Cerca nel blog

31/07/08

Quadrophenia

Ho appena rivisto Quadrophenia, non tutto però. Poca pazienza, poca voglia. Sono andato a zonzo sulle scene del film, l'attacco (che ho sempre amato), il volo finale dalle scogliere, il tribunale ed il giudice con Sting ragazzino. Non ricordo quasi nulla di quegli anni (parlo dell'uscita del film), solo la sensazione di averli vissuti totalmente, incoscientemente. Nulla di pericoloso o di irreparabile, ma il gusto di sfiorare queste due entità, forse solo la voglia di esserci.
Ora però spengo il pc, il caldo diventa impossibile e ho come la sensazione che tu stia per arrivare. Forse sarà stato lo sguardo distratto all'orologio sul video oppure il mio desiderio di rivederti.
Dal balcone osservo l'accumulo di colori dei fiori dei vicini, il lancinante riflesso delle auto posteggiate ordinatamente in terza fila, i jeans a vita bassa delle poche piacenti passanti.
Eccoti. Faccio appena in tempo a salutarti, con un rapido cenno della mano, prima di rientrare di corsa verso la sua stanza. Un rumore. Piange.

30/07/08

Infanzia & Media - Maschere e tivù


Le prime trasmissioni sperimentali televisive furono effettuate nel 1929, quando lo sviluppo tecnico permise di impiegare la cellula fotoelettrica a metallo alcalino e un triodo come amplificatore. Trasmissioni con carattere di pubblico servizio ebbero inizio negli U.S.A., in Germania e in Inghilterra tra il 1935 e il 1937.
In Italia, un regolare servizio fu inaugurato nel 1954. Nel pomeriggio del 4 gennaio 1954 fu mandato in onda IL DIARIO DI GIULIETTA, una serie per ragazze in ventuno episodi. Da allora e fino alla riforma RAI l'appuntamento pomeridiano della televisione pubblica con i più giovani rimase immutato.
Il mezzo secolo di Tv in Italia ci permette, dunque, di tentare una lettura diacronica dell'evolversi delle rappresentazioni dell'infanzia attraverso essa veicolate.

Analizzando il percorso storico delle trasmissioni televisive realizzate e\o trasmesse per l'infanzia possiamo rilevare che, nella TV italiana ai suoi esordi erano i cosiddetti valori "forti" (l'operosità, l'altruismo, il senso del dovere, etc.) ad essere costantemente veicolati. Tale situazione conservò una sua staticità fino alla fine degli anni '60.
Il primo grande segnale di rinnovamento fu infatti dovuto alla necessità, fatta propria dai dirigenti pubblici, di controbilanciare il fermento anti-autoritario del '68 con una programmazione che riproponesse l'efficienza di quella istituzione privata che più d’ogni altra era nel mirino dei capelloni: la famiglia.
Questa risposta non fu però priva d’ambiguità, di aperture e frettolose ritirate, culminanti nel 1976 con la riforma precedentemente ricordata e in un sottodimensionamento, da parte della RAI, dello spazio riservato ai telespettatori più giovani.
Ad influire su queste scelte vi fu, forse, anche l'avvento, spiazzante per la TV di Stato, delle reti private che posero, con la programmazione di cartoon giapponesi e telefilm americani a basso costo, il problema della concorrenza fino ad allora inesistente.
In poco tempo la costosa produzione italiana fu decimata per far spazio a programmi in grado di competere, anche economicamente, con l'offerta della concorrenza.
La forza economica delle TV private fu anche aiutata dalla possibilità di legare i cartoons (spesso forniti, con la pubblicità, in pacchetti unici dalle stesse case produttrici di giocattoli) agli introiti pubblicitari senza ulteriori costi aggiuntivi.
Tra fini sociali, necessità aziendali e proteste dei genitori la Rai ha cercato successivamente di riposizionarsi sul mercato da un lato, ad esempio, legando il proprio marchio a quello della Disney, dall'altro ritornando ad una produzione, seppur minore rispetto al passato, autonoma. Buoni frutti di tale rinnovato impegno sono trasmissioni come L'albero azzurro o La Melevisione. Sempre della Rai è l'esperimento, già peraltro consolidato in altri paesi europei come Germania, Austria ed Olanda, di un programma di news indirizzato ai più giovani, il TG-RAGAZZI, che tenta di reintrodurre, in chiave moderna, lo stile pedagogico della televisione degli esordi.
Tutti questi tentativi sembrano oggi superati dall’effetto “globalizzazzione”. Sono ormai in atto massicci investimenti da parte delle grandi compagnie dell'intrattenimento (Disney in testa) sui programmi diffusi via cavo o parabola e, soprattutto, sul web, il vero mercato del futuro (non casualmente le ultime statistiche statunitensi parlano della disaffezione del giovane pubblico verso la televisione e della vittoria di internet).
Ritorniamo però alla televisione; se sosteniamo che i miti, i linguaggi, i modelli di comportamento proposti in modo celato o palese dalla programmazione televisiva riflettono (e sono fatti propri, dagli utenti, attraverso) le rappresentazioni sociali esistenti allora è possibile evidenziare come, in molti dei programmi televisivi per ragazzi, i protagonisti assumano marcatamente alcune delle caratteristiche "maschere" destinate all'infanzia. Proviamo quindi a far emergere, dal limbo della corta memoria televisiva, alcuni di tali personaggi e le rappresentazioni che essi incarnano.
Quasi sempre i "buoni bambini" (si pensi ai protagonisti de La casa nella prateria o alla piccola Heidi) appaiono sempre pronti a mettere a rischio la propria vita per aiutare coloro che sono in difficoltà, naturalmente grazie alla propria intelligenza, al proprio coraggio, alla propria fantasia riescono sempre nelle loro imprese al contrario di quei piccoli combinaguai corrispondenti ai nomi di Ciuffettino, Gian Burrasca, Pinocchio. E’ da rimarcare poi la similitudine esistente tra alcune caratteristiche di questi bambini (sia buoni che cattivi) e quelle degli adulti infantilizzati e pasticcioni di altre produzioni italiane (ad es. il sacrestano Giacinto de I ragazzi di padre Tobia) e straniere (come il sergente Garcia in Zorro).
L’altra grande figura è quella del puer senex. L'esempio migliore ci è dato dalla situation comedy Arnold. In questo telefilm, di produzione statunitense ma di grande successo anche nel nostro paese, è operato un palese smascheramento del tema utilizzando, con gli opportuni camuffamenti, come piccolo protagonista un non-bambino.
In tale serie, così come ad esempio in "Super Vicky" (dove la bambina protagonista "impersona" sulla scena, un robot), i bambini assumono le vesti di un adulto in grado di far proprio un non disturbante ed indifferenziato "senso comune" .
L'impatto di questi personaggi sugli utenti finali risente della particolarità del mezzo comunicativo utilizzato, essi restano impressi nella memoria del pubblico che li ha seguiti per tante puntate e le canzoncine allegre delle sigle dei loro programmi risuonano ancora nelle orecchie di tanti ex bambini a distanza di anni.
Non è casuale, allora, che gran parte di questi“eroi” vengano periodicamente ripescati negli “amarcord” televisivi riservati al pubblico più adulto.
E’ da segnalare, infine, come, ad opera della Disney, si sia assistito anche al varo di una serie “ibrida”, Un angelo in blue-jeans, in cui un ragazzo rivestiva, contemporaneamente, tutti i ruoli già descritti essendo un angelo (mandato, come custode, sulla terra), un saggio (dotato di superpoteri) e un pasticcione (era pur sempre un ragazzo –sic-). Tale tentativo ha anche avuto un contraltare femminile, Sabrina - vita da strega -, che ha visto la figura dell’angelo trasformarsi in quella (più femminile?) della strega.

