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25/05/14

Tapirulan (2008-2014)

Robert Doisneau

che a disegnare petali
ci riusciamo
con la lingua sulla pelle a sussurrare
o le foto di Doisneau e le sue facce
riesumate
dai mille paradisi della morte

che a disegnare petali ci riusciamo
ti ripeto
e sei tu questa notte che si inventa
ma nessuno
e questo nudo
in vetrina a reclamare e vecchi
fiori di bistrot
collezioni

che la bambina dei graffiti non esiste
è Mademoiselle Anita
ma a disegnare petali ci riusciamo
mi rispondi




"io ho dentro ciò che non si mostra"

Questo ti chiedo
che di quello che non dirò
di ciò che non vedrò
tu faccia segreto

a me
prima ancora che a te stessa




Ottavia 

Questo interstardirsi,
il voler a tutti i costi
precipitare,
alla fine mi rende il ragno quasi amico.

Attendo solo sia il quieto bozzolo
di me nei giorni grami a ricordarti,
il soffio leggero
di uno svagato misterioso
dondolare.




Carni fa carni, pani fa panza, vinu fa danza

Qui,
nella trappola delle piccole cose a portata di mano,
far bottega dell'anima.



a te ti

a te ti vorrei dire che ti amo
che te tu mi inzuccheri il mattino
come una brioche calda, come un panino
come ogni buona cosa che mangiamo

a te ti vorrei dire che ti voglio
che te tu non sai nemmeno quanto
o forse sì, quando mi stai accanto,
che questo però non si scrive su di un foglio

a te ti vorrei dire che ti sogno
che te tu sei per me in ogni cosa
nella merda, nella terra, nella rosa
e di pensare questo, oh no, non mi vergogno.




Tapirulan 

21/05/14

Cicciuzzu Babbaluci

"Carusi cià finemu?"
Cicciuzzu Babbaluci arristau famoso per questa frase che toccava a lui chiudere il campetto quando faceva scuro oppure che iniziava a chioviri.
Ciaveva la baracca arreri alla chiesa. Ammucciata da una mimosa che a quei tempi era ancora gigantesca che non cerano ancora le feste dei fimmini a fare danni. Il prete lo lasciava stare che fastidio non ne dava e poi quello si sdebitava che teneva a posto il campetto e controllava i minchiuni che non facessero danno. Cicciuzzu era spuntato che nessuno sapeva da dove e neanche dallaccento si capiva che qualcuno diceva macari che non era catanisi e che di certo era del nordi. Tutti ciavevano dato quel nome perche era bravissimo a pigghiari i babbaluci nella campagna e sembrava che mangiava solo quelli. Doveva avere una quarantina di anni Cicciuzzu ma pareva già vecchio con la panza tunna ca nisceva senza crianza sutta a cammisa sempri lodda e i capiddi che sembravano spuntare a uno a uno unni cazzu ci pareva a loro.
Insomma non era proprio un belluomo e per questo una volta io e Vincenzo ci trovammo a fare i detectivi che era sira e lo vistimo entrare dentro alla sua casa con quella che pareva una fimmina. Certo erano fatti suoi ma insomma noi eravamo carusi e poi cera la possibilità di viriri cose nuove e uno non si poteva tirare indietro. La baracca però non ce ne aveva finestre e così noi lunica cosa che riuscimmo a scoprire fu che mentre si fa zummizummi la gente pare che si lamenta e ietta vuci macari e che la fimmina sarebbe tornata il giorno dopo che sarà che la cosa le era piaciuta.
Fu Vincenzo ad avere allora lidea. Che aveva notato un pezzo di lamiera messa male e così mentre Cicciuzzu ci faveva le linee al campo noi sistemammo il nostro posto del cinema che trovammo macari due bidoni per assittarici. Non lo sapevamo che lappuntamento era stato spostato oppure che era sautato e per un po' non ce ne furono altri che quasi ce ne scordammo di quellavventura.
Lanno dopo il prete ci portò al rifugio nella montagna che dovevamo priare a tempo di pasqua e portò anche lui con noi che nellautobusso si vedeva che era felice.
Fu la seconda matina che successe tutto. Ero andato a pisciare che il sole era appena spuntato e nellaria cerano ancora tante goccioline e friscu nelle mie ossa. Cicciuzzo era arreri a un castagno e non era da solo che la fimmina del campetto u stava priannu inginocchiata davanti a lui.
Ciaveva una faccia beata. Quel cristiano era proprio felice. Un santo pareva.
A mia un po' mi dispiaciu di spiarli ma tutta la scena era come a un film con leffetti speciali che dalla tigna ci partiva come a un arcobaleno e lui spingendole la testa o funnu allimprovviso gridò:
"Ifixcencen!"
E io lo capii solo in quel momento che u Babbaluci era Pontello. Mimmagginai di vederlo preciso preciso come nelle immaginette che tenevamo ammucciate sutta il letto. Era solo che era invecchiato e io prima non lavevo riconosciuto.

