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13/02/09

Filu di vespru - 12 -

Era venuto il momento di farisi due cunti. Insomma da quello che avevo letto ciavevo una famigghia cumplicata assai, genti ca mancava, genti ca spuntava, ricordi che forse non avevano senso. Mi stava accuminciannu a furiari di nuovo la testa. Non cera nenti da fare dovevo ritornare da quel cazzo di nutaru e farimi dire tutto. Piffozza. Non potevo essere sicuro ma pimmia era là che potevo trovare cunottu.
Camminando non mero accorto però che ero rispuntato di nuovo sotto a quella casa. Furunu una mano e un ciato di fogna a farmelo capire.
"Ah! Turnasti allura!"
"Prego?"
"E finiscila! E' cà u to destinu. U sai!"
"Mascusari! Però.. macchivoli lei insomma?"
"Veni. Entra!"
Lo seguii come a un mammaluccu. Ero troppo curioso, e poi.. chi mi puteva fari?
Garibaldi accuminciau a salire le scale fino ad arrivare al tetto: una terrazza grandissima dominava la piazza.
"A viristi quella?" E mi indicò il posto dove avrebbe dovuto esserci la nicchia.
"No! Chi è?"
Mi taliu con mezzo sorriso comu a dire: "u sacciu", ma poi si girò dallaltra parte. U visti pigghiri un pezzo di gesso dalla tasca e abbiarisi in terra.
"Chiffai?"
Non mi rispondeva chiù. Immaginavo la sua mano muoversi, ma non capivo quello che stava facendo.
U lassai perdere e maffacciai per vedere il panorama. Catania vista da lì era unaltra città: case basse, mattoni di lava, tegole rosa. Ci mancava u sceccareddu e a lavavannara per fare un bel quadro, uno di quelli con la cornice dorata da mettere nel salotto buono con i mobili antichi di truciolato accattati sotto casa che costano meno.
Quando mi vutai maccorsi che ero rimasto solo. A terra cera il ritratto di una fimmina e un nome: Benedetta. Io non canuscevu a nuddu che si chiamava così però quella sopra a quel disegno era mia madre. Lavevo vista tante volte nelle foto che la zia nascondeva dentro larmadio.

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