27/07/08

Agatino Anconetana

Prima di finire sotto a una palata di marmaru Agatino Anconetana se la spacchiava che ora ci poteva addubbare di soldi. E in effetti da quando aveva iniziato a partire per il suo travagghio di soldi a so casa cenerano assai. Sua madre mi faceva vedere ogni tanto le cartoline. Dappertutto era stato. In Africa. Nelle muntagne dellalbania. In mezzo al deserto.
Io me lo ricordo però che ancora nicuzzo sammucciava dietro alla chiesa per paura di Bastiano u figghiu do sciccaro. Quello ciaveva promesso di pigghiarici tutti i figurine dei calciatori. Diceva che celaveva date lui e ora li rivoleva indietro che erano sue.
Non è che Aitino mi stava tanto simpatico però i soprusi non li ho mai potuti simputtare e mancu i coppa senza motivo e per questo ciavevo tentato a fare da paciere. Non cera stato nulla da fare. Così quando Bastiano ci scippò tutte le cose e se le inficcò dentro alla sacchetta io per cunuttarlo gliene avevo dato qualcuna delle mie o picciriddu.
Agatino per un po' mera stato dietro come a un cagnolino poi sera dimenticato tutto e arrivederci e grazie. Ora quando passava davanti al palazzo anche se mi vedeva a volte manco mi salutava. Ma chista è a vita.
Quando lo hanno riportato a casa era a pezzettini che il pezzo più grosso era quanto una mano. Cè andata tutta la città a salutarlo e anche alla televisione mi rissuno che ficiunu i suoi funerali. Tutti dicevano che era morto per ltalia.
Chi scemenza.
A genti è accussì. Sempri pronta a diri che si muore per qualche cosa.
Lanno scorso quando Anselmo Amendolia mossi triturato dentro al camion della munnizza che qualcuno celava infilato per sbaglio mi rissuno che era morto per la famigghia. Il mese prima invece quando Armando Allicausi finì sutta a un camion dentro la nuova galleria dellautostrada qualcuno gridò che era stato per il progresso.
Ammia a essere sinceri mi pari che qui da noi si mori sulu do propriu misteri. Su cè. O di malatia. Ca non manca.

25/07/08

Infanzia & Media - (4) L'altro

Attorno al Duecento iniziarono a svilupparsi due processi fondamentali per la loro influenza sullo sviluppo di un nuovo immaginario legato all'infanzia. Il primo di tali processi, come già accennato, fu la progressiva umanizzazione del Cristo bambino con l'implicito richiamo alla tenerezza ed alla protezione suscitate dallo stato infantile; il secondo fu il riaffacciarsi nella Chiesa e nella società di una preoccupazione educativa. Tale preoccupazione fu gestita dalle nuove organizzazioni religiose attraverso una diversa e più efficace catechizzazione di massa che privilegiò l'aspetto morale della religione cristiana rispetto a quello sacro o escatologico. Quest'opera di controllo subì una brusca accelerazione nel periodo che vide la Chiesa impegnata nella lotta contro i riformati. Alla fase “guerriera” incentrata su stragi e torture subentrò, infatti, quella ben più importante del controllo ecclesiastico sulla vita sociale; un controllo che passò soprattutto attraverso l'opera dei confessori e dei nuovi missionari mandati a disciplinare le irrequiete masse contadine.
Superata la fase di riconquista religiosa assisteremo, dal XVIII secolo, ad una progressiva trasmigrazione del primato del potere culturale dalla Chiesa controriformata ai nuovi sacerdoti dello stato: medici; magistrati; pedagoghi; etc.
In questa chiave il maturarsi di un nuovo atteggiamento verso l'infanzia può essere interpretato più che scoperta di un universo sconosciuto come vera e propria creazione di un mondo altro rispetto a quello degli adulti.
Al costituirsi dell'infanzia come entità altra contribuirono vari, eterogenei elementi che legandosi tra di loro testimoniano, ai nostri occhi, come più dell'acuta riflessione del singolo (sia esso l'illustre umanista, pedagogo e/o attivo maestro) sia fondamentale il sotterraneo avanzare, nella mentalità comune, di una nuova visione del mondo coincidente, in questo caso, con il gestaltico delinearsi di un nuovo soggetto.
Possiamo sottolineare così, ad esempio, la presenza crescente di raffigurazioni di angeli (XIII sec.); di scene diverse dell'Infanzia Divina (XIV sec.); di putti e di fanciulli tra la folla in primo o secondo piano (XV e XVI sec.). Sempre in base alle numerose immagini pittoriche pervenuteci possiamo, inoltre, cogliere due embrionali, ma importantissimi, elementi di differenziazione. Assistiamo, infatti, all'emergere di piccoli spazi abitativi destinati ed allestiti in funzione dell'infanzia; in essi i bambini venivano ritratti nella loro vita quotidiana acquistando una mobilità lontana dalla fissità di posa delle immagini precedenti. Vi fu poi l'affermarsi (relativo peraltro alle classi nobili e borghesi) di un modo di vestire proprio dell'infanzia che segnalava la nascente separazione sociale per classi d'età. A volte, infine, la differenziazione fu favorita, più che dalla accettazione\elaborazione individuale di un nascente sentire collettivo, dalla precoce burocratizzazione dello stesso sentire.

Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Ludger Lutkehaus, La solitudine del piacere, scritti sulla masturbazione, Cortina, Milano, 1993

23/07/08

Infanzia & Media - (3) Le "vergini"

Durante la fase di cui abbiamo precedentemente parlato le fanciulle (la cui esistenza fu quasi sempre segnata dalla miseria,dalla malattia e dall'abbandono) poco alla volta, ma sempre più spesso, furono presentate e celebrate nella comunità nel ruolo di vergini e di donne votate alla castità secondo un canone proprio del monachesimo e in generale dell'ascetismo.
Tale modello nel suo farsi storico, dopo l'età delle persecuzioni, fu proposto non solo per il ricordo esemplare ma anche per l'imitazione da parte delle più giovani.
Proprio la particolare attenzione prestata alla descrizione dell'infanzia di queste piccole sante (attenzione rivolta soprattutto a sottolinearne la presunta e "naturale" maggiore esposizione alle insidie del mondo) per un gioco di rimandi (si pensi allo sviluppo, avvenuto soprattutto all'interno delle comunità religiose femminili, di una mistica del Natale accanto a quella della Passione ed alla personalizzazione sempre più accentuata della devozione verso il momento della natività ravvisabile anche nella più diffusa venerazione di bambole del Cristo bambino e di Maria) si allargò dalle singole eroine all'intera infanzia. Tale passaggio si può cogliere anche attraverso l'ingresso nell'arte pittorica del Duecento del tema della maternità della Vergine, sviluppato in molteplici varianti, tema che condurrà, successivamente, alla nascita del ritratto familiare.

Questa maggiore visibilità dell'infanzia come categoria ed il primo affermarsi della nascente cultura borghese segnarono anche il contemporaneo tentativo di recupero della marginalità sociale, la stessa di cui molte delle piccole sante erano testimonianza. Tale recupero passò attraverso un'opera diffusa di forzata istituzionalizzazione assistenziale che permise di isolare i fenomeni di santità nei chiostri monastici e di porli nello stesso tempo fuori dall'ordine, in via di costituzione, delle città.

Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Becchi E.- Julia D. (a cura di), Storia dell'infanzia. Vol. 1: Dall'Antichità al Seicento, Laterza

22/07/08

21/07/08

Infanzia & Media - (2) I "modelli"

Abbiamo già detto che una nascita ha marcato il nostro tempo e tale marcatura pare simbolizzare l'importanza, per la religione cristiana, dell'infanzia.
Il puer natus est (superando il parvus puer ellenico-romano) si pone, accanto al crocifisso, come figura centrale di ogni pratica di devozione.
Un trio della croce ed un trio familiare, un solo vero protagonista ed un gruppo in cui domina l'elemento femminile e materno: Maria/Gesù è questo il doppio punctum di tutta l’iconografia cristiana.


