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31/10/09

"Di quell’amor ch’è palpito dell’universo intero"

Quando capita ammatti antrasatta che mai e poi mai te lo saresti aspettato questo avvenimento. E accussì da un giorno allaltro accumenci a surari e a fari cosi strani e a cuntari u tempu ammuttannulu cullocchi e a pinsari sempri alla stessa cosa anzi alla stessa persona. Che non putevi certo immaginarlo che sarebbe successo. Che di fimmine ne hai incontrate assai e certo anche qualcuna più giniusa o macari sulu chiù munnarola. Eppure.
Diventa difficile dire comu ti senti. Che non lo capisci neppure tu. Che non lo sai. Insomma che ti pari di essiri un momento una pasqua e un attimo dopo invece criri di moriri. Preciso preciso comu su ti fussi arrivato ncoddu un camion. Un terremoto.
Certo unu può essiri che non cè chiù abituato a queste rivoluzioni. Che da tempo i ionna passunu tranquilli cu na minata e un bicchiere di vino. Accussì. Senza tanto bisogno di stinnicchi no cori. Oppure che poi macari è anche arrivata l'età e unu è giustificato se lo scorda che una vota anche lui è stato carusu.
Insomma capita nonostante tutto. E non cè difisa. Non cè ragiuni.

28/10/09

"Vite" un articolo di alessio su Girodivite

Joy è una giovane ragazza nigeriana, prigioniera del CIE di Via Corelli a Milano. Il 13 agosto scorso, insieme ad altri 12 migranti, ha partecipato alle proteste contro le disumane condizioni in cui sono costrette. Per questo verrà espulsa. Ha denunciato un ispettore di polizia che, testimone la sua compagna di cella, ha tentato di violentarla. L’unica risposta che ha ottenuto, nell’Italia che organizza giornate, manifestazioni e G8 contro la violenza sulle donne, è una denuncia per calunnia.

La scorsa estate tre giovani kurdi sono stati ritrovati morti dentro alcuni tir, su navi che dalla Grecia sono approdate a Venezia. La stessa sorte, nel dicembre scorso, era toccata a Zaher Rezai, un ragazzo afghano: la sua vita è stata stroncata dalle ruote del camion nel quale era nascosto. Gli hanno ritrovato nelle tasche alcuni giocattoli e un biglietto. C’era scritto: "Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino, ma promettimi Dio, che non lascerai si spenga questa mia primavera"

Antonino Patafi aveva 89 anni. E’ morto in una clinica di Roma, dove era stato ricoverato dopo la concessione del differimento della pena concesso per gravissimi motivi di salute. Stava aspettando l’autorizzazione a tornare in Canada, dove poter vivere serenamente i suoi ultimi giorni accanto alla famiglia.

Roberto Laviano a 69 anni è morto nel carcere di San Vittore. La sua cartella clinica recitava: "Scompenso circolatorio, ipertensione polmonare, stenosi carotidea bilaterale, diabete mellito-insulino dipendente, disturbi respiratori da pregressa tubercolosi, vasculopatia periferica sintomatica pregresso by-pass aortofemorale"

Paolo Scaroni è un giovane ragazzo di Castenedolo, in provincia di Brescia. Il 24 settembre 2005, dopo la partita Verona-Brescia, si stava recando verso il treno che l’avrebbe dovuto riportare a casa. Era appena uscito dal bar della stazione quando fu travolto da una carica di ’alleggerimento’ della celere. Picchiato a sangue è entrato in coma in pochissimi minuti. Svegliatosi dal coma, dovrà vivere tutta la vita con gravissimi danni fisici. Ha perso il lavoro, lasciato dalla ragazza la sua vita è oggi abissalmente ridimensionata.

