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31/10/08

Street view... di Trans IL vanO


[ music | Pink Floyd - "wish you were here" ]

... di google maps su Roma è un'alimentatore di nostalgie. Sarei curioso di sentire le vostre. Magari un giorno dirò le mie. Nel frattempo, i miei complimenti a Francesco Cossiga, che dovrebbe chiedere una bella parcella per la consulenza al ministero dell'interno, vista l'applicazione, con successo, degli schemi sanguinari che hanno funzionato e funzioneranno proprio come negli anni 70, giusto ieri a piazza navona. E per unire le due cose, anche se ci passo comunque spesso nella vita oltreinternet, sono andato a vedere dove hanno ammazzato Giorgiana Masi con sto benedetto google maps street view. Poi ho fatto un giretto in centro, mi sono preso un caffé virtuale in un baretto nel vicolo e mi son fermato solo quando mi sono accorto che stavo per pisciare sul monitor, perché all'altezza dell'obelisco con nome di Mussolini appena restaurato e ben visibile alle masse che arrivano allo stadio olimpico, mi scappava proprio. Non la tenevo più, maledetto traffico.

Disgusto

Schifo

Fonte: Appunti d'oltresangue

Anteo Zamboni (Bologna, 11 aprile 1911 – 31 ottobre 1926)

La sera del 31 ottobre 1926 a Bologna, nel pieno delle celebrazioni della rivoluzione fascista, venne sparato a Mussolini. Un ragazzo, identificato come l'attentatore, viene massacrato: è Anteo Zamboni, terzogenito sedicenne di un tipografo già anarchico e ora fascista e amico del leader del fascismo bolognese Leandro Arpinati. L'attentato fa scattare la reazione dei fascisti da strada e fornisce l'esca per la promulgazione delle leggi eccezionali che sanciscono l'instaurazione della dittatura. Ma Anteo è un tirannicida, una pedina di un gioco più grande di lui, o addirittura la vittima casuale di una violenza di piazza?
Fonte testo: Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni di Brunella Dalla Casa

29/10/08

Lu Santu Currau - 11 -

Il giorno Tredici Dicembre dell’anno millenovecentoquindici
Regnando S.M. Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e Volontà della Nazione Re d'Italia
Ad istanza della Sig.na Donna Scintilla Corsara, figlia del fu Don Quirino, domiciliata in questo Comune nel quartiere dei Benedettini, possidente, qui intervenendo nella qualità di Erede del fu Barone Carmelo Li Causi in virtù del testamento pubblico del suddetto Barone, rogato nello studio di me notaio il dì due Marzo 1912, da me notaro ben conosciuta la quale Donna Scintilla mentre non ha esercitato, come dichiara, atto nessuno proprio di erede volendo assumere la qualità del nome sudetto con il beneficio dell’inventario, e far procedere alla dovuta dichiarazione, pel suo effetto, il necessario inventario dei beni di essa eredità ai sensi degli articoli 717 e 711 Codice parte prima-

Io Notaro Girbini Calogero, residente in questo Comune ho proceduto all’inventario dei mobili ed effetti mobiliari trovati nella masseria ove morì il cennato Barone, sito in questo Comune nel Feudo detto delle Vigne.
Da me Notaro detta Donna Scintilla comparente, alla presenza pure di Maestro Salvatore Incartato di arte falegname, domiciliato in questo comune e nel quartiere della Verza, alla presenza pure del Signor Alfio Alì di arte agrimensore, domiciliato in questo Comune nel quartiere della Verza, alla presenza del Capo Maestro Giuseppe Bisicchia, muratore, domiciliato in questo Comune nel quartiere della Verza, alla presenza di Maestro Gioacchino Percolla di arte caldararo, perito di rame, di ferro, di stagno ed argento, domiciliato in questo Comune nel quartiere della Verza, alla presenza di Tommaso Lucente qual perito di animali e di generi di vino, oglio e di frumento domiciliato in questo Comune nel quartiere dei Benedettini, alla presenza pure di Maestro Luciana Mezzasalma, sartore qual perito di robba, indumenti e biancheria domiciliato in questo Comune nel quartiere dell’Ospedale, alla presenza finalmente di proscritti testimoni all’uopo adibiti quali periti, estimatori e sono da me Notaro pure conosciuti.
Detti periti eletti d’accordo da detta Donna Scintilla per apprezzare a giusto valore gli oggetti seguenti di loro rispettiva perizia, dopo di aver prestato il loro giuramento innanzi questo Giudice del Circondario.
Nel presente atto vanno a decriversi gli oggetti, per come vanno trovandosi nelle stanze rispettive della masseria sudetta.
Segue la descrizione di quanto rinvenuto stanza per stanza, compresi i sottostanti magazzini, stanza del parmento del vino e dell’oglio, stanza della cavallerizza, del teatro e della pagliaia. Vengono rinvenuti :
Sedie di cuoio antiche, sedie di cordicella, arcinanco, buffetta, cantarani,cassa di noce contenente biancheria ( cultre, lenzuoli di tela di cotone, canne di mussolino, canne di damasco di cottone, lenzuola di seta, di marzulla,calzette di filo, bottiglie di cristallo,piatti, bicchieri, marionette in numero di 39 in legno, saliere, cicare di cafè, selle in cuoio, letti con trispiti in ferro, materassi, specchi indorati, padelle, pignate in ferro, cazzarole di rame, quartare di creta, caldare di rame, bacile di rame, candilieri di legno, cannate, farina, noci, tumoli due di mandorle, salme 12 di linosa, coffe per trappito, chianca di legno, biandoni atte per il palmento, scrofine per palmento, paglia per animali, cafisi di rame, una giarra piena di oglio e n° 11 giarre piene di oglio di lino pari a quintali 16 di oglio di lino, quintali 2 di oglio buono, arbitrio con vari anelli in rame, mola di pietra per ulive, legna da ardere, statia di ferro, vomeri, zapponi, accette, botti di vino, filatoio, bisacce da lana, da tela, selloni da lavoro e da passeggio, staffe, capezzoni, briglie, due mule una delle quali di pelo garofalo e l’altra di pelo scuro, una giumenta armentizia di pelo novello e una giumenta di sella di pelo novello.
Nello stipo a muro sito nell’anticamera vecchia, vicino la sala si è trovata una piccola cassettiera con dentro le seguenti cose d’argento:
cocchiaione da brodo, cocchiaione da zuppa, 6 posate di mezza libbra cadauna, cocchiaia alla napolitana, 3 coltelli, 2 fonti d’argento per capezzali, un paio di fioccaglie con diamanti, una spilletta con diamanti.
Inoltre sono stati rinvenuti libri di scuola di umanità e di lettere tutti vecchi.
Il tutto secondo la stima dei singoli periti per un valore di Lire 108.342.
Segue la stima della masseria per un valore di Lire 110.673.
Dichiarano pure detta comparente Donna Scintilla che nella detta eredità del fu Barone non vi sono debiti.
Finalmente la detta Signorina Donna Scintilla dichiara nel presente che non intende pregiudicarsi in quei diritti che gode sopra a detta eredità per effetto del sudetto testamento e per la disposizione della legge.
Ricevutasi la sudetta dichiarazione che la parte ha voluto fare e descrivere nel modo di sopra nel presente atto, si è chiuso il presente atto oggi il giorno sudetto alle ore tre della notte.
Seguono le firme di tutti i presenti e del Notaio Don Calogero Girbini del fu Don Michele

