Pietro Ingrao è nato a Lenola (Latina) il 30 marzo 1915.
TRATTO DA:
Il Grillo (23/1/1998)
I giovani e la politica
Ingrao: Buongiorno. Mi chiamo Pietro Ingrao, mi fa molto piacere di incontrarvi. Dobbiamo discutere, mi pare, del rapporto fra i giovani e la politica. Io mi sono interessato di politica per tutta una vita. A dir la verità, ci sono stato tirato per i capelli. Al tempo in cui ero giovane c'era in Italia il regime fascista, che a mio giudizio, opprimeva la libertà. Ho sentito il bisogno di lottare. Ho partecipato alla lotta di resistenza, poi ho continuato la presenza nella vita politica: sono stato deputato per tanti anni ed anche Presidente della Camera. Mi fa molto piacere incontrarmi qui con voi, sentire come la vedete voi e come praticate oggi la politica. Penso che adesso vedremo una scheda e poi cominceremo la discussione.
-Si visiona la scheda:
PRESENTATORE: Si dice, spesso a ragione, che la politica non si occupa a sufficienza dei giovani. Ma i giovani si occupano abbastanza di politica? Durante gli anni Cinquanta e Sessanta sicuramente era così. Nel periodo della ricostruzione e del boom economico, lo strumento per partecipare al mutamento del paese, appena uscito dalla dittatura e dalla guerra, erano i partiti, a cui i giovani si avvicinavano attraverso le sezioni e le parrocchie; luoghi dove si discuteva, si formavano le idee, si cresceva, si selezionavano i dirigenti del futuro. Da D'Alema a Fini, molti degli attuali leaders politici nazionali si sono formati in quegli anni nelle organizzazioni giovanili di partito. I primi segnali del mutato rapporto tra giovani e politica affiorano alla fine degli anni Sessanta. I partiti sono considerati troppo monolitici e lenti nel recepire gli stimoli delle nuove generazioni. L'interesse per la politica resta però altissimo, anzi cresce. Il '68 ed i movimenti degli anni immediatamente successivi rappresentano il tentativo di esprimersi in modo più diretto ed efficace, meno irreggimentato nella disciplina delle organizzazioni politiche tradizionali. Assemblee infuocate, occupazioni e cortei diventano il luogo della partecipazione alla costruzione del proprio futuro. Poi, però, tutto si ferma. La difficoltà di ottenere risultati tangibili e la cappa pesantissima del terrorismo, contribuiscono a far rientrare nei ranghi milioni di giovani. Per descrivere il loro rapido allontanamento dalla politica, nei primi anni Ottanta, viene addirittura coniato un termine nuovo: "riflusso". La sfera pubblica viene completamente abbandonata e gli interessi si concentrano sulla vita privata. Nessuno pensa più a cambiare il mondo, ma a studiare, lavorare, far carriera. L'onda lunga del "riflusso" arriva fino ai giorni nostri, ma non certo per disinteresse. Le associazioni ambientaliste o di volontariato, per esempio, si avvalgono del contributo di migliaia di giovani. I partiti però non suscitano alcuna passione e provocano insofferenza per la lentezza dei tempi della politica. Ad ogni elezione aumenta il numero degli astenuti. E la distanza tra giovani e politica continua a crescere.
-Fine della scheda, inizia la discussione.
Ingrao: Ma, avete sentito la scheda. Mi pare un po' troppo pessimista. Io non sono molto convinto che ci sia proprio questo abisso tra i giovani e la politica, ma sentiamo intanto cosa ne pensate voi, cosa volete dire.
STUDENTE: Secondo Lei, il distacco dei giovani nei confronti della politica può essere causato dal fatto che i problemi che ci riguardano, cioè scuola, lavoro, sport e tempo libero sono stati quasi sempre risolti dalla politica?
Beh, io penso soprattutto che siano enormemente cambiati, questi problemi e questi modi di essere. Credo che il problema della formazione, oggi, sia diventato una cosa molto complicata, perché la vita generale, la vita economica e sociale si è complicata. Quindi io non credo che ci sia un disamore dei giovani verso la politica. Probabilmente la politica non si occupa abbastanza di quello che pensate voi. Ma qui faccio io una domanda a voi: non siete voi che vi fate sentire troppo poco? No, non è vero?
STUDENTE: A volte restiamo passivi a ciò che sentiamo, senza intervenire direttamente su cose che la maggior parte delle volte ci riguardano.
Eh, ma vorrei capire: secondo voi questo disinteresse dei giovani della politica dipende dalle cose che fa la politica oppure che non ci sono canali di comunicazione o non potete farvi sentire?
STUDENTE: Dipende, più che altro, dal nostro, a volte, disinteresse. Noi prendiamo per buono ciò che sentiamo e non abbiamo delle necessità, della voglia di cambiare qualcosa, come poteva avvenire qualche anno fa. E quindi siamo un po', abbiamo un atteggiamento passivo nei confronti di certi avvenimenti, che prendiamo per buoni, così, come ci vengono dati.
Questo mondo vi piace o non vi piace? Adesso, dico il mondo, proprio così come ..., le cose che vedete intorno a voi. Siete soddisfatti o insoddisfatti?
STUDENTE: Abbastanza soddisfatti. C'è qualcosa che vorremmo che cambiasse, però...
Incominciamo a vedere che cosa vorreste che cambiasse. Che c'è che non va secondo voi?
STUDENTE: La difficoltà nel trovare lavoro, una volta usciti dalle scuole, o le stesse, le stesse strutture che negli Istituti non sono mai soddisfacenti. Non abbiamo aule per uno studio più approfondito di determinati, di determinati settori. E quindi sono, sono tutte delle ...
Ecco, ma tu dici aule. Io non credo che sia solo un problema..., ci saranno anche dei problemi di spazi, di edifici, di strumenti che vi mancano. Però io ho l'impressione che non sia solo un fatto materiale. Probabilmente, non so, voi studiate nella scuola, - non voglio fare torto, ma... -, cose che forse non vi appassionano tutte, insomma. Per esempio, io vorrei domandarvi, mi piacerebbe sentire da voi, vi preparate veramente dopo a lavorare , a produrre? Questi libri che avete nelle mani vi piacciono o non vi piacciono?
STUDENTE: Beh, senza dubbio ci sono delle materie che ci appassionano, altre meno. Comunque credo siano indispensabili per, per una cultura generale, che poi verrà approfondita, una volta usciti da qui. E quindi sono... , cioè sono materie d'obbligo per adesso per noi.