Francesco Mastrogiovanni era un maestro elementare di 58 anni di Castelnuovo Cilento. La sua è una storia di TSO (Trattamento sanitario obbligatorio) a scopo politico, considerato scomodo e pericoloso per le sue idee anarchiche. La sua psiche, sin dagli anni 70, quando conobbe per la prima volta la brutalità delle forze dell’ordine, era rimasta segnata. La sua unica ragione di vita erano i bambini, ai quali stava dedicando i suoi ultimi anni con amore e passione. Il 31 luglio viene catturato al termine di una caccia all’uomo, realizzata con un dispiegamento di forze dell’ordine degne di Rambo. Viene trovato morto il 4 agosto. Per quattro giorni è stato legato con lacci su polsi e caviglie al letto. Secondo l’autopsia è morto per edema polmonare. La misura di contenzione non risulta dalla cartella clinica. E’ stato imprigionato con l’accusa di aver insultato l’agente che gli aveva elevato una contravvenzione(che non risulta da nessuna parte). Il TSO è stato ordinato da un’autorità diversa da quella legittimata dalla legge.

Il 9 agosto scorso 300 migranti, quasi tutti somali, cercano di fuggire dal lager di Benghazi, realizzato in Libia con finanziamenti italiani frutto degli accordi tra Berlusconi e Gheddafi. Dopo la cieca repressione militare 6 migranti sono rimasti uccisi, esangui sul pavimento, e oltre 50 feriti(dal giorno dopo di almeno una decina non si hanno più notizia). Un testimone oculare ha raccontato a Fortress Europe che i feriti sono rimasti abbandonati sul pavimento sanguinanti per giorno, con tagli su gambe, braccia e testa. Alcuni hanno febbre e principi di infezioni. Non sono stati visitati da medici o delegati di organizzazioni internazionali.

La mattina del 1° settembre vengono sgomberati gli occupanti dell’ex ospedale Regina Elena di Roma, dopo la decisione del sindaco Alemanno e del questore Pecoraro di ’ristabilire la legalità’. Alcuni inviati del quotidiano Liberazione sono entrati in uno degli stabilimenti dove sono stati deportati gli sgomberati. I rappresentanti comunali l’hanno definita una struttura che permette di essere autosufficienti, con bagni e docce in grado di accogliere anche persone con gravi disabilità. Questa la cronaca della realtà, raccontata giovedì 3 settembre a pagina 5: camerate con almeno 8 persone, armadi divelti, dieci water in comune tra tutti in venti metri quadrati circa, alcune camere gelate, altre incandescenti, persone ammassate come bestie, acqua non potabile, l’infermeria (il giornalista informa che, tra le tante, ha raccolto la storia di una signora gravemente malata che è impossibilitata a prendere le medicine) ospitata in un magazzino delle scope.

L’estate scorsa la Gazzetta di Parma pubblica la fotografia di una ragazza terrorizzata e con i vestiti strappati. Era stata sbattuta in cella dai vigili urbani e lì abbandonata, in lacrime, tutta la notte.

Negli stessi giorni a Termoli i vigili fermano un commerciante ambulante. Spinto con forza dentro l’auto viene prima picchiato e poi, sfruttando la sua scarsissima conoscenza dell’italiano, indotto a firmare una dichiarazione nella quale nega qualsiasi violenza. Solo la coraggiosa testimonianza di alcuni passanti permise all’avvocato del commerciante di ristabilire la verità.

Il 5 settembre dell’anno scorso tre famiglie rom si fermano a pranzare su un prato a Bussolengo. Vengono massacrati di botte dai carabinieri, che non si fermano neanche davanti a bambini di 9 anni. Questi alcuni brevissimi stralci della testimonianza, riportata dal sito di Carta. ‘Stai zitta puttana’, ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove anni ... Uno dei carabinieri ha urlato alla mia compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo’... hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una puttana’ ... Uno dei carabinieri in borghese ha filmato la scena con il telefonino. Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino".

Tra il 2 e il 3 marzo 2003 il Cpt di via Mattei fu teatro di un pestaggio punitivo dai contorni drammatici. Gli agenti in servizio quella notte entrarono nelle celle e nella saletta comune e pestarono a sangue, lanciando poi dei lacrimogeni, i migranti detenuti. Nel pomeriggio alcuni detenuti avevano protestato per la brutalità della repressione del tentativo di fuga di due migranti. Dopo aver atteso che la situazione si calmasse la carica è partita. Le parole di prima sono state pronunciate da uno dei responsabili della sicurezza nel cpt quella notte. I migranti si erano offerti di aprire volontariamente la porta se i picchiatori avessero fermato il loro comportamento violento. La risposta è stata "Io la sfondo e sfondo anche voi". Nel dicembre 2007 gli agenti sono stati assolti per ’causa di giustificazione’. Nel frattempo l’agente che ha pronunciato la frase qui riportata è stato promosso tra i massimi responsabili del lager.

