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31/12/13

Auguri


[..] a tutti i grandi sognatori.
A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore, a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.
Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai "vincibili" dunque, e anche agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali, ancora si sente invincibile.
A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.
A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene...
a tutti i teatranti.

Fonte

30/12/13

Amleto - 4 -



 
"Buongiorno!"
Il vecchio Don Nico li talia con la faccia schifata mentre loro accumenciano ancora a prendere vita.
Vicino a lui so mugghieri e dietro una carusidda che Tino la riconosce subito. E' quella del filmi. E del sogno macari. E non può essiri si dice nella testa Tino ma poi non ci fa più molto caso a questo pensiero che limportante è che quella esista. Carmelo accumencia a fare un po' di ordine ma sua madre lo ferma subito e si leva il cappotto e si mette addosso una vestaglietta e pigghia lattrezzi.
"Sistema i valiggi" ci dice e Carmelo ubbidisce come a un cani vastunato.
"Gemma tu aiutalo che quello è un incapace"
Tino fa subito mente locale che vuole sapere tutte le persone e le femmine soprattutto che lui ha conosciuto e che si chiamano Gemma ma non ce ne vengono in mente nessuna e mentre cerca di ricordare non ci leva gli occhi di dosso a quella che ha di fronte anche se lei ha già cangiato stanza e di suo è rimasto solo il ciauro di una cosa buona.
"Lopera dei pupi!" ci veni alla fine nella testa. "Sì! Lopera dei pupi"
E una fimmina che combatteva e che si chiamava accussì Gemma. Gemma della Fiamma.Se la ricorda Tino che ciaveva anche uno zito quella che si chiamava Erminio della Stella d’Oro. E ora che ci torna tutto in testa e ricorda anche. Lui cera rimasto male che quello era stato lunico spettacolo dei pupi che aveva visto e non cera Orlando e Rinaldo e neanche quel traditore di Gano cera.
Insomma lui era nico ma cera rimasto male lo stesso che lui a quelli si aspettava. Che così ci avevano detto.
E mentre Tino pensa a queste cose nemmeno se ne accorge che il vecchio si è seduto a tavola e si sta pigghiannu il loro caffè e ora si accende la sigaretta e li osserva a uno a uno fino a quando si siddia e astuta la cicca dentro alla tazza e si susi e la faccia è ancora schifata.
"Iu minni staiu iennu a cuccarimi" ci dice alla moglie e poi sparisce.

29/12/13

Amleto - 3 -



La casa è tutta o scuru. Tino si alza dal divano e sciddica quasi che a terra cè ancora il suo vomito. Riesce per fortuna a tenersi a una sedia ma il rumore richiama gli altri che alzano la testa e lo guardano stupiti. Giacomo è ancora assittato con le carte nelle mani e non si capisce cosa sta facendo che di sicuro non si vede niente. Michele invece va ad alzare la tapparella e all'improvviso una lama di luce taglia la stanza e ci dà vita come se prima tutto fosse stato interrotto e ora partissi di nuovo il cinema. Carmelo che dormiva davanti alla televisioni astutata si susi. Urla:
"Chiffà nu facemu un cafè?"
Gli altri non rispondono ma non cè bisogno.
Tino si leva le scappe. Le controlla che quella di sinistra ciavi attaccati pezzi di pizza e muco ancora denso. Poi li abbia di lato. Pigghia uno straccio nella lavanderia per puliziare e si inginocchia che tutto è difficile. Gli altri invece accumenciano a furiare senza parlare e senza sapere bene quello che stanno facendo. Solo Concetto sembra un po' più sveglio e si lava la faccia nella pila e si mette il giubbotto e nesci che gli altri non capiscono ancora cosa sta succedendo ma non ci riciunu nenti che non ce ne hanno forza di parrari. Quando lui torna la cafittera da dodici ha appena iniziato a fiscari. Nelle mani ciavi una guantera con le raviole di ricotta appena sfornate che appena apre il pacco il ciauro di cannella riempie la stanza.
Stanno ancora mangiando quando suonano alla porta ma nessuno ha voglia di aprire. Carmelo alla fine si susi che è lui il padrone di casa e gli altri continuano come se niente fosse. La testa è un flipper impazzito e il corpo un palloncino sgonfio pieno di purtusa.