Ma v'occupate abbastanza dei vostri tempi? Perché, ad esempio, io ho l'impressione che vi fanno studiare cose molto lontane. Non so, Federico Barbarossa, oppure il Papa Innocenzo, e non studiate abbastanza le cose di oggi, le cose attuali, io direi del Novecento insomma. Studiate, per esempio, la Seconda Guerra Mondiale?
STUDENTE: Sì.
Ci arrivate a studiarla?
STUDENTE: Sì, sì, ci arriviamo. E' sempre bello sapere, un po' l'infarinatura generale della storia; credo che sta centrando il nostro problema. Credo che in molti giovani c'è una carenza, più che altro di idee rispetto a quello che affrontiamo. Io credo che la scuola si deve proporre di fornire ai ragazzi un senso critico delle cose. Cioè la scuola non deve offrire il lavoro, ma deve aiutare il ragazzo a capire i meccanismi del lavoro, cioè entrare in una società, dove non siamo degli automi passivi che subiscono il lavoro, ma lavoriamo affinché il nostro lavoro diventi, diventi frutto di una collaborazione sociale e civile. Io credo che il problema appunto dello studio della storia contemporanea, che il ministro Berlinguer sta cercando di proporre, è stato, diciamo, insufficiente, fino ad ora. Noi studiamo appunto una storia abbastanza remota.
Remota.
STUDENTE: E non approfondiamo dei temi fondamentali del nostro periodo. Io appunto ho dovuto, grazie anche a questa trasmissione, alla Sua persona, mi sono interessato dei dibattiti politici del '68, del '63, Betty Friedan con il Movimento Femminista, Martin Luther King, ho studiato Pasolini. Però diciamo la scuola come struttura me l'ha negata questa possibilità. L'ho dovuta approfondire io personalmente.
E perché non lo domandate ai vostri professori? Vi alzate in classe: "Vogliamo studiare questa cosa qui.". Vedo che in questo momento ci sono state tante occupazioni. Voi pure, mi pare, avete avuto un periodo di autogestione. Ma non potete insieme, io direi anche in modo tranquillo, se vogliamo adoperare questa parola, dire: "Noi vorremmo studiare questi argomenti, vorremmo leggere questi libri". Cosa ve lo impedisce? Sono troppo prepotenti i professori o no?
STUDENTE: Io credo che in molti ragazzi bisogna, c'è bisogno di fare un riflessione, perché la nostra generazione, diciamo - io almeno la considero con pessimismo, perché siamo in balia degli eventi, mi accorgo che il dialogo non riesce a nascere tra noi giovani, cioè non riusciamo ad affrontare un problema. Il problema di fondo è questo, perché con il professore ..., noi abbiamo professori molto disponibili al dialogo, però diciamo, alle volte, fuori orario. Cioè, diciamo, io posso discutere liberamente con una mia professoressa o un professore di un argomento attuale, però molto spesso fuori orario. Il problema è proprio all'interno della, della nostra generazione. Lo stesso, la stessa autogestione, occupazione, che non ho condiviso. Cioè noi siamo...
Perché non l'hai condivisa, dimmi un po'?
STUDENTE: Perché noi, noi viviamo in un contesto storico più mite, decisamente più mite rispetto alla Sua generazione di giovani e rispetto a trent'anni fa. Noi abbiamo la possibilità di poter instaurare un dialogo, insomma; di poter parlare con serenità dei nostri problemi, ma, alla fine, non li affrontiamo, non li sappiamo affrontare, non sappiamo quali sono i nostri problemi. Cioè siamo, usciamo dalle classi, dalla scuola senza avere le idee chiare, cioè proponiamo degli, degli ideali che fondamentalmente non sono chiari.
Le cose che dici tu sono abbastanza pesanti, perché allora vuol dire che tutta la scuola è sbagliata, perché se non parlate delle cose che vi premono e che vi servono nella scuola, allora, allora, beh, datevi da fare, perché questo non è giusto. Una domanda, ad esempio vorrei farvi, per dire uno che si è occupato molto del rapporto fra scuola, professori e alunni? Conoscete chi è Don Milani? Sì? Avete letto il libro? Non so, Esperienze pastorali, Lettera a una professoressa.
STUDENTE: Lettera a una professoressa, sì.
Quanti di voi hanno letto: Lettera a una professoressa. Alzate la mano chi l'ha letto. Nessuno. Beh quello è un libro da mettere..., cominciate a..., perché lì ci sono molti ragionamenti tra i giovani e la scuola. Avete visto il film di Don Milani che c'è stato in questi giorni, sì o no? Siete troppo silenziosi. Voglio sentire più rumorosamente: "sì", o "no".No, non l'avete visto.
STUDENTE: Io sì.
Non vi interessa. Non lo sapevate? Perché non guardate la televisione. Non vi interessa la televisione. Questa è una cosa che mi sorprende, perché, per esempio io - sarà che sono un vecchio -, beh insomma sono abbastanza incollato, anche perché credo che con la televisione si cambiano molto le idee, insomma. Perché avete cose più interessanti da fare? No? Che vi piace nella vita?
STUDENTE: E' opinione comune che i giovani e la politica si stiano allontanando. Infatti lo ha anche ribadito il filmato poc'anzi, ma, in base alle nostre esperienze, facendo pure riferimento alle recenti manifestazioni di lotte studentesche, che paiono esser tornate alla ribalta, mi sembra un po' si dimostri il contrario. Lei cosa ne pensa?
Beh, mi sembra che dimostra un malessere profondo. Almeno alcuni di queste, dei modi di queste occupazioni, non li ho molto condivisi, non li condivido, ad esempio. Quella che c'è stata al Mamiani, mi è parsa... trovo sbagliatissimo avere mandato la polizia. Non si manda mai una polizia nelle scuole. Quando la polizia viene mandata nelle scuole, vuol dire che qualche cosa in quella scuola non va, allora bisogna cominciare a raddrizzare, a raddrizzare le cose che si dicono e che si fanno nella scuola. Però, trovo che insomma c'è bisogno assolutamente di fare sì che i giovani possano parlare, possono discutere e possano, addirittura, cambiare programmi. Adesso esagero un poco, perché non discutete del vostro disagio con i professori. Gli dite: "Questa materia non mi interessa", oppure: "Vorrei...
STUDENTE: Quando possibile, in sede di Consiglio, cerchiamo, appunto di far valere le nostre opinioni e talvolta riusciamo anche nei nostri intenti. Quindi non è quello un problema.
Qual'è secondo te?
STUDENTE: No, il problema, no. La domanda, la domanda, la cosa che io mi domandavo, alla luce di quanto ho appreso dal filmato, è che il tema di questa trasmissione è che i politici, che la politica e i giovani si stessero in qualche modo allontanando, invece sembra, - cioè il fatto già che si sia tornati a far ricorso alla politica al fine di cercare di ottenere qualcosa, mi sembra un segno inequivocabile dell'avvicinamento che sta ritornando tra giovani appunto e la politica. Cioè volevo far presente questo.