La notte di lunedì 15 giugno 2009, due militari della Guardia di Finanza stavano effettuando un ’normale controllo di routine’. Arrivati in via Gallarate hanno trovato una giovane ragazza rumena. L’hanno costretta a salire in auto e stuprata, costringendola ad avere rapporti orali con uno di loro. Denunciati grazie alla segnalazione di un connazionale della ragazza, i due militari hanno affermato "Abbiamo fatto una stupidaggine".


Fonte:

27/10/09

Riassunto Dante De Angelis! :-)

COMUNICATO STAMPA Or.S.A. ( Organizzazione Sindacati Autonomi e di base)

Il Giudice del Tribunale di Roma, dott. Conte, ha annullato il licenziamento dell’RLS OrSA, Dante De Angelis [ne avevo parlato qui ed anche qui], macchinista delle ferrovie eletto nell’impianto di Roma.

De Angelis era stato licenziato a Ferragosto dello scorso anno perché responsabile,
secondo FS, di aver denunciato l’insicurezza dei treni Eurostar a seguito dello spezzamento di un ETR 500.

Quella del tribunale di Roma é la risposta che ci attendevamo. L’unica che meritava la dirigenza del gruppo FS che, anziché valorizzare le capacità e l’attenzione dei propri RLS, afferma la propria infallibilità licenziando lavoratori che hanno l’unico torto di essere attenti alla sicurezza dei viaggiatori e dei lavoratori.

NON SI PUO’ ESSERE LICENZIATI QUANDO SI DENUNCIA INSICUREZZA, ANCOR MENO QUANDO LE DENUNCIE SONO FONDATE.

Ed è questa la condizione di De Angelis, basti pensare che le sue denunce sono
riproposte nel rapporto annuale 2008 dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF) in cui si menziona puntualmente la necessità di una maggiore attenzione sia per gli inconvenienti agli Eurostar ETR serie 400 (460, 480, 485, ecc) che per gli spezzamenti degli ETR 500: esattamente le segnalazioni per le quali Dante De Angelis è stato licenziato.

25/10/09

Keyword


Heather Brooke che fine ha fatto,
che fine ha fatto Heather Brooke,
qualcuno giornalmente mi domanda
e mi dispiace, sì mi dispiace
non poter rispondere, cercare
con lei, con lui,
tra gli anfratti della rete,
investigare
sul nuovo filmino, il deepthroat
da scaricare, imitare.
Il fatto è che qui io
tento solo di ordinare
suburbani frammenti di memoria
in forma di parola,
no, nessuna ars amatoria,
nessun ingoio, che non sia
logoro e voluto fantasticare,
fragile cristallo di neve,
un giuocare.

24/10/09

Altarini



Questi sono tempi ca mancu i preghiere ciannu custanza.
Tuttu pari inutile. Antico.
Tuttu sicca.
La gente. I cirivedda. Le parole.
La devozione macari. La speranza.

E le maronne e i signuruzzi e i santi tutti sembra che la sanno questa situazione e sammucciunu che anche dentro agli altarini parunu come a quelle machine con i finestrini tutti niuri. Sì qualcunu putissi pinsari che è solo fitinzia. Che da tempo manca quacche perpetua che acchiana alleggiu alleggiu sopra alla scala e pulizia. Ma a mia piaci pinsari invece che è solo una scelta loro dei santi che aspettano comu va a finiri. Che fine fanno lomini. Che forse se va bene arriva un nuovo diluvio e tutta la storia può accuminciari di novu.
Io confesso che non mi hanno mai interessato assai le discussioni della chiesa. Che la religione unu se la teni dentro e la nesci nelle cose che fa e che se è tintu è tintu e paci allanima sò.