27/12/13

Amleto - 2 -




Rommi Tino e mentre rommi ci pari di esseri dentro il filmi e il diavolo ci parra macari a iddu e solo che è un diavolo gentile che ci discute come se fosse un amico.
Sono a casa di Carmelo assittati a tavola. Quello sta fumando una sigaretta e beve il vino. Deve essere vino di quello buono. Di quello che costa assai perchè anche Tino lo sente nella bocca anche se non cià il bicchiere davanti. Parlano e Tino ci cunta della partita e del palo che ha preso e il Diavolo sorride come se lavesse vista veramente lazione. Come se fosse stato lì. Poi però succede che cambia la scena e loro ora sono assittati a un tavolino del bar. Non lo sa Tino che bar è. Sa solo che anche questo è tutto elegante e cè un gran passio anche se loro sono gli unici seduti in mezzo a tanti tavoli vuoti. Però è come se il loro posto fosse in mezzo alla strada anche se non ne passano machine. Anche se non si sente niente oltre i passi della gente.
Il diavolo in mezzo alle cosce cià una bocca che va su e giù e ogni tanto nesci fora una lingua lunghissima che lo attorciglia tutto come a una corda. Cè solo quella bocca e il diavolo però è tranquillo che si mangia la sua granita e guarda i passanti mentre Tino non riesce a non fissare quelle labbra e sente come a una fitta che lo sa che però è solo desiderio.
"Vuoi che te la passo?"
"Ammia mi piacciono tutte intere"
"Come quella?"
Il diavolo indica con il dito e lindice si allunga fino a toccare le minne di una fimmina dellaltro lato della strada. Lei è a terra. Appoggiata con le spalle al muro come a una che chiede lelemosina. Ha gli occhi bassi prima che quel dito la tocchi ma quando li alza Tino si accorge che è cieca. Lei afferra con le mani quel dito e se lo porta tra le gambe e inizia a mimare. E il suo ventre è la bocca e il dito è il battagghiu del diavolo che le cose si confondono negli occhi di Tino e lui si vergogna e ora fissa i so peri. Ma ecco che la scena cambia di nuovo e inizia a volare u carusu e cè lei con lui e finalmente la riconosce. E' quella del film.
Allimprovviso tutto diventa confuso e Tino sa solo che quella è la campagna che ha visto alla televisione e loro si abbracciano e fanno lamore anche. Velocemente. Fino a urlare. Poi quando si sveglia invece cè lha ancora duro e una grande macchia nei pantaloni.