27/10/08

Agostino Amaranto



E accussì Agostino Amaranto sinni iu.
Stava priannu assittato al primo banco che da quando senera andato in pensione ciaveva sulu u Signuruzzu per parlare che figghi non cenerano mai stati e Aitina cera morta dinfarto mentre faceva i pulizii. Che lui celaveva detto mille volte di non fari sfozzi assai con il cuore che teneva e che non ci faceva nenti per tannicchia di loddu ma lei non lo stava mai a sentire che poi cosa dicono quelli che vengono e vedono i fulinii sopra il muro?
"Aitina ciavi deci anni che non ci entra nessuno in questa casa" lui ci faceva notare.
"E questo chivvoli dire? Fussi pittia cà ci fossi sulu munnizza" lei ribatteva.
Ma era tutto un gioco quello. Che alla loro età tante volte sono queste le parole di chi si vuole bene e non ciavi più il coraggio di dirselo. E così sempre alla fine Agostino accalava la testa e sabbiava pacinziusu davanti alla televisione a dommiri e sognava e a volte ci pareva che lui e so muggheri erano sopra a unisola come quelle dei sogni o della Ventura e loro erano il re e la regina e tutti ci dicevano bravi bravi e poi saccuminciava a ballari e a fari festa e vuci e qualcuno gridava gridava e anche quella volta solo che Aitina era già interra e ciarristau per sempre.
E accussì Agostino Amaranto sinni iu.
Stava priannu assittato al primo banco e il crocifisso era tutto lucido che lavevano restaurato e anche lui ciaveva messo i soldi. Li aveva presi da quelli della liquidazione cheppoi non erano stati tanti pecchè Agostino aveva sbagliato mese o forse non cià faceva chiù e se avesse resistito due mesi chiossai sarebbero stati di certo di più. Ma lui era stato contento che la festa al lavoro celavevano fatta lo stesso. Con lorologio con il suo nome e i pasticcini e la lettera con le firme dei colleghi che Agostino dopo quarantanni ancora sbagghiava i nomi ma diceva a tutti che era la sua memoria. Che lui si trovava meglio con le facce.
E accussì Agostino Amaranto sinni iu.
Stava priannu assittato al primo banco e San Demetrio a fianco di lui lo guardava dallalto in basso. Lui non ci faceva caso che i santi su accussì si sapi e poi Agostino teneva sempre locchi chiusi per concentrarsi meglio nelle sue fantasie e manco lo calcolava a quello. E forse fu per questa sfida che la base della statua si spaccò quel giorno mentre lui ci stava cuntannu o Signuruzzu di quando era nicu è cera la guerra. O forse San Demetrio lo voleva solo abbracciare per tutte quelle sue disgrazie. Insomma fatto stà che Agostino finiu a terra con la testa che ci nisceva sangue e pareva felici mentri alleggiu alleggiu sinni ieva. O almeno così me lo immaggino.

26/10/08

25/10/08

23/10/08

Bandiere

Macari le bandiere surano al sole e i colori a poco a poco se ne vanno che neanche loro ce la hanno la pazienza di stare lì a farci ricordare.
E' così difficile farlo da solo. Con le proprie forze intendo.
Uno cià sempre bisogno di appigghiarisi a qualcosa come se non ce la facissi o non vulissi farlo quello sforzo. Quella minchiata.
Cosi queste bomboniere inutili mi dicono che un giorno qualcuno si è sposato o cè nato il figlio o chi cazzu ni sacciu e che mi ha pensato anche. E questa maglietta tannicchia bruciata mi confessa che ero distratto mentre taliavo il culo della vicina alla finestra e anche che quel giorno cera cauru e non solo nella mia testa.
Però non sono mai completi i ricordi. Anche se tarrivano certe volte che pari che sei dentro la scena di un filmi. Cè sempre quacche cosa che manca o cheppure cangia con il tempo senza nemmeno dirtelo o fartelo capire. Come quando dentro a una foto vecchia che già lhai vista tante volte ti accorgi di quacche cosa che non avevi mai notato e allora fai finta di sapere che cè sempre stata oppure immagini che cè lhanno aggiunta apposta.
I capelli di qualcuno di cui provi a insittare il nome. La bicicletta messa in un angolo. La lunga ciaccazza nel muro della casa.
Ecco il ricordo è come un puttuso nel muro e se tu lo lasci stare lui non ti da fastidio. Anzi ti fa sorridere o piangere o pensare che ogni tanto ci vuole. Ma se inizi a scavare a mittirici le tue dita in quel buco capace che con il tempo e lacqua e il vento e il sole ti crolla tutto. Senza nemmeno il tempo che hai capito a cosa è servito. Senza nemmeno il tempo che hai capito come.

22/10/08

Grandi maestri: la pedagogia di Plaza de Tlatelolco

"Non permetterò l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare. Convocherò oggi il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere"

Janis

Janis Joplin

Mercedes Benz

Oh Lord, won’t you buy me a Mercedes Benz ?
My friends all drive Porsches, I must make amends.
Worked hard all my lifetime, no help from my friends,
So Lord, won’t you buy me a Mercedes Benz ?

Oh Lord, won’t you buy me a color TV ?
Dialing For Dollars is trying to find me.
I wait for delivery each day until three,
So oh Lord, won’t you buy me a color TV ?

Oh Lord, won’t you buy me a night on the town ?
I’m counting on you, Lord, please don’t let me down.
Prove that you love me and buy the next round,
Oh Lord, won’t you buy me a night on the town ?

Everybody!
Oh Lord, won’t you buy me a Mercedes Benz ?
My friends all drive Porsches, I must make amends,
Worked hard all my lifetime, no help from my friends,
So oh Lord, won’t you buy me a Mercedes Benz ?

That’s it!



O Signore, mi compreresti una Mercedes Benz?
I miei amici guidano tutti Porche, devo rimediare
Ho lavorato duro per tutta la vita, nessun amico mi ha aiutata
Perciò Signore, mi compreresti una Mercedes Benz?

O Signore, mi compreresti un televisore a colori?
"Dialing for Dollars" mi sta cercando
Aspetto la consegna ogni giorno fino alle tre
Perciò, Signore, mi compreresti un televisore a colori?

O Signore, mi compreresti una notte in città?
Conto su di te, Signore, ti prego non mi deludere
Dimostrami che mi ami e pagami il prossimo giro
O Signore, mi compreresti una notte in città?

Insieme
O Signore, mi compreresti una Mercedes Benz?
I miei amici guidano tutti Porche, devo rimediare
Ho lavorato duro per tutta la vita, nessun amico mi ha aiutata
Perciò Signore, mi compreresti una Mercedes Benz?
O Signore, mi compreresti un televisore a colori?
Tutto qui!

20/10/08

Vittorio Foa (Torino, 18 settembre 1910 – Formia, 20 ottobre 2008)


"Memoria significa ripensare il passato, però con gli occhi del presente, con le categorie mentali del presente. Il passato non mi serve per risolvere i problemi del presente, ma per capire meglio dove sono, cosa sono"




Di famiglia ebrea, laureato in legge nella sua Torino, entra in “Giustizia e Libertà” a 23 anni e a 25 è già nelle carceri fasciste, condannato a 15 anni dal Tribunale Speciale.
Lo sbattono in cella con Ernesto Rossi, il suo mito, ed allora la prigionia diventa “il periodo più bello” della sua vita:
«Lui e Riccardo Bauer erano i nostri martiri, il nostro punto di riferimento ideale. Io ora mi trovavo lì e capivo che dovevo stare insieme con loro. L’ho vissuta come una fortuna immensa, immeritata. Pensai: “Chi è che mi dà il dono di stare con queste due persone, di studiare con loro, di lavorare con loro, di pensare con loro?”.Ho passato quattro anni con loro in quel carcere. Quattro anni trascorsi così sono anni di felicità. Lo dico sempre che lo studio ci ha salvati. Il sistema politico voleva cancellarci, il carcere e la condanna volevano dire: “Non ci sei”. Noi invece c’eravamo. Certo, le inferriate del carcere, le muraglie, la censura, l’autocensura ci impedivano di parlare, di scrivere, questo sì, ma comunque comunicavamo col mondo, noi continuavamo a esserci perché avevamo cercato insieme questo percorso. Mai, in quegli anni, non un solo minuto c’è stato uno scontro fra noi; molti dissensi, ma tutti con un grande rispetto reciproco e interni a una ricerca comune. Vorrei ricordare un episodio. Quando i Rosselli furono assassinati, io ero con Rossi e Bauer, eravamo solo noi tre e, quando l’abbiamo saputo, abbiamo preso una decisione. Siamo riusciti a mandare fuori un messaggio in modo molto complicato. Questo messaggio era destinato al movimento di Giustizia e Libertà a Parigi. Non lo ricordavo più nei suoi termini, ma l’ho ritrovato stampato. Esso diceva: “Vogliamo che quello che vi scriviamo sia pubblicato con i nostri nomi e cognomi. Chiediamo agli italiani di continuare la lotta per la libertà nel nome dei Rosselli”.La nostra era una volontà di testimonianza pubblica dal fondo di un carcere, rilanciata da Parigi con nome e cognome. Salvemini la ricevette e decise opportunamente di non pubblicarla, perché capì quale tempesta sarebbe caduta sulla nostra testa. Fece bene a non pubblicarla però devo dire che quell’atto rimane nella mia memoria come una prova della solidarietà con Rossi e Bauer, come uno dei punti della mia vita di cui sono maggiormente contento».