22/10/09

- Riscoprire "l'ozio" - di Marina Piazza

Il tempo per sè non è un lusso,
ma una necessità
è lavoro dell'intelligenza

per elaborare l'esperienza personale
all'interno del prestissimo moderno

per instaurare un rapporto
con l'altro/a che non sia coatto
e costrittivo, ma nutritivo anche per sè

per stabilire un rapporto
con il proprio corpo e la sua voce

per frequentare sé stessi,
quando la scarsa frequentazione di sé s'è fatta stile di vita

per riscoprire "l'ozio"

Marina Piazza, I tempi e le forme del tempo per sé, Ferrara, 1996

17/10/09

Il cibo

Macc che però si chiama Marcello ciavi nove anni e una faccia accussì tunna ca pari una vastedda. Passa tutto il pomeriggio nel cortile a fari u putteri nelle partite che la matina invece cè la scuola. So o mà lo chiama sempre dal balcone del secondo piano che con il panaro ci proi da mangiare e da bere. Ogni ora precisa che allora u picciriddu deperisce.
Macc ciavi la passione del pallone e delle crostatine macari ma anche dei viscotta con la cioccolata e dellaranciata e delle patatine che anche queste non ci dispiacciono e in genere non ci durano più di due minuti prima che lui le finisce.
U viru quasi sempre mentre maffaccio che è assittatu sopra il muretto ca mangia affudduni e adduppannusi che pare che manca picca ca mori e certe volte mi scantu io per lui ma per fortuna fino ad ora non è mai successo niente.
Sua madre comunque è contenta che u picciriddu ci mangia e poi anche quando acchiana a casa ciavi sempre u frigorifero chinu che a lui non ci deve mancare mai niente.
Lei me la ricordo carusidda che pareva una cimmedda. Longa longa e sicca sicca. Ora addivintau una bafacchia che tutto il tempo da quando ci mossi u maritu o travagghiu lo passa davanti alla televisione e al supermercato a fari a spisa che certe volte lho incontrati anchio mentre caricavano il carrello.
Io non lo so su cià facissi ad andare avanti a merendine e feddi di carne. A mia mi piaci manciari di tutto. Dalle anciove o zuzzu. Dallaccia alle vaccaredde. Dalle cacocciule al capuliato. E non è che mabbuffu o mi fazzu i piatti ca cumma che allora non avrebbe senso. A mia mi piaci sulu sapiri. E scegliere se posso. Se sono in grado.
Epperò macari iu ciaiu le mie preferenze che se mi presentano un piatto di pasta con la cipudduzza e il pomodoro e due sarde a beccafico e un bicchiere di vino mi sento felice e tutto il resto non ciavi chiù importanza. Non esiste più.

15/10/09

14/10/09

Il corpo sociale


Ma parlare è il passato
verbo di un amore,
il ricordo già dato
o il male minore

di un presente fissato
dagli sbalzi d'umore,
dal buio dilatato
di un televisore.

"Eppure noi viviamo!"
Vorremmo confessare
a ciò che siamo stati,

ai visi inaspettati
d'una notte a chetare.
"Eppure noi..." diciamo.



Fonte immagine: Frida Kahlo, Unos cuantos piquetitos, 1935 su: "Un diálogo entre Frida Kahlo y Horacio Quiroga. La selva como escenario de la Modernidad" di Rebecca Beltrán Jiménez.

