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30/08/09

opplà

Il grigio lentamente si era infittito fino a farsi notte, le luci, però, già da tempo illuminavano il portone d'ingresso del piccolo caseggiato.
Opplà attendeva l'arrivo della sua padroncina: una sbirciata verso l'alto, una breve corsa a caccia di un rumore sospetto, un tenero guaire al nulla.
Carla arrivò puntuale, annunciata da una pietra che, calciata con precisione, andò ad aggiungersi al mucchietto su cui riposava Cucciolo,il nano.
Opplà saltellava contenta.
Da quando la piccola donna aveva acquistato quelle strane scarpe, tutte cuoio e lacci scuri, era sicura che nulla avrebbe potuto separarla dalla sua padroncina. Esse emanavano un odore inconfondibile: un misto tra l'erba leggermente rancida del mattino e l'urina di Brulè, il suo cane preferito, e anche quel giorno Opplà aveva ripreso a seguirle saltellando ora a destra ora a sinistra di quella scia odorosa. Le capitava, in questo modo, di sbattere, a volte violentemente, la lunga coda sui polpacci della ragazza o di ritrovarsi improvvisamente riversa su di un fianco.
Carla, in queste occasioni, la guardava sorridendo, ma quel sorriso si fermava solo un po' sotto alla fronte, perché era giusto così, perché in quel momento bisognava essere seri, perché la vita lo richiedeva, e il gioco, anche. Opplà però faceva finta di non sapere tutto questo e così, attentissima, cercava di cogliere ogni minima traccia di soddisfatta approvazione su quel volto. Era quello il giro d'ispezione serale e lei ci teneva parecchio a far vedere che nessuna intrusione era avvenuta e che tutto continuava ad essere in perfetto ordine.
"Bau!Bau!" Esclamò quando ritornarono alla porta d'ingresso.
"Brava Opplà!" fu la semplice risposta di Carla.
La ragazza diede un ultimo sguardo oltre il vetro poi iniziò a spogliarsi riponendo il proprio copricapo sulla prima sedia che trovò libera. Su quella finirono anche la borsa a righe e frange che Moha portava a tracolla e due delle tre maglie che indossava. Opplà continuava ad osservarla, ora sarebbe toccato alla corta gonna scozzese e subito dopo lei avrebbe esclamato:
"Ecco! Ora sto bene!".
Al puntuale arrivo della frase la cagnetta abbaiò e scodinzolò soddisfatta, poi si diresse verso la porta. Il suo lavoro, anche quel giorno, era finito.
Carla entrò in cucina. Cosa avrebbe preparato? Uova strapazzate? Alla coque? Bazzotte? In camicia? O meglio una frittata? E se sì, come? Ci pensò un attimo prima di ricordare qualcosa. Ecco, aveva trovato! Aprì il frigo e tra le confezioni da dodici, tutte rigorosamente XL, riuscì a trovare del grana grattugiato. Cinque minuti di padella, pochi morsi veloci e poi il piatto andò a far compagnia a parecchi altri dimenticati nel lavabo.
Mordicchiando una mela andò a sdraiarsi sul divano.

Il mattino iniziò, e fu soffio sulle esili gambe, carezza sul leggero grembo, bacio materno sulle labbra, sulla fronte. Carla rimase un momento immobile; poi la piccola crisalide aprì gli occhi e sorrise. Che sogno fantastico! A cavalcioni di un immenso aquilone aveva inseguito stormi di strane creature dalle piume argentate e dal viso di donna, giocato con il sole, estratto incredibili origami dalle nuvole più candide. Poi era divenuta curiosa di conoscere colui (perchè era un uomo, questo sì lo sapeva bene) che reggeva quel filo che tenacemente la teneva legata alla terra. Prima però si sollevò in piedi, era bellissimo! L'aquilone era ora un surf, una piuma, un vento leggero. Iniziò a scendere in equilibrio sull'esile cordicella e tutto divenne più chiaro, più vicino e allo stesso tempo più irraggiungibile.