26/12/13

Amleto - 1 -








Tino è a casa dei suoi amici che ci ha passato la serata. Dorme ora ma prima invece viveva. Gli altri sembra che nemmeno lo sanno che nemmeno se ne accorgono che lui runfa sopra al divano.
Michele e Concetto assittati ancora al tavolo parrunu di fimmini e sinventano storie che lo sanno anche loro che sono minchiate epperò ci si divertono. Carmelo talia la televisioni solo che non si è accorto che il segnale sé fermato e allora  ci sembra che quella faccia  ferma  nello schermo lo vuole sfidare a cu chiuri prima locchi. Giacomo invece si fa un solitario con le carte che solo lui conosce le regole e nel frattempo finisce la seconda bottiglia di uischi che si sono accattati tornando a casa nel nuovo negozio dei cinesi allangolo.
Sono tra quelli del calcetto. Che loro si vedono una vota o misi e quasi sempre sono diversi che non si sa mai chi è libero e chi manca. Finita la partita Tino si siddiava a tornare a casa che già era tardi e accussi ha deciso anche lui di farisi puttari una pizza e le birre macari che la casa di Carmelo è libera I suoi non ci sono. Sono partiti a trovare per Natale la figghia alla Germania che quella si è diplomata e ha trovato il travagghio e loro vogliono essere sicuri che tutto è a posto.
Alla televisioni prima cera un filmi in bianco e nero. Un filmi stranu che cè una fattucchiera che ci piace uno che si chiama Antonio e che però vuole sposare a unaltra. E allora lei la fattucchiera ci abbia il malocchio a quello e poi ci succedono altre cose nella storia come un bambino morto che la cunotta o il prete che ci mette le mani addosso e il Demonio che ci parla macari e tante altre avventure che alcune possono essere macari vere e altre invece sono solo minchiate.
Tino talia e vivi e a un certo punto non lo sa più quante birre ha vivuto che il tavolo è pieno e ci viene di parlare e allora si metti assittato sopra alla seggia con la panza appoggiata allo schienale e i iammi aperti e accumencia a gridare che prima però con un fiscuni ha attirato lattenzione di tutti:
"Io vi vulissi sulu riri che ammia... ammia non minni futti nenti di tutto. E questa è la verità!"
E dopo queste parole Tino accumencia a scuncittari che nello stomaco non ci rimane più niente e la testa furia e furia e attorno a lui tutti arrirunu che non lo sa se lo stanno pigghiannu pò culu o stannu pinsannu e sò cazzi ma lui non se ne preoccupa che ora si sente più leggero e si susi e si sdraia nel divano e saddummisci.


ps Il film è questo

23/12/13

[fotografare l'attimo - 23/12/2013] Questionario di Proust


Il tratto principale del mio carattere
La lentezza dettata dal dubbio.

La qualità che desidero in un uomo.
L'onestà.

La qualità che preferisco in una donna.
L'accogliere.

Quel che apprezzo di più nei miei amici.
L'esserci al di là dei miei errori.

Il mio principale difetto.
L'attendere senza agire.

La mia occupazione preferita.
Amare

Il mio sogno di felicità.
Condividere con chi amo

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia:
Non aver conosciuto l'amore.

Quel che vorrei essere.
Il Nilo.

Il paese dove vorrei vivere.
Quello in cui la libertà di ognuno è la libertà di tutti.

Il colore che preferisco.
Il rosso dell'autunno.

Il fiore che amo.
Gelsomino.

L'uccello che preferisco.
Il falco

I miei autori preferiti in prosa.
Oggi Isaac B. Singer e Calvino

I miei poeti preferiti.
Oggi Wislawa Szymborska e Magrelli

I miei eroi nella finzione.
Don Chisciotte e Kayser Söze

Le mie eroine preferite nella finzione.
Modesta [ L' arte della gioia]

I miei compositori preferiti.
Cohen, Conte

I miei pittori preferiti.
Leonardo da Vinci, Modigliani

I miei eroi nella vita reale.
Peppino Impastato, Ernesto Che Guevara

Le mie eroine nella storia.
Rosa Luxemburg

I miei nomi preferiti.
Quelli della tradizione

Quel che detesto più di tutto.
Fallire senza riuscire a giustificarmi

I personaggi storici che disprezzo di più.
I cortigiani di ogni epoca

L'impresa militare che ammiro di più.
La battaglia di Dien Bien Phu

La riforma che apprezzo di più.
Le otto ore lavorative

Il dono di natura che vorrei avere.
La parlantina

Come vorrei morire.
Facendo l'amore

Stato attuale del mio animo.
Apatia triste

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza.
Quelle che potrei commettere o che ho commesso

Il mio motto.
Pedagogista per titoli, maestro per passione, scribacchino per necessità


In Foto : Questionario di Proust

22/12/13

Testamento di Claudio Orlandi


Le mie braccia alle formiche
Le mie mani ai mugnai
Le mie orecchie alle foglie
I miei occhi ai fiorai

Tutta la dolcezza ai vermi
Tutta la dolcezza a te


Le mie gambe alle catene
Il mio fegato ai pollai
La mia gola alle cicale
La mia testa a Salomè

Ma tutta la dolcezza ai vermi
Tutta la dolcezza a te


La mia schiena agli specchi
Il mio sangue alle querce
Le mie spalle alle bandiere
Il mio cuore agli operai

Ma tutta la dolcezza ai vermi
Tutta la dolcezza a te!

