Leggendo questo post in un blog spagnolo, sebbene datato, sono rimasto molto colpito.Perdonatemi dunque se per una volta non parlerò di web 2.0 o dell’ultima diavoleria della rete.
E’ un po’ di tempo infatti che mi viene da pensare, alla notizia di un decesso, a che cosa può accadere ad un blog nel momento in cui il suo autore, per cause drammatiche, non può più continuare a redigerlo. Esso inevitabilmente cadrebbe in mano altrui.Vi racconto brevemente la storia di Simon, un blogger americano assassinato nel maggio del 2005.
La polizia ha potuto arrestare l’assassino perché prima di morire lo sventurato ragazzo diciannovenne nomina il suo boia nell’ultimo post: “Il ragazzo di mia sorella è qui, sta fumando e girellando dappertutto, spero che se ne vada al più presto”.Questo è stato il suo testamento: soltanto il tempo di cliccare il bottone per pubblicare l’articolo prima di essere ucciso.
L’assassino ammazzò anche la sorella e se ne andò tranquillo a vedere la semifinale dell’NBA. Pensava di non aver lasciato tracce del suo crimine efferato, ignaro che Simon lo aveva menzionato nel suo blog alle 5.05 del pomeriggio, mentre si era impossessato di casa sua fumando, mezzora prima di eliminarlo. Quel post è stato la vendetta postuma al suo crimine.
Simon era un ragazzo come tanti, appassionato d’informatica, che scriveva regolarmente. Il suo penultimo post aveva avuto 10 commenti. L’ultimo, nel momento in cui scrivo, 4261…I commenti post-mortem lo hanno reso in qualche modo famoso.
Una brutta storia di cronaca, come tante altre purtroppo, che m’induce a una effimera riflessione.Quando muore un blogger muore anche la possibilità di modificare il suo blog, esso cessa di appartenere ad una persona viva cominciando a diventare patrimonio di un fantasma e di quanti continuano a redigerlo attraverso i commenti.
Mi viene da pensare che, col tempo, la rete sarà piena di blog privi di un padrone che non potrà più aggiornarli. Blog alla deriva, pieni di post sbiaditi e inconcludenti e di parole ormai prive di contenuto.
Forse i lettori non sapranno mai se il blogger è morto, penseranno che si è stancato o che non vuol più scrivere. Molte storie quotidiane rimarranno congelate, la morte si aggirerà in silenzio, osservando lo spider di Google aggirarsi nel codice.
Il tema, sebbene macabro, mi pare di straordinaria attualità. Un giorno il blog di nostro figlio avrà un link al nostro che non potremo più editare: è la maledetta realtà, non ci possiamo fare proprio nulla…
Cito tra tanti Matt Mullenvweg (creatore di WordPress, la piattaforma con cui edito queste pagine) che in un certo senso, soltanto pochi mesi fa, vagheggiava la tematica sostenendo (in modo molto più leggero del mio) che “entro venti anni ci sarà un presidente che oggi ha un blog e la gente tornerà a leggerlo per vedere ciò che aveva detto“.
Fonte testo: http://www.maestroalberto.it
Ho letto stamattina il tuo post, e mi ha molto colpito. Tra l'altro, proprio in questi giorni, sono particolarmente "sensibile" all'argomento "morte" (ci ho fatto un post). Ma tu, nel tuo, affronti un altro tipo di morte: quella del blog.Io ho sempre considerato il blog una mia "appendice", che mi consente di esprimere contenuti che non potrei io esprimere altrimenti, nella mia vita reale, e di farlo con toni "sospesi" e leggeri. Più di una volta mi sono chiesta cosa potrebbe succedere al mio blog se io dovessi, per un qualche improvviso motivo, morire...Come dici tu, molti potranno pensare semplicemente che mi sono stancata a scriverlo...E non sarebbe male...Magari lui continuerebbe a "vivere" con i commenti degli altri...Ma...io non ho mai avuto velleità, nè di fama, nè di lunga vita, nè, tanto meno, di continuare dopo la morte a "rompere le scatole"..Dunque, penso che per quelli che la pensano come me, la soluzione al "problema" di questi "cadaveri" nella rete, possa essere quella di sottoscrivere una specie di accordo all'inizio con la piattaforma che edita il blog, dichiarando che, se per un certo "tot" di tempo, da concordare, non si pubblicano più aggiornamenti , che oscurino il blog. Però, in fondo, mi piacerebbe che esistesse, allo stesso tempo, pure una sorta di "cimitero", nel web, dove poter trovare questi blog oscurati, di cui non si conosce, o non in tutti i casi, il motivo (se la morte o altro) che li ha fatti diventare "fantasmi" e poter così avere ancora la possibilità di leggere qualche blog conosciuto, che magari ci era caro..
RispondiEliminacosa dici Dasada?! allora un blog può essere un investimento con la probabilità di crescere dopo la nostra morte o se sfondiamo nella vita...che ne so,presidente,filosofo,attrice,inventore di wormhole a pagamento,o jacklosquartatore...
RispondiEliminaFrida il post non è mio (è scritto sul titolo e sul link di riferimento finale):-) Le domande che ti sei posta ed i pensieri son gli stessi che mi sono frullati in mente leggendo sul blog di maestroalberto :-) non ho risposte ma in effetti c'è un cimitero dei blog, lo trovi a questo indirizzo: http://www.liberoweb.net/cimitero-dei-blog/
RispondiEliminaHanna sono le nostre "mollichine" :-) magari lasceremo percorsi di cui ci pentiremo o forse diventeremo territorio di esegesi letteraria ;-)
RispondiEliminaEhm...sono distratta, vero? E come negarlo, ormai? ;-) :-)
RispondiEliminaHo già girato il commento, e la tua risposta al commento, a Maestro Alberto.
Ciau!
Nessun problema Frida, era un bel commento il tuo :-)
RispondiEliminaCaro!
RispondiEliminaTi alzi presto a cliccare sul tuo blog...ne sei presoooooo?!
...
Sei incontaminato!
Pentirsi della vita vissuta!
ma quanto mai?!
...
Dimmi piuttosto,se tra qualche anno nelle scuole non ci scapperà una materia di visitare blog letterari di mezzo secolo fa e estrapolare il senso della società,della cultura...
Hanna è necessità (sono uno dei tanti pendolari) e abitudine. La sveglia è alle 5 :-).
RispondiElimina...
Non ho mai rinnegato le cose fatte
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L'anno scorso mi sono divertito a gestire un blog scolastico con i "miei" bimbi... sì credo che si arriverà ad una sorta di archeologia del web :-)