Ma, secondo voi, la politica a che cosa dovrebbe servire, a voi? Perché, se i politici restano una cosa lontana, che non si capisce....
STUDENTE: I politici rappresentano la maggioranza, rappresentano ciò che noi pensiamo e ciò che noi decidiamo. Naturalmente non tutti, ma quanto meno, insomma, la maggioranza ha diritto di essere ugualmente rappresentata e dunque di far valere le proprie idee, quanto credo.
C'è qualcuno che ha cominciato a votare, tra voi? - caspita! siete parecchi votanti -: Ah hai votato! E ci hai pensato un po' prima di votare, o no?
STUDENTE: Diciamo che ho ricercato ...
Ti interessava l'esito del voto?
STUDENTE: Sì, sì. M'è interessato - bisogna anche considerare insomma le votazioni amministrative, insomma per il sindaco -, comunque m'ha suscitato abbastanza interesse il voto, il risultato del voto. Ho seguito con passione un po' le varie vicende di numeri e espressione politica: Destra, Sinistra...
PDS, AN e così via. Ho capito. Quindi ti interessa come si muovono questi partiti.
STUDENTE: Sì. Sì, perché comunque, diciamo, la fase di governo del paese sta nelle loro mani. Ci rappresentano, in quanto viviamo in una democrazia dove noi individui veniamo rappresentati, appunto dai partiti, diciamo, da alcuni elementi che appunto siedono nel Parlamento e...
Ma vi va, per esempio, tra di voi c'è qualcuno che gli è venuta la voglia di iscriversi a un partito o a un sindacato, sì o no? No? Nessuno?
STUDENTE: Beh, a me è venuta la voglia di iscrivermi proprio perché sentivo dentro un ideale, un qualcosa e volevo appunto mettere in pratica. Questo non lo ritrovo in tanti giovani e non capisco perché. Trovo disinteresse. Io sarò un caso atipico, ma questo interesse per la politica ce l'ho.
Ecco, ad esempio, tornando al discorso che faceva, che aveva citato il mio compagno di scuola, che diceva praticamente dell'interessamento che c'era durante gli anni Settanta, prima, facendo il paragone con oggi ed il '68. Per esempio una volta c'era più slancio, c'era più tensione anche a livello sociale, c'era una differenza all'inizio anche per i contratti di lavoro, c'era una svolta diversa per il futuro. Oggi l'interessamento è minore forse perché anche i giovani vedono figure meno forti, meno autoritarie al potere. Chi sta seduto oggi al Parlamento, da quello almeno che ho potuto constatare io, non dà nessuna sicurezza a un giovane, anzi hanno riscosso molte più critiche che consensi. Ad esempio, molti dei ragazzi che conosco io, che sono fermamente interessati alla politica, hanno preferito attuare la politica del non voto e non presentarsi proprio ai seggi elettorali.
E perché non li potete cambiare, questi che comandano?
STUDENTE: Perché oggi succede, forse in maniera più velata, ma molte volte chi ti dovrebbe dare l'appoggio, lo slancio per fare determinate attività politiche, è il primo che ti tronca le gambe, in quanto, ad esempio, quando vai a chiedere consenso a figure di cui ti aspetti la fiducia o ti aspetti un aiuto sia sul piano di esperienza che altro, sia sul piano anche magari se ti serve sul lato economico, sono i primi che ti chiudono la porta in faccia. E' successo, come esperienza personale, io l'ho constatato, diciamo, in tutte le banche della...
Beh, io non la voglio fare facile, ma mi viene subito da dire: "E perché non lottate per cacciarli?". Io, quando ero giovane come voi, ho anche creduto per un momento al fascismo. Poi, fascismo, nazismo.. , poi no, perché infatti ha portato delle cose terribili. Però mi ricordo - di questo ne posso dare testimonianza -, allora era difficilissimo far politica, era impossibile. Se andavi contro chi comandava, ti mettevano dentro, in prigione, ti toglievano la libertà. Eppure abbiamo cercato, cercavamo di metterci insieme, dispersi qual che sia, e abbiamo cominciato a lottare. Poi a un certo momento sono venuti fatti terribili, come la Seconda Guerra Mondiale, ma, insomma, poi le abbiamo cambiate le cose. Non siete troppo sfiduciati su voi stessi? Perché qualche che sia, anche se i politici oggi non vi piacciono, però ci sono delle condizioni di libertà, per unirsi, raggrupparsi, per combattere, per dire ci vuole questo o quest'altro?
STUDENTE: Beh, effettivamente sì, oggi ci sono più possibilità, se lo vediamo da quel punto di vista. Comunque sono, allo stesso pari, sono ridotte. Perché ad esempio, ponendo il caso del Mamiani, oggi vengono considerate cose, come manifestazioni non autorizzate, e bisogna sempre richiedere l'autorizzazione, se si è parte integrante di un partito, al partito stesso, che deve autorizzare la manifestazione. Se il partito non t'aiuta e tu sei però perfettamente convinto del motivo per cui tu vai a manifestare, vieni bloccato da decreti, leggi, e poi anche da altre normative e vieni passato, e vieni messo dalla parte del torto, anziché della ragione. E da questo si vede che anche molti ragazzi hanno rinunciato, sia per motivi familiari, che si sono trovati praticamente con delle ingiunzioni penali involontarie, sia perché poi hanno, hanno capito, almeno hanno smesso di credere in quelle figure che dovevano proteggerli e che invece li hanno lasciati, diciamo, alle situazioni che il tempo trovava.
Ma i capi si possono cambiare. Eh, si possono rovesciare, si può, si può cacciarli. Se voi vi mettete insieme, beh, va bene, voi potete portare sia delle proposte vostre e sia cominciare a dire: "Tizio e Caio, Pietro Ingrao.- va bene adesso, io adesso non conto più nulla, ma insomma, se mettiamo, che conto qualcosa - Pietro Ingrao, non mi piace". Un'arma nelle vostre mani ce l'avete, per esempio è quella della scheda, del voto.
STUDENTESSA: Volevo fare una domanda. Noi fino adesso parlavamo dei giovani e del loro interesse per la politica. Però, per la maggior parte ho sentito parlare di manifestazioni studentesche. Quindi, quando parliamo di giovani, pensiamo solo agli studenti, però ci sono anche giovani che comunque lavorano e sono disoccupati. Quindi volevo sapere, secondo Lei, per quale motivo associamo i giovani agli studenti, il nome "giovane" agli studenti?