Arte longobarda, Madonna col Bambino.
Particolare dell’Ara di Ratchis (VII sec.) - Cividale del Friuli-


Ricordiamo inoltre che la mancanza nei Vangeli di precise testimonianze, non solo brevemente accennate, relative ai primi anni di vita di queste due figure simboliche di santità maschile e femminile, ha permesso che la casella infanzia divenisse un contenitore adatto più di altri a recepire diverse immagini idealizzate in relazione al contesto sociale esistente.
Possiamo quindi, a questo punto, cercare di definire il proprium dei modelli cristiani dell'infanzia e le loro eventuali differenze rispetto al mondo classico .

L'ETA'. Cronologicamente è possibile affermare che per il mondo antico (ne sono testimonianza numerose notizie biografiche relative a personaggi illustri) e per il primo cristianesimo (in questo caso l'esempio principe é fornito dall'episodio della disputa tra Gesù ed i dottori nel tempio) era l'età compresa tra la nascita ed i dodici\quattordici anni a segnare il periodo dell'infanzia; l'acquisita maturazione fisica e intellettuale permetteva, successivamente,al puer di determinare il proprio percorso di vita.

LA MORALE. Nelle tradizioni sia pagane che paleocristiane donne e bambini erano caratterizzati dalla loro debolezza sia fisica che etica, debolezza che li faceva considerare particolarmente vulnerabili, corruttibili e corruttori. Nel Medioevo tale immagine persistette e se l'infanzia, nel tempo, acquistò una sua valenza positiva divenendo esempio per l'adulto di una semplicità da ritrovare restò tuttavia una valutazione negativa legata al peccato originale di cui il bambino è portatore.
Rimase dunque una profonda diffidenza nei confronti di chi rappresentava, al tempo stesso, la porta d'ingresso del diavolo o di Dio nel mondo.

IL CARATTERE. L'immutabilità del carattere fu uno dei dati accettati dall'antichità (è il tema del puer senex per cui il bambino, pur rimanendo tale, mostra pubblicamente quelle doti che gli saranno proprie nell'età adulta). Riprendendo anche in ciò elementi delle biografie classiche, perfino l'attività riconosciuta come propria dell'infanzia, il gioco, divenne manifestazione anticipatoria del carattere o delle attitudini dell'individuo. In questa atmosfera di totale predestinazione quasi solo l'intervento della divinità poteva assicurare una trasformazione che avveniva, verrebbe da dire ovviamente, dal negativo al positivo.

LA FAMIGLIA. I rapporti familiari furono modellati dal racconto dei Vangeli (la Sacra Famiglia) anche se il furore mistico premette per un allontanamento totale dalla vita mondana; in ogni caso il luogo privilegiato dell'infanzia fu la famiglia (una struttura non statica bensì pronta a mutare la propria organizzazione e dimensione nel tempo storico).

L'EDUCAZIONE. In generale possiamo rintracciare nelle descrizioni biografiche dell’epoca, una separazione ben visibile tra “i normali” ed “i santi”.
I bambini non santi ebbero attribuzioni per lo più connotate negativamente. Li si accusò di essere: indolenti; altezzosi; incontentabili; pieni di capricci.
Il/La futuro/a santo/a rifuggiva, invece, da un rapporto di familiarità con gli altri fanciulli poiché nelle intenzioni del biografo ciò poteva preservarlo/a dalla contaminazione del peccato.
Questo atteggiamento passò in un primo momento (la fase eroica) anche attraverso il rifiuto della educazione tradizionale, rifiuto che, nella redazione delle vite, si stempererà fino a ribaltarsi.

LA FEDE. Nella chiesa degli inizi poca importanza assumeva l'età in relazione al martirio, anche se centrale rimaneva l'esempio evangelico della strage degli innocenti. Nello stesso modo le apologie cristiane rigettarono gli elementi essenziali dei racconti biografici pagani (patria, bellezza fisica, condizioni sociali, etc.) per glorificare esclusivamente le virtù. Anche per ciò che riguarda il martirio, il topos fu quello del puer senex in un superamento o snaturamento dei caratteri propri (oggi, per noi) dell'infanzia.

Autori e Libri per possibili approfondimenti:
DIETER RICHTER, Il bambino estraneo. La nascita dell'immagine dell'infanzia nel mondo borghese, La Nuova Italia, Firenze

20/07/08

Infanzia & Media - (1) Verso la "separazione"

La caduta dell'impero romano d'occidente, ed ancor prima il rifiuto della cultura pagana a favore di quella salvifica, comportò, nella società di quel tempo, da un lato, una sempre più accentuata diminuzione della cultura scientifica e della sua divulgazione, e, dall'altro, l’apparire di una nuova figura di dotto: l'uomo di chiesa.
Gli elementi di trasmissione privilegiata di questa nuova cultura furono gli scritti (prima di tutto i Vangeli e le opere riconosciute dalla chiesa ma anche le innumerevoli apologie, le vite dei santi, gli apocrifi, le opere della bassa latinità etc.) tra gli uomini di lettere (pochi a voler prestar fede alle stime sulle percentuali di analfabetismo dell'epoca ed ai metodi d'insegnamento utilizzati per i giovani chierici); le omelie, le rappresentazioni pittoriche e scultoree sacre, le leggende, la tradizione orale per la larga maggioranza della popolazione.
Nella misura in cui gli scritti religiosi (riportanti notizie, anche solo superficiali o indirette, sull'infanzia) influenzarono le immagini presentate nei luoghi di culto e le parole degli uomini di chiesa, tali immagini e tali parole andarono sedimentandosi nella cultura individuale e collettiva, modificando e\o implementando le rappresentazioni pre-esistenti; rappresentazioni fondamentali per il loro ruolo di chiave di decodifica del vivere quotidiano e di ordito della memoria sia del singolo che della comunità. Proprio la memoria corale dei fatti tragici o miracolosi permise, peraltro, a coloro che, ad esempio, ricostruirono le vite dei martiri e dei santi, di preparare la strada a nuove ricostruzioni, a successive stratificazioni, ad iniziali impercettibili mutamenti di fuochi destinati successivamente ad ampliarsi ed imporsi. E' tramite questo processo, accelerato da un’esponenziale mutazione tecnica e socio-economica del mondo occidentale, visibile a partire circa dal Duecento , che sarà possibile controllare il progressivo allontanamento del bambino dal mondo degli adulti e il suo confinamento in un mondo separato, costruito su misura sui nuovi "sentimenti" fatti propri dalla società.
Tali mutamenti sentimentali acquisteranno nel lungo periodo una patente di naturalità, anche in base a ciò appare difficile oggi ammettere, per il senso comune, che le relazioni reciproche del bambino con la famiglia siano in realtà relazioni storicamente ed economicamente determinate.

Autori e Libri per possibili approfondimenti:
Philippe Ariès, Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Laterza