"Hai preparato qualcosa per me?" chiese scherzando la ragazza.
Stava scegliendo tra stretti bermuda rosa e larghe braghe di cotone, vicino a lei Opplà attendeva fiduciosa, sapeva che era domenica. Sapeva che quel giorno sarebbero passati accanto alla cuccia di Brulè, o almeno così sperava nei suoi pensieri.
La cagnetta in risposta spinse con il muso la mano di Carla verso un vecchio paio di jeans abbandonati in un angolo dell'armadio, la ragazza sembrò accettare l'invito.
"Sì, hai ragione! - confermò Carla; poi, alzato il tono della voce, aggiunse - "Dai! Andiamo!" e a questa frase fece seguire finalmente un portentoso sorriso.
Opplà rispose prontamente: "Bau! Bau!"
"No, mangerò quando torneremo"
"Bau! Bau!"
"Va bene, va bene. Vuoi qualcosa?"
"Bau!"
"Non so cosa sia rimasto, vieni, guardiamo insieme!"

28/08/09

27/08/09

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino - 13 -

Continua a far caldo, la gente si muove lentamente ma non riesce ancora a guardarsi attorno, a vedere. Ieri, ad esempio, un piccolo sbuffo azzurro accarezzava il cielo. Veniva fuori da un vecchio palazzo del centro, uno di quelli non ancora recuperati ed uccisi per farne piccole cellette di clausura. Mi ricordava il timido uscire di un gattino alla sua prima passeggiata, il soffio di un sogno. Mi sono fermato a guardare e poi Giorgio mi ha indicato una panchina poco lontano. Siamo rimasti cosí, in silenzio, ad osservare quel piccolo miracolo.

In ufficio tutti correvano, una strana fila di persone attendeva davanti al mio sportello.

"Finalmente! Le è successo qualcosa?"
"No, perché? Anzi sí..."
"Ragioniere ma si rende conto che è in ritardo di quasi venti minuti?"
"... il cielo era contento"
"Che dice?"
"Crede che tornerà a piovere?"
"No, non cosí presto, almeno. Ma cosa importa? Lei ha un ritardo spaventoso Saladino, ho come la sensazione che fatichi a rendersene conto!"
"Oh, no! Sa il perché di tutta questa gente?"
"Come? Non ha visto la tivvù? Ma dove vive lei ragioniere?!"
"Giorgio mi basta"
"Comunque, è crollata una palazzina stanotte..."
"Capisco..."

Non siamo mai preparati alla morte. Se anche dovessimo sapere con assoluta sicurezza il momento del suo arrivo non riusciremmo a farci trovare pronti, ad accettarla. Giorgio dice che tutto questo è molto umano; non posso dargli torto, credo.

26/08/09

Enzo Baldoni (Città di Castello, 8 ottobre 1948 – Iraq, 26 agosto 2004)



Si è parlato molto di morte in questi giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo e yogi, che forse sapeva la data del suo trapasso. Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato.

25/08/09

23/08/09

Antonio Machado - 2 -

Sempre fuggitiva e sempre
vicino a me, in manto nero
mal coperta la sdegnosa
linea del pallido volto.
Non so dove vai, né dove
la tua vergine bellezza
cerca un letto nella notte.
Non so che sogni serrano
le tue palpebre, o chi tentò
il tuo letto inospitale

Frena il passo, bellezza
sdegnosa, frena il passo...

Vorrei baciare l'amaro,
il fiore delle tue labbra.


Antonio Machado, Poesie, Newton Compton, 1978

Antonio Machado - 1 -

foto di Antonio Machado sul blog Elettra Stamboulis

"A voi studenti è riservato un ruolo importante nella rivoluzione, giacchè ogni rivoluzione non è altro che una ribellione di giovani. Ed io ho avuto sempre un alto concetto di voi. Ho già detto altre volte che la scuola non potrà essere riformata e progredire in maniera efficace, senza la collaborazione degli studenti. Tantomeno ho ritenuto giusta la concezione dello studente apolitico. Voi studenti dovete fare politica, altrimenti la politica sarà fatta contro di voi."

