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17/10/09

Il cibo

Macc che però si chiama Marcello ciavi nove anni e una faccia accussì tunna ca pari una vastedda. Passa tutto il pomeriggio nel cortile a fari u putteri nelle partite che la matina invece cè la scuola. So o mà lo chiama sempre dal balcone del secondo piano che con il panaro ci proi da mangiare e da bere. Ogni ora precisa che allora u picciriddu deperisce.
Macc ciavi la passione del pallone e delle crostatine macari ma anche dei viscotta con la cioccolata e dellaranciata e delle patatine che anche queste non ci dispiacciono e in genere non ci durano più di due minuti prima che lui le finisce.
U viru quasi sempre mentre maffaccio che è assittatu sopra il muretto ca mangia affudduni e adduppannusi che pare che manca picca ca mori e certe volte mi scantu io per lui ma per fortuna fino ad ora non è mai successo niente.
Sua madre comunque è contenta che u picciriddu ci mangia e poi anche quando acchiana a casa ciavi sempre u frigorifero chinu che a lui non ci deve mancare mai niente.
Lei me la ricordo carusidda che pareva una cimmedda. Longa longa e sicca sicca. Ora addivintau una bafacchia che tutto il tempo da quando ci mossi u maritu o travagghiu lo passa davanti alla televisione e al supermercato a fari a spisa che certe volte lho incontrati anchio mentre caricavano il carrello.
Io non lo so su cià facissi ad andare avanti a merendine e feddi di carne. A mia mi piaci manciari di tutto. Dalle anciove o zuzzu. Dallaccia alle vaccaredde. Dalle cacocciule al capuliato. E non è che mabbuffu o mi fazzu i piatti ca cumma che allora non avrebbe senso. A mia mi piaci sulu sapiri. E scegliere se posso. Se sono in grado.
Epperò macari iu ciaiu le mie preferenze che se mi presentano un piatto di pasta con la cipudduzza e il pomodoro e due sarde a beccafico e un bicchiere di vino mi sento felice e tutto il resto non ciavi chiù importanza. Non esiste più.

2 commenti:

  1. Dario, trascorsi alcuni giorni dalla lettura del tuo racconto, qualcosa è riaffiorato - non importa specificare cosa - che mi ha fatto pensare che "Il cibo" è una delle più belle storie d'amore che si possano raccontare: perché nell'amore, il bene che dai e ricevi spesso si rivolta in male, e anche perché non si riesce mai a riconoscere, se viene, quel momento in cui quel che perdi si materializza in altro - persone, azioni - che hanno l'unico vantaggio di resistere al dissolvimento del tempo. Bravo! (alla francisa)

    Gioacchino

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  2. Gioacchino, prima di tutto scusa per il ritardo... certo per molti versi siamo quello che mangiamo, ma anche (io direi oggi,nel mondo occidentale, soprattutto)il come lo facciamo, questo legame penso sia stata sempre riconosciuto nel tempo (mi viene in mente Rabelais)dagli uomini ma forse solo perchè anche il cibo aveva una sua "storia" un suo "farsi" visibile e condiviso.

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