19/07/08

Infanzia & Media - Premessa

Un prima e un dopo, una Nascita ha "marcato", nel mondo occidentale, il nostro tempo.
Le immagini dell'infanzia fornite, in due millenni, dalla tradizione cristiana sono andate sedimentandosi nella cultura individuale e collettiva, modificando e\o implementando le rappresentazioni preesistenti; esse sono divenute così rappresentazioni fondamentali per il loro ruolo di chiave di decodifica del vivere quotidiano e di "ordito" della memoria sia del singolo sia della comunità.
Già nel Medioevo (nonostante la nota e ripetuta raffigurazione del bambino come puer senex) in quell'essere umano non ancora del tutto sviluppato era individuato un proprium che non si riusciva bene ad afferrare e che generava un profondo disagio. L'infanzia, come mondo altro, ha tardato, però, ad acquisire una propria dimensione; infatti, al costituirsi di tale entità contribuirono vari elementi che, legandosi tra loro, sono testimonianza di come più che dell'acuta riflessione del singolo (sia esso l'illustre umanista, pedagogo e\o attivo maestro) sia fondamentale il sotterraneo avanzare, nella mentalità comune, di una nuova visione del mondo, visione coincidente, in questo caso, con il gestaltico delinearsi di un nuovo soggetto.
Attraverso le "figure" del bambino selvaggio o prodigio od ancora exemplum di ciò che l'umanità ha perduto, si può assistere, tra '600 ed '800, al progressivo allontanamento del bambino dal mondo degli adulti, quel mondo cui ancora nel Seicento l'infanzia partecipava a titolo diretto, ed il suo essere confinata in un universo fisico\psichico, privilegiato e pieno di sentimento ma separato, costruito su misura, un mondo di fantasie e di sogni, da realizzare, render reali ai genitori.
Tali mutamenti "sentimentali" acquisteranno, nel lungo periodo, una patente di naturalità ed astoricità.
Nel '900 le funzioni non più pertinenti alla famiglia saranno, in misura sempre maggiore, svolte da altri sottosistemi; così quelle produttive dal sistema industriale, le funzioni espressive dal sistema (sempre più importante economicamente e globalizzante culturalmente) del tempo libero, quelle educative dal sistema scolastico.
A questa mutata situazione sociale ha corrisposto un massiccio movimento culturale di definizione\scoperta delle diverse fasi e dei diversi momenti che caratterizzano l'infanzia.
Destinatari, e non solo nelle famiglie borghesi, di sempre maggiori spazi all'interno dell'abitazione ma anche fruitori di luoghi urbani appositamente attrezzati e “recintati”, i bambini, oggi, costituiscono, allo stesso tempo ed indissolubilmente, il fuoco di un interesse teso alla loro formazione (interesse che passa attraverso la letteratura di consiglio, le riviste femminili, la pubblicità pediatrica, l'informazione medica, quella televisiva etc.) ed il centro di nuovi mercati commerciali. Questo infittirsi di attenzioni produce, in parallelo, un’esplosione di modelli proposti per l'infanzia.
Il processo descritto é stato, inoltre, accelerato dalla nascita, nella seconda metà dell'ottocento, di strumenti tecnici in grado di riprodurre in infinite copie l’"opera d'arte" e dalla possibilità di una nuova appercezione del mondo che questi stessi strumenti hanno fornito. E' stata favorita così la diffusione di rappresentazioni, per immagini, dell'infanzia che sono divenute comuni in culture fino a poco tempo addietro diverse per tradizione e\o censo. L'importanza del cinema, nell'immaginario sociale, appare, per questo, immensa così come è oggi fondamentale il peso della televisione.

E' possibile indagare su tale immaginario? In che modo quel senso comune che lo ingloba può essere evidenziato e studiato? Quali rappresentazioni dell'infanzia vengono ad essere veicolate e mutate nella interazione (sia attiva sia passiva) fra l'adulto ed il bambino?
Legata ad altre discipline, quali la sociologia e l'antropologia, la psicologia sociale sembra offrire, proprio per il suo essere disciplina che privilegia l'interdisciplinarietà e per l'importanza da essa attribuita all'interazione, gli strumenti concettuali e di ricerca utili ad indagare su tali domande; uno degli oggetti di studio privilegiati dalla psicologia sociale sono le rappresentazioni sociali.
Esse sono regole flessibili di pensiero pratico orientate verso la comunicazione, la comprensione ed il dominio dell'ambiente sociale, materiale e ideale. In senso largo designano il sapere del senso comune.
La rivoluzione provocata dalle comunicazioni di massa, la diffusione dei saperi scientifici e tecnici hanno trasformato i modi di pensiero e creato dei contenuti nuovi. Diviene allora necessario adattare la grammatica, abbreviare il percorso logico, creare nuove immagini, al fine di renderne il senso comprensibile. Tale conoscenza condivisa é concepita specialmente in modo da modellare la percezione e costituire la realtà nella quale si vive. Oggettivandosi essa si integra con le relazioni e con i comportamenti di ciascuno. In tutto ciò é la comunicazione che permette ai sentimenti ed agli individui di convergere, in modo che qualcosa di individuale possa divenire sociale o viceversa. Per questo le rappresentazioni sociali sono storiche nella loro essenza ed al tempo stesso influenzano lo sviluppo dell'uomo dalla prima infanzia.
Le rappresentazioni che abbiamo del corpo, delle relazioni con altre persone, della giustizia, del mondo, etc., si evolvono, attraverso la comunicazione, dall'infanzia alla maturità. La scrittura ed i mezzi di comunicazione di massa, verbali e non verbali, permettono, infatti, la circolazione di rappresentazioni collettive che esprimono immagini ideali e modelli del tutto evidenti e conosciuti al momento della loro produzione ma che perennemente mutano di significato al variare del tempo e dei luoghi della loro decodifica.
Il nostro corpo ed il nostro linguaggio si prestano generosamente e volutamente ad essere mezzo di comunicazione. La gestualità, la mimica, le espressioni del volto, l'intonazione, le pause, le parole dette o taciute possono essere usate per generare un codice pubblico o privato. Tutto ciò si riflette nell'ambito della interazione, ambito in cui la nostra "apparenza" diviene, soprattutto, rivelatrice dell'identità sociale costruita e\o attribuita.
Nell'evoluzione delle società umane la riduzione del discorso a forme grafiche ha sviluppato possibilità e abilità peculiari, gravide di conseguenze a tutti i livelli: prime fra tutte la decontestualizzazione del discorso e le capacità analitiche.
L'avvento di mezzi di comunicazione che privilegiano l'immagine rimanda, invece, alle antiche società orali in cui le classificazioni rispecchiavano il loro modo peculiare di organizzare i dati della realtà, cioè un modo in cui é il contesto del discorso a determinare l'associazione pertinente tra le cose, il loro legame in quel momento più significativo. Non é certo questo un fenomeno nuovo, occorre pur sempre ricordare, infatti, che se da un lato la maggioranza della popolazione mondiale, ancor oggi, ha estrema difficoltà, se non ignoranza, verso il parlare "visibile", dall'altro, già prima che fosse inventata la stampa, il popolo analfabeta aveva elaborato non soltanto un'importante tradizione orale ma anche modi alternativi per fissare o comunicare ciò che era pensato o detto (usando figure, simboli, segni e segnali). Tutto ciò costituiva una sorta di scrittura "tribale" di uso quotidiano: ausilio della mente, mezzo di comunicazione e strumento di testimonianza o autenticazione.
Tali norma di comunicazione hanno oggi due vie di sviluppo; una via "colta" che passa attraverso un repertorio di immagini, suoni, parole diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, dalla pubblicità e, non ultimo, rintracciabile nel mondo “virtuale” dei navigatori della rete, ed una "popolare", o per meglio dire culturalmente minoritaria, rintracciabile ad esempio nei graffiti, nella produzione discografica esterna ai grandi circuiti, nelle "leggende metropolitane", etc.
Questi due livelli interagiscono tra loro, riformulando se stessi ed il proprio passato.
Al centro di tutto pare ergersi in ogni caso la televisione.
Di fronte all'ipotizzato dominio dell’"imagologia" il dibattito si é concentrato, con punte, invero, assai alte di riflessione ed analisi, sui valori e sui pericoli del piccolo schermo.
I risvolti, a volte "referendari", di tale dibattiti sembrano, però, poco utili rispetto alla necessità di indagare su quali mondi e su quali rappresentazioni siano proposte da tale mezzo, e su come la loro interpretazione e trasformazione, nell'interazione sociale attiva, sia successivamente fatta propria dalla televisione stessa. Si è privilegiato, in tal modo, un approccio pavloniano al problema TV dimenticando che anche la più completa delle colonizzazioni non può rifiutare di fare i conti con le trasformazioni e gli adattamenti che il "colonizzato" impone e trasmette, modificando i suoi colonizzatori nello stesso tempo in cui viene egli stesso modificato.
E' in base a quest’ultimo presupposto che diviene utile cercare di rintracciare le tracce dei passaggi che portano alla diffusione, assimilazione e trasformazione (per una nuova, immediata o successiva, nuova diffusione) delle rappresentazioni sociali. Questa esigenza, legata ai dati delle indagini in precedenza evidenziati, ci induce a ritenere che la ricerca delle rappresentazioni dell'infanzia veicolate dalla televisione sia essenziale per ogni possibile indagine sulla formazione e sull'evoluzione del nostro "presente".
Da quando, nel pomeriggio del 4 gennaio 1954, fu mandato in onda Il diario di Giulietta e fino alla riforma RAI l'appuntamento pomeridiano della televisione pubblica con i più giovani é rimasto immutato.
Gli sconvolgimenti, anche di fascia oraria, portati nelle abitudini televisive degli italiani dall'avvento delle televisioni private se da un lato hanno, probabilmente, impoverito qualitativamente l'intera offerta (pubblica e privata) di programmi per l'infanzia, dall'altra hanno evidenziato la necessità di creare contenitori stabili, con conduttori fissi, in cui poter trasmettere, senza incorrere in rischiosi rifiuti da parte del giovane pubblico, i sempre nuovi cartoon (spesso forniti, con la pubblicità, in pacchetti unici dalle stesse case produttrici di giocattoli).
L'attenzione maggiore degli studiosi si é proprio concentrata su questo ultimo aspetto ed ha interessato solo marginalmente il vero centro relazionalmente significativo, rispetto ai telespettatori: il\i conduttore\i.
Non casualmente, ci pare, alcuni dei personaggi televisivi oggi maggiormente osannati hanno iniziato la loro professione in programmi-contenitore rivolti ai più piccoli, ed aldilà della gavetta, proprio in tali trasmissioni sono riusciti a rap-presentarsi ed a rap- presentare ciò che per molti versi é oggi il loro pubblico.
Ecco dunque che indagare sull’approccio dialogico utilizzato dagli odierni conduttori dei programmi per ragazzi diviene, nello stesso tempo, un indagare su questi ultimi, su quello che essi "impongono" ai loro interlocutori ed anche un indagare sulle generazioni precedenti e su quello che esse hanno lasciato riguardo alle stesse rappresentazioni.

