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27/05/09

Titoli di coda



Teatro 5 di Cinecittà. Davanti a un immenso frontale che riproduce un cielo, sospesi a diversa altezza su due piccoli ponti attaccati con le funi ai tralicci del soffitto, due pittori in canottiera e coi cappellini ricavati da un foglio di giornale muovono i lunghi pennelli con lentezza da acquario, i secchi della vernice accanto. Tutto intorno è silenzio. Si sente solo il fruscio delle spatole sul fondale già quasi interamente dipinto.
― Oh, a Ce’…
― Che voi?
― Vattela a pijà ‘nder culo.
Il primo pittore sta fischiettando “Sirena del mare”. Di colpo s’interrompe, e nel silenzio riverberato del grande teatro vuoto si rivolge di nuovo al secondo pittore:
― A Ce’… No, stavo a pensà ‘na cosa…
― Cosa?
― Perché non te la vai a pijà ‘nder culo? ― e scoppia a ridere, felice come un bambino.
― A Ce’ ―, fa il primo.
E l’altro, sbuffando: ― Uuhhhh!
― Sai chi t’ho incontrato ieri? Moccoletto. Sai che m’ha detto?
― No.
― M’ha detto che te la devi annà a pijà…

Fonte: Perceber

2 commenti:

  1. ...però questi non sono i titoli di coda! E' un momento interno al film, probabilmente la descrizione di qualcosa che per Fellini era abituale - e che alla nostra mente rimanda altri fondali dipinti con cieli azzurri... (cieli magnificamente azzurri, "e forza italia...")
    Il film finisce con un assedio di indiani (di Cinecittà), e alla fine le antenne delle tv trionfano sulla povera troupe del film di Fellini.
    E così è andata veramente.

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