12/10/09

Mercante in Fiera



"E venici! E venici!" E insomma mi fici convincere a nesciri che qua a Parma non lo faccio assai volentieri e insieme siamo andati al mercante in fiera che è una specie di mercato delle robbe vecchie che unu ietta che non ci piacciono più e che poi li ricompra dopo ventanni che sono di moda.
Vincenzo ciaveva avuto i biglietti gratis che non lo saccio chi glieli ha dati ma di certo io non ciavissa spinnuto mancu una lira allora per quella misciuta. Lui ci teneva assai a questa cosa che laveva visto alla televisione al telegiornale il servizio che cerano macari i giùbocs e i cavadduzzi a dondolo e insomma pattemu cullautobussu che quello ci lassau davanti alla fiera dove cerano i niuri che vendevano le borse. Però poi invece cera anche lingresso e per entrare dovevi fare passare il biglietto sopra a un vetro che era come quando al supermercato la cassiera fa passare i prezzi e accussì macari noi tutti prezzati poi siamo stati dentro.
Allinizio ci siamo fermati al primo capannone che Vincenzo non lo sapeva bene dove cercare anche se per farsi vedere che lui non cera bisogno che chiedeva a nessuno sera preso la guida e subito in quel posto ciavevo trovato un concentramento di facci di minchia che mancu a ruminica in quacche chiesa al centro mi era capitato qualche cosa di simile.
Tutti a taliari pezzi di lignu mezzi scassati che u sulu prezzu iu ciavissa arrimodernato a me casa allichea che poi è da vicinu macari e invece qua tutti chiedevano e giravano e si sintevano grandi falignami ed esperti.
Sì! Esperti di sta gran funcia di minchia che lho visto con i miei occhi a uno che mentre una vecchia ingioiellata co cani dappresso si furiava ci cangiau il tabellino a un mobile per presentarlo come voleva lui che di certo aveva trovato a iaddinedda da spennare. Comunque non erano fatti mia che io mava già siddiato e menomale che poi Vincenzo aveva capito dove doveva andare che così per fortuna niscemu. Cera un pezzo di strada da fare che il posto era veramente grande ma lumanità non mancava e uno puteva continuare a taliari.
Una buttanazza tutta accalurata stringeva tra le braccia un cassettone che aveva fatto la guerra e arrireva cuntenta per laffare mentre suo marito purazzu ammuttava un liuni di petra e i ligna di un ammuari sopra a un carrello. Nello sforzo du minnazzi notevoli nonostante letà abballariavano dentro a un vestitino di primavera. Ogni tanto una chiù ribelle nisceva fora a mostrare come alla signora ci piaceva arrispammiare sulla misura del reggipetto e mostrando al mondo a sò cuppulidda niura tutta surata. Roba di darici nalliccata di conforto.
Io confesso ca non potti fare a meno di darici nocchiata macari che letà di quella cera e che il marito non sembrava essere tanto comprensivo. Comunque dopo questa scenetta arrivamu o paradiso dei ricordi. Non ci mancava nenti in effetti che Vincenzo ciaveva avuto ragione.
E dischi e iochi e scatoli e scatoline e orologi e telefoni e giornali e bomboniere e quartare e seggi di plastica e vastuni di lignu e fotografie e poster dei filmi e cazzi di marmuru macari e statue del duce e di stalin e manifesti e pignati e cucchiara e lampadine e lampadari e tantu autru che ora mancu mi ricordo chiù.
Pareva che ero tornato picciriddo e furiava ancora alla fiera con i calzoni corti e la bocca china di zuccuru filato. E io credo che solo questo ci vale la pena che a pinsarici bene alla fine invece ce nerano assai di minchiate che quando uno ce là a casa spera solo che un colpo di vento i fazza cascari nterra per trovare una scusa buona per la spazzatura. E comunque comu fu e come non fu passamu un pomeriggio divertente che si fici presto orario di chiusura e quello era lultimo giorno della fiera che infatti in tanti dei mercanti stavano smuntannu i cosi.
Alluscita in effetti per questo cera assai confusione di barattelli e camioncini e machinuni con gli sportelli grandi e davanti a noi uno che lavevo visto che vendeva orologgi antichi che ciaveva dato tutta la mircanzia in una valigia a uno niuro che sembrava Cuntachinte per i muscoli che ciaveva. E il padrone lo guardava con attenzione al suo nuovo schiavetto prima che quello ci faceva qualche rottura e u niuru invece sorrideva che aveva trovato i soldi da mangiare per la sera e qualche altra cosa forse. Che non si sa mai.

