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29/03/10

da "Ragazze" di Liana De Luca



La ragazza che fa la baby-sitter
per pagarsi gli studi di lettere
si è portata un volume di Euripide
che cerca di sfogliare inutilmente.
I due frugoli bene rimpinzati
ascoltano con il volume al massimo
la nuova fiaba del telegiornale.
Poi giocano tirandosi cuscini
e le strappano il foglio degli appunti.
Lei allora riempie due tazze di latte
tiepido e versa dentro - solo un poco -
di sonnifero. Quindi tranquilla
si stende sul divano con le scarpe
e finalmente legge la Medea.

Liana De Luca, Ragazze, Edizioni del Cenacolo

27/03/10

Noi siamo quella razza



Noi siamo quella razza che non sta troppo bene,
che 'l giorno salta ' fossi e la sera le cene.
Lo posso gridar forte, fino a diventar fioco:
noi siamo quella razza che tromba tanto poco.
Noi siamo quella razza che al cinema s'intasa
per veder donne ignude e farsi seghe a casa.
Eppure la natura ci insegna, sia sui monti sia a valle,
che si può nascer bruchi per diventar farfalle.
Ecco noi siamo quella razza che l'è tra le più strane,
che bruchi siamo nati e bruchi si rimane.
Quella razza siamo noi, è inutile far finta,
ci ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta.

25/03/10

24/03/10

Le parole

Le parole campano. E crisciunu. Furiano. Cangiano.
Le parole non lo sai mai se per tutti significano la stessa cosa che il fuoco e laria non sono per tutti uguali.
Le parole se passa tempo diventano tutte diverse da quelle che erano e certune muoiono senza rimpianti che hanno fatto il loro dovere e altre invece diventano di nuovo giovani. E a loro ci spetta una nuova vita che spesso non se lo ricordano mai da dove vengono. Il loro passato.
Le parole sono vento e come a quello portano vita dove arrivano. E qua ci cresce un albero e là un cespuglio o un ciuri ogni tanto. Se cè poesia.
Le parole cummogghiano tutto con polvere e sabbia e non fanno vedere nenti o fanno sognare troppo invece che certe volte però è lo stesso.
Le parole sono quelle che non trovi mai e scappano e sammucciano quando vuoi dire la verità e che invece balbettano per le munsignarie o nesciunu fuori impertinenti per le minchiate.
Le parole sono quelle degli altri che noi io e te siamo silenzio.

19/03/10

Gorgona

di queste poesie posso farne a meno
di questi versi prigione
di queste urla che fioccano dentro
di ogni cassetto
di ogni tasca in cui conservo un ricordo
di ogni mondo che non sia la tua pelle
di tutto questo posso farne a meno
di tutto questo

18/03/10

Primo Casalini di sgnapisvirgola

PRIMO


Avevo scritto una cosa carina, di getto sai, come quelle che scrivo io, che non rileggo e poi corro a correggere i refusi una volta che le ho postate. Poi, con gesto involontario ho schiacciato il tasto sbagliato e ho cancellato tutto. Non salvo mai niente, pure. Sono una frana lo so, non mi sgridare dai…

Me la sono presa pure con Ottavio. Poveretto mica è colpa sua, lo so, ma con qualcuno devo pur prendermela.
Ho un gran mal di testa, di quelli che la spaccano in due e mi sento ancora impotente, ancora una volta.
Non passerà il mal di testa, lo so, nemmeno dopo due pastiglie.

E non passerà il dolore.

Rimarrà lì a covare come una gallina schizofrenica coverebbe sassi per tutta la vita.
Non ti ho nemmeno mai visto.
Però ti voglio bene.
Mi rimane la magra consolazione di avertelo detto un giorno.

Lo so che adesso mi diresti che  tutto passerà e che fra qualche tempo ti ricorderò sì e no.
Ti piaceva mascherarti dietro un velo di cinismo a volte, ti proteggeva le vene, l’ho sempre capito.

E so come sono io, anche, e come curo i miei covini: per sempre.

Mi mancherai tanto Primo.




Ottavio da Stanze all’Aria:

…Il mio, e nostro, amico Solimano è mancato ieri all’ospedale S. Gerardo di Monza. Una diecina di giorni fa era stato colpito da infarto e conseguentemente operato. Sembrava che il decorso post operatorio procedesse bene finché ieri mattina un nuovo infarto ha provocato una crisi senza rimedio….