Fonte:  http://www.progettopane.org

21/12/13

14/12/13

targhette

io ci sono momenti che non ne ho parole e giro e talio e vivo come sempre che se è per quello io continuo a mangiare e a camminare come prima e a guardare e a rispondere e a salutare macari ma non ce lho lo stesso le parole che quelle sono fuggite sono scappate e lo decidono loro quando tornare a farimi compagnia. a darimi la loro libertà.
io ormai le conosco a quelle cornutelle e le lascio fare e non ci casco a questi sghezzi. e certo un po’ mi preoccupo perché non ci so stare bene senza a idde  ma ho fiducia che in fondo non le ho mai trattate male a loro e certo questo qualche cosa vorra dire.
oggi infatti sono tornate che io ero sopra il treno e aspettavo di scendere che non ce ne avevo fretta che ormai ero arrivato e mi aspettava solo la bicicletta per tornare a casa a mangiari e cuccarimi poi che la giornata era stata dura.
proprio prima della porta della carrozza accalai locchi. io lo sapevo che ci trovavo. cerano i posti riservati che io li ho sempre chiamati così che per questo non mi ci sono mai seduto che poi se ti capita ti devi alzare e macari non ne trovi di altri. cerano questi posti riservati dicevo e però alla parete non cera scritto nenti. non cerano le parole che conoscevo. che a me mi sembra che cerano sempre state. non cera proprio scritto nenti. e macari è accussì da un sacco di tempo ma io non ci avevo mai fatto caso che le cose quando ce le hai sotto agli occhi è sempre una scoperta se ci metti tannicchia di attenzione. al posto di vecchi al posto di mutilati al posto di donne incinte al posto di donne con picciriddi al posto di queste cose cerano solo quattro disegni nichi nichi. che uno lo doveva capire bene che stavano a significare.
e allora io mi sono accorto che le parole invece a me mi erano ritornate. che avevo voglia di raccontarla questa minchiata. ero contento insomma ma qualche cosa dovevo fare per quelle altre che le avevano fatte sparire. e io allora per protesta ho chiuso gli occhi.

10/12/13

Nubi pulviscolari di Andrea Pomella

"Ultimamente mi è capitato di leggere libri di racconti che vengono presentati come romanzi con la scusa che i racconti sono “legati tra loro da un filo sottile”, il timore è che se li presentassero per quello che sono, cioè per dei racconti, i lettori ne risulterebbero spaventati. Nel mondo dell’editoria dire “racconti” è come in politica pronunciare la parola “patrimoniale”. Perciò ci si attacca a quel filo sottile sperando che il lettore non si scoraggi dalla esasperante brevità delle storie. Ciò che risulta poco chiaro è che anche in una raccolta di racconti “puri” scritti da un qualsiasi autore esiste un filo sottile che unisce le storie, anche nel caso in cui le storie narrate non abbiano nulla in comune l’una con l’altra, né per ambientazione né per personaggi o temi ricorrenti, se non altro perché a scriverle è la stessa mano. La questione è che il racconto rilascia attorno a sé una nube pulviscolare molto più estesa di quanto non faccia il romanzo, il racconto agisce sul sottaciuto più che sul detto, e questa è la forza che lo rende facile alla connessione.[...]"