Nel ’43 Foa esce dal carcere per entrare direttamente nella Resistenza, e su questa base viene eletto deputato (azionista) alla Costituente; quindi il passaggio al PSI, l’attività sindacale in Fiom e Cgil, la teorizzazione dell’autonomia operaia, la scissione nel Partito Socialista e la nascita del Psiup, che lo vide protagonista; e con il ’68 il tragitto attraverso la sinistra “extraparlamentare”, dal Manifesto al Pdup a Democrazia Proletaria; l’elezione a senatore (indipendente) nelle liste del PCI e dopo la svolta occhettiana della Bolognina, mentre la “sua” creatura DP confluiva in Rifondazione comunista, la scelta alquanto sorprendente di aderire al PDS, lui che era un “rivoluzionario” pur non essendo mai stato un “comunista”.
«Ma i partiti non mi attirano. Bada, io non sono contro i partiti, li considero strumenti indispensabili per orientare il consenso e per organizzare il sistema democratico. Ma servono a realizzare programmi specifici, concreti. Non possono aver la pretesa di guidarti in tutto. Quindi va bene un partito leggero, non burocratico, volontaristico».
Viva i “cani sciolti”, allora?
«No, non apprezzo molto nemmeno i solitari e gli anarchici. Penso che socializzare idee, comportamenti e sentimenti faccia tutt’uno con la condizione umana. Ma le folle, le masse, le parole d’ordine mi spaventano. I partiti servono anche a educare ma non a irregimentare. Ho sempre pensato così e rivendico il diritto all’incoerenza. Ti pare un’eresia per un uomo di sinistra? O forse, chissà, cambiare idea è la condizione per essere coerenti... Tutto sta nel come la si cambia: se io dico di avere avuto sempre ragione sono un poveretto, se spiego che con il mutare del mondo è cambiata anche la mia testa comincio a ragionare. Ho torto?».

Vittorio Foa prima di tutto antifascista:
«Noi sapevamo benissimo che il nostro lavoro di antifascisti non aveva cambiato nulla della politica del fascismo, il quale era andato avanti per conto suo. Il fascismo è stato distrutto dalla guerra e non da noi, ma sono sicuro che noi abbiamo preparato il domani. Noi pensavamo al domani in ogni campo: alla vergogna dello sfruttamento del lavoro umano, al bisogno di rinnovare la democrazia, di cambiarla, di dare un senso nuovo anche al contenuto della libertà».
Assertore del “panta rei”, del mutamento continuo:
«Io ho vissuto molto, il passato è lungo. E non c’è un solo passato, ce ne sono molti e alcuni cambiano nel tempo, basta assumere una dimensione temporale di medio o lungo periodo e la visione della propria vita diventa diversa. Ma vi sono dei punti fermi. Al di là degli episodi più o meno piacevoli da ricordare vi sono dei momenti nei quali si avverte un senso nuovo della propria vita. Sono i momenti di cambiamento. E’ allora possibile trovare anche nella politica, come in tutte le attività creative, la felicità, la gioia. Sono i momenti in cui si sente di cambiare in primo luogo noi stessi, rinnovando le categorie della nostra mente, sia quelle logiche dell'apprendimento sia quelle etiche del dover essere. Due mi sembrano gli elementi costitutivi di quella gioia: la libertà della scelta e il nuovo spazio di comprensione della convivenza sociale, delle sue necessità, del suo sentire. La libertà vissuta come responsabilità, come premessa a quel bene così prezioso e fragile che è la solidarietà».

La ricerca della felicità...:
«Avevo ventidue anni, ero un antifascista che cercava in qualche modo di confermare i suoi ideali. A un certo momento scelsi una via di rischio per dare un senso alla mia azione, per non lasciarmi vivere come capitava. Eravamo un gruppo di compagni di “Giustizia e libertà”; eravamo pochi, ma si poteva essere felici anche sentendosi soli in mezzo a un mondo indifferente. Così sarebbe stato possibile dopo pochi anni essere felici in mezzo a folle di cittadini che la pensavano come noi, in un momento di liberazione collettiva. Certo vi sono stati altri momenti felici, per esempio quando i giovanissimi ventenni del 1960 riscoprirono l'antifascismo e gli diedero un senso nuovo, oppure nei decenni che seguirono, quando i lavoratori videro nella loro resistenza un problema che non era solo loro, ma di tutti. E ancora adesso, negli anni 2000, mi vengono delle tentazioni. E subito viene la domanda: e poi? Ho più volte sofferto l’esperienza della politica che si fa rito e diventa incomprensibile. Il ricordo di lunghi periodi grigi e amari non cancella, però, il ricordo della gioia e dà alla politica il senso della possibilità».

Radicale?
«Sì, ci sono situazioni in cui occorre il radicalismo, perché bisogna far presto e andare fino in fondo; ma anche altre in cui è necessario il gradualismo, perché vuol dire avere consensi più vasti».
Cos’è e cosa non è la sinistra?
«La sinistra è ciò che include, che allarga le possibilità delle persone di guardare il mondo e di muoversi nel mondo. E io non vorrei escludere nessuno dall’inclusione, però l’esclusione la vediamo continuamente attorno a noi e quello di sicuro è ciò che la sinistra non è, quello contro cui dobbiamo combattere; sono le scelte fini a se stesse, quelle fatte senza pensare agli altri».

L’insostenibile leggerezza (e volatilità) delle parole della politica:
«Noto una crescente irrilevanza del linguaggio, chi governa può dire tutto e il suo opposto. Quando le parole diventano irrilevanti cade l’impegno etico di rispettare la parola data».
Ma restano le ragioni dell’ottimismo...:
«Penso sempre che nell’agire umano vi sono possibilità anche quando le difficoltà sembrano insuperabili».
Tra le cose che “sgomentano” il vecchio radicalsocialista, il “silenzio” dei vecchi comunisti: «Tendono a scomparire i testimoni di un’esperienza, quella dei comunisti italiani, che fu indubbiamente originale. E insieme si oscura un pezzo della nostra storia. Ma c’è qualcosa di ancor piú importante del loro silenzio. Il comunismo è finito e l’anticomunismo continua a imperversare non come tentativo di ragione ma come insulto, non come ricerca ma come aggressione. Perché tutto questo? L’anticomunismo a vuoto non è forse paura? Perché si ha paura? Di che cosa?».

Critico e scettico, come il suo concittadino Norberto Bobbio, al punto da essere fin troppo ingeneroso verso i suoi Maestri?
«Ci ho pensato molto nel corso della vita: io ho sempre cercato negli altri e preso da loro, ma non ho mai avuto un Maestro».
E Gobetti?
«L’influenza di Gobetti a Torino è stata molto forte. La cultura del primo ’900 aveva rifiutato il determinismo. L’attivismo, il volontarismo suggerivano che le cose si potessero fare anche subito, senza rispettare rigide gradualità, saltando, se necessario, le tappe intermedie. Queste cose noi, giellisti e azionisti, le abbiamo apprese anche attraverso Gobetti. E avevamo simpatia per i comunisti, nonostante il loro autoritarismo, proprio perché anche noi eravamo contro il determinismo storico. Bisogna fare delle cose? La rivoluzione? Il socialismo? Be’, si fanno! Però i comunisti, per esempio, guardavano al movimento dei consigli non come a un moto di autonomia, ma come occasione di rottura con la tradizione socialista, e in particolare con il determinismo storico proprio di quella tradizione, che ipotizzava nella storia tante fasi successive, dove il passaggio alla fase più avanzata era possibile solo quando la precedente fosse sufficientemente matura».
E siccome anche Gobetti, collaborando da liberale radicale (molto coraggiosamente) con l’amico Gramsci, “tifava” per i consigli di fabbrica contro la “vecchia” democrazia parlamentare, Foa diventa lapidario e spiazzante:
«L’ultimo Gobetti era comunista e basta».