su: Passaggi Casuali 

Ricordo anch'io, e non riuscivo a trovare le parole :-(

16/03/10

Carmine Acquaviva

Acchianava a stento le scale che cera preso di avere scanto dellascensore per via che una vota cera stato dentro una para di ore senza riuscire a uscire. Appresso ciaveva sempre le stesse cose. Un ombrello tannicchia storto nella punta. Una busta che dentro ciaveva tante altre buste. Il cappello stile americano ammaccato con precisione nei lati.
Carmine Acquaviva era stato un belluomo ai suoi tempi e chi lo aveva canusciutu da giovane si meravigghiava ogni volta a vedere quel cambiamento. Che poi non è che fosse vecchio. Sessanta. Sessantacinque. Che ancora a quelletà cè gente che ammutta i muntagni.
Forse è che ne aveva passate tante e selera goduta e tutti la conoscevano la prima parte della sua vita che sempre ci spiavano particolari e sempre lui i mannava affanculu. La vita di prima. Quella dove aveva fatto fortuna vinnennu di tutto allamericani della base. Quella dove ogni sira nisceva con una fimmina diversa e una volta era finito macari supra al giornale per via di unattrice famosa che sera voluta passare il capriccio proprio con lui.
Carmine sembrava averli dimenticati quei giorni. Ora ammuttava sulu i so anni che a stento pareva che ci putissi ancora arrinesciri.
Cerano tante voci sopra a questo fatto ma nessuna pareva quella vera o forse lo erano tutte che in genere è sempre accussì che ammatti. E dunque cera chi parlava di debiti di gioco e chi di donne. Chi di carcere e ammazzatine e chi di lutti in famigghia. Insomma.
Ogni occasione che lo incrociavo lui mi taliava con locchi assenti come se tutti quelli che incontrava fossero fantasmi o gente di poca importanza e una volta sola si fermò che aveva la spesa e io fui deciso nellaiutarlo a acchianare una busta. Fermi davanti alla porta della sua casa lui non sapeva che fare. Io stavo per andarmene che non volevo disturbare ma lui invece alla fine si decise a offrirmi un caffè. Dentro era tutto in ordine solo che mancavano quasi tutti i mobili. In compenso cerano tante foto di tutte le misure con lui che arrireva felice da tutte le città del mondo.  E in alcune era solo ma più spesso cerano fimmini bellissime a fargli compagnia oppure uomini eleganti e altolocati. Io continuavo a sentirmi tannicchia assai a disagio che lui non parlava e mi chiese soltanto se lo volevo zuccherato il caffè e poi chiù nenti.
Solo quando mi accompagnò alla porta vedendomi fermo davanti a una foto alta fino alla mia testa mi mise una mano sicca sicca supra alla spalla e pronunciò tutto serio:
" Ero giovane"
Io mi furia a taliarlo. E mi passi che quelle parole erano come una confessione. E quella sua faccia come una sconfitta.

14/03/10

« Ci sono solamente 10 tipi di persone nel mondo: chi comprende il sistema binario e chi no »

Intra e fora. Intra e fora.
E su fazzu un passo avanti sugnu fora e chiuru questa porta. O a lassu aperta che tanto non ha importanza. E  allora putissi andarmene. Furiare il mondo. Anche se il mondo é solo quello che trovo scinnennu le scale. Ma andrebbe bene lo stesso che tanto non cè differenza.
E se torno indietro invece trovare rifugio e cunottu macari. Che fuori la gente è tinta. Malata.  Che non cè nenti fora. Che non cè.
Certo. Putissi macari arristari cà e aspittari i fulinii che si fanno parete supra i me razza. Na me testa. In mezzo alle mie gambe. Senza chiù respirari. Futturi. Pinsari. Moriri insomma. Arristannu vivo.
Intra e fora. Intra e fora.
Che tutta la differenza alla fine sta in un muro. Epperò ogni muro ciavi puttusa e punti deboli e terremoti anche. Pronti a distruggerlo. A farne ricordo. E non serve chiedere aiuto che il muro uno quasi sempre se lo porta macari ca non si viri e ci appoggia lanima susciannu. Chinu di pinseri.
Intra e fora. Intra e fora.
U sacciu. Lunica cosa buona fussi abbiarli nterra sti mura. E abballari. Abballari supra alle macerie. Senza più sapere unni è intra. Unni è fora.
Intra e fora. Intra e fora.

13/03/10

08/03/10

L'elogio del principiante

Invece voglio qui fare l'elogio dei principianti: ma non i principianti che già tengono d'occhio qualcuno e sperano che un critico prima o poi tenga d'occhio loro. Questi sono già sulla via dell'outsider, anche se in questo sistema sembra non si possa mai essere fuori davvero, ma ci sia solo un fuori di ciascuno rispetto ad un altro.
Faccio l'elogio dei principianti che si aggirano e non sanno che c'è una battaglia, non la vedono, non se ne interessano, non studiano la posizione altrui per sorpassarla. [...]
Un principiante non è un ignorante, è solo uno che ha una qualche urgenza di scrivere, per cui bada solo a quello che scrive, e prende su dalle forme linguistiche costituite quel che gli serve, così come prende le regole della sintassi e ci si attiene, oppure non ci si attiene, a seconda di come gli viene. E poi un principiante ogni volta che ricomincia, cioè quando gli prende l'uzzo o la smania di ricominciare (ad esempio ad appuntarsi per iscritto le idee), è sempre daccapo; perciò è un principiante; aver già scritto non gli serve molto, perchè ogni volta è un caso unico e nuovo, e se non sa più andare avanti non serve il mestiere, perchè non c'è mestiere, è come se fosse un povero bimbo al suo primo esercizio. Ma il principiante tendenzialmente dice solo la verità semplice, il che lo aiuta; non fa della letteratura. Che cosa fa? Parla. Solo che lo fa in solitudine e a puntate. La solitudine è una grande occasione, e anche il fatto di poter tornare al foglio o al computer. Che cosa sono in definitiva le sue? Sono fantasticazioni.


