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12/01/09

Filu di vespru - 8 -

Camminando camminando arrivai al famoso cuttigghio. Anzi in Piazza Giovanni icchisi icchisi e tre aste. Bancarelle e negozi qui non cenerano. Un albero consunto, la traccia di una rete in metallo a segnare ormai solo la terra, quattro panchine di cemento che uno stanco non ci si poteva nemmeno riposare la schiena. Questo cera, non picca e mancu assai. Massittai lo stesso supra a quei blocchi friddi. Senza un vero motivo e senza nemmeno averne voglia, ma i cosi su accussì, o i fai, oppure nefai, tanto è inutile starci a pensare.
Pigghiai la mappa dalla sacchetta e mi riliggii di nuovo la lettera, poi furiai il foglio. Supergiù a dove era segnata la croce corrispondeva una palazzina di un piano. Aveva un balcone al centro bellissimo, tutto di ferro intarsiato, e anche due finestre ai lati, con le persiane di legno. Al centro del tetto, proprio sopra al balcone, cera una nicchia vuota che era circondata da una scritta, però non si leggevano le parole, che la distanza era assai e u niuro e la luddura del tempo macari. Sforzandomi arriniscii a decifrare una cosa tipo "mater" ma chistu fu tutto. Decisi di vedere se riuscivo a sapere chiossai di quella casa e così mi avvicinai al portone. Mancavano i campanelli e anche i nomi all'ingresso.
"Accù cecca?"
Non avrei saputo cosa rispondere, che ci dovevo dire? Non lo sapevo nemmeno io cosa cercavo.
"Lei è qui per la madre?"
Ancora non riuscivo a vedere chi mi stava parlando, che nellandrone cera scuro, e già questo maveva fatto due domande. Continuai a fare scena muta.
"E allura? Chi ci tirano a lingua?"
Seduto sui primi gradini della scala che portava al piano superiore accuminciò a materializzarsi una specie di Garibaldi vistutu di niuro. Ciaveva una buttigghia di vino in mezzo alle gambe e masticava con piacere pani friscu. Decisi che era il momento di fare u figghiu dellemigrante.
"I miei genitori abitavano qui vicino" ci dissi.
"Ah sì? E comu si chiamavunu?"
"Brancitelli" risposi.
Mi passi casaffugau quanto sentì quel nome, però dopo diventò più gentile.
"Veni, veni! Avvicinati! U voi tannicchia di vinu? E' bonu!"
Guardai per un momento il collo di quella bottiglia piena di pezzi nichi di muddica e decisi di no.
"No, grazie. Ma lei abita qui?"
"Iu? No, no! Chimmivoi mottu?"
Non la capii quella frase, ma lui continuò e non ci potti spiari autru.
"Brancitelli dicisti... cenera una di Brancitelli... era una donna bellissima... ma tu chiccecchi? Veni assettitti!"
Mi fece spazio nel gradino continuando a bere e a parlare. Solo il pane aveva lasciato. Di lato, vicino a una cartata di olive.
"Io lo so a cosa stai pensando ca iu sugnu mbriacuni, ma non è accussì!"
E fu proprio mentre diceva queste cose caddivintau strano.
"U viri stu vinu? E' sangue, e questo pane... questo pane, u viri? E' il corpo dei poveri cristi come ammia, e io me lo mangio e arriru e mi mangio macari iu, e cacario, e piscio, e rutto, e che centra chistu dirai? Nenti, ma nenti non è come sembra e ora iu spostu sta buttigghia e non ce più. U viri? Ti pari na magia? No! Non è accussì! E quando tutti lo capiranno saranno liberi, e macari iu, e tu... che non lo sai ancora."
Accuminciai a spostarmi per alzarmi, ma quello mi pigghiau per il braccio tenendomi strettostretto.
"Fermati! Ti devo cuntare una storia... che quelli non lo sanno chi erano i tre santi, e pensano ca immazzananu per gioco, pecchè erano cristiani... ma il motivo è che loro invece dicevano che tutti siamo uguali, e questo non andava bene, e quando io celo dissi anche mi volevano ammazzare, macari ammia, capisci? Ma teni! Chiffà? Non vivi? La Brancitelli me la ricordo e anche laltro giorno vinni una signorina che la cercava, e io ciò detto che sono trentanni che non la vedo, e anche tanta altra gente è sparita, ma io sono qua! Pecchè lei torna. E' lei che celà insegnato, la mater. A canusci? Deve tornare, e quando tornerà i suoi tre figghi si sveglieranno, e cangeranno il mondo... è il destino!"
Con uno strappo secco riuscii a liberarmi e senza mancu girarimi niscii fuori nella piazza. Lui continuava a parlare e lo sentii gridare.
""Benedetta! Benedetta!"
Ma ormai mi sentivo più tranquillo.

2 commenti:

  1. Bello Dario! Scorre che è un piacere!

    P.S.
    Da me c'è un premio per te!

    Un abbraccio!

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  2. Scusami Elys :-)ho risposto sul tuo blog ed ho dimenticato di ringraziarti qui :-)

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