Pur sempre Maestro, si spera...
«Noi abbiamo preso da Gobetti alcune cose. Tra queste c’è l’intransigenza, quella che lui ha sempre praticato nella sua vita di scrittore, di giornalista e di editore. Gobetti è stato un grande editore e anche nel suo modo di fare l’editore invitava a parlare e a esprimersi in un continuo richiamo alla libertà e ai doveri che la libertà pone. Noi sentivamo fortemente il suo disprezzo per l’opportunismo e la piccineria, e penso, ad esempio, che questo abbia avuto una grossa influenza su di me personalmente. Noi questo disprezzo lo avevamo interiorizzato ed è diventato l’imperativo di salvaguardare la “dignità del ruolo”. Il nostro ruolo di oppositori era la testimonianza, che richiedeva una certa dignità, l’impossibilità di dire e fare cose meschine o volgari. Nelle mie lettere dal carcere c’è una vicenda, per la quale mi arrabbiai moltissimo: una ragazza aveva fatto per me una domanda di grazia al Duce. Io ignoravo del tutto la cosa. La domanda mi venne portata dall’Ovra in cella: quando lessi quel foglio, ci scrissi sopra un bel no, sottolineandolo tre volte. Nei documenti dell’Ovra è detto che il condannato ha rifiutato di aderire alla domanda. Ecco: questo rifiuto deve molto all’esempio gobettiano».

Oltre all’esempio etico c’è naturalmente quello politico, dal gusto tuttavia agrodolce della sconfitta storica degli azionisti nel dopoguerra:
«Eravamo alla ricerca di un socialismo autonomo e libertario, intimamente rivoluzionario, e siamo stati sconfitti dal riemergere del socialismo tradizionale come fattore di rassicurazione. L’altro elemento su cui siamo stati gobettiani sino in fondo, e abbiamo perduto, è stato il disgusto per la democrazia classica. Disgusto è forse una parola sbagliata. Però… Ho riletto recentemente il Manifesto di Ventotene, quello dei federalisti europei, scritto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. E’ tutta una polemica contro la democrazia rappresentativa. L’azionismo è venuto fuori a dire basta con questa roba, bisogna fare qualcosa che venga direttamente dal popolo e che attivi la volontà popolare. Che ci volesse anche la democrazia rappresentativa l’abbiamo capito, ma in fondo la consideravamo un elemento non dico marginale, ma quanto meno da integrare con la democrazia diretta, con l’autonomia operaia, con l’iniziativa dal basso, che sola avrebbe dato alla democrazia un contenuto di liberazione vera, perché la democrazia rappresentativa di per sé non ha contenuti, fornisce, tutt’al più, delle garanzie formali. Questa convinzione dell’insufficienza della democrazia rappresentativa l’abbiamo ereditata da Gobetti».

Fonte intervista: Movimento Radicalsocialista

19/10/08

Non è certo attendendo

Cesare Pavese. Poesia tratta dalla raccolta "Lavorare stanca", video prodotto da nuoviautori.org, regia Andrea Galli, fotografia Andrei Tarkovski, arrangiamento musicale Andrea Galli ispirato da Ennio Morricone.




Traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa.

Ci sono d’estate
pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge
per un viale d’inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade
sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita.

Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.

Storie di comuni maestre


“L’amore che non scordo” è un film-documentario che racconta quattro storie di maestre e un maestro, in quattro classi tra il 2005 e il 2007 a Milano, Roma, Bologna. Una settimana per classe a seguire la vita scolastica (classi piene di vita) filmandola senza sovrapporsi, con la pretesa di mettere in risalto quella parte invisibile dei programmi didattici e quello scambio umano così vivo nella quotidianità che fanno l’effettiva qualità di una scuola primaria. Maestre comuni: non è l’eccezionalità che si vuole trasmettere, sia pur in chiave finalmente positiva, ma la capacità comune e quotidiana di tutte le maestre (mestiere al femminile per il 95% dei casi, e si dovrà riflettere su questo), di far valere le relazioni profonde, lo stare bene insieme, l’espressione dell’affettività. Bambini che in piena libertà di postazione scrivono i loro testi, che in cerchio se li leggono vicendevolmente, che si commuovono e si abbracciano, che intervengono costruendo discorsi collettivi pezzetto per pezzetto, che vengono ascoltati (bellissima la sequenza di Matteo che vuole spiegare alla maestra cosa ha in testa, bellissima perché in nessun altro luogo – e men che meno all’interno della affannate famiglie di oggi- un bambino otterrà un paziente, attento ascolto dei suoi progetti). Scolari di seconda che imparano che l’aritmetica è ritmo, o che attraverso un grande disegno ripercorrono il cerchio della nascita (e anche questo è ritmo!) e si sentono raccontare dalle loro mamme. Altri che studiano una geografia “democratica” o discutono davanti ai quadri di una mostra, oppure si salutano (l’antico, salutare rito del congedo!) nell’ultimo anno di scuola elementare rinominando le persone – maestra e compagni - che sono state con loro.
C’è una corrente calda che scorre dietro le immagini di questo piccolo film, insieme alla scoperta/conferma di una scuola-semenzaio che si è assunta il compito di trasmettere non solo “buone pratiche”, come in ambito didattico si dice, ma anche quel “lavoro di cura” che è educazione al crescere bene.

Più Scuola Più Benessere
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Fonte video: ReteScuole
Fonte testo: Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna
Fonte slide: No al maestro unico

18/10/08

Lu Santu Currau - 10 -

I giornali, anche quelli locali, non avevano fatto tanto baccano attorno alla notizia, c'erano temi ben più importanti: la guerra, l’undicesimo reggimento bersaglieri e Sciara Sciat, le orde nemiche, le reazioni internazionali... eppure in paese non si parlò, per lungo tempo, d'altro.
Il barone era stato trovato nella sua masseria sul palco di uno strano e sconosciuto teatro; vicino al corpo tanti manichini spogli d’ogni indumento erano stati posizionati a guisa di spettatori e tre lunghi ferri, come fulmini retti dall'alto da altrettante marionette, gli erano stati conficcati in corpo. Ognuno di essi aveva mirato ad un ben preciso obiettivo: il cuore, la bocca, le natiche.
Durante le prime indagini furono controllate le informative riguardanti, da un lato, il passato politico della vittima, fiero difensore della legge e dell’ordine contro l’anarchia portata avanti dai Fasci e dal Socialismo e, dall’altro, la sua fama di tombeur de femmes. Più tardi, grazie all’impulso organizzativo dato da alcuni investigatori provenienti dalla città, si passò all’ipotesi di un omicidio compiuto da qualcheduna delle bande che ancora infestavano la zona, infine il caso fu archiviato.
La divisione dell'eredità non fu, invece, impresa difficile avendo, il Signor Barone, già preventivato la propria fine.
Su una parte dei beni, comunque, giunsero, alle orecchie e agli occhi del paese tutto, alcune curiose sorprese; esse, forse, erano il frutto di antiche ed eccessive libagioni del fu Li Causi.

17/10/08

A Sasha

Un passo in più a raggiungerti,
questa notte,
tra i pensieri, a rovistare.
Un passo ancora,
amore,
che non ti debba mai io trovare.
Che sempre sia come
se quella luce
che attraversa il corpo, 
quella luce
arrugginita chiave,
 disperasse ingenua
di poter far male.
 E se anche domani sarà sera,
di noi ignoti drappi
voglio far gioco:
per quel che,
perduto,
più non c'è,
a caccia 
di quel che,
già segreto,
un tempo c'era.

