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31/07/09

Buono pasto aziendale

Della voglia di gelato
sul tuo culo a gocciolare
del temporale
che si sta accucciati stretti
dei perfetti
baci
da dimenticare
con quest'addio
e non sto male, no,
che poi
che vale dirlo
lo sai
oggi ho solo crampi nella testa
e pesche, le prime,
nella cesta del mio lauto pasto aziendale.

Come se domani
a staccar tagliandi, dici,
fosse il vuoto della scena
il prezzo da pagare.

30/07/09

29/07/09

28/07/09

Standard


Si chiamasse pure vita questo falso starci addosso
di amorevoli viltà
esibite
a gran serata e "au revoir"
ora esco
che come grumi di rosario
come spighe
come sangue che rapprende e più non salva questo
noi
ci divide

27/07/09

26/07/09

25/07/09

La stanza


potremmopungercicongliangoli
deinostricuoripotremmoancora
fingercineitabaccosiardorisimili
inquestinostricoitisimilineinostri
erroripotremmo-sì-perunavolta
ancorachiudercisemprepiùsoli

24/07/09

23/07/09

22/07/09

gracias a la vida

"Una volta nati vogliono vivere ed aver destino
di morte, e lasciano figli perché nuove morti si
generino
"

Sole sono io, e pioggia
il tuo corpo di nebbia
che ignoro e conosco.

Non così mi specchio,
ma del deserto polvere
e vita.

Eccomi allora.
Nasconderemo la vergogna della ripida salita
all'ombra della tua mano.

Lo so! Nessun indugio, nessuna tristezza riuscirà a schiacciare il malvagio,
nel tempo del lutto verrà il momento di amarti.

E di noi sarà vita.

Di noi passeggera memoria.

21/07/09

20/07/09

19/07/09

17/07/09

15/07/09

Santi


Insomma visti darreri macari i santi fannu tannicchia di pena con queste spalle chiatte e quellaureola ca cula sangue. Pari proprio come a quella telenovella dei ricchi.
Loro sono lì che controllano dall'alto che ogni cosa non ci può pariri altro che nicuzza. Un fastidio che si può schiacciare comu na muschitta troppo vicina o mangiari.
Davanti in quello che ci fanno vedere parunu importanti. Tutti pruvuligghiati che unu si putissi scantari e pinsari " Sarà chi mi pò capitari su ora io mi ci arrivottu contro!". E accussì ni stamu tutti muti che non si sa mai. E ni facemu a passiata co gelatu. Parramu di corna. Ciccamu un palluni.
Eppure bastassi picca ad acchianari dassupra e darici nammuttata a sti fantasmi. Forse è sulu chiù comudu non sapirlu. Forse è sulu stanchizza.

13/07/09

12/07/09

10/07/09

"Fiamma e falena" di Gioacchino

Quando non sei solo, quando il passato non è soltanto una cosa tua, passibile di continue variazioni e manipolazioni arbitrarie, quando capisci questo, dopo tanto tempo di egoistica incertezza, non puoi fare altro che radunare ogni errore e nostalgia, le cieche previsioni e le speranze, filtrando, eliminando la tua presenza, animata da spirito visionario, e - come suggerì Platone - uscire dalla caverna del mito. Sottrarre la propria sagoma all'indistinto paesaggio d'ombre non è un'operazione semplice, ma da quando hai capito che non sei solo e che con la tua ombra hai coperto e oscurato altre vite, non puoi più giocare sadicamente con le venefiche, stordenti, asfissie del ricordo. Il torto consiste non tanto in qualcosa che hai fatto, quanto in qualcosa che non hai visto, o che hai male interpretato. Inseguivi una fiamma, ti sei bruciato, hai cominciato a chiederti dove fosse l'inganno: non trovandolo, ti sembrava ovunque, hai cominciato ad aver paura di quel che un tempo hai chiamato 'Amore'.
In un caldo pomeriggio estivo ti torna in mente Platone, fuochi e falene, e una lettura remota: "Lila" di Robert Pirsig, colui che distrusse per me il mito della falena attratta dalla luce. Egli spiega che le falene non volano verso la fiamma. La falena sta cercando in realtà di volare in linea retta. Le falene sono solite seguire un percorso mantenendo un angolo costante con il sole o con la luna, che però, a differenza del bulbo di una lampadina, si muovono. La lampadina è ferma, un angolo costante equivale a una circonferenza, le falene girano in tondo, in tondo, in tondo. E' il loro comportamento biologico a ucciderle. Io che cosa inseguivo? O forse erano gli altri a inseguire me, e la mia testarda immobilità ha provocato la loro morte? Qualunque cosa fosse all'origine dell'inseguimento, quel che sembrava il sole, o la luna, termini ultimi, era in realtà una piccola lampadina accesa nel cuore della notte. Agivamo in accordo alla nostra natura, al nostro disperato desiderio d'amore, e intanto bruciavamo, incapaci di vedere.