Perché il momento dello studio è un momento molto importante. E' vero quello che tu dici, cioè che ci sono tanti che non sono più studenti e che non hanno lavoro. Secondo le mie idee questa è una cosa gravissima, il più grande problema che c'è oggi nel nostro paese. Perché senza lavoro non puoi nemmeno costruirti un avvenire, una prospettiva. però voglio dire si può combattere anche per cambiare le cose dell'organizzazione del lavoro. Io adesso lo dico, ma non lo dico per far propaganda, ma perché poi dobbiamo parlarci con sincerità, tra di noi: io sono comunista, bene. Buono, sbagliato, uguale che sia, ritengo che sia, che non vada bene una società in cui comandano con questa forza i padroni, quelli che sono i padroni delle fabbriche, degli strumenti di produzione. Penso però che ci sia una battaglia che si possa fare per costringere anche i padroni a muoversi in un altro modo. Per esempio c'è una lotta anche che viene combattuta in Italia. Non so, qui noi non abbiamo parlato dei sindacati. Voi conoscete la vita dei sindacati? Vi persuade? Perché, ecco, i sindacati dovrebbero lottare, insieme con i partiti, per dare delle occasioni di lavoro anche a chi non ce l'ha. I sindacati li conoscete o no? Non vi dicono nulla?
STUDENTESSA: Senta scusi.
STUDENTE: Io sono quattro anni che milito dentro un partito. Milito in Rifondazione Comunista. E personalmente ho potuto notare che dopo quattro anni che sto dentro questo partito e milito - quindi mi impegno anche nella stessa organizzazione del quartiere giovanile della sezione dove vado -, ho notato - e non solo io - che non c'è ricambio generazionale, i giovani non riescono a emergere. Perché si è venuto a costruire, man mano, col passare del tempo, un sistema piramidale, dove i giovani, che stanno alla base di questa piramide, magari non riescono a far valere le loro decisioni fino, diciamo, fino ai dirigenti del partito. E questo, magari, perché penso che gli anziani, cioè più che altro i compagni, gli anziani del partito, oltre che dare una mano ai giovani, quindi a farli più interessare di politica, a dargli un'esperienza politica del '69, degli anni '70, bisognerebbe più che altro lasciare da parte quella visione troppo lineare della politica, quindi inquadrarli ancora i giovani, come i giovani degli anni Sessanta, e magari portarli di più verso una politica del futuro, magari una politica reale. Cioè, secondo Lei, una domanda, come si potrebbe riallacciare questo rapporto fra giovani e anziani, specialmente in un partito politico che ha avuto un suo decorso?
Con la lotta. Io adesso se tu mi permetti racconterò o farò una telefonata al mio amico, Fausto Bertinotti, che è il Segretario di Rifondazione, per dirgli che, va bene, uno - non faccio il nome tuo -, ma insomma, in una discussione m'ha detto che non c'è abbastanza spazio per i giovani né dentro, nemmeno dentro Rifondazione Comunista. Io sono amico di Bertinotti, quindi ci conosciamo e posso dirglielo con franchezza. Però dovete ribellarvi, ribellavi. Cioè, va bene strillate, chiedete. Intanto organizzatevi di più, dentro e fuori il partito. E poi, se c'è la riunione...., ci sarà un congresso, se non c'è il congresso, dovete chiedere il congresso. Va bene? O l'assemblea, o la cosa così. Se non c'è, dovete esigerlo. Se c'è, che parlano e comandano solo i vecchi, voi rovesciate i tavoli. Adesso lo dico così, oppure andate da Bertinotti, che allora tante cose che lui dice a parole - adesso non ne voglio parlar male, sono suo amico - beh, non sono attuate nemmeno dentro Rifondazione Comunista. Insomma la cosa è abbastanza pesante. Non siete troppo timidi voi? Io ho l'impressione che pure a me guardate con troppo rispetto. Non m'avete detto manco un'insolenza. O no?
STUDENTESSA: Stavamo parlando, appunto, di questi politici. Ho potuto costatare che queste persone sono abbastanza false, in quanto molte volte cercano l'appoggio dei giovani, promettendo delle cose, che poi non mantengono. Fanno delle promesse; che poi non possono mantenere. E quindi credo che sia la base di tanti problemi, alla base dei problemi più grandi forse.
INGRAO: Sì. Ma certamente ci saranno difetti molto seri in mezzo, non è un momento molto esaltante della vita politica; e ci sono poi tanti politici che a me non piacciono. Io li combatto. Però il problema che noi stiamo discutendo qui: siccome partiamo dall'idea che ci sia un distacco dei giovani dalla politica e abbiamo sentito poco fa che addirittura in una organizzazione, come Rifondazione Comunista, che dice di essere con i giovani, che vuole cambiare, non c'è abbastanza spazio, il problema è come voi vi organizzate per cambiare questa cosa. Perché, mettiamo che tu abbia ragione - probabilmente hai ragione -, però se non c'è uno scendere in campo tuo e degli altri e dei modi di organizzazione tra di voi, le cose restano così e voi siete, siete - scusate la parola - 'fregati", insomma.
Adesso però sto parlando troppo, dovete parlare di più di voi. Vi ho descritto una situazione di un regime - il regime fascista che c'era -, v' ho detto anche che da principio ci avevo creduto, poi invece ho scoperto che era, che andava male, che aveva tutto nelle sue mani e che aveva insomma la polizia. Persino quando vedeva un giovane studente che si incontrava con un giovane operaio, già questo fatto diventava sospetto. Sembrava che dovessero vincere loro. Dominavano tutto. Eppure io ho potuto partecipare a quella che allora era la cospirazione. Ci siamo uniti tra giovani e in segreto abbiamo cercato le vie per cambiare, per rovesciare Mussolini. Ci abbiamo messo molto tempo, grandi dolori e persino la terribile Seconda Guerra Mondiale, ma poi ce l'abbiamo fatta. Sapete, io spero che una delle cose di cui parlate nel vostro studio sia la resistenza. Questa grande lotta del popolo italiano, che si è ribellato ad una tirannia. Ci sono stati tanti morti, tanto sangue, tante lacrime. Però c'è stato il combattimento. Io capisco quello che voi dite, ma dipende anche dal vostro unirvi e dal vostro farvi sentire.
STUDENTESSA: E allora, dico, mi chiedo: se non c'è, se non c'è la lotta allora vuol dire che i giovani sono demotivati.