16/10/08

Camera dei Deputati. MOZIONE 1/00033: Variazioni sul tema


a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;



a rivedere il sistema di accesso degli studenti diversamente abili alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti diversamente abili che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento delle Materie Curriculari, propedeutiche all'ingresso degli studenti diversamente abili nelle classi permanenti;



a rivedere il sistema di accesso degli studenti con disturbi comportamentali alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti con disturbi comportamentali che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della Condotta Scolastica, propedeutiche all'ingresso degli studenti con disturbi comportamentali nelle classi permanenti;



a rivedere il sistema di accesso degli studenti provenienti da famiglie economicamente disagiate alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti provenienti da famiglie economicamente disagiate che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento di ogni Disciplina, propedeutiche all'ingresso degli studenti provenienti da famiglie economicamente disagiate nelle classi permanenti;



a rivedere il sistema di accesso degli studenti provenienti da famiglie apertamente ostili al governo in carica alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti provenienti da famiglie apertamente ostili al governo in carica che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della Storia della Nazione, propedeutiche all'ingresso degli studenti provenienti da famiglie apertamente ostili al governo in carica nelle classi permanenti;

15/10/08

Grandi maestri: la pedagogia dell'apartheid


impegna il Governo:

a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;
a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole e a prevedere, altresì, una distribuzione degli stessi proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri;

14/10/08

Lu Santu Currau - 9 -

Una Trinità un po' plebea svolazzava in alto sul fondale di un intenso azzurro. Il tondo arancione del sole ed i raggi che da esso dipartivano, così come le forme arrotondate e le piatte tinte dei monti, davano all'insieme un tocco di fanciullesca falsità che contrastava con la ricchezza e la complessità degli abiti delle marionette. Trentasei santi, e sante, a riempire la scena.
Ben si sarebbe potuto pensare, a guardare da lontano, ad uno di quei turpi racconti della schiava Faecenia, giacché l'ammassarsi di quelle spoglie nulla rendeva al sacro, ma solo all'immondo vizio. Ciò che nel quadro era esplosione di forme e grazia lì era divenuta morbosa messinscena. E quel luogo non ad altro serviva. Il Barone vi conduceva le sue amanti, godendo particolarmente nel privilegiare quelle che egli più riteneva vicine alla fede cristiana, quindi iniziava il rituale.
Scelto il nome della santa, egli illustrava alla vittima prescelta l’azione che di lì a poco avrebbero compiuto servendosi dell'aiuto di quei feticci e fornendo poi alla o alle partecipanti le vesti adatte. A volte arrivava a chiedere, anzi pretendeva, con minacce e violenze se necessario, che fosse la stessa vittima finito il primo amplesso ad indicare e sistemare le marionette ad imitazione dell’azione successiva; e ciò si ripeteva fin quando le forze o la fantasia non lo abbandonavano.

13/10/08

Andrea Canevaro: "Io do retta a chi cresce"

 Intervista ad Andrea Canevaro su Byoblu

Byoblu: «Andrea, potresti spiegare in cosa consiste l’Osservatorio sull’Integrazione Scolastica?»

Andrea: «L’Osservatorio è stato costituito, perché la legge prevede che esista, dal Ministro della Pubblica Istruzione. E’ costituito da persone che si occupano professionalmente di persone con bisogni speciali, che vanno a scuola e che hanno nell’integrazione nella scuola il loro percorso per il progetto di vita. Ha un compito, quello di tener conto della realtà, ma soprattutto della realtà che nasce, cioè quella che non è ancora espressa, dei bisogni, e quindi dei bisogni che forse non sono ancora espressi totalmente. Deve tener conto di quelli che sono già dei consolidati, che non possono essere demoliti, ma deve anche soprattutto capire come far meglio. Non far peggio è già un bel traguardo! Far meglio sarebbe auspicabile.»

Byoblu: «Da quanto tempo esiste l’Osservatorio?»

Andrea: «Io ho fatto parte di un primo osservatorio che aveva come coordinatore Sergio Neri. Se mi domandi le date precise non le so, ma stiamo parlando di epoche remote. Il Ministro dell’Istruzione era Berlinguer. »

Byoblu: «Tu ne sei quindi un membro storico.»

Andrea: «Ho avuto una sola interruzione, quando il Ministro Moratti fece un nuovo Osservatorio. Io, come tutti gli altri che facevano parte dell’Osservatorio di allora, non ricevetti neanche due righe per dire ‘Il vostro compito è finito, vi ringrazio’. Sapemmo poi da fonti esterne che c’era un nuovo Osservatorio di cui non eravamo parte. Allora io questa volta ho pensato, con il collega Ianes, di non subire gli eventi, ma di precederli se possibile. Prima di tutto facendo una constatazione, cioè che mi pare che le cose procedano in modo tale il tema Integrazione di Soggetti con Bisogni Speciali nella Scuola sia accompagnato da una politica più generale che non ha coerenze. Si mettono in difficoltà soggetti che provengono da altre culture. Se si parla di integrazione dei disabili, bisogna evitare che diventi un’operazione quasi privilegiata dei disabili. E’ come se uno avesse il lavoro solo se è disabile. E’ successo purtroppo nella nostra storia italiana che ci sono state false certificazioni. falsi disabili proprio per ottenere il lavoro. Era più semplice, ma queste sono anomalie che vanno corrette. E allora già ho rilevato questa operazione molto complicata, e l’ho fatto tenendo presente anche un aspetto che mi sembra molto interessante, e cioè: era uscito in quei giorni la traduzione italiana di un volume di uno scrittore, uno studioso statunitense, Philip Zimbardo, che aveva a suo tempo fatto una sperimentazione che lo aveva spaventato, nel senso che aveva messo delle persone assolutamente normali, cittadini, studenti universitari, che avevano una vita tranquilla a fare il carceriere, e altri li aveva messi nel ruolo di carcerati, in una simulazione che era fatta come si fanno le cose negli Stati Uniti, con molte disponibilità, quindi un carcere modello se vogliamo. Aveva visto con sbigottimento e un certo raccapriccio, che ci faceva il carceriere prendeva talmente sul serio il proprio ruolo finto, da diventare crudele. Io avevo da gestire delle cose per lui, che voleva condurre l’esperimento, ma non riuscendo più a gestirlo hano chiuso tutto. Con questo volevo ricordare che creare dei ruoli di controllo degli altri con delle gerarchie, e dare continuamente messaggi di tolleranza zero, significa qualche cosa che poi diventa incontrollabile, molto pericoloso per chi dovrebbe tenere conto che lavora per il bene comune. Ci sono fior di studi in proposito, si finisce per mettere in moto una dinamica che non si riesce più a fermare.»

Byoblu: «Nella sostanza potresti spiegarci quali sono le linee guida di questo ministero della Gelmini?»

Andrea: «Dunque, Claudio, le linee guida di questo ministero a me sembra che siano soprattutto quelle di cercare di demolire il sistema pubblico scolastico. Questo mi sembra che sia l’elemento principale. Per farlo meglio ci sono anche delle manovre diversive. Si attira l’attenzione di tutta Italia sui grembiulini, sul maestro unico, su cose che sono anche importanti, ma non sono il nocciolo della questione. Il nocciolo della questione è quello per esempio della contrattazione individuale. Ogni scuola può contrattare l’insegnante individualmente. Spariscono i contratti collettivi. Sparisce la rappresentanza sindacale, sparisce il sistema pubblico insomma, nella sostanza. Una volta che è demolito, la ricostruzione è complicata, complicata. La demolizione è fatta con queste manovre di distrazione, ed è portata avanti molto rapidamente, ormai è fatta!»

Byoblu: «Qualche giorno fa, tu e il professor Dario Ianes avete dato le dimissioni, corretto?»

Andrea: «Sì, bravo. Io ho avuto, e penso che anche il mio collega Dario, manifestazioni di solidarietà, e in alcune di queste notavo anche un senso di disastro: ‘Siamo arrivati al disastro: anche tu ti dimetti!’. E allora ho voluto precisare, ed esprimo cose che anche il mio collega condivide, dato che ci lega una profonda e fraterna amicizia, che noi abbiamo voluto non tanto dire ‘Non lavoriamo più!’, quanto dire ‘Attenzione: la distanza si allarga tra il sentirsi al servizio di chi cresce e il sentirsi al servizio del Ministro’. E allora se si allarga troppo a un certo punto io devo scegliere. A chi do retta? Io do retta a chi cresce.»

Byoblu: «Andrea, la rete di Byoblu.Com si sta chiedendo se secondo te, dietro al disegno della Gelmini, ci sia solo la necessità di tagliare un settore considerato in perdita, non strategico, o se invece non ci sia un piano volto a indebolire le future generazioni di cittadini individui, rendendoli più ignoranti e quindi controllabili di quanti invece dispongono di strumenti culturali per conoscere, informarsi, giudicare e scegliere. E’ ipotizzabile questo, secondo te?»