Fonte:  http://andreapomella.wordpress.com

07/12/13

zebre e savane

io a quella voce che mi urla nella testa a quella voce che azzanna che ordina io a quella voce non ci ho mai creduto e neanche le prime volte che tappavo le orecchie e chiudevo gli occhi e la mia bocca si serrava e lei mi diceva mi sussurrava io non ci ho mai creduto e cercavo di farla capire questa cosa a quelli e ripetevo e ripetevo ma loro i bianchi i medici i dottori che mi guardano i dottori che mi strappano il vestito nuovo della festa che mi tirano le braccia i dottori che mi uccidono i dottori non mi vogliono credere non mi vogliono credere i dottori e mi spogliano e mi tolgono tutto e le mani le mani mi toccano tra le gambe le mani le loro mani nella mia faccia sopra il mio seno le mani e poi il sangue il sangue che cola tra le gambe che scende che macchia il vestito nero il vestito della festa il sangue e ora la voce è la mia voce che urla che piange e qualcuno poi mi manda nella stanza della luce e tante volte tante volte ancora che tutto passerà dicevano tutto passerà e non ci sarà più nessuna voce e tornerai a casa e potrai bere la tua cioccolata che a me è sempre piaciuta la cioccolata che a me è sempre piaciuta e io lo ricordo ancora che avevo la mia tazza con Pluto che addenta un osso nella mia tazza solo che i colori erano tutti sbagliati tutti capovolti e Pluto era viola nella tazza che quella invece rimaneva bianca tutta bianca e avevo la mia mamma anche e la mia mamma diceva brava brava e rideva che a me è sempre piaciuta la cioccolata e la voce ancora non c'era e mamma rideva e poi piangeva piangeva tanto mamma che io non lo sapevo mica perchè piangesse ma poi lo ha fatto di nuovo che la casa bruciava e io ero dentro e poi anche lei bruciava e io avevo quei fiammiferi nelle mani quei fiammiferi e la faccia tutta nera e gli occhi e le mani nere e il vestito della festa anche che poi non l'ho più vista e la voce allora è arrivata e prima però mi hanno portato qui prima mi hanno legata stretta mi hanno legata e io piangevo anche io piangevo come la mamma come la casa che bruciava.
io a quella voce che mi urla nella testa io a quella voce non ci ho mai creduto anche se lei mi mostra le cose e mi dice guarda hanno lasciato qui quella forchetta prendila prendila guarda nascondila e io non l'aveva presa però avevo resistito che era stata la voce era stata lei che lei mi odia e lo sa che poi se la trovano c'è la camera c'è la camera se la trovano e io la volevo consegnare  la volevo solo consegnare ma nella stanza invece nella stanza attorno c'era solo sangue e quelli mi hanno trovato così che il dottore ha detto che se lo aspettava e la voce urlava uccidili uccidilo ma io ero legata ero legata e non sono stata non sono stata io non.
io a quella voce che mi urla nella testa io a quella voce non ci ho mai creduto non ci ho creduto a quella voce.

Il testo partecipa all'EDS Nero di Natale by La Donna Camèl. con:

http://lalineadhombre.blogspot.it
http://callmeleuconoe.wordpress.com
http://melusina.altervista.org
http://pendolante.wordpress.com
http://kermitilrospo.blogspot.it
http://milanocongliocchiali.blogspot.it
http://oraequilillina.blogspot.it
http://calikanto.blogspot.it
http://blog.libero.it/LaDonnaCamel

01/12/13

Rosa Parks ed Enzo Del Re

Rapporto di Polizia sull'arresto di Rosa Parks
Chissà se Rosa Parks era consapevole, quel primo dicembre del 1955, di compiere un gesto rivoluzionario, carico di dignità, di desideri di uguaglianza e libertà, certo non poteva prevedere il boicottaggio, da parte della popolazione afro-americana, dei mezzi pubblici di Montgomery durato 381 giorni e forse neppure la decisione della Corte Suprema, presa l’anno seguente, di bollare come incostituzionale la segregazione razziale sui mezzi pubblici dell’Alabama.
Forse, più semplicemente, Rosa Parks era veramente stanca, dopo la giornata di lavoro, e deve aver pensato che la fatica non ha razza e non ha colore,  che la stanchezza dei neri è uguale alla stanchezza dei bianchi e allora ha compiuto un gesto semplice e spontaneo: non si è alzata dal posto che aveva occupato.[...]
Fonte testo: Sciura Pina


comunque,  per giustificare il titolo...


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