Ma dobbiamo capire la ragione di questa demotivazione, perché questo, dalla chiacchierata che abbiamo fatto, mi sembra che emerge, abbastanza chiaramente, che c'è un elemento vostro di delusione, di insoddisfazione. Io non sento nessuno qui, che alza la mano e dice: "Son contento, questa società mi piace". Non vi piace. Però allora dovete francamente porvi il problema di come voi, anche attraverso delle proteste contro la RAI TV, che non parla abbastanza dei vostri problemi, potete intervenire nel reale. E diciamo allora, facciamo una domanda, vediamo, questo è interessante: secondo voi - così poi dopo passa, questa, questa la facciamo mettere dentro la trasmissione -, secondo voi si occupa abbastanza dei giovani la RAI TV o no? Dite "sì" o "no" con forza, in modo che la sentano.
STUDENTI (in coro): No, assolutamente no!
No. Ecco qua. Ecco un messaggio da mandare al mio amico Enzo Siciliano, in cui diciamo che abbiamo fatto un incontro al Newton con gli studenti, e viene fuori che voi pensate che la RAI TV non si occupa abbastanza - la RAI TV, poi anche tutto il sistema televisivo - non si occupa abbastanza del sistema dei giovani, dei bisogni dei giovani. Perché se no poi quest'incontro tra di noi a che serve, se quel mezzo non serve a trasmettere una vostra volontà? Però voi dovete gridare di più. Gridare, adesso non in senso materiale, ma unirvi per pesare di più. Invece quando io vi vedo qualche volta in televisione, se mai vi vedo, siete ancora troppo timidi.
STUDENTE: Scusi, questo fatto che Lei dice di di gridare di più forse, secondo me, non può derivare dal fatto che ormai i giovani cercano unicamente, ecco, come diceva prima la scheda, a lavorare oppure a fare carriera, e quindi non si occupano di politica, perché il mondo ormai vuole, vuole l'uomo, il manager o la donna manager, che lavora insomma?
Beh, va bene, però io voglio dire a voi - io ve lo dico con grande franchezza e decisione - che il lavoro che voi avrete, e quindi anche il rapporto con il manager e l'organizzazione del lavoro -, beh, dipende anche molto da come voi fate sentire la vostra voce. Adesso i due grandi problemi, sono: uno, che il lavoro non c'è, due, che condizione avrete quando voi lavorerete. Perché lì c'è il manager o padrone. Bisogna vedere se vi dà i mezzi per fare sentire la vostra voce. Però voi vi dovete organizzare di più. Per esempio, faccio un'altra domanda. Il sindacato voi lo praticate o no? Cos'è per voi il sindacato? Lo conoscete abbastanza o no? No? E va bene, il sindacato è quel tipo di organizzazione, simile a quella dei partiti, ma diversa dai partiti, che lotta per esempio, su questa enorme, grande questione del lavoro, che significa non solo occupazione, ma difesa dei diritti di chi lavora. Io francamente non so vedere un avvenire vostro, se il sindacato...
STUDENTE: Allora, in questa trasmissione sembra che è uscito il messaggio che i giovani non lottano. Ma non è vero, perché molti come me, come loro, anche se di diverse idee politiche, lottano per cambiare il sistema, per cambiare lo stato di cose. Quindi cioè non è esattamente vero che tutti i giovani non si interessano. E' una generalizzazione che non è corretta. E' vero comunque che c'è una buona parte di noi anche, intendo pure studenti, che non si interessa. Perché? Perché non c'è una coscienza politica. Questa coscienza politica io la ritrovo - anche questo disinteresse della politica -, la ritrovo anche in quel tipo di messaggio che la televisione ci dà ogni giorno, che è il messaggio, un contenuto, di contenuto prettamente americano, consumistico, che rispecchia la società, che tra l'altro non è la nostra, in cui ci sono manager, in cui ci sono il dio denaro, e così via. Quindi, lo ritrovo qui questo disinteresse. Darei anche una buona colpa ai mezzi televisivi e ai mezzi di comunicazione in generale, perché penso che in ognuno, in ognuno di noi, ognuno di noi senta una rabbia, che la sfogherà con manifestazioni, nei collettivi o nelle assemblee.
Sì. No, questo io lo capisco, ma voi dovete farvi interlocutori anche della RAI TV. Cioè, tu hai perfettamente ragione, insomma. Io sono convinto che in RAI TV si vedono tutta una serie di valori, che sono la violenza, la forza, il successo. E questo mi sembra molto chiaro. Il problema è che voi non vi limitate, dentro di voi, a dire: "Guarda come è brutta la televisione", ma invece che vi facciate sentire, perché tra l'atro c'è una televisione pubblica. Io una cosa che vi vorrei domandare: per esempio, il video nelle vostre lezioni, c'è mai? Perché io una cosa che metterei nella scuola è proprio il televisore:si tratta di insegnare a vedere la televisione e a criticare il suo linguaggio. Fossi io professore, chiederei che si mettessero delle TV, una TV in ogni classe, e che ci fosse l'ora di insegnamento sulla TV per ascoltare, vedere e impadronirsi di questo messaggio. Perché voi pure, se oggi riusciamo a parlare di queste cose, a comunicare il vostro disagio, dobbiamo ringraziare - adesso abbiamo parlato male della TV -, ma dobbiamo ringraziare la TV che vi dà quest'occasione. Bisognerebbe rendere più continue queste occasioni, ma dovete anche imparare a capire il linguaggio della TV, in modo da farvi sentire.
STUDENTESSA: Ma il fatto che i giovani non si interessano della politica, non è forse il fatto che la politica oggi sta diventando sempre più una tecnica di governo e quindi difficilissima per i giovani. E non potrebbe invece essere qual cos'altro come idealità o sogno?
Ma io credo, spero proprio, desidero ardentemente che sia un'altra cosa. Adesso mi dispiace parlare di me stesso, ma la politica ha impegnato tutta la mia vita. Francamente lo facevo perché il mondo in cui stavo non mi piaceva e lo volevo cambiare. Io penso di raccomandare anche a voi di non accettare questa situazione, ma di trovare le vie per cambiare questo mondo che non vi piace, perché, se no, i fregati siete sempre voi. Non dovreste discutere un po' di più tra di voi su come cambiare la politica? Prego.
STUDENTESSA: Ma secondo Lei, come potremmo fare insomma per migliorare questa situazione?