Andrea: «Io direi di sì, che questa seconda ipotesi è possibile. Io non conosco personalmente la ministra, ma non credo che sia del tutto consapevole di questo, ma è un indotto. E’ l’indotto che sta dominando, che è quello appunto di avere sudditi docili. Per me è stato rivelatore il Primo Ministro, quando appoggiando la Gelmini, ha parlato anche di un investimento massiccio. Quasi a dire: attenzione, non è che noi non daremo fondi alla scuola, ma investiremo in attrezzature. Avremo lavagne interattive, eccetera. Io dico: son più docili le lavagne interattive che non i docenti che litigano, che hanno bisogno di essere ascoltati, che hanno delle rappresentanze sindacali. Non credo che le lavagne interattive avranno rappresentanze sindacali. E’ sicuramente più semplice il governo delle lavagne interattive. Oltretutto si fa un investimento: qualcuno che produce le lavagne ne esce arricchito. Anni fa c’erano i corsi per gli Insegnanti di Sostegno. Erano affarismo di bassa lega, in confronto era una roba da dilettanti in affari. Si facevano molte furbate. Per esempio, le prove di selezione per entrare costavano anche quelle, e avevano l’abitudine di disporle in modo tale che facevano legna su tre prove se facevano corsi uno vicino all’altro. Tutti correvano, c’era una truppa di persone che correva da un posto all’altro a fare queste prove, pagava la tassa per la prova, e la pagava tre volte. Ma questo, appunto, era un mercato da poveracci. Adesso passiamo a un mercato un po’ più consistente, perché le lavagne interattive tra qualche anno avranno bisogno di essere sostituite da trovate molto più efficienti. Quindi si ricomincia daccapo.»

Byoblu: «Andrea, hai ricevuto qualche comunicazione dal Ministero, qualche reazione?»

Andrea: «No. No e non me l’aspetto, perché mi pare che lo stile sia quello di non curarsi di gente come noi.»

Byoblu: «C’è stata una qualche reazione dei media?»

Andrea: «Alcune persone che conosco, che lavorano in giornali, mi hanno chiesto di poter comunicare, di potermi intervistare. Altre persone come te, che non conoscevo e mi fa piacere di averti conosciuto, mi hanno interpellato. C’è ancora la possibilità di essere ascoltati da qualcuno.»

Byoblu: «Sei ottimista o pessimista per il futuro?»

Andrea: «Guarda, io sono piuttosto ottimista nel senso che ho l’impressione che un’attività come quella che stanno producendo sia talmente destinata al fallimento, che fallirà! Certamente però ogni fallimento è doloroso. Questo certamente. Adesso faccio un paragone esagerato, ma se avessi vissuto in epoche hitleriane e qualcuno mi avesse chiesto ‘Sei ottimista?’, avrei risposto ‘Certo, perché non può che finire.’. Con che tragedia però finiscono queste cose! »

Byoblu: «Andrea, ti ringrazio tantissimo di avere parlato con noi.»

Andrea: «Grazie a te, Claudio. Io ho parlato con la libertà che per ora mi sento di avere. Perché dovrei usare delle prudenze alla mia età? Permettetemi almeno di essere tranquillo e sereno.»

Byoblu: «Guarda, dopo le esternazioni di Cossiga che si fa scudo della sua età, le tue sicuramente sono perle di saggezza.»

Andrea: [ride] «Grazie Claudio, buon lavoro!»




 
 

12/10/08

Il consigliere Berni

Vincenzo lavora vicino a Parma che il lavoro cè lha dato unagenzia. E' una fabbrica dove pigghiano il polistirolo e lo tagliano per come ci serve. Lui avissaffari otto ore ma non ciarrinesci mai che spera sempre che se lo prendono senza scadenza come alloperai veri anche se ora stanno licenziando a tutti.
Comunque è per questo che laltra sera ci mannau a mia allassemblea del condominio. La cosa non mi dispiaceva che mi ricordavo gli incontri dellistituto delle case di quando ero a Catania però tannicchia fui deluso che qua mi passunu troppo seri e senza sfogo anche se rimanevano tutti incazzusi quando si parrava di soddi.
Qua cianno la stanza delle riunioni che ci si putissuru fare le feste dei picciriddi ad averli che fino ad ora ne ho visti pochi di nichitti e tutti niuri per giunta.
Nella stanza delle riunioni cerano tanti vecchi e un pugno di genti che ogni tanto viru quando scendo le scale. Parravuno. Alzavano le mani. E si taliavano come a quello che penza: "Ora ti fazzu viriri che cosa ti combino che tu in questi mesi mhai fatto questo e questaltro!".
In mezzo a questo mortorio uno era sempre additta e parlava chiossai di tutti. E' stato così che ho scoperto che nel mio palazzo ciaiu un consigliere. Uno di quelli importanti insomma. "Le buone abitudini non si perdono mai" pinsai.
Berni si chiama. Come a quello delle cipudduzze per il riso.
Questo allapparenza è diverso dal Cavaliere Arcidiacono. Tutto in ordine e siccu siccu che pare che mangia poco. Lui alla riunione ci nisciu di dire che ora è allopposizione ma che ci avrebbe aiutato se volevamo e Vincenzo mi ha spiegato che allopposizione vuol dire che è comunista. Ma a mia tuttu mi passi tranne che quello che io immagginavo dei comunisti. Mi pari triste come a una scappa spaiata e poi facendoci attenzione parra preciso come a Arcidiacono però in italiano. Insomma volevo sapere chiossai di questo cristiano e così mi sono fatto coraggio è ho chiesto alla signora Brianti la vecchia maestra che abita accanto ammia:
"Signora ci rissi - mentre laltro giorno ciarritiravamo dalla spesa insieme - ma il dottore Berni che è comunista?".
Lei mi ha guardato con un sorrisetto furbo e poi sinni nisciu con un:
"Da bò? Comunista? Ma no nani! Un tempo forse. Lui ora è con Veltroni"
Fici finta di avere capito e trasii a casa. Alla televisioni cera un telefilm di quelli americani con il poliziotto buono e quello cattivo che facevano la parte per fare confessare a unu. U lassai addumato a farimi compagnia e mentre mi sistemai la spesa. Poi alla fine massittai nel divano e chiurii locchi. Per un attimo mi passi di iniziare a capiri.

11/10/08

La za Rosa

La za Rosa ciaveva solo quarantanni ma uno ce ne avrebbe dato di più per come sera sfummata. Tutta abbuscicata e stanca.
A causa dei figghi: che Dio u sapi dove erano ora. Delle disgrazie: ca non mancavano mai. Per quella vita che faceva: che da sempre ci dava da vivere.
Però ciaveva ancora tanti amici Rosa. E di tutte le età macari. Che ormai sera fatta un nome per come la sucava e per quel lavoro di fino che solo lei sapeva fare. Così per i clienti non ciaveva sta grande importanza taliari il resto del personaggio. Ca non sivveva.
Quando lanno scorso prima di pattiri mi presentai per il mio solito appuntamento del venerdì lei ciaveva sotto a un carusittu di sirici diciassette anni.
Lo visti nesciri con locchi di fora e le gambe che non cià facevunu a caminari. Mi fici una risata ricordando che non era stata tanto diverso pimmia la prima volta a casa di questa santa donna dopo però entrai subito che i ricordi sono ricordi ma la minchia già mi tirava.
A za Rosa si stava pulizziannu i renti. Lo faceva sempre ogni vota. Lei ci tineva a fare bella figura.
La stanza di lavoro era pulita e ordinata anche se i mobili antichi erano tutti a pezzi e un lavandino era stato messo proprio vicino allingresso. Sopra a quello cera una mensola ianca ranni e spaziusa che serviva a tenere una bella collezione di tubetti di dentifricio di tutte le marche e sapori. Forse Rosa sceglieva il gusto a seconda di quello che il cliente ci lassava na ucca pecchè i tubetti erano tutti munciuti e accussì con la testa abbassata pinnevano tannicchia tristi da dentro i bicchieri di vetro.
"Picchi non vinisti a scorsa simana?" mi rissi con la bocca ancora insaponata.
"Avevo chiffari. Ma picchi? Ti mancai?"
Ci visti un sorriso sopra a quella faccia.
"No. E che mi mancavano i to soddi pi fari a spisa" marrispunniu.
Questa volta fui io a sorridere ma lei manco se ne accorse pecchè dopo avermi preso per mano maccumpagnau alla postazione sassittau sopra al letto e accuminciau a trafichiari con i bottoni dei causi.
A nisciu fora senza mancu accalarimi i muttanni e in un attimo sanficcò tutta na ucca come solo lei sapeva fare. Non lavevo mai capito comu ciarrinisciva in quei momenti a respirare.
Con la lingua arrivava a liccarimi i baddi mentre le mani ci servivano dappigghiu. Seguendo i suoi movimenti io accuminciavo a perdere ogni controllo e a ogni passata ci spingevo la testa sempri chiossai e sempri per più tempo. Nosacciu chi mi pigghiau ma ciu rissi in quel momento quello che avevo pensato in quelle ultime due simane.
"Senti Rosa... ma picchì non veni a stari cummia a Parma?"
Ittai una vuci. Forse per la sopresa che le avevo fatto o forse per un suo errore a me minchia stava addivintannu uno spiedino. Ci visti per un attimo la bocca tutta insanguinata e nello stesso tempo marrivau lontano na testa un: "Tu si pazzu!" detto con una voce duci duci come a quella dell'angeli.
Poi però marrusbigghiai o spitali.