09/07/09

Ribellarsi


Bisogna ribellarsi fintanto che si è al tempo, fintanto che ciò che subiamo non viene a tal punto interiorizzato e fatto nostro da sembrarci così e basta; bisogna espellerlo, creare un margine tra sè e la propria sofferenza, non permetterle di fagocitarci, di usare i nostri pronomi al nostro posto, non lasciarle dire "io"; bisogna ribellarsi sempre, ributtarla fuori, in faccia a chi ce la fa subire, sconfiggerla o farne un'arma tagliente [...]

Aldo Busi, Seminario sulla gioventù, Mondadori

08/07/09

Granite


Oggi arristai incriccato con la carina che parevo una fisarmonica chiusa. A voti succede che forse nosacciu avissa muovermi chiossai o dimagrire o addivintari chiù giovani.
Nelle foto che mi sono arrivate cera anche questa con quello che vende le balate di ghiaccio po pisci che u chiamu quandero nico era sempre lo stesso: "Ghiaccio fresco! Ghiaccio fresco" e celaveva scritta anche nella ghiaccera questa scemenza che però ai picciriddi come a mia ci piaceva che ci potevamo ridere e pensare di essere addivintati tutti prufissuri.
Una volta prima dei frigoriferi cerano quelli che scinnevano il ghiaccio dallEtna e con quello si facevano le granite e i gelati ed era tutta unaltra cosa o almeno accussì mi cuntava me nonna che ciarrireva macari la faccia quando me lo diceva. Io al momento minni pigghiassi anche una moderna che di granite qua unni sugnu non ne capisciunu nenti che è comu cunfunniri a merda ca cicculatti.
A granita e comu na poesia damuri. Un soffio na ucca che ti fa veniri i brividi e tarrisuscita. Una granita non ci deve avere nenti che non sia morbido sopra alla lingua e se poi ciai u panuzzu giustu dabbagnari ti senti veramenti in paradiso. Autru che briosce muddacchie e troppo ruci che ora anche da noi si usano chisti. Pani cauru e profumatu ciagghiessiri e una panchina allombra unni nuddu ti sconcica. Unni u munnu è cuttia. E basta.


Dove vola l'avvoltoio?



Un giorno nel mondo
finita fu l'ultima guerra,
il cupo cannone si tacque
e più non sparò,
e privo del tristo suo cibo
dall'arida terra,
un branco di neri avvoltoi
si levò.

Dove vola l'avvoltoio?
avvoltoio vola via,
vola via dalla terra mia,
che è la terra dell'amor.

L'avvoltoio andò dal fiume
ed il fiume disse: "No,
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Nella limpida corrente
ora scendon carpe e trote
non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar".

Dove vola l'avvoltoio...

L'avvoltoio andò dal bosco
ed il bosco disse: "No
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Tra le foglie in mezzo ai rami
passan sol raggi di sole,
gli scoiattoli e le rane
non più i colpi del fucil".

Dove vola l'avvoltoio...

L'avvoltoio andò dall'eco
e anche l'eco disse "No
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Sono canti che io porto
sono i tonfi delle zappe,
girotondi e ninnenanne,
non più il rombo del cannon".

Dove vola l'avvoltoio...

L'avvoltoio andò ai tedeschi
e i tedeschi disse: "No
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Non vogliam mangiar più fango,
odio e piombo nelle guerre,
pane e case in terra altrui
non vogliamo più rubar".

Dove vola l'avvoltoio...