Intanto, adesso voi stamattina avete fatto una cosa. Avete interrotto le lezioni, va bene? Chiuso un momento i libri, e vi siete riuniti tra di voi qui, con un altro, per parlare dei vostri problemi. Bisogna fare molto di più queste cose qui. Dentro la scuola io dico. Io, come a dire, non sto invitandovi a fare le occupazioni, anche perché poi ci sono alcune, quella, ad esempio, del Mamiani, non mi è piaciuta molto, Va bene? Però il diritto vostro di riunirvi per discutere sulla politica, questo qui io lo rivendicherei molto fortemente. Tra l'altro, c'è questo paradosso, per cui le scuole in gran parte sono aperte da un'ora del mattino fino a un'ora, non so, l'una, le due, e poi queste scuole, per gran parte, rimangono vuote e silenziose. Perché non si può fare invece, in quelle altre ore, un luogo di incontro, di discussione, e anche di comprensione, di ciò che voi volete. E anche durante la lezione: bisogna unire lo studio alla domanda. Fatevi sentire. Se il ministro Berlinguer, che io conosco, che è stato anche mio amico, non fa funzionare bene, non vi aiuta a risolvere questo, ribellatevi contro il ministro Berlinguer. Allora fate pure voi i cortei, discutete le idee tra di voi. Ma dovete lottare. Niente vi sarà dato, se voi non lo chiedete con la lotta.
STUDENTESSA: Dopo che noi lottiamo, dopo questa ripresa qua, alla nostra scuola, dopo le varie lotte, la scuola riprende normalmente, non si è cambiato niente. Cioè la scuola è sempre la stessa, nonostante noi manifestiamo, nulla cambia.
No, ma se siete in tanti cambia. Questo te lo posso dire io, come messaggio mio personale. Mi dispiace di ritornare alla mia cronaca. Io ho praticato la lotta politica quando c'erano condizioni di impossibilità. C'erano le guardie, il controllo, l'arresto e le prigioni. E molti miei amici sono andati anche in prigione. Adesso lasciami dire anche che ci sono stati amici anche, che ci hanno lasciato la pelle. Cosa che non auguro a nessuno di voi. E poi però ce l'abbiamo fatta. E' un problema anche di rapporti di forza. C'è conflitto nella politica. Dovete unirvi tra di voi, mettervi d'accordo su alcune opinioni e poi scendere in piazza, manifestare, chiedere ai giornali che se ne occupano, andare dinanzi alla RAI TV a dire: "No, noi vogliamo che tu parli di queste cose". Non è vero che non c'è nessuna strada.
STUDENTESSA: Ma soprattutto chi scende in piazza, poi viene tagliato fuori, perché...
Perché, se siete in tanti, non venite tagliati fuori. Guarda persino quelli delle mucche. Pure loro alla fine si fanno sentire, per parlare del latte e delle mucche, voi avete da parlare di tutta una vita!
STUDENTESSA: Ogni anno proviamo a fare delle, delle proposte, nuove manifestazioni, ma poi, alla fine non concludiamo niente, perché rimane tutto come prima.
Perché siete troppo divisi. Dovete unirvi di più, perché dovete essere più tenaci. Così mi sembra Ma non è vero che se voi vi unite, discutete, chiedete di discutere anche in classe, anche con i vostri professori, le cose che vi premono, io credo che, se voi fate questo, e lo fate non solo a Roma, ma a Napoli, a Milano, e così via e trovate un legame, questo avviene. Adesso, tra l'altro, ci sono i fax per comunicare da lontano. Siete un po' sfiduciati.
STUDENTE: Ma sulla scarsa propensione ad impegnarsi attivamente nei partiti, quanto può avere influito l'immagine di corruzione che la classe "Dirigenti", ha dato di se stessa alla nostra generazione, cioè l'immagine di Tangentopoli di questi ultimi anni?
Ha influito moltissimo. Però non è detto che solo quei partiti ci possono essere. Ci può essere anche un altro partito, che lo fondate voi. O ci possono essere anche altri mezzi, con cui voi fate sentire la vostra voce. Ma voi un problema di espressione, di parola, ve lo dovete porre. Se i partiti che ci sono adesso non vanno bene, e va bene, voi ponete il problema di fondare voi un partito che vada bene. Voi non potete rinunciare
STUDENTE: Secondo me quello che dice Lei è giustissimo, cioè gridare le proprie ragioni in piazza. però penso che...
Ma non solo la gente in piazza, eh.
STUDENTE: Gridare le proprie ragioni in piazza, ho detto.
Eh, sì. Insomma, dovete costruire anche le vostre ragioni.
STUDENTE: Sì, secondo me, per far questo, bisogna anche rompere la paura, che è spesso è nei giovani, di rischiare.
Questo è vero.
STUDENTE: Cioè, io almeno ho riscontrato...
Tu pensi che hanno troppa paura di rischiare?
STUDENTE: Sì. Secondo me non c'è paura cioè non c'è voglia di rompere questa paura di rischiare. Molti hanno paura. E poi anche come ha visto, insomma qui, molti non hanno fiducia in loro stessi. Secondo me questa è una cosa gravissima.
Però da giovani bisogna essere coraggiosi.
STUDENTE: Sì, ma come ha visto Lei, qui pochi hanno fiducia in se stessi o nelle proprie possibilità di cambiare la società.
Tu hai fiducia abbastanza?
STUDENTE: Sì, sì io penso di avere fiducia in me.
Parla con gli altri. Da principio sarai forse solo, però se tu parli, se cerchi rapporti. Io penso che anche noi oggi stiamo facendo una cosa, insomma, forse che è utile, stiamo discutendo insieme che cosa voi potete fare. Se queste cose, se questa trasmissione finisce qui, questo incontro, e muore, certo allora questo mondo rimarrà sempre uguale. ma perché non ci possiamo rincontrare e chiedere anche a RAI Educational di incontrarci un'altra volta? Adesso, noi abbiamo discusso di certe cose. Voi ci pensate, vi riunite tra di voi, in modo da chiarirvi anche le idee, e ci diamo un altro appuntamento. Io vi assicuro che se mi invitate un'altra volta, anche senza la RAI TV, ma meglio se c'è la RAI TV, beh, io ci vengo, e voi pensate a quello che abbiamo detto. E vediamo quali sono i punti che invece non si sono risolti e che non sono andati chiari. Questo non è un favore che io faccio a voi, ma è un favore che voi fate a me, perché mi fate capire che cos'è il mondo nuovo che sta sorgendo, a me che sono vecchio.