11/10/09

Fumetti



Quannu eravamo nichi che ammucciuni si virevano le prime immagini delle fimmine a nura la minchia accuminciava ad acchianari e la mano andava sempre lì per aggiustare i causi. Erano fimmini addisignati chiossai che i giornali costavano e allora non cera vogghia di sprecare ittannuli na strada. Di giornaletti invece se ne trovavano tanti. Soprattutto nella sciara che uno passava e li vireva dietro a qualche pietra e poi li rimetteva allo stesso posto come se fosse stato a casa che di sicuro poi sarebbe passato qualcun altro a fare la stessa cosa. Arristavano tante fantasie nella testa e voglia di sapere chiossai che però cera sempre quello chiù spettu che lui già sapeva tutto.
Cicciu ora è o carciri che lhanno pigghiato ca sava fatto u negoziu dentro a sò casa con lascisc e le piante di droga ma allepoca era quello più vecchio che a quattordici anni ancora faceva la seconda media per colpa di quella matematica buttana che proprio non ci vuleva trasiri na testa. Ciccio ci provava con tutte e comunque a tutte ci rava na tuccata no culu o ne minni che poi lui diceva che scherzava. Ogni giorno quannu finivano le lezioni lui al cancello nisceva dalla tasca una sigaretta e un pacco di pospira di cira e fummannu accuminciava a cuntari. Cerano una cinquantina di metri di terra prima di arrivari alla strada e alla firmata dellautobussu ma a lui ci bastavano per farci tannicchia di scola.
Ciccio ci parlava delle buttane di via delle finanze e delle straniere di Taormina. Di alcune mammine che serano fatte notare e di quelle stuppagghiare dei giornali. E di ognuna lui sapeva qualcosa e delle posizioni e dei trucchi macari. E si incazzava su unu non ci crireva alle sue storie che:
"Iu non ni riciu munzignarie"
"Sì ma Ciccio... ma a tia ti lanu mai sucata?"
"Certo che sì! Da buttana di to o ma'"
E allora accuminciavano i coppa fino a quando non passava lautobbussu almeno che quello cenera solo uno ogni ora e allora fineva tutto.


Fonte immagine (con un bel post, anche): Nuvole Parlanti

09/10/09

La civiltà e la giustizia

La civiltà e la giustizia dell'ordine borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni volta che gli schiavi e gli sfruttati di quest'ordine insorgono contro i loro padroni. Allora questa civiltà e questa giustizia si svelano come nuda barbarie e vendetta ex lege
Karl Heinrich Marx






Molas


sfilacciare il tessuto
intorbidirne i ricordi
l'ordito
distratto

sono un pessimo sarto
nell'arte del soprappunto

e più nessuna pezza
per il rattoppo
nessun geometrico incanto
che vigili
sul vecchio mondo
ad impedirne lo strappo

07/10/09

04/10/09

Moto Ape Piaggio


I vireva passari o spissu i cristiani che si iammavunu u vancu a fera. Cera chi trascinava di malavoglia il carretto a due ruote. Cu era chiù in grana e ciaveva montato i gommi delle machine al posto di quelle di legno e ferro. Eppoi infine cu sava fatto i soddi e ciaveva a lapa.
A lapa era sempre tutta acculurata con le storie dei paladini e con le scritte contro il malocchio e con lasimazzi che non poteva mancare mai e dentro alla lapa cerano i figghi chiu nichi e darreri i chiu ranni a teneri a merci. A lapa faceva un bordello peggio di una cavasachi però accussì uno la sentiva di lontano che se stavi giocando a pallone ciavevi il tempo di segnare prima che arrivava e poi ti luvavi. Na vota il mio amico Puddu mi rissi se me lo volevo fare un giro che so o pa' senera presa una nuova e però me o ma' si scantava e accussì finiu a nenti ma mi ricordo che per un sacco di tempo mi visti na me fantasia che tenevo quello strano manubrio e accelleravo e frenavo e sgaggiavu macari i machini ma sulu chiddi ca non mi facevano passare.
Insomma mavissa piaciutu macari che a pinsarici ora invece capisco che mi piaciu chiossai immaginarlo. Puddu poi stunnau di casa ca tunnau con la famigghia o paisi e macari i stradi libere sparenu e a genti ca furiava e i lapi macari ca ora ci sù i camioncini e i machini rossi dei giappunisi. E di tanto arristano sulu i ricordi e dei cosi importanti picca o nenti.