Antonio Machado, Ahora, 1 Maggio 1937

20/08/09

La pizza

E non ci volli assai a capiri comu sarebbe finita sta cosa. Mi bastò viriri quel sorriso malizioso fatto quando nessuno se ne poteva accorgere. Quellocchi vispi e biricchini comu na matinata di friscu.
Erano assittati di fronti a mia nella comitiva casaddivitteva. Destate i carusi nesciunu comu i funci. A mazzolini che di lontano parunu tutti i stissi e sulu quannu ti avvicini viri i magagni. Chisti non erano tantu diversi. Dodici persone che melimmagginai le discussioni che avranno avuto e che questo no e questaltra nemmeno che si sa che a mangiare in tredici porta male. Ma macari accussì mi passunu tannicchia sfortunatelli. Forse si canuscievano pocu oppure si frequentavano da troppo tempo che certe volte è lo stesso. Tuttu però funzionava come sempri. Cu faceva casinu. Cu si faceva insuttari. Cu cera sulu pi cumpassa. Cu sparuliava ammucciuni. Cu viveva e mangiava comu un viteddu.
Eppure quei due che vedevo di sgambescio ciavevano di sicuro una storia diversa. I soliti corna avissa pututu riri. Ma non mi interessava chistu della cosa. Che il bello di queste storie è quannu nasciunu e si cuntunu e no invece quando vengono mostrate.
Lei era arrivata tutta in ghingheri. Una facci di virginia ammucciata. Capelli abbissati do parrucchieri. Scarpe e borsetta allacciati. Un vestitino leggero leggero tutto ciurato che scompariva nellincollatura di due minne maestose. Non cera dubbio che quello era il suo punto forte e la carusidda ciaveva la naturalezza di chi lha sempre saputo. Con tannicchia di furbizia e di fortuna riuscì a mettersi quasi di fronte a lui. Lo zito invece sassittau due posti avanti che unaltra coppia laveva preceduto. Così per lei non cera bisogno nemmeno di faticare pecchè anche laltro era verso quel lato e con la coda dellocchio se lo poteva controllare a dovere facendo finta di parrari con il legittimo.
Lui piuttosto mi passi tannicchia babbasunazzu o forse era di quella specie che è megghiu darisi martellate nei cugghiuni piuttosto che.
Insomma mentre la mia pizza faticava ad arrivari sti rui accumincianu a cuppiari. E ora facevano finta di essiri due sconosciuti e ora invece accuminciavano a taliarisi accalurati senza pudore. Pareva come in una partita di pinghiponghi.
La carusidda che era con quello però doveva avere fiutato qualche cosa. Si muoveva sopra alla sua seggia come se questa bruciava e dava occhiate a destra e sinistra e sappinneva al braccio di lui e rideva comu sulu cu si scanta arriri. Mi fici pena purazza.

La pizza non era mali e la ricotta salata era favolosa. Per un po' lassai perdiri il filmi e mi concentrai a mangiare. Di fronte alle birre quelli avevano aumentato la confusione e nellallegria generale non cera chiu nenti di taliari.
Stavo pi susirimi e pavari quando la fimminedda mi passau vicinu tutta ciaurusa. Non ciarriniscii a non darici unocchiata a quel ben di Dio. La facci era tutta russa e le minne luccicavano come a pomelli passati co Sidol. Non mi era nemmeno costata tanta quella serata. Me ne andai mentre mentre macari u masculeddu sarritiriva. Non mi ero accorto che i bagni erano darreri a me seggia.

19/08/09

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino - 12 -

"Allora Borghetti, sembrerebbe che lei ci sia riuscito..."
"Sembrerebbe, sì"
"Che fa Borghetti mi si mette a rispondere anche lei come quello?"
"No, no dottore... ci mancherebbe"
"Bene, perchè non voglio avere altre grane qui. Sa cosa mi è costato calmare il Dottor Guarino? No che non lo sa. Cosa mai potete sapere voi?"
"Certo, le assicuro..."
"Lei non mi deve assicurare un bel niente Borghetti. Vigili, vigili!"