10/10/08

Lu Santu Currau - 8 -

Seduto sulla comoda poltrona del suo studiolo il Barone Li Causi osservava compiaciuto la lunga teoria di marionette che adornava la parete posta di fronte allo scrittoio. Un solo spazio vuoto sul muro e su quello spazio una targhetta: "Lu Santu Currau".
Quel pezzo era certamente costato molto più di quanto avesse previsto, ma non era quello a contrariarlo quanto piuttosto la paura di una delazione che sarebbe potuta costare cara al suo prestigio, tanto più in quei tempi di disordini e crisi di governo, ma la collezione era, finalmente, completa, e nessuno, nessuno, sarebbe riuscito a portargliela via.
Trentanove pezzi perfetti, recuperati in ogni modo sin da quando, semplice gabellota, girava di paese in paese a riscuotere e a punire. Il Barone li aveva fatti trasportare in una grande masseria, trasformata in una delle sue stanze a teatro, e lì aveva disposto le marionette così
come apparivano su di un quadro che da piccolo mirava estasiato e che era posto in una delle sale del Castellotto.
La collezione era stata un dono elargito, con magnificenza e grazia come si leggeva sul lungo nastro rosso posto alla base del dipinto, dal Re in persona ai suoi fedeli sudditi per festeggiare la nascita del piccolo Ippazio Alessandro Filippo Augusto Principe della Prugna e Cavaliere dell'Ordine della S. Castagnola di Vizzini. Li Causi ne conosceva ogni particolare, ogni crepa. Ne ignorava solo la storia, la lunga gestazione. Nessuna fonte l'aveva informato del fatto che quando il quadro era stato ultimato già da tempo il povero Ippazio aveva abbandonato questo mondo. Di lui era rimasta solo quella effige, e forse per un po', in qualcuno, il ricordo.

09/10/08

"scusate, ma anch'io, modestamente, nella media borghesia italiana occupo una società!"

http://www.unilibro.it/find_buy/View_Image.asp?dir=copertine/g&NameImage=8861900577g.jpg&logo=
I numeri fanno impressione. Mentre la Borsa nel 2007 ha perso l’8 per cento circa, gli stipendi dei manager sono saliti del 17 per cento. Idem per il 2006. Lo stipendio di Alessandro Profumo, amministratore delegato dell’Unicredit, è cresciuto del 39 per cento (9 milioni 426mila euro). Il valore di mercato delle azioni Unicredit è sceso del 17 per cento. Perché? Non è demagogia. L’economia italiana è in piena recessione. I salari perdono potere d’acquisto. È sempre più difficile arrivare alla fine del mese. E la colpa di chi sarebbe? Dei dipendenti pubblici, definiti “fannulloni”, dei piccoli imprenditori, tutti evasori, dei lavoratori dipendenti, poco produttivi e troppo sindacalizzati. Manager, banchieri e capitani d’industria restano immuni da responsabilità. Per loro, se c’è qualcosa che non va è a causa della politica o del mercato internazionale. Ma non è così. Basta vedere quanto guadagnano, e come. Questo libro mette insieme gli stipendi e le storie della nostra classe dirigente. Un sistema granitico, di signorie e vassallaggi. I nomi sono sempre gli stessi da anni: Ligresti, Pesenti, Berlusconi, Moratti, Agnelli, Colaninno, Romiti, De Benedetti, Caltagirone, Benetton... E poi c’è Mediobanca, l’epicentro del potere finanziario da sempre, la scatola nera del privilegio. La parola chiave è una sola: fedeltà. Allora lo stipendio milionario è assicurato. Come insegna la saga infinita dei dirigenti pubblici, spostati da una parte all’altra, sempre con buonuscite record, e dopo aver accumulato, molto spesso, perdite disastrose. E quella dei capitalisti senza capitali, che controllano una società con un’altra società, un’altra ancora, un’altra... Così hanno diritto a pochi dividendi, ma il potere è loro, basta una firma ed ecco che scatta il compenso d’oro. La politica si può criticare. Ma guai a criticare gli imprenditori. Guai a criticare Confindustria, oggi governata da Emma Marcegaglia. Eppure almeno una domanda bisogna farla: perché se Confindustria Sicilia decide di espellere chi paga il pizzo lo stesso trattamento non vale per chi ammette di aver pagato tangenti? Nel marzo 2008 Antonio Marcegaglia, numero uno della Marcegaglia Spa, ha patteggiato undici mesi di reclusione, pena sospesa, per corruzione

07/10/08

Parmalat

Io sono fortunato che ho due supermercati vicino a me casa e poi anche che a quello che ho capito i proprietari si odiano. E così ad esempio se uno ciavi luva a un prezzo laltro ci abbassa qualche centesimo per farci un dispetto e a tutti noi che accattiamo ci pari una grande cosa e loro alla fine ci varagnano lo stesso tutti e due che lunici sempre a peddiri semu nuautri.
Io quasi tutti i ionna furio i lunghi corridoi e passo do friddu dei surgelati o ciauru del bancone del pane e ascuto la gente che è bello perdiri tempo accussì. Che impari e canusci certo chiossai  delle cose del mondo di tutti quelli che sassettano davanti ai telegiornali.
Oggi due signori distinti e incravattati parravunu che cè la crisi delle banche e che vogliono tenere al collegio quello che ha fatto fallire la parmalat.
Io delle banche non ci capisciu nenti che soddi non ne ho mai avuti però mi pari stranu che una banca fallisci. Ca non ciavi chiù soddi insomma. Mi pari una cosa comu se alla chiesa ci finissunu tutti i santi o ai picciriddi la voglia di giocare. Invece la storia del latte un poco penso di arrivarici che dalle loro parole mi passi sempre la solita cosa di imbrugghiuni senza ritegno e di ammuccalapuni chini di fiducia. Che i primi se la cavano sempre e lultimi si trovano ne vai in ogni tempo.

06/10/08

Lu Santu Currau - 7 -

In nome di S. M. Umberto Primo, per grazia di Dio e volontà della Nazione Re d'Italia, il Tribunale Penale di Siracusa, sciogliendo le riserbe fatte circa la eccezione di competenza e della cosa giudicata, che rigetta, provvede come appresso:

1. Dichiara Vinciguerra Giuseppe colpevole di essersi impossessato nella notte del 12 dicembre 1889 in Pachino, per trarne profitto e con abuso di fiducia, di una marionetta in legno, di valore non bene determinato, ma oltre le lire Mille, togliendola alla chiesa di S.Corrado ove trovavansi, in pregiudizio e contro il volere dei rappresentanti della stessa, arrecandole danno rilevante.

2. Dichiara il detto Vinciguerra, colpevole di avere nella istessa notte, senza il fine di uccidere, e con due atti consecutivi della medesima intenzione criminosa, causato col revolver, lesioni sul
corpo, che han portato malattia oltre i 20 giorni, in offesa di Brutti Carmelo, contadino, e oltre i 10 giorni, in offesa di Tenebra Carmine, sacerdote.

In tutti i succennati reati, ammette la recidiva specifica.

Visti gli articoli di legge:

CONDANNA

Vinciguerra Giuseppe ad anni 12, mesi 8, e g. 5 di reclusione.