L'avvoltoio andò alla madre
e la madre disse: "No
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
I miei figli li dò solo
a una bella fidanzata
che li porti nel suo letto
non li mando più a ammazzar"

Dove vola l'avvoltoio...

L'avvoltoio andò all'uranio
e l'uranio disse: "No,
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
La mia forza nucleare
farà andare sulla Luna,
non deflagrerà infuocata
distruggendo le città".

Dove vola l'avvoltoio...

Ma chi delle guerre quel giorno
aveva il rimpianto
in un luogo deserto a complotto
si radunò
e vide nel cielo arrivare
girando quel branco
e scendere scendere finché
qualcuno gridò:

Dove vola l'avvoltoio?
avvoltoio vola via,
vola via dalla testa mia...
ma il rapace li sbranò.

Italo Calvino e Cantacronache

06/07/09

Nicola

Nicola sinni futteva che la casa stava crollando e della munnizza e del feto anche che si sinteva che ogni tanto qualcuno ci battezzava la porta con una bella pisciata. Nicola si purtava in giro il suo sacchetto di tila e cugghieva unni puteva. Due pomodori ammaccati nel banco dellamico Tano. Quacche angiova arrialata per carità a piscaria. Na fedda di muluni di quelle tagliate per prova allincrocio delle strade.
Nei giri fortunati vicino ai cassonetti ci puteva capitare anche di trovare un bel mobiletto daggiustari e allora lui se lo pigghiava ngazzicalora e se lo portava a casa che poi diventava nelle sue mani unopera darte e vino e birre per una simana. Destate si mitteva davanti alla porta e aspittava u friscu. Ogni tanto con quello arrivava macari u ciaru do mari e allora Nicola brindava chiù cuntentu che quella era la sua felicità.
Cerano tante storie supra a stu cristiano. Che era stato incarcerato. Che cera morta a figghia. Che so mugghieri se nera scappata dopo che lui laveva vista ca si misurava u gargarozzu cullaiutu di so cumpari.  Ammia mi parevanu tutti minchiati. Le storie di sempre. Quelle che uno sinventa per ammucciari i guai sò e aviri di parrari cullamici a putia.
Ora da un po' la porta è chiusa ncatinazzata. Ci spiai a Tano che anche io lo conosco o fruttaiolu ma lui non mi ha dato spiegazioni. "Pattiu" mi rissi. Come si poteva dire "Mossi" o "Attruppicau".
Non ne ho saputo chiù nenti e niente più ho chiesto a nessuno. Sulu che per ricordarlo mi pigghiai macari iu un sacchettu di tila che forse un giorno diventerò bravo comu a iddu ad aggiustari i ligna.

05/07/09

Fera o luni


Non lo so se ce la facissi ora a girare alla fera o luni. Troppa confusione. Troppo caos. Eppure a pinsari di manciari bastardi comu a chisti nella foto forse mi passerebbe questa paura.
Qua unni sugnu ora cè tutta la genti che quando accatta le cose sembra che ci deve fare loperazione. Guanti di prastica e buste che appena i tocchi si spaccunu e poi a vilanza con il prezzo che sattacca nelle ita e musica e tutti a parrari alleggiu e nessun ciauru se non quello dei detersivi del pavimento comu ospitali. Manca solo la mascherina e la bombola del gas per fare iri linterventu bonu.
Io cè lho in testa le persone che vedevo. Quello che si furiava tutte le bancarelle un giorno sì e unu macari e a furia di assaggi si faceva il pranzo prima daccattari un mazzu daddauru. La signora che litigava con tutti sopra il prezzo e poi nisceva un portamonete nicunicu che fino a quando aricugghieva leuro ci vuleva na matinata e nel frattempo quello si era deciso a farici u scuntu. U spettu ca sapeva tutto e parrava cu tutti come se fossero amici sò e poi sarritirava a casa cu na busta di pira ammuffati tutto soddisfatto per laffare. A carusa sfortunata che si presentava alla chiusura con il picciriddo dappresso per fare megghiu scena.
Alla fera ogni cosa era ordinata anarchia e lattenzione era sulu nella disposizione delle cose che allora lo spazio non ciabbastava. Ora forse è lo stesso e io non la so questa cosa ma ammia mi basta che loccasione di vederla ce lho avuta e ricordare succiarinesciu.