Borghetti non può capire, lui non sa del mio posto segreto, della arrendevolezza delle nuvole. Quando arriva la bella stagione con Giorgio arriviamo fino dentro la pineta, vicino al mare. C'è un punto lì. Un luogo in cui gli alberi lasciano libero un triangolo. Un segreto protetto da della sterpaglia che sembra impedirne l'accesso. E' stato Giorgio a scoprirlo. Mi chiamava, ma a me sembrava si fosse perso e non riuscivo a trovarlo, non riuscivo a vederlo. Fintanto che.
Ora quando ci andiamo lui attende che io entri e mi distenda su una piccola stuoia che conservo lì, poi sparisce. Non mi preoccupo più ormai, so che non si perderà.
A me piace sentire quel contatto con la terra, la fresca gioia dell'ombra, ed allargare le braccia e le gambe anche, e l'essere pupilla nell'occhio di Dio.
E' lì che quando passa una nuvola le mie dita si inerpicano a conquistarne il segreto. Indice e medio, indice e medio fin quando quella scompare.

18/08/09

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino - 11 -

Poi improvvisamente arriva l'estate e molti però si ritrovano imprepararati. Come se non sapessero, come se.

Giorgio sparisce per ore, per giornate a volte. Quando rientra ha sempre una cicatrice in più, un sorriso soddisfatto e una dolce assenza negli occhi. Si dirige verso la cucina e raccoglie quello che gli ho preparato. Non ha mai voglia di raccontare quando arriva la stagione e sospetto che sarebbe felice se potesse rimanere solo, almeno un po'. Gli sono grato per il suo ragionevole silenzio e spesso cerco di trovare delle scuse per uscire. "Vado a comprare il latte" sussurro, e poi sparisco mentre lui finge di seguirmi con lo sguardo.

Borghetti è sempre più gentile. A volte, quando arriva un nuovo cliente, appare misteriosamente accanto a me e prende in mano la situazione come se fosse casuale quel suo intervenire, quel suo tecnico cicalare.

"Hai mai provato a passeggiare sulle nuvole?"
"Cosa?"
"Sulle nuvole, dico"
"Non credo sia possibile!"
"Dovresti, dovrò farti vedere un giorno. A volte è dura. Sono salite ripidissime o funi che si avvolgono quasi fossero liane, trecce di principesse. Io preferisco quelle un po' solitarie, le nuvole dico. Pensose si direbbe, ma per me solo distratte dal sole, svagate come giovani adolescenti, innamorate"
"Credo sia meglio se ora torniamo a lavorare!"
"Sì, dovresti"

17/08/09

"Caro Battista, io non dimentico Pasolini" di Francesco “baro” Barilli

Il 27 luglio, sul Corriere della Sera, Pierluigi Battista ha invitato i suoi lettori a dimenticare il Pasolini di “Io so”. Lo conforto: gli italiani non hanno bisogno di simili inviti, già da soli sono bravi a dimenticare i propri intellettuali. Al massimo ne salvano qualche citazione, buona per fare bella figura in un salotto, e tanto basta. L’invettiva di Pasolini di fronte alle stragi di quegli anni (ne sarebbero seguite altre dopo l’articolo del poeta e dopo la sua morte) costituirebbe secondo Battista “l’espressione del peggiore Pasolini, l’esaltazione meno sorvegliata dei vizi che hanno devastato la fibra etica del ceto intellettuale italiano”. Ma soprattutto, sempre secondo la stessa fonte, nelle parole di Pasolini “la ricerca empirica delle prove, e persino degli indizi, diventava esercizio ingombrante, fatica superflua”.
Con queste due citazioni penso d’aver centrato il cuore del commento di Battista e pure il suo principale errore: credere che la ricerca della verità dell’intellettuale debba coincidere (come percorso logico) con quella della Magistratura. Oppure ritenere che le uniche verità sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia possano arrivare secondo dinamiche esclusivamente “pratiche” (fatto criminoso, raccolta di elementi e possibili moventi, colpevoli ipotizzati e infine accertati). Peraltro, recentemente abbiamo visto che pure sentenze passate in giudicato non bastano a mettere il sigillo su una verità accertata, se esiste la volontà politica di riscrivere quella data pagina: su Liberazione del 2 agosto Saverio Ferrari, a proposito della strage di Bologna, ha puntualmente descritto i tentativi di ridiscutere l’accertata matrice fascista di quell’attentato.
Il punto è che le sentenze possono essere condivisibili e apparire sensate oppure l’esatto opposto: è tratto distintivo della giustizia umana differenziarsi da quella divina (per chi crede in quest’ultima) non solo per l’assenza della maiuscola o per il suo intrinseco margine di fallibilità. Quel che distingue la giustizia umana è l’assenza di prerogative assolute o taumaturgiche, che invece la società e la politica continuano ad assegnarle, un po’ per semplificazione, molto per affossare la ricerca di altri livelli di responsabilità (del resto Pasolini proprio nel suo “Io so” diceva che “il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”).
Credo che Battista non abbia colto il senso delle parole di Pasolini. No, lui non sapeva i nomi di chi mise una bomba nella banca di Piazza Fontana, sotto il portico di Piazza della Loggia, o ne avrebbe messa un’altra, anni dopo, alla stazione di Bologna. Ma conosceva le logiche del potere, che risponde alla sola legge dell'autoperpetuazione ad ogni costo. Capiva le finalità politiche (neppure univoche) cui dovevano rispondere le stragi, e lo capiva con i soli mezzi con cui è possibile operare un’analisi di questo tipo: quelli dell’intellettuale, che non pretende di supplire con le proprie riflessioni all’azione della Magistratura. A questa spetta un altro compito, altrettanto importante: l’individuazione di responsabilità penali e personali. I due livelli di ricerca non sono sovrapponibili, ma se svolti egregiamente si completano senza contraddirsi. E penso si possa affermare che quanto emerso, seppure con persistenti margini di ambiguità, su Piazza Fontana e le altre stragi (nell’ambito ambito processuale, nelle ricerche degli storici, nella defunta commissione stragi ecc), abbiano dato ragione a Pasolini.
Un’ultima riflessione. Pensavo che l’articolo di Battista sollevasse un dibattito ampio. Così non è stato: fatta eccezione per qualche risposta apparsa su alcuni blog, i media hanno ignorato la questione. Gli italiani, bravi a dimenticare Pasolini, lo sono altrettanto nel dimenticare Battista. Non tutte le conseguenze della sciatteria di un popolo sono negative.