02/10/09

Ninna nanna del capitale


Cantacronache (Michele Straniero, Fausto Amodei, Gianfranco Pisu)


Ninna nanna del capitale

Quando di notte dormiam tranquilli
da bravi figli di madre natura
non c'è miliardo di stelle che brilli
che basti a fare dormir la struttura

Quando di notte dormiamo quieti
da bravi figli del regno animale
non bastan tute le stelle e i pianeti
a fare dormire con noi il capitale

Dormon gli onesti e i manigoldi
ma non si stancano a nostra insaputa
tutti i quattrini a produrre dei soldi
e tutti i soldi a produrre valuta

Dorme la mamma coi suoi bambini
ma si rinnovano i vecchi processi
per cui i soldi producon quattrini
e il capitale matura interessi

Dorme di notte la terra stanca
dorme la fauna dei cieli e dei mari
ma non riposano i conti in banca
non hanno sonno i pacchetti azionari

Dorme il padrone e il proletario
ma silenzioso ed infaticabile
si accresce il reddito parassitario
sopra di un'area purché fabbricabile

Questo miracolo leva d'intorno
l'antica biblica maledizione
che il pane che si mangia ogni giorno
va guadagnato col nostro sudore

Su questa terra verrà creato
il paradiso miglior che sia
non sarà quello del proletariato
ma sarà quello della borghesia

Fa ninna nanna, dormi e sta zitto
continua solo a tenere nascosto
che quella quota detta profitto
qualchedun altro la paga al tuo posto

Fa ninna nanna, dormi e riposa
riposa e sogna quello che vuoi
che come mamma solerte amorosa
c'è il capitale che veglia su noi




Fonti
Foto: Lombardia Beni Culturali
Testo (e audio) su: Il Deposito

Odifreddi vs gelmini


Signor ministro, leggo (o meglio, mi hanno segnalato di leggere) su Il Giornale di famiglia del presidente del Consiglio che sabato scorso, alla sedicente Festa della Libertà organizzata dall'altrettanto sedicente Popolo della Libertà al Palalido di Milano, moderata (si fa per dire) dal condirettore dello stesso giornale, lei ha tuonato contro «l'intolleranza antisemita del superfluo matematico Piergiorgio Odi-freddi, ex docente baby pensionato», che ha osato restituire il Premio Peano «quest'anno assegnato a Giorgio Israel, ai suoi occhi colpevole di sionismo, ma soprattutto di essere consulente del ministro».

Lei ha poi continuato, con stile e in punta di fioretto, dicendo che «gli imbecilli non mancano mai», e che «le parole di Odifreddi denotano razzismo, incapacità al confronto e stupidità». E ha terminato allargando il discorso, assimilando il mio gesto alla «modalità tipica della nostra sinistra, quella di combattere il governo e Silvio Berlusconi a qualunque prezzo, a costo di insultare allo stesso tempo la maggioranza dei cittadini che lo votano». Mi permetta di rispondere nel merito alle accuse che mi rivolge, fingendo che esse siano in buona fede e dettate dall'ignoranza dei fatti. Naturalmente non posso dir nulla sulla mia imbecillità e stupidità, e mi fido del suo giudizio: in fondo, lei è un valente avvocato che ha superato una difficile abilitazione a Reggio Calabria, dopo una laurea nella vicina Brescia e un precedente passaggio da un liceo pubblico a uno privato, mentre io sono soltanto un modesto docente universitario che ha vinto facili concorsi da assistente, associato e ordinario nell'Università pre-Gelmini, ed è poi andato in pensione dopo 38 anni e mezzo di servizio (e non dopo una sola legislatura in Parlamento).