Diritto alla rete



Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un susseguirsi di iniziative legislative apparentemente estemporanee e dettate dalla fantasia dei singoli parlamentari ma collegate tra loro da una linea di continuità: la volontà della politica di soffocare ogni giorno di più la Rete come strumento di diffusione e di condivisione libera dell’informazione e del sapere.
Le disposizioni contenute nel Decreto Alfano sulle intercettazioni rientrano all'interno di questa offensiva.
Il cosiddetto "obbligo di rettifica" imposto al gestore di qualsiasi sito informatico (dai blog ai social network come Facebook e Twitter fino a .... ) appare chiaramente come un pretesto, un alibi. I suoi effetti infatti - in termini di burocratizzazione della Rete, di complessità di gestione dell'obbligo in questione, di sanzioni pesantissime per gli utenti - rendono il decreto una nuova legge ammazza-internet.
Rispetto ai tentativi precedenti questo è perfino più insidioso e furbesco, perché anziché censurare direttamente i siti e i blog li mette in condizione di non pubblicare più o di pubblicare molto meno, con una norma che si nasconde dietro una falsa apparenza di responsabilizzazione ma che in realtà ha lo scopo di rendere la vita impossibile a blogger e utenti di siti di condivisione.
I blogger sono già oggi del tutto responsabili, in termini penali, di eventuali reati di ingiuria, diffamazione o altro: non c'è alcun bisogno di introdurre sanzioni insostenibili per i "citizen journalist" se questi non aderiscono alla tortuosa e burocratica imposizione prevista nel Decreto Alfano.
La pluralità dell'informazione, non importa se via internet, sui giornali, attraverso le radio o le tv o qualsiasi altro mezzo, costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e, probabilmente, quello al quale sono più direttamente connesse la libertà e la democrazia.
Con il Decreto Alfano siamo di fronte a un attacco alla libertà di di tutti i media, dal grande giornale al più piccolo blog.
Per questo chiediamo ai blog e ai siti italiani di fare una giornata di silenzio, con un logo che ne spiega le ragioni, nel giorno in cui anche i giornali e le tv tacciono. E' un segnale di tutti quelli che fanno comunicazione che, insieme, dicono al potere: "Non vogliamo farci imbavagliare".
Invitiamo quindi tutti i cittadini che hanno un blog o un sito a pubblicare il 14 luglio prossimo questo logo e a tenerlo esposto per l’intera giornata, con un link a questo manifesto. - scarica il banner.jpg
Non si tratta di difendere la stampa, la tv, la radio, i giornalisti o la Rete ma di difendere con fermezza la libertà di informazione e con questa il futuro della nostra democrazia.

04/07/09

Il grande Altro


Il topico della tolleranza multiculturalista esclude una serie di domande che non vengono più poste. Il multiculturalismo cambia impercettibilmente le questioni, le depoliticizza, trasforma le lotte politiche in problemi di tolleranza culturale. Come dire: siamo razzisti perché non riusciamo a tollerare la diversità degli altri e li odiamo perché non sappiamo confrontarci con la diversità che è dentro di noi. La soluzione multiculturale è quella di intraprendere un "self discovery voyage": questa è depoliticizzazione. Oggi tolleranza equivale al diritto di narrazione. E' una sorta di darwinismo sociale, ogni minoranza - gay, lesbiche... - ha il diritto di raccontare la propria storia, ma la questione della verità resta sospesa. Se reclami il diritto di dire la verità sei accusato di logocentrismo. Mi oppongo a certa etica tollerante e liberale, basata sulla depoliticizzazione. Deploro che il multiculturalismo non riesca ad essere più radicale. Quando capisco se ho buone relazioni con un membro di un altro gruppo etnico? Quando si rompono le barriere. Certo non quando tratto l'altro con rispetto, ma quando iniziamo a raccontarci storielle sporche. La versione standard della tolleranza multiculturalista è segretamente razzista.


03/07/09

"A noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo."