16/07/08

Partecipazione



A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Se ci devo arrivare in un posto ci arrivo lo stesso. O se la devo fare una cosa in genere la faccio. Che uno poi ci può avere voglia o no. Anche se è in fila. Anche se cè confusione e tutti hanno fretta.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. E così è da un mese che non addumo la televisione. Mi viru i filmi dalla finestra. Anche se pure nelle strade ci sono le stesse facce dentro ai cartelloni. Ascuto le canzoni al balcone. Anche se le fimmine ogni tanto si fermano di cantare per parrarisi di quello che ha fatto uno e di quello che farà laltro. Così mi sposto e ammutto le fulinie sopra langoli. Allora sì che sono nella pace.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Però non sono cieco e manco sordo se è per questo. Senza vuci forse. Ma solo se mi fa piacere.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. E il Cavaliere Arcidiacono si è fatto vedere poco per queste elezioni. Dice che non cè nessun nome che mi può dare ora. Che questanno non si usa. E così vuole aspettare prima di tirare i dadi che tanto prima o poi il gioco ricomincia.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Però spero lo stesso di poterlo continuare anche a pensare. Che la prudenza non è mai troppa.

15/07/08

13/07/08

Norma



Giacomo Ardea era pazzo per lopera lirica.
Selascutava tutti i ionna assittato nel divano tutto concentrato che non sentiva nemmeno quando suonavano alla porta e uno doveva stare con il dito appiccicato al campanello. Ma ormai era vecchio quando capitavano queste cose. So mugghieri cera morta partorendo e lui sera cresciuto da solo alla figghia. Norma laveva chiamata. Come allopera di quello che era nato a Catania pi sbagghiu ca ci ficinu macari il monumento e il teatro. Come si chiama… Bellini. Che io lo conosco bene questo granduomo pecchè mio nonno me li cuntava tutte le storie dove Vincenzo ciaveva messo la musica che anche a lui ci piacevano.
Cetto crescendo quella figlia non cera diventata una saceddotessa che non si può. Però volendo poco cera mancato pecchè Norma sava fissato con la pissicologgia e vuleva fari la confessora di tutti i cristiani che incontrava e sempri ci spiava le cose che sognavano e addirittura ci chiedeva le cose loro personali.
Poi macari ca uno non ciarrispunneva lei accuminciava a dire la sua.
E a quello ci urlava ca su ci pinsava bonu lui ciaveva il desiderio di tagghiarici la minchia a so o pà e a quellaltra invece ci spiegava ca ci piaceva fare di cosi ca ucca ai masculi pecchè aveva sucato troppo la minna di sua madre quandera nica.
Ogni tanto però era pure divertente pecchè cera chi cercava di risponderci seriamente e quasi sempre accuminciavano a litigare oppure pecchè inzittava veramenti i cosi che i cristani si tenevano ammucciati e che non celavrebbero voluto dire a nessuno.
Per questo me dispiaciuto proprio quando ha cambiato casa. Giacomo era morto e lei non ciaveva pensato un attimo a irasinni. Cusapi unnè ora.

Fonte immagine: http://www.teatromassimobellini.it

10/07/08

La strummula



Avavviriri cumu scinneva
de scali dell'Annunziata
era iocu di ventu
strummula incantata.

Amminchiulutu
taliavo ammucciuni da biddizza
du mari ricco
da terra desiderata.

Autri tempi, tempi felici
in cui non era vanto
e gloria
na tinta sucata





Per la strummula rimando a questa pagina :-)

"Concorso di Poesia" di Verba collant

La Gazzetta di Fuorivia
sabato 5 luglio 2008, una copia un fiorino

La Verba Collant Oink Oink
in collaborazione con il gruppo artistico-culturale detto degli Acchiappanuvole
e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Fuorivia
bandisce il
Primo e Ultimo Concorso di Poesia
«Di distratti strappi drappeggiando»


REGOLAMENTO

Art. 1: È indetto il primo e ultimo concorso di Poesia a tema libero riservato a tutti i cittadini maggiorenni iscritti alla Federazione Indipendente Compositori e Autori (FICA). Per facilitare la partecipazione degli Artisti (ROTFL) non residenti saranno stipulate convenzioni alberghiere con Digiland.

Art. 2: Ogni (sedicente) Poeta può partecipare con un numero di poesie che varia da un minimo di 1 (una) ad un massimo di 1.3 periodico (quattro in tre rate) senza limite di versi, rima e metrica. Le Opere, frutto dell’ingegno e della personale creatività, possono altresì trarre ispirazione (tipo cut & paste) dai grandi Maestri antichi e moderni purché privi di incarichi governativi (capisciammé).

Art. 3: Il concorso si articola in due sezioni, ma specialmente nella prima.

Art. 4: Sono ammesse poesie in tutte le lingue ufficiali della FICA e in tutti i dialetti italiani escluso il bergamasco per cui è indetta una sezione a parte (per l'appunto la seconda).

Art. 5: Tutte le poesie scritte in vernacolo o in una lingua diversa dall'italiano di Dante dovranno essere accompagnate da una traduzione in lingua italiana.

Art. 6: L'inserimento di brevi frasi descrittive (sensazioni, sentimenti, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo, ormoni a palla, percezioni extraviscerali) e/o di messaggi da parte del Poeta collocati vicino alla propria opera darà modo di stimolare maggiormente la curiosità e l’interesse della popolazione nei confronti dell’Opera proposta, stimolando una relazione più intima verso l’Arte in genere e verso l’Opera in quanto tale, evocando una positiva interazione biunivoca artista-pubblico (sic).

Art. 7: Le opere dovranno essere pubblicate (post-ificate) entro la mezzanotte del 27 luglio 2008 (farà fede il clock del mio Mac) esclusivamente in formato digitale (no file mp3) nel blog dei rispettivi Autori dando nel contempo comunicazione qui appresso nei commenti, così da informare gli altri partecipanti di voler ufficialmente e scientemente partecipare al concorso.