Ma non sono questi i motivi per cui io ritengo che la collaborazione con lei si configuri come una colpa, nè penso affatto che il governo di cui lei fa parte sia da combattere a qualunque prezzo: riconosco anzi, benchè dispiaciuto e vergognato, che Silvio Berlusconi abbia ricevuto una forte maggioranza e sia dunque democraticamente in diritto di governare il paese. Addirittura, pensi un po', vorrei che a farlo cadere fosse un giudizio elettorale sul suo operato politico, e non una campagna giornalistica sulle sue scopate con le escort: soprattutto quando questa campagna è spalleggiata dall'Avvenire, che ha usato ben altri pesi e misure per la pedofilia ecclesiastica e per la sua copertura da parte dell'allora cardinal Ratzinger. Il mio problema è proprio lei, signor ministro. E non tanto, o non solo, perchè ricopre una carica per la quale non ha la minima competenza, ma anzitutto e soprattutto per le innominabili motivazioni che hanno portato lei e la sua collega Mara Carfagna alla carica che ricoprite. Come vede, gli elettori che votano il suo partito o la sua coalizione non c'entrano proprio nulla, perchè non hanno eletto i ministri: c'entra invece la necessità etica di non collaborare con chi costituisce, nella Roma di oggi, l'analogo dei cavalli-senatori di Caligola nella Roma di ieri. Il professor Israel è naturalmente liberissimo di pensarla diversamente, ma lo sono anch'io di dissentire, e di non voler condividere con lui l'albo d'oro di un premio.

Se questa mia dissociazione vi turba, è perchè non conoscete nè la democrazia nè la storia, anche scientifica. Ad esempio, quando negli anni del maccartismo Edward Teller collaborò con la commissione governativa che revocò l'autorizzazione di sicurezza nucleare a Robert Oppenheimer, la quasi totalità dei colleghi si dissociò da lui e gli tolse il saluto, ostracizzandolo della comunità dei fisici: in quell'occasione avreste attaccato pure loro, come ora attaccate me? La domanda è retorica, ma l'esempio non è campato in aria: Teller era infatti uno scienziato guerrafondaio e iperconservatore, della stessa pasta del Von Neumann al quale Israel ha dedicato la compiacente biografia che ha appunto ricevuto il Premio Peano.

Ma ci sono altri motivi per dissociarsi da lui, oltre a quelli già accennati. Perchè, come ho detto espressamente nella mia lettera di rinuncia al premio, «le posizioni espresse da Israel in ambito politico, culturale e accademico sul suo blog, sul sito Informazione Corretta e in ripetuti interventi su Il Foglio e Il Giornale trascendono i limiti della normale dialettica, e si configurano come un pensiero fondamentalista col quale non intendo essere associato intellettualmente».

Capisco ovviamente che quei due giornali, insieme a Libero e all'ala destra del Corriere, si siano sentiti chiamati in causa e abbiano immediatamente fatto quadrato intorno a Israel e contro di me. Ma mi sembra singolare che proprio da loro, e da lei, vengano accuse di razzismo e di intolleranza: non siete forse voi, la vostra coalizione e il vostro governo, a fomentare l'odio nei confronti degli immigrati in generale, e degli islamici in particolare, con parole e azioni ben più violente della democratica e innocua restituzione di un premio al mittente?

Capisco anche, ma non accetto di giocarlo con voi, il subdolo gioco dell'equiparazione della critica a un ebreo come Israel, a un sito sionista come Informazione corretta, o a un governo israeliano come quello di Netanyau, con l'antisemitismo. E non lo accetto proprio perchè non sono razzista, e dunque non giudico a priori in base alla «razza» (ammesso che la parola abbia senso), ma a posteriori in base ai fatti: i razzisti veri sono altri, e cioè coloro per i quali tutti gli ebrei sono democratici, e tutti gli islamici fondamentalisti.

E invece ci sono ebrei fondamentalisti e islamici democratici : negarlo significa fare di ogni erba un fascio, e a me i fasci non piacciono, di qualunque «razza» siano. Mi piacciono invece molti ebrei democratici, da Amos Luzzatto a Moni Ovadia a Noam Chomsky, dei quali sono amico, e sto benissimo anche con ebrei ortodossi come il premio Nobel per l'economia Robert Aumann. Sono i fondamentalisti che non mi piacciono, e se questo significa non essere simpatico a certa gente, compresa lei, sopravviverò bene ugualmente. Anzi, molto meglio che se fossi simpatico a loro e a lei.

di Piergiorgio Odifreddi (da Il Fatto Quotidiano 1 ottobre 2009
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