16/08/09

"Ogni animale" ha detto finalmente "E' triste dopo il coito"

Il Cielo
quella notte distava soltanto la metà
alla lettura poetica
ad ascoltare le frasi bruciate
quando ho sentito che il poeta aveva
un'erezione in rima
e poi ha distolto gli occhi con uno
sguardo sperduto
"Ogni animale" ha detto finalmente
"E' triste dopo il coito"
Ma gli innamorati nella fila dietro
sembravano svagati
e felici

Lawrence Ferlinghetti, Beat Generation, Mondadori.

13/08/09

Il viaggio

Ora che è semplici farisi un viaggio ora che ci sono i mezzi mi capita o spissu qualcuno che mi dice domani sono qua e dopodomani sono lì o che nesci fora con quaccosa tipo "a fine mese mi fazzu un uichends che ne approfitto che cera unofferta incredibile". E tra questi cè chi se la spacchia e chi ietta la cosa così per vedere leffetto che provoca oppure macari quello che fa la faccia di uno che è costretto e invece farebbe altro. E poi cè ancora chi parra sottovoce come se a dirle queste cose a morti buttana ci putissi fari u malocchiu a quel viaggio e chi invece è felice di farisi sentiri da tutto il vicinato.
Io però non cè le chiedo mai queste notizie che se vogliono me le dicono loro. Come sempre. Ascutu. E poi ci faccio un sorriso e auguro a tutti un buon viaggio e ci dico di addivittirisi e secondo le persone altre minchiate di quelle ca si riciunu sempri in questi casi.
Io da anni i miei viaggi lho imparati a fare belli comodi e viru sempri cosi novi e canusciu genti e maddivettu macari.
Io destate quando parto tutto inizia la matina ca mi susu prestu che cè ancora friscu e la luna pari fari per qualche ora dispetto o suli. Il tempo di un cafè e di una sigaretta e mi pigghiu il primo autobussu che mi porta al centro. E' la prima tappa.
Dietro o Futtinu cè un negozio ca ci spatti a merce a tutti i gilatari della zona ma su ci vai presto ti puoi assittari ca ci misunu i tavolini nel retrobottega e supra u muru del cortile in mezzo alle scatole di cartone e alle confezioni acculurati ci crisci un gelsomino meraviglioso che u sulu ciauru ti fa rinascere. Io lì mi pigghio la mia granita e le briosce caure che mi sono fatto dare al panificio che cè vicino alla fermata e aspetto. A picca a picca arrivanu tutti con i loro furgoncini e le pentole di alluminio per la ghiaccera e ognunu mentre aspetta ci capita di cuntari un particolare della sua strada. Certo a maggior parte sono notizie di corna e di fimmini meravigliose. Cose mai visti riciunu tutti. Ma non ci mancunu autri curiosità: chiddu ca mossi, i nuovi arrivati, lultima corsa di cavaddi a Barrera. Appena finisciu marritiru prima che arriva u cauru forti e dentro la mia casuzza chiuru tuttu o scuru ma con le finestre aperte per fare entrare laria e mi mettu con la sdraio arreri alla porta dingresso socchiusa. A quellora dalle scale acchiana un venticello che mette i brividi. E questa è la seconda tappa.
Ne approfitto per farimi i film nella testa e immaginare tutte le cose che sento e entrare in quelle che vedo. Certe volte capita che quanto dopo pranzo sposto la sdraio e mi occuccu vicino al balcone queste cose mi vengono a trovare nei sogni e allora parunu ancora chiù vere. Il mare limpido. I muntagni con la nivi. Le navi grandi come a paesi che ci vulissi una vita a girarle tutte. In genere marrusbigghiu tannicchia suratu e certi voti con qualche strana vogghia anche se con letà questo capita sempre meno spesso. E il momento di una doccia e di una birra macari che unu na vicchiania non si dovrebbe fare mancari mai nenti.