 Scritto per l’EDS arcobaleno della Donna Camèl, insieme a:

- Tramonti di Angela
- La grande bolgia di Stefano
- Il professore delle favole di Hombre 
- Bazar di Melusina
- Avventura al Policlinico di Il coniglio mannaro
- Il morbo infuria di Melusina
- Magia al Polo Sud di Michele
- Madonna segreta di Gordon

20/05/14

Garbino

Allora, nei giorni del secco vento,
potremo anche scegliere
di danzare  nudi
tra le stanze, di scivolare,
nascosti da una meta,
in misteriose città d'oltretorrente.
Allora, sì. Ora, però,
tremi e  io,
io non so far altro
che annodare e disfare sogni,
mareggiare.

18/05/14

L’uómmene di Assunta

L’uómmene pe mé só state chiuove
cadàvere de sole sópe o fiume
circhje de fuoche p’allazzà a lune
e àrdele cume appene a guardaje

Si téne nu mualepunde criste mije
falle murì mò ca è peccenénne
accussì pregaje notte e juorne mamme
penzanne de fermà a malasorte

Oje mammarella mije, destine e cazze
ósce só na farfalla mbusumuate
na fémmene ca nun póte cambià a mute
pecché re ssuale de préte nge ha fatte

qual’amore, quala morte, nessciune
me póte aìtà, só acqua passate
rame de presche da u viende snervate
e fenute pe cunduanne a restà ‘n vite


Gli uomini per me sono stati chiodi / cadaveri di sole sopra il fiume / cerchi di fuoco per stringere la luna / e bruciarla non appena la guardavo // Se avrà una mala vita cristo mio / falla morire adesso ancor bambina / così mamma pregava giorno e notte / pensando di fermar la malasorte // O mammarella mia, destino e cazzo / oggi sono una farfalla inamidata / una donna che non può cambiar la muta / perché il sale di pietra gliela ha resa // quale amore, quale morte, nessuno / può aiutarmi, sono acqua passata / ramo di pesco dal vento snervato / e finito per condanna a stare in vita

 Assunta Finiguerra, da Solije, Zone Editrice 2003.

Fonte:   http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/03/26/assunta-finiguerra/

12/05/14

Pinocchio

Attendo una scia d'arcobaleno,
la lumaca
nella notte, il lumicino
di una tremolante speranza
tra i morsi della fame e il dolore.

Taciturno lotto con l'amore,
che non rimanga l'anima
incastrata nell'uscio,
che non sia di gesso
quella rima
cuore.



Scritto per l’EDS arcobaleno della Donna Camèl, insieme a:

- Tramonti di Angela
- La grande bolgia di Stefano
- Il professore delle favole di Hombre 
- Bazar di Melusina
- Avventura al Policlinico di Il coniglio mannaro

11/05/14

wheel

Sul marciapiede è un vecchio bozzo
a coprire la radice, poi subito dopo
ancora un altro, che non vedo.

Radicarsi, crescere. Rimuovere
il male fino al colletto,
disseccare il rigoglioso fusto.

Vacillo. A non stare attento
rischio di cadere su queste vecchie ruote,
ma è solo che continuo a pensarti.

10/05/14

07/05/14

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