Presentando la bozza delle “Indicazioni Nazionali per il curricolo – Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione”, trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione per il prescritto parere, il sito del MIM riporta la dichiarazione del ministro Valditara: “Una riforma pensata per i nostri giovani, per abituarli ad esprimersi correttamente, ad essere chiari, a saper ragionare, a sviluppare creatività e sensibilità. Per imparare meglio la matematica. Per conoscere la nostra storia e, dunque, avere un’identità. Per conoscere la geografia e il mondo in cui vivono”.
Dunque le nuove Indicazioni nazionali per il curricolo costituiscono una riforma, cioè danno alla scuola “una forma nuova”, una forma che prima non aveva. Non una forma qualunque, ma una forma pensata appositamente per “i nostri giovani”. Non giovani astratti ma “i nostri giovani”. Una riforma che prende le mosse da come i suoi ispiratori pensano che siano i nostri giovani, una sorta di giovane standard.
Evidentemente l’idea contenuta nelle Indicazioni del 2012 era erronea, costituiva una fallacia, un imperdonabile abbaglio: “Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale…”
No! Abbiamo bisogno di ordine, di sicurezza, di normalità, abbiamo bisogno di un “idealtipo” di giovane.
Del resto, introducendo la lingua Italiana, le nuove indicazioni si avventurano ad usare il termine “paradigma”, si dichiara che: “Il cambio di paradigma delle Indicazioni attraversa soprattutto la disciplina Italiano, riportando al centro […] esistenza e gerarchia delle ‘regole’…”
Basta allo spontaneismo, ci sono gerarchie da rispettare, c’è l’autorità delle regole che non possono essere violate. Del resto alla base del nuovo paradigma sta il principio di autorità come condizione di libertà. L’autorità del Magis, del Magister e il latino, quello di Giovenale, non si spreca “maxima debetur puero reverentia/ maxima debetur magistro reverentia.
Il maestro modello di sapienza a cui spetta il compito, secondo il più rigoroso idealismo gentiliano, di trasformare la potenza dell’alunno in atto, poiché egli possiede tutta la scienza a cui deve avviare l’alunno nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona.
Ma attenzione a non esagerare ricordano le nuove indicazioni: non multa, sed multum in primis.
Allora sorge il dubbio che “i nostri giovani” pensati dal ministro e dagli estensori delle nuove indicazioni presentino un profilo in negativo che, accedendo alla scuola, deve essere corretto, raddrizzato, educato al rispetto dell’autorità, delle regole, condotto per mano dal magister affinché ne esca plasmato, vale a dire formato secondo il paradigma, il modello che sottende a queste Indicazioni.
Insomma i nostri giovani usciti finora dalle nostre scuole non sanno esprimersi correttamente e chiaramente, non sanno ragionare, non hanno sviluppato creatività e sensibilità, non hanno imparato bene la matematica, non conoscono la nostra storia e dunque sono privi di identità, non conoscono la geografia e il mondo in cui vivono.
Ammesso che sia così e non si tratti di una generalizzazione un tanto al braccio, sarebbe, come minimo, prima di tutto necessario andarne a ricercare le cause ad esempio nel perdurare di una didattica trasmissiva ex cathedra, di una organizzazione scolastica che risale all’ Ottocento, nella formazione del personale scolastico e potremmo continuare nell’elenco rispetto agli appuntamenti mancati nella storia del nostro sistema formativo.
Invece no, è il paradigma che va sostituito con uno educativo, plasmatore di personalità e identità, pensato da chi ora detiene la guida del ministero di viale Trastevere, che è un apparato dello Stato.
Si preferisce smentire quanto affermato in apertura delle Indicazioni nel paragrafo PERSONA, SCUOLA, FAMIGLIA: “La Costituzione mette al centro la persona e concepisce lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato come opportunamente sottolineava il costituente Giorgio La Pira.”
Affermazione che a conti fatti, leggendo queste “Indicazioni-Riforma” appare per lo meno azzardata se non addirittura incongruente. Qui è la persona del giovane ad essere concepita per lo Stato e non viceversa, è difficile sostenere il contrario quando si scrivono Indicazioni per modellare la gioventù ad uso e consumo del proprio paradigma educativo, e l’autorità liberatrice, di memoria lambruschiniana, in realtà diventa coercizione mascherata da un’effluvio di parole che restano prive di senso, quando il nuovo paradigma della scuola italiana del terzo millennio ha come punti di riferimento Giorgio la Pira, Luigi Sturzo e Gentile, annullando il tempo della pedagogia scientifica e della complessità come disturbi della storia e della scuola.
Eppure lo scriveva oltre due secoli fa Immanuel Kant: ““L’arte dell’educazione, o pedagogia, deve diventare ragionata, se deve sviluppare la natura umana in modo che essa attui il suo destino […] Il meccanismo dell’arte educativa deve trasformarsi in scienza, altrimenti una generazione potrà distruggere quello che l’altra ha già conosciuto. […] In generale si crede che l’esperimento non sia necessario in educazione e che già la ragione possa giudicare se qualcosa è per essa buona o cattiva. Ma si sbaglia molto e l’esperienza insegna che ai nostri tentativi seguono spesso risultati del tutto contrari a quello che ci aspettavamo. Si vede pure che, perché l’esperimento è necessario, nessuna generazione può formulare un piano completo di educazione”. (1)
“Altrimenti una generazione potrà distruggere quello che l’altra ha già conosciuto”. È esattamente quello a cui stiamo per assistere!
(1) I. Kant, Pedagogia, a cura di N. Abbagnano, Paravia, Torino, 1945, pp. 4, 10, 20, pp 14-15
Articolo tratto da https://istruireilfuturo.com
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
sabato, giugno 21, 2025
-Nuove Indicazioni: cambia il paradigma- di Giovanni Fioravanti
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