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27/06/15

Democrazia, sangue freddo e determinazione

Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.

In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi  e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia. Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.
Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.

Greche e greci,

in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.

Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.

Greche e greci,

a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza  prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.

E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.

E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.

Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.

Per la sovranità e la dignità del nostro popolo
Alexis Tsipras


Fonte:  Testo integrale della lettera di Tsipras

09/12/08

"La lezione greca" su SenzaSoste.it

Con questo editoriale, lo confesso, voglio togliermi alcuni “sassolini” dalle scarpe, che tengo da alcuni anni, perché credo che l'Italia sia il regno dell'ipocrisia e delle cose non dette. Cercherò, inoltre, di astrarmi - cosa molto difficile per me - cercando di vedere con occhi non soltanto militanti, ma anche da “democratico” che cerca di porsi domande.
Certo farò dei parallelismi tra due paesi, Grecia e Italia, sorvolando sulle analisi socio economiche, che lascio ad altri, ma che ritengo, nei fatti di questi giorni, ininfluenti perché riguardano comportamenti e opportunità e non interventi politici.
Il primo parallelo con occhi di “democratico” me lo ha suggerito un tale, questa mattina al bar. Davanti agli articoli dei giornali sui fatti di Atene si rivolge ad un amico dicendo: “Certo, hanno ammazzato un ragazzino... Il Governo ha preso e arrestato immediatamente due poliziotti, il ministro ha chiesto pubblicamente scusa e ha rassegnato le dimissioni (poi respinte, n.d.a.). In Italia, invece, hanno assolto i poliziotti della Diaz e hanno detto che Carlo Giuliani è stato ammazzato per colpa di un 'calcinaccio'". Ascolto interessato la discussione quando l'interlocutore risponde: “Anche il Partito Socialista ha attaccato la polizia e ha chiesto le dimissioni del governo. In Italia invece, per il G8, la preoccupazione fu trovare il capro espiatorio che furono identificati nei Black Block (i facinorosi che attaccano la polizia). Invece di condannare chi sparò in testa ad una ragazzo...”.
E' chiaro che il governo greco è un'istituzione formata da un partito lontano da una gestione democratica del potere e della polizia, ma è anche vero che uno stato, membro della UE, ha preso una posizione ferma e immediata sui fatti, mentre tutti ricordiamo i giri di parole del governo italiano e, soprattutto, dell'opposizione sui fatti di Genova 2001. In Italia abbiamo assistito a poliziotti incatenati davanti alla questura per protesta contro chi li accusò e condannò per i pestaggi nella caserma di Napoli, ma non si è mai vista una manifestazione di massa dei partiti della sinistra davanti ad una questura o una caserma. E questo perché si riconosce, anche davanti agli omicidi, una legittimità democratica a chi, negli anni, non negli episodi, ha ampiamente dimostrato di non saper cosa è la democrazia, nemmeno quella che un tempo definivano “borghese”.
Dal punto di vista militante il quadro, in questo parallelismno forzato, e ancora più desolante, per chi come al sottoscritto, poco importa del teatrino politico delle istituzioni e dei partiti.
La rivolta generalizzata in Grecia ci deve insegnare molto. Ci dimostra, in tutta la sua crudeltà, gli errori fatti dal movimento a Genova e dopo. Ci insegna che gli scontri non si simulano né si concordano con la polizia, ci racconta di quanto fu illusorio e sbagliato l'allargamento del movimento a gruppi lontanissimi tra loro per modalità e forme di fare politica, ci dà una visione corretta del concetto di “non violenza”. Ci mostra come la sinistra anticapitalista greca (anche quella presente in Parlamento) non si è dissociata dagli scontri e non ha cercato alibi, come fece, invece, Agnoletto a suo tempo. Ci deve far capire fino a che punto lo Stato si può permettere di reprimere e ci insegna come reagire alla crisi.
Ma più di tutto ci mostra un'altra cosa: la rivolta di domenica, che ha portato al tragico omicidio di un 15enne, è nata dalle proteste contro la riforma scolastica del governo greco, una riforma che, se messa a confronto di quella italiana, è una barzelletta, una storiella buffa in un contesto di crisi economica che la nostra generazione non immaginava nemmeno possibile. In Italia, l'Onda (che adesso pare più una risacca) ha speso troppo del suo tempo nell'affermare di essere "apolitica" e nel differenziarsi dal '68, come se fosse una grave onta, invece di rivendicare una continuità, se non politica almeno morale, con le lotte anticapitaliste che dal vituperato '68 francese hanno rivoltato il mondo per almeno un decennio.
L'Onda ha invece inutilmente invocato il Capo dello Stato come se davvero fosse garante di qualche cosa e non uno dei tanti attori (o burattini) delle istituzioni economiche nazionali ed internazionali.
Almeno una cosa quest'Onda dovrebbe fare propria dall'esperienza del '68, dovrebbe capire e applicare una delle frasi più celebri pronunciate in quegli anni da Ernesto Che Guevara: “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo”: se così fosse i giovani che oggi scendono nelle piazze contro la Riforma Gelmini dovrebbero sentire come proprio il dolore che oggi sentono i giovani greci ed avrebbero sentito il dovere morale di esprimere la solidarietà dovuta, con il linguaggio che li dovrebbe accomunare, la rivolta.
Una cosa mi fa sperare ed è il comportamento tenuto dall'informazione sulla vicenda greca. Una informazione pilotata che ha chiaramente paura che la Grecia possa simboleggiare quello che la Francia simboleggiò con il suo Maggio. Repubblica Tv corre a dire che il ragazzo ucciso era di “buona famiglia” e che gli scontri sono creati dalla sinistra estrema che cavalca la protesta. Il Tg1 dà la notizia sulla morte del giovane greco parlando testualmente di ragazzo "ucciso per errore", quando invece i due poliziotti sono stati arrestati per omicidio volontario.
Come sempre accade la TV di Stato fornisce la versione della polizia (tra l'altro smentita pure dal governo) e non cita i testimoni oculari che hanno fatto sì che i due poliziotti fossero arrestati.
Che davvero la Grecia del 2008 sia la Parigi del 1968?

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