Sono quasi le venti e la stanza è tornata buia.
Spezzo il fascio di luce che proietta l'orario sul muro. L'azzurro passa tra le dita, lo blocco con il palmo e poi l'afferro stringendo la mano a pugno. Credo siano già passati dieci minuti dall'inizio del gioco o forse solo pochi secondi, non so, smetto. Tra poco suoneranno alla porta e raccatterò le mie due pizze sul pavimento del pianerottolo. Due margherite già pagate ad inizio mese, come quelle già arrivate, come quelle che ci saranno.
Due margherite per stasera e poi per domani anche, prima che il campanello suoni nuovamente.
Sul tavolo le briciole di quelle di ieri. Passo il gomito sul legno laccato per far cadere tutto a terra, lascio i cartoni con le nuove pizze e poi riempio la brocca dell'acqua. Iniziano già a diventare fredde, apro una scatola e taglio delle grosse fette untuose che ripiego prima di portare alla bocca.
Glu, gnam, glub, bevo, mastico e ingoio velocemente tutto poi ripongo la pizza ancora nel cartone e quello che è rimasto dell'altra nel frigo.
Sono gesti ormai standardizzati, questi, gesti che mi salvano.
Ora collegherò il computer al televisore e mi vedrò un film, prima però sarà necessario eliminare l'audio, pigiare un tasto del lettore mp3 e far partire qualcosa a caso, prima di provare anche questa notte a dormire, prima di sognare qualcosa che anche questa volta non ricorderò, non farò.