Io lho sempre pensato che questa terra facissi volentieri a meno di noi. Lumani dico. Quelli con lanima. Quella specie strana che quannu sù chiossai di uno sammazzunu tra di loro e su ci speccia o ciacchiana la fantasia distruggono tutto quello che trovano e chi se visto se visto.
Stamatina guardando questa foto mi sono dato ragione. Non ci starebbe assai la natura a pigghiarisi di novu tutto se sulu non ci fussimu chiù. Oppure.
Oppure basterebbe tornare indietro e cacari e pisciari per strada e pigghiari i frutti supra allalvuri e ciauriarici u culu e fimmini quannu è ura di futtiri e furiari senza dio e senza paradisi. Senza machini e senza servi. Basterebbe tornare a essere quello che siamo sempre stati: animali. E moriri.

02/07/09

Re e Vicerè


Oggi marrivau una lettera di Amato ed era pisanti che dentro cerano tante fotografie. Mischinazzu che pensiero gentile. Macari credeva che io me la potevo dimenticare la mia città e allora mi vosi fari questo regalo.
Io confesso che non lo aperta subito la busta. Non lo so pecchè. Sarà stato che la sorpresa è sempre più bella da tenere che tu ti immagini ogni cosa oppure che magari mi scantavo di trovarici le solite minchiate buone per i turisti. E invece sbagghiava che dentro le foto meritavano veramenti. Come a quelle di un poeta e Amato sisà scrivi puisie.
Ad esempio questa me la ricordavo che è vicino alla piscaria e cè uno importanti un vicerè che ci tagghiano la testa. Che poi però la statua arristau no sacciu se per memoria o per sfregio.
Ogni tanto capitano questi fatti che prima ti applaudono e poi ti fannu a peddi. E se non ciarrivano a tia se la pigghiano con quelli che ti sono stati vicini. Penso sia normale. Arriva un punto che non puoi accuntintari tutti e allora tutti allimprovviso non si accuntentunu chiù di tia.

Contro il ritorno delle leggi razziali in Italia

Contro il ritorno delle leggi razziali in Italia

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera società europea, dal Rinascimento italiano al fascismo.
Non sempre sono state però conosciute in tempo.
In questo momento c’è una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, però, un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscirà ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell’Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.

Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l’adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali.

È stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non più gli ebrei bensì la popolazione degli immigrati irregolari, che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.

Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalità, l’esercizio di un diritto fondamentale quale è quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.

Con una norma ancora più lesiva della dignità e della stessa qualità umana, è stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere irregolari diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all’aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato.

Non ci rivolgeremmo all’opinione pubblica europea se la gravità di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanità. L’Europa non può ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civiltà giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea.
È interesse e onore di tutti noi europei che ciò non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall’Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione.

Roma, 29 giugno 2009

Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

01/07/09

Della stupidità - 2 -

La Prima Legge Fondamentale:
"Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione."
La Seconda Legge Fondamentale:
"La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona."
La Terza (ed aurea) Legge Fondamentale:
"Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita."
La Quarta Legge Fondamentale:
"Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore"
La Quinta Legge Fondamentale:
"La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista"
Corollario:
"Lo stupido è più pericoloso del bandito"

"[...] la frazione di gente stupida è una costante δ che non è influenzata da tempo, spazio, razza, classe o qualsiasi altra variabile storica o socio-culturale. Sarebbe un grave errore credere che il numero degli stupidi sia più elevato in una società in declino piuttosto che in una società in ascesa. Entrambe sono afflitte dalla stessa percentuale di stupidi.
[...] Che si consideri l'età classica, medievale, moderna o contemporanea, si rimane colpiti dal fatto che ogni paese in ascesa ha la sua inevitabile percentuale δ di persone stupide. Tuttavia un paese in ascesa ha anche una percentuale insolitamente alta di individui intelligenti che cercano di tenere la frazione δ sotto controllo, e che, nello stesso tempo, producono guadagni per se stessi e per gli altri membri della comunità sufficienti a rendere il progresso una certezza.
In un paese in declino, la percentuale di individui stupidi è sempre uguale a δ; tuttavia, nella restante popolazione, si nota, specialmente tra gli individui al potere, un'allarmante proliferazione di banditi con un'alta percentuale di stupidità e, fra quelli non al potere, una ugualmente allarmante crescita del numero degli sprovveduti. Tale cambiamento nella composizione della popolazione dei non stupidi, rafforza inevitabilmente il potere distruttivo della frazione δ degli stupidi e porta il Paese alla rovina.
Carlo Maria Cipolla, Allegro ma non troppo

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