Condanna, inoltre lo istesso Vinciguerra, in relazione alle lesioni e in relazione ai furti, sui danni e nelle spese processuali.

05/10/08

Conti

Ora nella casa dove stiamo io Vincenzo e la picciridda cè abbastanza spazio che uno si può moviri comodo senza intappare contro a spigoli e seggie. Lui aveva già comprato tutto che Vincenzo è uno preciso e si fa sempri tutti i cunti giusti. Ogni simana sassetta pigghia carta e penna e con una calcolatrice che cè lha data Berlusconi al tempo delleuro si calcola lentrate e le uscite e quello che possiamo comprare e quello che dobbiamo spendere. A mia mi veni da ridere a guardarlo ma lo saccio che ha ragione lui.
Io da quanto sono qua mi viru anche le notizie della città alla televisioni che prima invece non cenavevo bisogno e accussì oggi ho saputo che quello russo chino di soddi saccattau cento poltrone tutte in una volta alla fiera dei mercanti di Parma. Dice che ci servivano per la casa sua nuova che è a Londra nellinghilterra. O mischinazzu ci custanu cari queste seggie. Un milione di euri che se la matematica non è una opinione vuol dire che ognuna fu decimila euri e ogni iamma duemilaecinquecento. E io la vorrei una di queste iamme. Anche se lo so che non si può mangiari. Però cè la potrei vendere io a quello. A Abbramovicc. Diciamo che mi abbastasse vendergliene una ogni due mesi per vivere con dignità almeno altri sessantasei anni. A dio piacennu.

Giochiamo. Chi ha detto cosa?

Prova a collegare frasi (qui di seguito) ed eventi (dopo il trailer)

"Nessun oggetto può essere messo all'ordine del giorno di una delle due Camere, senza l’adesione del Capo del Governo"

"I parlamentari sono un popolo di persone depresse a causa di tutto il tempo sprecato in aula per approvare le leggi"

"L'Italia vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario."

"Vogliamo favorire l'integrazione dei nomadi e prendere le impronte ai bambini ha l'obiettivo di garantire loro scuola e istruzione"



04/10/08

L'acqua del Po

L'unica fatalità, l'unica tara che possa affliggere un gruppo umano e impedirgli di realizzare in pieno la propria natura, è quella di essere solo.
[...] il vero contributo delle culture non consiste nell'elenco delle loro invenzioni particolari, ma nello scarto differenziale che esse presentano fra di loro. Il senso di gratitudine e di umiltà che ogni membro di una data cultura può e deve provare verso tutte le altre è fondabile su una sola convinzione: che le altre culture sono diverse dalla sua, nella maniera più svariata; e ciò, anche se la natura ultima di tali differenze gli sfugge o se, nonostante tutti i suoi sforzi, riesce a penetrarla solo molto imperfettamente.


Claude Lévi-Strauss, Razza e Storia e altri studi di antropologia, Einaudi

Silenzi


Quannu veni a sira non ce la faccio a sopportare cetti silenzi.
I silenzi che mi arrivano nella testa mentre massetto davanti alla televisione. Quelli che mi taliano in qualche riflesso quando mi metto a mangiari. I silenzi che attraversano le camere e non si fannu tuccari.
Sono silenzi strani. Senza ciauru. Senza amuri.

Non li voglio questi silenzi. E vulissi nesciri fora. Vulissi fari voci. Ma loro lo sanno e mi fermano mi bloccano e non ciarrinesciu a mannalli via. A scappare.
Allora chiuru locchi. Penso a questo tempo ca non passa e cerco di dormire. Di fare finta di nenti. Come se ogni tanto macari io ciavissi diritto. Come se ogni tanto ci fosse giustizia.

03/10/08

Il bosco dei cento acri



- PREMESSA-

Mi guardi.
Un Bertelli dimenticato
circonda i tuoi gesti.



IL BOSCO DEI CENTO ACRI

-WINNIE THE POOH-
Sulle mie braccia
ad esplorare il mondo.
Indichi e non riesco a vedere.
"Pensa, pensa, pensa."
Ricordo! Chiudere gli occhi,
sognare.

-PIMPI-
Ha occhi di fuoco,
zanne affilate,
unghia d'acciaio.
Ti guarda.
Mi guardi.
Ridiamo.

-TIGRO-
Fai un salto,
fanne un altro.
Corri, e fuggi se puoi.
Di questa vita
ci sbrana alle spalle
l'imparare a nuotare.
Fai un salto,
fanne un altro.

-IH OH-
Sei più alta.
E' facile questo tuo vagare,
questo sparire mentre
ignaro
perdo pezzi di me stesso,
e se cresciamo,
mi dico,
il mio è più simile a un morire.


Autore immagine: E. H. Shepard
Winnie Puh è un personaggio creato da A. A. Milne

02/10/08

Steve Biko



Steve Biko

Settembre '77 Port Elizabeth tempo bello
Era un'attività normale
Al posto di polizia 619.

Oh Biko, Biko,
perché Biko Yihla Moja,
Yihla Moja
- l'uomo è morto.

Quando provo a dormir la notte
Posso solo sognare in rosso
Il mondo esterno è bianco e nero
Con solo un colore morto.

Puoi spegnere una candela
Ma non puoi spegnere un fuoco
Quando la fiamma inizia a far presa
Il vento soffierà più forte.

Oh, gli occhi del mondo ti stanno guardando.



01/10/08

La parmigiana

E accussì lho fatto. Vincenzo me lo diceva sempre al telefono:
"Totò ma chi ci stai a fari dassutta? Acchiana che tanto su non ti piaci puoi scinniri quannu vuoi!" e io veramente macari ciavevo voglia di cangiari e però "tantu tuttu u munnu e paisi" ci rispondevo a lui ma in realtà ero curioso.
Così sarà un misi che acchianai nella padania dove cè Bossi quello che sputazza che però qui una vota erano tutti cumunisti mi rissi Vincenzo.
Io e lui ora abitiamo nella stissa casa. Una specie di pezzo del lego di nove piani che tuttattorno ci sunu altri due pezzi accussì e case più basse e la campagna e un parco nicu chinu di cinisi quando cè bel tempo e di cani a passeggio quannu chiovi.
Qui certu i cristiani su strani e io dicissi una bugia a confessare che mi trovo bene ma mali no questo per ora non lo posso dire.
Vincenzu nesci la matina che deve prendere lautostrada e io mi fazzu una passiata apperi oppure pigghiu lautobussu che arriva al centro. Che poi non ci sarebbe mancu bisogno di pigghiarlo che questa città è nicuzza e anche se mi dicono che è importante è che cera il Duca prima a mia mi pari come uno dei tanti paisazzi che ci sono vicino a Catania. Che a Vescovi e a Principi e a palazzi e reggie noi non ci siamo fatti mancari mai nenti.
Io ancora sono come a un turista e guardo e furio e ascuto comu se non capissi nenti. Io cè ne avrei di domande ma per ora me le tengo per me che prima o poi capiterà di poterle fare a qualcuno. Io a esempio la cosa che non ho capito è perchè la parmigiana si chiama accussì se poi qui non la sanno fare.
Oggi mentre ero fuori mi fimmanu che volevano unintervista. A mia! Ca ci mancavunu scecchi a fera! Io ci rissi di sì tanto per sentire chi vulevano e così ho saputo che i vigili ciavevano fatto una plastica nella facci di un carusazzu e che loro volevano capire cosa ne pensava la gente. Ora a pinsarici na sta città ci sunu tanti niuri che io li vedo travagghiari dappertutto e allora mi domando ma su chisti si ni vannu cu ci leva a munnizza nelle strade ai parmigiani e cu ci pulizia u culu ai loro vecchi e cu ci fa i pumpini ai bastardi ca furiunu che machinuni pigghiati a credito?
Ma tutte queste cose non cè lho dette nellintervista.

manomai


Si ghiaccia il torrente,
poi s'alza l'incanto per quel nascosto: "Ti amo".
Gioisco dolente
ma non guardo
lontano,
provo solo a cadere in modo diverso.
Respiro,
mi fermo,
imprigiono il verso
su ciottoli
e schegge.
Ribelle il ruscello
pian
piano
riavanza
un salterello, una danza, un fiume
che vive.
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