STUDENTE: Poi un'altra cosa che penso è il fatto, cioè il primo principio che deve avere un uomo, quale, come cittadino è la coerenza con se stessi, e il fatto appunto che se una persona crede in qualcosa deve comunque cercare di portarla avanti. Deve sempre lottare appunto per cercare di portarla avanti e di realizzare appunto il proprio fine
Ritengo che sia molto giusto. In fondo tu stai parlando di una cosa, che adesso diciamo con una parola un po' solenne, la parola "libertà", poi, godere della libertà, avere la libertà significa che bisogna rompere le catene che uno si porta addosso dei propri complessi. Se oggi, anche all'interno dell'ambito familiare, si sente: "Mah, è meglio che non ti scopri, è meglio che non ti esponi", anche chi ti circonda non ti dà il giusto slancio a prendere iniziativa, e, quando tu prendi iniziativa che sei, anche se sei da solo, però sei convinto di ciò che fai, poi ti troverai sempre bloccato in ogni caso. Diceva un altro, un altro personaggio storico, diceva che molte volte le lacrime di chi lotta scorrono ignorate, e a volte riuscire a modificare questo discorso, forse, forse, per alcuni punti, bisognerebbe anche dimenticare la propria ideologia politica, per un attimo solo, perché ci sono delle cose su cui vale la pena lottare tutti e unitamente. Quindi anche chi non ha idea, ma soprattutto chi ha idea, chi è già preparato su determinati argomenti, cerchi di essere la guida per chi non ne ha, è assolutamente necessario, e chi non ha preparazione è perché o non gli è stata data, non è stato messo in grado di ricevere una adeguata preparazione, oppure perché era disinteressato e ha seguito strade sbagliate. Quindi oggi avere un punto, diciamo di fuga, è comunque difficile, come poteva esserlo una volta, perché si vede anche dalla realtà e da quello che succede, si legge sia in televisione che nei giornali, sia per il discorso della male informazione, sia per il discorso di volontà, maggiore o minore, a seconda dell'individuo.
Ma spiegami un po', perché per te oggi è più difficile o per voi oggi è più difficile, rispetto a ieri. Io t' ho parlato di un pezzo della mia vita in cui addirittura ti arrestavano.
STUDENTE: No, quello è giusto.
STUDENTE: Però succede anche oggi, può succedere anche oggi, forse in maniera minore, però succede anche oggi.
C'è molta più libertà oggi.
STUDENTE: Sì.
E va bene ribellatevi.
STUDENTE: Oggi però ti ignorano, e questo è anche peggio. Prima c'era un regime che ti combatteva. Oggi tu passi ignorato. Questo vuol dire proprio che non esisti. Cioè è qualcosa che è addirittura è anche peggio.
No, prima ti calpestavano. Guarda che prima era peggio. Ti calpestavano e ti mettevano in prigione, ammanettato. Però tu hai ragione. Oggi ti ignorano. E allora facciamo questo discorso: riproponiamo la cosa che qui abbiamo detto. Uno dei mezzi fondamentali oggi per parlare è la televisione. Oggi la televisione vi ha chiamato ad incontrarvi qui. Va bene? Organizziamo meglio la lotta perché la televisione parli dei vostri problemi, organizziamo meglio. Chiediamo per esempio che questi incontri con licei, con le scuole, eccetera, eccetera, diventino sistematici. Però, se non fai nulla, sei fregato, scusa la parola. O no?
STUDENTE: Volevo chiederLe, dopo aver visto, più o meno come sono fatti i giovani di questa generazione - ha avuto un esempio più o meno di quello che pensiamo -, se i partiti potrebbero ora riuscire a riavere, a fare cose che potrebbero reinteressare i giovani, come per esempio, avveniva negli anni Cinquanta e Sessanta, quando nei partiti si formavano anche i giovani.
Ma io penso che i partiti hanno il dovere, l'obbligo di occuparsi dei giovani e di ascoltare la voce dei giovani. Questo stato d'animo, che trovo oggi qui, è una cosa che mi fa parecchio dispiacere, perché vuol dire che tra i partiti che esistono - adesso non facciamo il nome, non stiamo a fare propaganda qui dentro - e la vostra generazione non c'è comunicazione sufficiente, non c'è sostegno sufficiente, non c'è apertura sufficiente. Quindi è una cosa molto brutta. La cosa su cui io insisto però: che i partiti sono anche quella cosa che voi permettete. Se voi non permetteste ai partiti di essere così e lottaste per il cambiamento, anche i partiti dovrebbero ascoltarvi di più. Non ti sarà dato nulla gratis. Non vi sarà dato nulla gratuitamente, se voi non lo rivendicate e se non vi riunite tra di voi per rivendicarlo. E poi c'è la scheda, ma non solo la scheda, c'è anche lo scendere in piazza, c'è anche la lotta sociale, ci sono anche la carta stampata.
STUDENTE: Scusi, qui si è parlato di paura e di disinteresse dei giovani. Ma da che cosa derivano? Secondo me derivano anche dal fatto che, cioè, nel '68 e nei dieci anni successivi, c'è stata sempre quella tensione all'arrivo di qualcosa che poi non è stato, della rivoluzione, della cosiddetta "rivoluzione"? E quindi, secondo me, questa paura e questo disinteresse derivano proprio da questo fatto, cioè che già prima di noi altre persone hanno provato, e anche in maniera più violenta, eppure non è riuscito.
Beh, no, però il mondo è pure cambiato.
STUDENTE: E questo è anche vero.
Insomma, io mi ricordo cos'era la condizione dei contadini nel mio paese contadino, in cui son nato, ed era infinitamente peggiore di quella che è adesso. Va bene? Quindi non è vero che il mondo è rimasto uguale. Voi oggi, noi nel passato, c'è stata una società in cui la scuola quasi non esisteva o era solo la scuola dei ricchi. Adesso invece c'è una scuola, che non so, in cui tutti i cittadini italiani hanno, hanno il modo di potere partecipare. Quindi non è vero che il mondo è sempre uguale. Poi ci sono degli, alti e dei bassi, dei momenti di caduta e dei momenti di crescita della libertà, però questo bisogna conquistarselo con le proprie mani.
STUDENTE: Dunque, rispetto a quello che diceva lui, non è possibile invece che il '68, sia riuscita la rivoluzione del '68, ma sia riuscita male? O meglio, quello che ha portato la rivoluzione del '68 sia alle fondamenta delle sue radici sbagliato? Ad esempio il nuovo genere di cultura che ha portato, tipo il famoso ideale del concetto di popolo in base alle teorie della Rivoluzione Francese: libertà, uguaglianza? Forse è lì che è stato l'errore, il troppo liberismo. E' lì che forse è nato l'errore fondamentale. L'adagiarsi su, diciamo, una falsa vittoria, se così possiamo chiamarla. Io almeno la chiamo così: una falsa vittoria, perché quel genere di stampo per me è inconsistente, non è stata una base forte, che poi ha lasciato una traccia. C'è stato, sì, il raggiungimento di alcuni diritti molto importanti, però, per il resto penso che abbia contribuito al decadimento del concetto di unità, di quella che poi è la vera forza, che deve portare ai cambiamenti, che porta i veri cambiamenti.
