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24/10/10

23/10/10

08/10/10

"Tele-comando" di Toppe

Vedo di riflesso – perché nonguardolatvnonleggoigiornali – su facebook, tra link e notizie che pubblica la gente, somma indignazione per quel tale necrofilo assassino. Video struggenti, frasi vendicative che traboccano emotività, come fosse successo alla propria sorella.
E penso che i media ci hanno proprio traviato i sentimenti. Ce li risvegliano a comando, anzi a tele-comando, montando insieme un po’ di lacrime in diretta, pescando dalla cronaca ogni tanto il mostro giusto per deviare l’attenzione, per indirizzare l’odio a capri espiatori ovvi, incontestabili. Anche Orwell l’aveva capito: per controllare le masse ci vuole l’Ora di Odio, da gridare collettivamente contro il nemico giusto.
Io riserverei alle notizie di violenza un angolino in fondo ai giornali, da mettere giusto per dovere di cronaca, per non censurare nulla. Perché non è su queste cose che la gente deve imparare a farsi un giudizio. Agli stupratori ci pensa le legge, Dio, o chi per lui. E’ inutile essere informati su morbosi dettagli investigativi riguardo a delitti che non giudicheremo.
Io voglio essere informata sui morbosi dettagli investigativi che riguardano le persone che voterò, ad esempio. Sui disservizi e gli sprechi che loro provocano. Sui particolari di una nuova legge che, zitta zitta, un giorno mi inculerà.
Sulle donne vessate regolarmente ma che non andranno mai in tv e non avranno mai giustizia. Su quello che succede nelle carceri, dove un borseggiatore impara a diventare serial killer, o, se gli va bene (!), si suicida. O nei CIE dove il diritto è sospeso.
E poi voglio le buone notizie. No, non quelle sull’economia che naturalmentelacrisièfinita o sul governo chevatuttoameraviglia. Voglio le buone notizie vere, che danno coraggio a chi ne ha bisogno. Quelle delle donne che denunciano gli aguzzini o delle vittime del pizzo che si ribellano. Quelle che un giovane può essere disoccupato ma anziché fare il punkabbestia sceglie di fare il volontario, e anziché sfogare la sua rabbia menando un africano mette su un’azienda sostenibile.
Vuoi mai che l’emulazione scatti verso qualcosa di meglio dei lanciatori di sassi dal cavalcavia.

Fonte:  http://toppe.altervista.org/

05/10/10

Non è un caso

Antonio Schiavone, Angelo Laurino, Roberto Scola, 
Rocco Marzo, Bruno Santino, Rosario Rodino' e Giuseppe Demasi.

''Non potevamo credere ai nostri occhi''. Cosi' il pm Raffaele Guariniello, al processo per i 7 operai morti in seguito all'incendio del 6 dicembre 2007 alla Thyssenkrupp di Torino ha cominciato questa mattina la sua requisitoria di fronte alla sezione della Corte d'Assise di Torino presieduta da Annamaria Iannibelli, per manifestare il suo sconcerto di fronte alle risultanze che le indagini seguite all'incidente stavano riscontrando.

Per Guariniello, l'amministratore delegato di Thyssenkrupp Italia Harald Espenhan, accusato di omicidio volontario, aveva accettato consapevolmente il rischio di un incidente anche mortale o di un incendio nella fabbrica torinese.

''Questo e' il primo grande processo in materia di sicurezza sul lavoro che si celebra in corte d'Assise - ha esordito il pm - perche' uno degli imputati ha agito con dolo''. Un dolo, ha spiegato Guariniello, contestato ''non per la gravita' delle conseguenze, ne' per la commozione che l'incidente suscito' nella opinione pubblica, ne' per dare una risposta alle famiglie delle vittime che invocano giustizia.

Certo - ha aggiunto Guariniello - sette persone morte e' una ferita non rimarginabile, ma la contestazione del dolo non e' frutto di una scelta emotiva o filosofica, e' una scelta meditata. Tant'e' che - afferma ancora Guariniello - nell'immediatezza dei fatti mai per un attimo abbiamo pensato di contestare il dolo''. Sono state le indagini, le perquisizioni nei locali e nei pc, spiega il magistrato, ''a farci scoprire perche' sette lavoratori sono morti'' a cominciare dalla decisione di ritardare investimenti di sicurezza sulla linea 5, dove divampo' il rogo, a dopo il trasferimento della stessa all'impianto di Terni. ''E' nostra opinione - ha detto Guariniello - che l'imputato Espenhan si sia rappresentato la concreta possibilita' di infortuni anche mortali e di incendi sulla linea 5 e che malgrado questo non abbia desistito dalla sua condotta. Non e' una caso che i lavoratori siano morti alla Thyssenkrupp di Torino - ha detto Guariniello - perche' sia l'impianto torinese che i dipendenti furono lasciati in condizioni di crescente insicurezza e abbandono''.

''Le vittime della Thyssenkrupp avrebbero potuto morire anche in altri modi in quello stabilimento e se non fosse capitato a loro avrebbe potuto capitare ad altri lavoratori in altri luoghi di quell'impianto''. Erano morti prevedibili, previste e nessuno ha fatto nulla per impedirlo. La tragedia della Thyssenkrupp e' insomma la cronaca di una tragedia annunciata in uno stabilimento alla deriva. Cosi' il pm Laura Longo ha proseguito la requisitoria avviata questa mattina dal collega Raffaele Guariniello nel corso del processo per i sette morti nell'incendio scoppiato il 6 dicembre 2007, giunto alla sua fase finale.

La Thyssenkrupp di Torino era una realta' anomala nel panorama del gruppo siderurgico, ha detto la Longo. La situazione di ''crescente abbandono e insicurezza della fabbrica torinese era la cornice in cui si inseriscono tutti i reati contestati''. Il pm ha sottolineato che lo stabilimento faceva parte delle industrie a rischio di incidente rilevante e che pero' era sprovvista del certificato di prevenzione antincendio. Gran parte dell'intervento della Longo e' stato dedicato a sottolineare il progressivo impoverimento di professionalita' dello stabilimento torinese, in vista della chiusura decisa nel 2005, a scapito della sicurezza, e a partire dai ruoli di gestione degli interventi di emergenza che progressivamente furono affidati, a persone non formate. Lo stesso capo turno Rocco Marzo, anche lui morto nel tragico incendio, e unico capoturno presente la notte della tragedia, non aveva avuto la formazione specifica per il ruolo che gli era stato affidato. Da parte dei responsabili dell'azienda, attraverso la prova delle numerose mail sequestrate ''non vi era nessuna intenzione di effettuare interventi di miglioramento della sicurezza (relativamente agli impianti antincendio, ndr)'', in vista del trasferimento delle linee allo stabilimento di Terni.

Fonte:  http://www.asca.it/

Janis Lyn Joplin (Port Arthur, 19 gennaio 1943 – Los Angeles, 4 ottobre 1970)



Big Brother and the Holding Company (Columbia, 1967)

Cheap Thrills (Columbia, 1968)

I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again (Columbia, 1969)

Pearl (Columbia, 1971)

Joplin In Concert (Columbia, 1972)

Greatest Hits (Columbia, 1973)

Janis Soundtrack (Columbia, 1974)

Farewell Songs (Columbia, 1981)

Janis (anthology, Columbia, 1993)

18 Essential Songs (Columbia, 1995)
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