Art. 8: Gli sfigati che non hanno un blog (sai che sforzo) possono inviare le proprie opere a camillo@excite.com con oggetto «senza nulla a pretendere» (si prega vivamente di non spillare in alcun modo le poesie inviate). È gradito ma facoltativo un breve curriculum comprensivo delle generalità del Poeta, anche se false (nom de plume), di una foto sotto la doccia e dell'autorizzazione al suo utilizzo sul mio blog, ai sensi del D.L. 196/03 e della L. 675/96. Si accluda infine un'attestazione con cui l'Artista (ROTFL) dichiara che le opere presentate sono inedite e non hanno partecipato ad altri concorsi parrocchiali e/o di circoscrizione o pubblicate in sillogi recanti il codice ISBN.

Art. 9: La partecipazione al concorso è gratuita, in altri termini non esiste quota di partecipazione. Diffidate di esattori fraudolenti che vi chiedono soldi a nome mio.

Art. 10: Per giudicare le poesie ho testé nominato una Commissione Insindacabile composta dai quattro membri più anziani del movimento poetico degli Acchiappanuvole: Ofelia Celia (arguta linguista), Irene Malox (poetessa bisex), Gustave Malentendu (flaneur e marchand de poésies), Serena Variabilis (logopedista pentita), da moi-même (cialtrone infingardo) in funzione di Lidér Maximo e dal mio miglior amico Il Cantastorie in qualità di commissario plenipotenziario. In caso di contestazioni e controversie su quanto non espressamente previsto dal presente regolamento, l'ultima parola spetta al più grosso (moi-même, ça va sans dire).


Art. 11: La Commissione Insindacabile assegnerà un primo, un secondo e un terzo premio ed eventuali altre menzioni e avvisi di garanzia. Il primo premio riservato al vincitore di entrambe le sezioni (ma specialmente della prima) consiste in una (pregiata) targa di merito a soggetto ortofrutticolo da stabilirsi. I successivi premi (a scalare) consistono in trofei, coppe, portachiavi, medaglie, libri, push-up, buoni mensa, spicciolame e carabattole varie. Tutti i partecipanti, anche i più scarsi, riceveranno un riconoscimento simbolico consistente in una gigantografia 1024 x 768 di Camillo in completo da screensaver.

Art. 12: La premiazione si terrà in data da destinarsi entro e non oltre questo blog. Gli Autori che non potranno presenziare alla cerimonia di premiazione dovranno comunicarlo alla Commissione Insindacabile con almeno una settimanella di anticipo. Per il ritiro dei premi è ammessa una delega scritta firmata dall’Artista (ROTFL) premiato oppure una spedizione fermoposta a sue spese. Gli Autori extracomunitari (non residenti su Digiland) saranno ospitati per la sola sera della premiazione a spese della (prestigiosa) ditta Verba Collant Oink Oink in sistemazione doppia.

Art. 13: Il giudizio della Commissione Insindacabile è insindacabile e (guardaunpo') inappellabile. Comunque, ho pensato di coinvolgere la popolazione vedente (c'est à dire i miei 10 lettori) invitando a manifestare il proprio interesse e gradimento con il proprio voto che verrà sommato algebricamente a quello della Commissione Insindacabile: se il risultato dà radice quadra di meno uno, va tutto a monte.

Art. 14: Pur garantendo la massima cura delle Opere in concorso, la Commissione Insindacabile non si assume alcuna responsabilità per eventuali danneggiamenti, incendio o furto occorsi alle persone e Opere da qualsiasi causa generati. La Commissione Insindacabile è altresì sollevata da ogni responsabilità per eventuali plagi o reclami di qualsivoglia genere e per qualsiasi pretesa che, in ordine alle opere inviate, venisse a qualunque titolo avanzata da terzi. Insomma declina tutto e a prescindere.

Art. 15: Gli elaborati inviati non si restituiscono, la cache del mio Mac verrà svuotata in conformità alla policy del browser in uso in quel momento.

Art. 16: I testi rimarranno di proprietà dell'Autore ma potranno essere utilizzati dalla Commissione Insindacabile per la realizzazione di una «Antologia del Cavolo» (o altro ortaggio di stagione) senza alcun compenso economico a pretendere, fatto salvo il diritto alla paternità consapevole dell’opera. Gli Artisti (ROTFL) interessa(n)ti verranno contattati a stretto giro di post per accordarsi e concordarsi sul menu.

Art. 17: (articolo lasciato intenzionalmente in bianco)

Art. 18: Il concorso si svolgerà anche in caso di maltempo.

La partecipazione al concorso «Di distratti strappi drappeggiando» implica l'accettazione completa di tutti gli articoli riportati nel presente bando. La mancata osservazione di quanto espressamente sopraindicato comporta l'automatica esclusione dalla partecipazione del concorso senza che ne sia dovuta comunicazione da parte della Commissione Insindacabile. Il Lidér Maximo si riserva di apportare eventuali variazioni al presente regolamento senza preavviso, qualora le condizioni umorali lo rendano necessario.

Fuorivia, 5 luglio 2008

La Commissione Insindacabile



Testo e concorso di Verba collant

09/07/08

Forza Signora Carfagna, non molli, stringa i denti!