Quannu u suli scumpari è ora di assittarisi o balcuni e questo è il terzo momento. Quello del ritorno. A genti parti parti ma la maggioranza appoi è sempri ca e io tra una sigaretta e unaltra mi posso sentire le loro vuci e vedere lontano qualche aereo o qualche nave che passa e sapere le novità del mondo megghiu che davanti alla televisione e parrari di tuttu su capita e di nenti se non ce ne vogghia e ridere di quacche minchiata e scherzare e fari u fissa.
Io ci penso alli voti a farimi una gita come a quelle di tutti ma poi penso che è più bello quannu ci parlo a qualcunu dei viaggi degli altri comu su fussiru i miei e ce li descrivo e ce li faccio immaginare e sognare macari.
Io ci penso alli voti ma sono sicuro che poi tornando io quei viaggi ne sapissi chiù cuntari.

11/08/09

Carmelo Barbagallo (1993-2009)


Ammia ma putevunu sucari che la prima vespa a puttai che ciavevo sei anni e darreri ci misi macari a me frati nicu ca mi sivveva pi fari pisu. Me la ricordo ancora. Una HP novanova che u Zu Maru lava pigghiatu ad Acicastello e poi però non cera piaciuto il colore e così cillava rialata a me o pa' quando laveva cercato per la pulizia. Mio padre è bravissimo in queste cose che non cè sbirru o vigili urbanu che se ne mai accorto dei lavoretti che fa lui con il telaio e dei documenti anche. Ora è a Piazza Lanza che ci devono fare il processo per una minchiata ma lavvocato dice che non ci voli assai che torna a casa e che non ci sono i termini.
Ammia ma putevunu sucari che con quella vespa iu avvulava supra a strada e non cinnera pi nuddu. Tanti trucchetti del motore li avevo imparati allofficina quando ascutavo a me o ma' e minnieva a travagghiari per portare i soddi a casa. E però quella miseria ca mi rava u principali non ciabbastava mai a quella fimmina macari che io a lei ci davo tutto quello che guadagnavo. Che così pimmia quacche lira ci nisceva sulu quannu furiava cullamici ne zoni boni che supra a vespa non mi ha pigghiatu mai nuddu.
Ammia ma putevunu sucari che quella strada a cavaddu della Via Palermo era stato un rialo del comune a quelli come a mia che ci piaciunu i cussi forti e io la conoscevo metro per metro la pista che di giri ce ne avevo fatti assai. Del resto lavevo visti tutti i lavori già di nicunicu. Prima avevano demolito le case vecchie poi alleggiu alleggiu erano arrivati i piloni e alla fine ciavunu misu i travi e lasfalto e i gaddreill macari. Non ci mancava proprio nenti a parte la fine e linizio che ancora nessuno lha capito a cosa serve quellottovolante e i soddi per saperlo finenu.
Ammia ma putevunu sucari e se non cera quella macchhia dolio iu vinceva macari sta vota invece di finiri sutta u suli do cimiteru. Però in fondo non mi dispiace che per ora qualcuno che mi veni a truvari cè ancora e viru i parenti chiossai di prima e macari Anna vinni una vota. Ciaveva la panza unchiata e tuttu u viddicu di fora. Sarà cu fù.

