i vetri, seppur scuriti dal tempo, lasciavano intravedere il necessario e colorato cambio d'epoca.
Proprio dietro al massiccio tavolo centrale stavano, distanziate tra loro da uno scaffale un po' più alto e largo degli altri, due porte. La prima, varcata da Maldido più volte, portava al Magazzino. La seconda, invece, si diceva fosse l'accesso alla segreta garçonnière del farmacista.
Durante l'attesa Malebranco fu attratto dall'intarsio che sovrastava le due ante centrali. Fu sorpreso dalla consapevolezza di non essersene mai accorto prima. Cos'era quel ghirigoro orientaleggiante? Dalla sua fitta trama parevano emergere due lettere, la distanza, però, non ne permetteva l'assoluta certezza
"Le iniziali del nome del committente" - pensò Malebranco - "o forse un dissimulato gesto di narcisismo da parte dell'artigiano..."
Erano comunque già passati parecchi minuti: forzando la propria studiata ritrosia, Maldido oltrepassò il bancone e bussò. Alla porta del Magazzino non ottenne alcuna risposta. Si diresse quindi verso l'alcova del farmacista, poggiando, con più discrezione, le nocche sul legno. Nessun segno di vita.

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