Molti anni fa viveva un imperatore, il quale amava tanto possedere abiti nuovi e belli, che spendeva tutti i suoi soldi per abbigliarsi con la massima eleganza. Non si curava dei suoi soldati, non si curava di sentir le commedie o di far passeggiate nel bosco, se non per sfoggiare i suoi vestiti nuovi: aveva un vestito per ogni ora del giorno, e mentre di solito di un re si dice: - E' in Consiglio! - di lui si diceva sempre:
- E' nello spogliatoio -
Nella grande città, dove egli abitava, ci si divertiva molto. ogni giorno arrivavano stranieri, e una volta vennero due impostori; si spacciarono per tessitori e dissero che sapevano tessere la stoffa più straordinaria che si poteva immaginare. Non solo i disegni e i colori erano di singolare bellezza, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili a quegli uomini che non erano all'altezza della loro carica o che erano senza dubbio stupidi.
- Sarebbero davvero vesti meravigliosi! - pensò l'imperatore - Con quelli indosso, io potrei scoprire quali uomini nel mio regno non sono degni della carica che hanno; potrei distinguere gli intelligenti dagli stupidi. Ah! si! mi si deve tessere subito questa stoffa! -
E diede molti soldi in mano ai due impostori perché incominciassero a lavorare. >
Essi montarono due telai, fecero finta di lavorare, ma non avevano assolutamente niente sul telaio. Chiesero senza complimenti la seta più bella e l'oro più brillante, li ficcarono nella loro borsa e lavorarono con i telai vuoti, senza smettere mai, fino a tarda notte.
- Adesso mi piacerebbe sapere a che punto è la stoffa! - pensò l'imperatore; ma in verità si sentiva un po' agitato all'idea che una persona stupida, o non degna della carica che occupava, non avrebbe potuto vederla. Egli, naturalmente, non pensava di dover temere per se; tuttavia preferì mandare un altro, prima, a vedere come andava la faccenda.
Tutti gli abitanti della città sapevano dello straordinario potere della stoffa, e ognuno era desideroso di conoscere quanto incapace o stupido fosse il proprio vicino di casa.
- Manderò dai tessitori il mio vecchio, bravo ministro! - pensò l'imperatore. - Egli
può vedere meglio degli altri che figura fa quella stoffa, perché è intelligente e non c'è un altro che sia come lui all'altezza del proprio compito! -
Così quel vecchio buon ministro andò nella sala dove i due tessitori lavoravano sui telai vuoti: - Dio mio! - pensò spalancando gli occhi - non vedo proprio niente! - Ma non lo disse forte.
I due tessitori lo pregarono di avvicinarsi, per favore, e gli domandarono se il disegno e i colori erano belli; e intanto indicavano il telaio vuoto. Il povero vecchio continuò a spalancare gli occhi, ma non riuscì a vedere niente perché non c'era niente.
Povero me! - pensò. - Sono dunque stupido? Non l'avrei mai creduto! Ma ora nessuno deve saperlo! O non sono adatto per questa carica? No, non posso andare a raccontare che non riesco a vedere la stoffa! -
- E allora, non dice niente? - chiese uno dei tessitori.
- Oh! incantevoli, bellissimi! - esclamò il vecchio ministro, guardando da dietro gli occhiali. - Che splendidi disegni, che splendidi colori! Sì, sì ! dirò all'imperatore che mi piacciono in un modo straordinario! -
- Ah! ne siamo davvero contenti! - dissero i due tessitori, e presero a enumerare i colori e a spiegare la bizzarria del disegno. Il vecchio ministro stette bene a sentire per ripetere le stesse cose, quando fosse tornato dall'imperatore; e così fece.
Allora i due impostori chiesero altri soldi, e ancora seta e oro; l'oro occorreva per la tessitura. Si ficcarono tutto in tasca, e sul telaio non ci arrivò neanche un filo.
Tuttavia essi seguitarono, come prima, a tessere sul telaio vuoto.
Dopo un po' di tempo l'imperatore mandò un altro valente funzionario, a vedere come procedeva la tessitura, e a chiedere se la stoffa era finita. Gli successe proprio come al ministro; guardò, guardò; ma siccome non c'era niente all'infuori dei telai nudi, non poté vedere niente.
- Non è forse una bella stoffa? - dissero i due impostori; e gli mostravano e gli spiegavano il bellissimo disegno che non c'era per niente.
- Stupido che sono! - pensò l'uomo. - Dunque, vorrà dire che non sono degno della mia alta carica? Sarebbe molto strano! Ma non bisogna farsi scoprire ! - E così prese a lodare il tessuto che non vedeva, e parlò del piacere che gli davano quei bei colori e quei graziosi disegni.
- Sì, è proprio la stoffa più bella del mondo! - disse all'imperatore.
Tutti i cittadini discorrevano di quella stoffa magnifica. Allora l'imperatore stesso volle andare a vederla mentre era ancora sul telaio. Con uno stuolo di uomini scelti, tra i quali anche quei due bravi funzionari che già c'erano stati, egli si recò dai due astuti imbroglioni che stavano tessendo con gran lena, ma senza un'ombra di filo.
- Eh!? non è magnifique? - dissero i due bravi funzionari. - Guardi, Sua Maestà, che disegni, che colori! - E indicavano il telaio vuoto, perché erano sicuri che gli altri la vedevano, la stoffa.
- Che mi succede? - pensò l'imperatore. - Non vedo nulla! Terribile, davvero! Sono stupido? O non sono degno di essere imperatore? Questa è la cosa piu spaventosa che mi poteva capitare! -
- Oh! bellissimo! - disse. - Vi concedo la mia suprema approvazione! - E annuiva soddisfatto, contemplando il telaio vuoto; non poteva mica dirlo, che non vedeva niente!
Tutti quelli che s'era portato dietro, guardavano, guardavano, ma, per quanto guardassero, il risultato era uguale; eppure dissero, come l'imperatore:
- Oh! bellissimo! - E gli suggerirono di farsi fare, con quella stoffa meravigliosa, un vestito nuovo da indossare al grande corteo che era imminente.
Magnifique! Carina, excellent! - dicevano l'un l'altro; e sembravano tutti profondamente felici, dicendo queste cose.
L'imperatore diede ai due impostori la Croce di Cavaliere da appendere all'occhiello e il titolo di Nobili Tessitori.
Per tutta la notte, prima del giorno in cui doveva aver luogo il corteo, gli imbroglioni restarono alzati con piu di sedici candele accese; tutti potevano vedere quanto avevano da fare per ultimare i vestiti nuovi dell'imperatore. Finsero di staccare la stoffa dal telaio, con grandi forbici tagliarono l'aria, cucirono con ago senza filo e dissero infine:
- Ecco, i vestiti sono pronti ! - Giunse, allora, l'imperatore in persona, con i suoi più illustri cavalieri: e i due imbroglioni tenevano il braccio alzato come reggendo qualcosa e dicevano:
- Ecco i calzoni, ecco la giubba, ecco il mantello! - e così via di seguito.
- E' una stoffa leggera come una tela di ragno! Si potrebbe quasi credere di non avere niente indosso, ma è appunto questo, il suo pregio ! -
- Si! - dissero tutti i cavalieri, ma non vedevano niente, perché non c'era niente.
- E adesso, vuole la Sua Imperiale Maestà graziosamente consentire a spogliarsi? - dissero i due imbroglioni.
- Così noi Le potremo mettere questi vestiti nuovi proprio qui, dinanzi alla specchiera! -
L'imperatore si spogliò e i due imbroglioni fingevano di porgergli, pezzo per pezzo, gli abiti nuovi, che, secondo loro, andavano terminando di cucire; lo presero per la vita, come per legargli qualcosa stretto stretto: era lo strascico e l'imperatore si girava e si rigirava davanti allo specchio.
- Dio, come sta bene! Come donano al suo personale questi vestiti! - dicevano tutti.
- Che disegno! Che colori! E' un costume prezioso ! -
- Qui fuori sono arrivati quelli col baldacchino che sarà tenuto aperto sulla testa di Sua Maestà durante il corteo! - disse il Gran Maestro del Cerimoniale.
- Si, eccomi pronto! - rispose l'imperatore. - Non è vero che sto proprio bene? - E si rigirò un'altra volta davanti allo specchio fingendo di contemplare la sua tenuta di gala.
I ciambellani che dovevano reggere lo strascico, finsero di raccoglierlo tastando per terra; e si mossero stringendo l'aria: non potevano mica far vedere che non vedevano niente!
E così l'imperatore aprì il corteo sotto il sontuoso baldacchino e la gente per le strade e alle finestre diceva:
- Dio! Sono di una bellezza incomparabile, i vestiti nuovi dell'imperatore! Che splendida coda dietro la giubba! Ma come gli stanno bene! -
Nessuno voleva mostrare che non vedeva niente, perché se no significava che non era degno della carica che occupava, oppure che era molto stupido. Nessuno dei tanti costumi dell'imperatore aveva avuto tanta fortuna.
- Ma se non ha niente indosso ! - gridò un bambino.
- Signore Iddio! La voce dell'innocenza! - disse il padre; e ognuno sussurrava all'altro quello che aveva detto il bambino.
- Non ha niente indosso! C'è un bambino che dice che non ha niente indosso! -
- Non ha proprio niente indosso! - urlò infine tutta la gente.
E l'imperatore si sentì rabbrividire perchè era sicuro che avevano ragione; ma pensò: "Ormai devo guidare questo corteo fino alla fine!". E si drizzò ancor più fiero e i ciambellani camminarono reggendo la coda che non c'era per niente.

08/07/08

06/07/08

Porrajmos



UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI MILANO

Formazione - Politiche giovanili e Sostegno alla persona

Prot. n. 3058
Milano, 11 Giugno 2007

Ai Dirigenti Scolastici
delle Scuole di Milano e provincia
Loro Sedi

Oggetto: rilevazione alunni ROM SINTI.

Si informano le SS.LL. che l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia ha promosso l’approfondimento della sezione delle ricerca sugli insediamenti delle famiglie rom e sinte in alcune città della Lombardia, con particolare riguardo agli aspetti educativi che coinvolgono i minori rom e sinti.

A tale scopo - come sottolinea la lettera, prot. 11897 del 4/6/07 inviata dall’USRL a questo Ufficio- viene proposta la rilevazione in oggetto che ha come finalità una raccolta di dati quantitativi e qualitativi che permettano di leggere i seguenti aspetti:

Caratteristiche dell’alunno
Qualità della presenza in Italia
Situazione abitativa di provenienza
Iter scolastico pregresso
Modalità inserimento nella classe
Tipo di strutturazione delle scuole per accoglienza, inserimento, apprendimento
Livello di frequenza/ motivazione del minore nomade
Esiti scolastici
Rapporti con la famiglia

La tabulazione dei dati, che le SS.LL. vorranno cortesemente inviarci compilando l’allegata scheda, permetteranno non solo di avere un quadro dettagliato della realtà nelle scuole della nostra provincia , ma anche di utilizzare tali dati per una sempre migliore programmazione dell’offerta formativa sia della scuola sia di altri soggetti istituzionali e non, che sono interessati dalla problematica dell’inserimento sociale e scolastico dei minori “nomadi”.

