“Dai, prendiamo un panino. Posso offrirvelo io? Facciamo in
fretta. Anzi, facciamo così… non ci siamo ancora nemmeno presentati. Io sono Alberto”
“Luciano”
“Ersilia”
I ragazzi gli stringono la mano e sembrano rilassarsi.
Alberto entra nel bar che aveva adocchiato e che già conosceva.
“Mi prepara un panino?” Chiede alla barista indaffarata. “Voi?
Cosa prendete?” Domanda poi, sorridendo,
ai due ragazzi.
Nessuno gli risponde, la barista continua a fare attenzione
alla macchina del caffè, i ragazzi sono presi da un vassoio colmo di cornetti
da cui proviene l’odore inconfondibile di marmellata calda.
“Eh… oggi non è giornata… non riescono a farla partire… “
Gli si è avvicinata una donna. Lo guarda come se lo conoscesse,
ma Alberto fatica a ricordare, poi improvvisa arriva l’illuminazione.
“Carla! Ciao, come stai?”
I due si abbracciano, si baciano sulle guance, solo le loro
mani indugiano un attimo in più prima di lasciarsi. Lei gli è di fronte. Poggia
il braccio sinistro sul bancone e lo fissa.
I capelli, appena ondulati, le circondano il viso fino a
riposarsi sulle spalle nude. A intervalli regolari il ventilatore, che li
sovrasta, le sposta una ciocca, subito rimessa a posto con un movimento rapido,
quasi invisibile. Indossa un vestito leggero, alla Bardot. Un delicato gioco di
colori che le fascia il corpo: i fianchi stretti, il seno da immaginare.
“Prendi qualcosa?”
L’orologio riprende a scorrere. Carla accenna un no con il
capo, poi gli porge veloce la mano.
“Sto per andare ora, è tardi…”
Alberto china la testa come per trovare le parole.
“Mi raccomando sentiamoci… - riesce a dire - hai ancora il…”
La frase però non si conclude. Carla è già fuori dal locale.
I ragazzi, di cui si era scordato, lo guardano come fosse un vecchio cartone in
bianco e nero rimesso in onda.
0 commenti:
Posta un commento