Ermanno Cavazzoni,  Il limbo delle  fantasticazioni, Quodlibet Compagnia Extra

07/03/10

Lu Santu Currau - 15 -

Poche volte Scornavacchia vi aveva fatto ricorso, eppure Malebranco era stato sempre affascinato dal piccolo blocco di allume che il barbiere teneva sempre vicino ai suoi attrezzi. Non era questo, comunque, l'unico oggetto che puntualmente attirava la sua attenzione. In una piccola teca, posta sull'unico angolo libero della sala, erano infatti stati riposti alcuni cimeli ereditati che spesso il detectus aveva richiesto di maneggiare e osservare. Un portasapone, vari porta rasoi, uno strano contenitore taglia magnesio utilizzato per disinfettare la pelle dei clienti, un'impolverata bottiglia d’acqua di colonia, il rasoio appartenuto ad una rimasta sconosciuta autorità regia di inizio secolo e, soprattutto, una preziosa concessione che permetteva ad un trisavolo dello Scornavacchia di estrarre i denti, praticare il salasso e operare le vescicazioni per mezzo della cantaride (quest'ultima buona, si sa, anche per stimolare altre più piacevoli attività).
"E allora, dove sono tutti?"
"Come!? Vossia non lo sa? Oggi arriva il cinema"
"Il cinema? Cosa significa arriva il cinema?"
"Sì. Quell'attrice famosa... Letizia, sì Letizia. Sono qua per girare le scene"
Malebranco era davvero sorpreso, strano gli fosse sfuggita questa notizia. Evidentemente era rimasto troppo a lungo distante dalle voci sugli avvenimenti della comunità, che poi il non parteciparvi era cosa a lui abituale come molto altro appartenente alla categoria dell'accadere.
"Sì, ma lasciare anche i negozi vuoti..." si lasciò sfuggire.
"Ma di cosa parla? Della farmacia? Non si preoccupi! Il dottore Treschin ha chiesto a me di dare un'occhiata. Lui è scappato di corsa che forse riusciva a salutarla a quell'attrice"
"Mmh, davvero? E tu? Tu perchè non sei andato?"
Scornavacchia sorrise poi si allontanò un momento per cercare qualcosa tra i cassetti posti sotto i lavabi e per tornare, quasi subito, con uno di quei piccoli calendarietti profumati che circolavano un tempo tra le botteghe di tanti barbieri.
Malebranco accettò volentieri l'omaggio. L'anno era il 1963 e una paffutta e bruna donzella aspettava solo un lieve soffio per mostrare le sue grazie.
"A me ormai mi bastano questi, dottore. Che la fantasia a un vecchio come me fa certo più bene di una minna che si può vedere solo da lontano"

01/03/10

Lu Santu Currau - 14 -

La farmacia affacciava sull'antica piazza di San Crisostomo. Era questa una delle classiche piazze spagnole fatte e costruite ad uso e gloria degli aristocratici locali. Quattro corpi angolari porticati su tre livelli: i magazzini, il piano nobile, i mezzanini. Tutto era stato però rimaneggiato dal tempo e dall'avidità umana e così della geometrica grazia cercata dai costruttori ben poco era rimasto. Malebranco pensò di dirigersi verso l'angolo opposto del luogo in cui si trovava per raggiungere la bottega del vecchio barbiere. Qui avrebbe potuto attendere in pace il rientro del farmacista e magari anche cogliere alcune di quelle piccole discussioni filosofiche sul mondo che a volte tanto lo affascinavano.
"Oh che bella novità! Oh che bella cosa!"
Sorrise il detectus, conosceva bene il mellifluo agitarsi linguistico del vecchio Scornavacchia: la bocca d'oro che faceva concorrenza a quel buon santo a cui la piazza era dedicata. Maldido era stato, era, ottimo cliente sin dalla pubertà e molto aveva conosciuto del mondo tra quelle strane mura.
"Sì, in effetti è da parecchio che manco" rispose un po' sottovoce, quasi fosse tornato ragazzetto.
"Sempre a vostra disposizione! Sempre vostro servo! Si accomodi! Si accomodi!"
Anche tra le antiche poltrone non c'era anima viva. Che fossero tutti spariti? Che un evento catastrofico avesse lasciato solo loro due su quel lembo di terra? In effetti, poco prima, non aveva visto nessun'auto nell'attraversare la strada, nè scorto anima viva.
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