Si invitano , pertanto, le SS.LL. a far pervenire entro il 6 Luglio 2007 le schede contenenti i dati relativi ai propri alunni rom e sinti, inviandole all’indirizzo e mail intercultura.csa.mi@tiscali.it alla cortese attenzione della Prof.ssa R.Spadaro, oppure tramite consegna a mano, che dal 20 Giugno 2007, data prevista per il trasloco, dovrà essere indirizzata a USP di Milano , Via Ripamonti 89 , piano 6° Area Intercultura Successo Formativo.

Si ringrazia per la loro cortese collaborazione e si porgono distinti saluti.

F.to Il Dirigente
Antonio Zenga

Su:
www.milano.istruzione.lombardia.it

La scheda in allegato comprende le seguenti voci:

Denominazione scuola
Sigla Alunno
Età
Sesso
Indicare se l’alunno è Nomade italiano o straniero
Stato in cui è nato
Se straniero, anno di arrivo in Italia
Gruppo nomade di appartenenza (Es. Sinti , Rom , Abruzzesi….)
Luogo di Abitazione (Campo, Appartamento, ….)
Anno di arrivo nell’attuale scuola
Classe in cui è inserito
GRADO di scuola frequentata
Inserimento in classi inferiori all’età (n. anni di ritardo)
Inizio frequenza scolastica: se a settembre o in corso d’anno
Tipo di frequenza (regolare, saltuaria, a periodi alterni )
Proveniente da quale scuola: la stessa, altra italiana , altra straniera
Percorso scolastico pregresso: materna, elementare, media (indicare se in Italia o estero)
Livello conoscenza lingua italiana orale, scritta: nessuna, elementare , sufficiente,buona,…)
Esiti scolastici ottenuti Insuff. Scarsi Suff. Buoni
Programmazione didattica diversificata (per lingua italiana – per discipline…) se Sì Come:
Attività laboratoriali se Sì Quali,quando:
Attività di supporto con extrascuola se Sì Dove,chi:
Certificazione degli esiti: materiali di verifica “dedicati” se si Come, quali:
Rapporti con la famiglia: se si Come e perché:
Impiego di Mediatori Culturali: se Sì Quando:




Grazie al forum DIDAweb ed a Maurizio Pistone per la segnalazione.
Per il termine Porrajmos e per la foto è possibile consultare LibLab - Storia dello sterminio dei Rom

05/07/08

Armonico Arunte


Armonico Arunte avi sì e no sessantanni però no sacciu se prima ce ne ha avuti di meno o chiossai pecché io me lo ricordo sempre accussì. Siccosicco come a una sarda e tignusu come a una boccia di biliardo.
Armonico furia tutto il giorno apperi con una sacca attaccata al collo che dentro cià tanti bigliettini. E se ti deve parlare ne tira fuori uno veloceveloce e te lo legge che altro non sa dire. Una cosa è strana. Lui accapita che spunta sempre nei posti dove tu non telaspetti e quando ci viri quei suoi occhi di micciu invece di dariti una spiegazione tarrirri nella faccia come se ti vulissi dire "chiffai nosai ca iu ci sugnu sempri?". Poi pensi che è solo una coincidenza e tiri dritto che se ti fermi a parrarici è un mal di testa. Oggi no però. Oggi no che ciaiu vogghia di giocare e duluri macari. Che non si voli ammucciari.

"Buongiorno Armonico"
"O funnacu si dice armenu Viva Maria"
"E iu ti staiu salutando infatti"
"Non gabbu e non meravigghia"
"A za Rosa mi rissi che se ciò qualche problema tu mi puoi aiutare"
"Ogni lignu avi lu so fumu"
"Ma è vero? Pecché io. Insomma. Armonico comu fazzu a sentirimi felice?"
"Futti futti ca Dio pirdona a tutti"
"Sì certo ca fussi facili! E chi mi vuole ammia? Eppoi non è sulu chistu"
"O pisciari tinadduni"
"E chi significa?"
"Trovati la crita piffariti i baddi"
"Va bene va! U capii! Ciavevo ragione a non crederci a quello che dice Rosa"
"A furtuna è fimmina buttana e sinnamora dei minchiuni"
"Macchissì scemu?"
"A furriari a strummula prima o poi casca"
"Va bene. Va bene. Ti salutai"

Fui lestu a furiarimi e a cangiare strada. Forse era meglio che me ne andavo a dommiri. Lui era ancora fermo là che mi taliava. Lo sapevo anche senza vederlo. Poi mi arrivò la sua voce. Forse la ricerca del bigliettino era stata più lunga questa volta.

"Pacienzia ci voli a li burraschi ca non si mangia meli senza muschi"

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

04/07/08

Lettere di condannati a morte della nuova Resistenza italiana - La fuorisede-



Quale delitto
aver nascosto l'amore,
quale delitto
quel bacio
e la notte
a privare della preda i lupi.
Quale delitto l'onore.

Cari genitori,
oggi, con lui, la vostra piccola muore.
Nessuna laurea arriverà per noi,
più nessuna carezza
a stordirci incauta il cuore.
Mamma, Papà non siate tristi
e non dimenticate il suo nome, il mio nome.



L'immagine della Partigiana Iris Versari è tratta da: A.N.P.I. di Lissone

02/07/08

In piazza



"Insomma chi succiriu?"
"Nenti! Ummazzanu"
"E come?"
"Due colpi"
"Miii. Veloci però!"
"Erano bravi. Professionisti"
"Ma tu celai fatte le condoglianze?"
"E cetto. Chimmava fatto cosa a mia? Anzi... taiaddiri che una volta ma aiutato a cangiare la gomma della machina"
"Un santuomo va"
"Lo puoi dire forte"
"Ma so mugghieri?"
"Picchi no sai?"
"Che cosa?"
"Mossi"
"Macari idda?"
"Sì. Lanno scorso. Finiu sotto a una machina. Una disgrazia. Lavavviriri comu chianceva so maritu. E certo. Erano insieme che stavano attraversando per pigghiare un gelato"
"Accussì è a vita. Senti ma ora che ci penso è vero che..."
"Sì"
"A me melaveva detto Cola"
"Io lavevo vista"
"E u mottu?"
"Faceva finta di non sapiri nenti. O forse era vero"
"Mischinazzu"
"Già"
"Mah! Chiffai? Ta pigghi una birra?"
"Ce bisogno di spiare cu stu cauru?"
"Amuninni va!"
"Arrivo"

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

Dino Buzzati

In un post di Remo Bassini dedicato a Dino Buzzati si ricorda la sua figura di giornalista (ho da poco riletto e consiglio "La «nera» di Dino Buzzati" ) ma io ho conosciuto lo scrittore attraverso un genere da sempre tenuto un po' in disparte qui in Italia: il fumetto. Per questo mi permetto questo post abbastanza atipico per questo blog con un rimando iconografico e un repost.


La fonte (di questa e di altre immagini delle opere di Buzzati) è qui: Peter Patti

Per quanto riguarda il repost eccolo:

Non so. Ho cercato. E continuo. (omaggio a Buzzati)

Non so ancora sfibrare il dolore.
Non so neanche musicare il tuo canto.
Non so.

"Non serve nascondersi
giù nelle cantine
non serve sprangare
le porte e i cancelli
nessun può fermare
le belle streghine
Teresa Daniela Maria
Katia Nadia Mirella
Lidia Lalla Lucia
Bianca Susi Graziella." *

Ho cercato un telefono guasto.
Ho cercato sulle labbra il tuo nome.
Ho cercato.

"Non serve nascondersi
giù nelle cantine
non serve sprangare
le porte e i cancelli
nessun può fermare
le belle streghine
Teresa Daniela Maria
Katia Nadia Mirella
Lidia Lalla Lucia
Bianca Susi Graziella." *

E continuo a far finta di niente.
E continuo a nascondere il viso.
E continuo.

*Dino Buzzati, "Poema a fumetti".


28 Marzo 2000
Powered by Blogger.