Ma io non condivido l'opinione tua. Il '68 ha avuto molti difetti. Ci sono state tante cose nel '68 che poi non sono arrivate in porto. Ci sono state anche delle illusioni. Però ritengo che il 68 sia stato, almeno in Italia - ma io dico anche nel mondo -, un momento in cui i diritti della persona, i diritti del lavoro, hanno avuto uno sviluppo. Per esempio, in Italia - stiamo all'Italia -, gli anni 1968 e 1969, sono due anni in cui il movimento sindacale di difesa dei lavoratori, di lotta per il lavoro ha compiuto un grande balzo. Poi dopo è venuta anche una crisi e qui sarebbe interessante anche discutere la crisi. Però, ecco, la mia opinione è che no, lì è stato un momento, in cui c'è stato un vento di libertà, di liberazione e che sono state strappate delle conquiste, che poi sono state colpite, ma non state tutte cancellate. In ogni modo, se questa, se la preoccupazione tua è che ci sia stata un'esagerazione, ma io questa non la condivido.
STUDENTE: Scusi, io volevo farLe una domanda sempre riguardo la presenza dei giovani all'interno dei partiti. Dunque, non crede che, cioè, all'interno dei partiti, gli ideali che vengono proposti siano un po' arretrati rispetto alla vita che c'è oggi? Ovvero, i giovani non si sentono attirati dai partiti perché magari questi gli propongono delle idee, magari un po' passate? Io ad esempio credo che, per una preparazione, diciamo, buona, verso la politica, debba essere, diciamo, costituito un organismo precedente a quello che è l'iscrizione a un partito, perché, adesso come adesso, io, in prima persona, non mi sento pronto a iscrivermi a un partito, perché lo considero un passo un po' importante nella vita, cioè credo che una persona per iscriversi a un partito debba avere le proprie idee molto simili a quelle che propone un partito, che può essere quello che hanno creato loro. Quindi, magari, diciamo preparare la persona a una vita politica, anche soltanto con l'obiettivo di rappresentare i problemi che ci sono, però antecedente, come può essere la scuola ad una preparazione al lavoro.
Ma secondo me c'è oggi una crisi dei partiti e c'è anche una difficoltà dei partiti a parlare ai giovani. Quindi questo fatto qui c'è. Però questo non vuol dire che deve essere sempre così. Io penso che se i giovani, invece di criticare i partiti, agiscono dentro i partiti per cambiarlo, è meglio. Oppure fondando loro un partito su altre basi. Quello che a me sembra il peggio di tutti è il dire: "I partiti vanno male - e oggi hanno tanti difetti infatti - e allora io non m' occupo di politica", perché questo vuol dire: spazio per i fastidi che vanno male. Capisci? Non è che allora tu li cancelli, anzi gli lasci più spazio. E i partiti, o vogliamo dire i sindacati o una forma di organizzazione politica è qualche cosa di necessario per potere godere di certi beni, a cominciare dal bene della libertà e del lavoro. Se non ti piacciono i partiti, criticali o entra dentro per combattere le strutture o fanne tu un altro o organizzati in un altro modo.
STUDENTE: Non è che sia sempre facile farne un altro. Cioè non è una cosa che si fa...
Perché siete così timidi?
STUDENTE: Non è una questione di timidezza, è proprio di praticità. Cioè, non è che da un giorno all'altro uno può fare un partito.
Non da un giorno all'altro, ma voi siete in tanti qui dentro, siete tanti cervelli, tante teste.
STUDENTE: Sì, ma non è detto neanche...
Siete tanti milioni di giovani in tutta Italia. Milioni e milioni di giovani. Dovete conoscervi di più, relazionarvi tra di voi e discutere tra di voi quello che volete cambiare e come lo volete cambiare. E altrimenti c'è solo la sconfitta. Tu non sei persuaso? Perché lo trovi impossibile o troppo difficile?
STUDENTE: No, forse perché, cioè, per dei ragazzi ..., cioè io credo che per adesso dovrebbe essere, cioè per la nostra età, per i ragazzi della nostra età, dovrebbero essere presentati soltanto i problemi e quello che è già stato fatto. Poi, in un secondo momento, possono essere affrontati i modi del come risolvere questi problemi. Dovrebbe esserci magari una maggiore informazione sul ..., cioè proprio presentare il problema, farlo capire, senza un'influenza di partito, cioè il problema così com'è. E poi, in un secondo momento, il ragazzo, dopo aver raggiunto la maggior età, dopo aver preso il voto, che è una condizione fondamentale per poter entrare in politica, perché se no, cioè uno può anche avere le idee, però non votando, non partecipa.
Tu dici quindi, c'è un bisogno di un periodo di preparazione e di studio.
STUDENTE: Io credo questo.
E questo è vero. Però io sostengo e penso che nel vostro studio e nel vostro studiare, dovreste studiare molto anche che cos'è la politica, quali sono le leggi del nostro paese, come funzionano i partiti. Questo non deve venire dopo. Secondo me, dovrebbe venire già nella scuola di oggi. Per esempio, voi avete letto nella scuola vostra un libricino, piccolo così - io ce l'ho nella borsa, non lo tiro fuori - che si chiama Costituzione della Repubblica Italiana? No, non l'avrete letto? Non ve l'hanno fatto mi leggere? Mai visto? Eh? Sì o no? L'avete letto? Eh, beh, allora lì già discutere sulla Costituzione significa discutere su quale è la società, quali sono i vostri diritti e come si può cominciare a cambiarla. Non vi vedo molto convinti.
Va bene, la mia conclusione è molto pratica. Adesso noi abbiamo discusso per parecchio tempo stamattina. Voi ci riflettete un momento e ci diamo appuntamento, con la televisione o senza la televisione, non so, vogliamo dire, di qui a un mese, a un mese e mezzo? E torniamo a discutere. O meglio, voi avete sentito. Mettetevi un po' insieme, chiedete anche ai vostri professori di farvi mettere insieme e discutete tra di voi sulle cose su cui abbiamo ragionato stamattina, in modo da farne uscire una cartellina, una cartellina e mezzo, di questioni, che non vi sembrano risolte o chiarite abbastanza o su cui voi avete maturato delle idee successive. Mi mandate questa cosa, a me. Io lascio l'indirizzo. Va bene? Prendiamo appuntamento e torno da voi. E allora però su questa sedia c'è uno di voi e mi dice ciò che è uscito fuori da questo incontro e da questa riflessione. Tra l'altro voi ne avete avuto uno prima con una persona che i conosco, un carissimo amico, De Giovanni, con cui avrete discusso altre cose. Tirate un po' le somme. Chiedete anche ai professori di aiutarvi a tirare le somme. E, se mi fate sapere che siete pronti a un secondo incontro, in cui prima di tutto parlate voi, io ci vengo anche molto volentieri e, se è necessario, ci torno anche una terza volta. Ve bene? Possiamo rimanere d'accordo così o non lo fate? Non avete voglia di farlo? Va bene?