10/08/09

09/08/09

Summer On A Solitary Beach


La paglia che ci ripara dal sole
ripete inavvertiti dettagli
tutto avrebbe potuto essere vero
ma che importa...
così, mentre stupita ripeti:
"E' quello! E' quello!"
allungando la mano
io non posso che usare i tuoi occhiali da sole
riannodare il vecchio costume sbiadito
ed uscire
scalzo di desideri
pallida ombra di fronte al nemico



Fonte immagine: http://www.kullaway.com

08/08/09

Khajuraho

L'aratro

Fa paura il brusio delle onde,
della gente che passa, vicina.
Scricchiolano fessure di luce sul banco,
sul telo posato a salvare la schiena,
a bere quel rosso che denso, villano, ci marchia.
Schegge di legno e imbarazzati silenzi.

La forbice

Nella meccanica sensualità di un cigolio
sembra riposto il segreto dell’assenza.
Ombre sul muro, a muoversi.

07/08/09

solitudini minuscole in accapo sbilenchi

brucia
i miei pensieri
ed i tuoi anche
senza mentire
senza sottrarti

brucia
ogni paura
sui gemiti del corpo

brucia
ogni ricordo

e saremo eroi
se lo vorrai
giudici e ladri

un altro istante
un altro giorno

brucia
ora
ingoia l'aurora
di questi finti versi
altro non ho di noi
che già tuo
non sia
che tuo
non sia stato

06/08/09

Nomadi

Insomma che questo sia un urlo si potrebbe
obiettare ma anche oggi ma anche quando se il
tanga ti sta stretto ed è la vita con quel che ne
consegue dice l'amico ma sfugge e sono tanti
mentre guardo oltre quelle icone che più fatico a
ricordare come il libro di cartone o anche i baci
nel filmino super otto con le voci e i bambini e
tra poco n'avrò tanti ti racconto e non mi credi
e ridiamo di cose sciocche come ora a
dimenticare in un giardino di Kosinski le
presenze e le nostre e le vostre che noi no non
ci saremo come in sogno e ogni notte. Soli.

05/08/09

Golem

Appena uno ci tenta succeri sempre qualcosa. Accussì però si può sempre cangiare idea e addumisciri la morte.


Dammi tri cosi
no me piattu
dammi tri cauci
arriva u iattu
dammi tri aranci
dammi tri luni
dammi la morti
cu nu vasuni


Che poi se le cose ti riescono non ciai chiù gusto e arrimini, arrimini, fino a dommiri e poi sugnari, o forse fino a sugnari pippoi dommiri.


Visti na guantera
chinachina
a visti no varveri
astamatina
mi pigghai ncannolo
e mu calai
lassai sulu a scoccia
e mascapputtai


Quannu cè a fami tutto è chiù semplice e u niuru e niuro e u ianco ianco, e su non ci su te li inventi, ca ci basta na cannila e na mano, e un muru macari loddo, ma in chianu.

04/08/09

Oggetti smarriti

Un casco, un fiocco, libri e cappelli,
sciarpe, maglioni, forcine ed ombrelli.

La gente corre distratta
nessuna carezza
al tempo che passa
e che serra ricordi
in minuzie e spazi infiniti.

Invisibile ai tristi lustrini,
quest'antico presente d'ogni domani
ci accompagna silente.

Attende.

Un casco, un fiocco, libri e cappelli,
sciarpe, maglioni, forcine ed ombrelli.

03/08/09

02/08/09

indelible

Non hai volto
non ha volto voluto il tuo viso
il sorriso
e allora non posso
mi dico

ma le dita
queste inutili dita
non sanno
spariscono lievi
sul crespo dei sogni
a carezzar pensieri

d’oggi
di ieri
ed è allora che vivo.

01/08/09

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