Cerca nel blog

13/01/08

fiore di luna


Poggiata sul tavolo
sembra inviti ad una festa.
Tre refill sul corpo un po' tozzo,
azzurro, mi sembra,
come il cielo alle spalle,
curioso... .
La prendo con cura,
(ricordi quel giorno, i castagni?)
e ti guardo contento
(peccato non possiate vederne la luce).
Blu il "fiore" che lenta disegni.
Rosso quel "di", con gioioso possesso,
mentre verde risplende la "luna".
Solo "cuore" confonde i colori.
Paziente,
lontano, un bianco che fuma.


22 Febbraio 2000

08/01/08

07/01/08

Specchi


E' matina.
"E allora mi rassi due melanzane un chilo di pummaroru russi e un quarto di ricotta salata. Chicciavi vino? Ma di unni è? Vabbene! Due litri"

E' menziornu.
Nelle melanzane prima ciaffari ittari tutto lamaro e solo dopo i poi iniziari a friiri. Nel frattenpo però accumencia a priparari a salsa. Bella densa mi raccomando che lacqua non cià stari.

E' luna.
Semu a tavola ora. No fumu dei spaghetti sarriposano i culuri. E' festa oggi. Accussì mi pari.
Aspetta un momento. Comu? Un brindisi? Ma nosacciu su ciarrinesciu. Ora provo:
"Na sta casa che pare una badia un bicchiere a mia e uno a sta seggia vota che mi teni cumpagnia"

E' menzannotti ormai.
Fuori passa a banda ca maronna. No me scuru sammuccianu i vuci.

Fonte immagine: Raquel Marin

06/01/08

Antonina Ampecchi

Certo che cenaveva cheffare la vedovella. Da quanto cera morto il marito sutta a un camion che lei ciaveva ancora nella panza quelle due creature Antonina Ampecchi sbatteva tutto il giorno. Unamica ciaveva trovato qualche palazzo dove pulizziare le scale ma il vero problema però non erano i soldi che quelli dovevano arrivare con lassicurazione. Il problema vero era dove lasciare le gemelline.
Tutti allinizio lavevamo aiutata e anche ammia capitò di darici i biberon e di lavarici u culiddu alle nicuzze. Però a picca a picca i cristiani accuminciarono a uscire qualche scusa. Ormai eravamo rimasti in pochi a fare i fissa e macari ammia mi stava accuminciannu a unchiari a minchia. Ma come facevo a diriccillu?
La scorsa settimana però è arrivata la soluzione. Sarà che Dio forse ognitanto sarrusbigghia e dove toglie poi runa oppure che di ogni cosa alla fine uno pigghia quello che ci serve ma insomma questa faccenda sembra destinata a aggiustarisi.
Saranno state le quattro o le cinque di notte e con questo cauro ogni rumore è una scusa per susirisi dal letto e pigghiari una birra dal frigorifero. Io questo stavo facendo che avevo sentito il rumore della scicata di ruote di una machina. Però non avevo previsto il resto. Quando con la birra in mano mi affacciai alla finestra cera davanti al portone una mischinazza tutta strazzata. Non ci pensai che non ciavevo manco le mutande e scinni di cursa per vedere e aiutare.
Poteva avere una sissantina di anni. Locchi erano come quelli di un cane bastonato e a parte i vestiti strazzati non sembrava avere ferite gravi.
"Comu si senti? Come sta? Come si chiama ossia?" ci rissi. E celo ripetei tante volte. E la fici susiri anche. Nenti però. Non parrava.
"Ma ti pari modo di presentariti accussì?"
Mi furiai un attimo e visti Antonietta che aveva in braccio le due pupe sveglie e arzille.
"Chi voi riri?" ci risposi. Nello stesso tempo però mi accorsi di dove andavano a finire i suoi occhi e accussì minacchianai di corsa a me casa. Mi passi però che tanto assai non cera dispiaciuto alla mammina quello spettacolo. Comunque. Queste sono altre cose. Anche se un po' ci spero di trasiri la chiave no puttusu.
Fatto sta che da una settimana Antonietta ciavi la muta che ci fa la nonna alle sue figghie. Non parra. Non sapi scrivere. Non ciaveva documenti. E nuddu manco la polizia la cercata. Una orfanella insomma. Certo con qualche anno supecchio. Ma che importanza ha? Con questa scusa ora comunque semu tutti più contenti. Speramo solo che campa e che non sammala anche se qualcuno del palazzo mi ha detto che casomai al limite a lassamu.

04/01/08

Trappole

Laria era caura e il cielo e il mare sembrava che serano dati appuntamento per andare insieme alla cerimonia.
-----------------------------------------

"Totò! Totò! Sono bellissime le tue fresie!"
"Ti piaciunu?"
"Su tu staiu ricennu!?!"
"E' primavera!"
"Già... Totò..."
"Chiccè?"
"Tu mi ami?"
"Che vuoi dire?"
"Se mi ami"
"Dipende"
"Macchissù risposte queste?"
"Manco domande se è per questo"
"Sì però..."
"A notti passau"
"Sei un bastaddo"
"Può esseri... è che ciè la guerra"
"E che centra ora la guerra?"
"Pensa se ti dico di sì. E poi magari tra un po' ti marito. E facciamo dei figghi anche. E..."
"E ti sembra strano?"
"Guarda quellape"
"Mandala via Totò. Mandala!"
"Guarda! Trasiu tutta dentro al fiore"
"Ti prego Totò. Ti prego! Mi scantu"
"Te lo dicevo io. Vedi?"
------------------------------------

Un piccolo tabuto giallo volava leggero fino alla strada.

03/01/08

il Deposito



Nina ti te ricordi
quanto che gavemo messo
a andar su 'sto toco de leto
insieme a far a l'amor.

Sie ani a far i morosi
a strenserla franco su franco
e mi che sero stanco
ma no te volevo tocar.

To mare che brontolava
«Quando che se sposemo»;
el prete che racomandava
che no se doveva pecar.

E dopo se semo sposai
che quasi no ghe credeva
te giuro che a mi me pareva
parfin che fusse un pecà.

Adesso ti speti un fio
e ancuo la vita xe dura
a volte me ciapa la paura
de aver dopo tanto sbaglià.

Amarse no xe no un pecato,
ma ancuo el xe un lusso de pochi
e intanti ti Nina te speti
e mi so disocupà.
E intanto ti Nina te speti
e mi so disocupà.


Non conoscevo "il Deposito" mi sembra un bel luogo :-)

02/01/08

Tapallara - 19 - Fine

Era tutta il giorno che Ninuzza sallicchittiava.
Carmela tornava. Tornava la picciridda. Sarritirava na sò casa a dutturedda.
Ninuzza aveva pulizziato tutte le stanze pecchè sua figghia ciaveva scritto che allinizio veniva a stare con lei ma che però poi ora che ciaveva un travagghio e uno stipendio voleva vivere da sola. La madre un poco aveva mussiato per questa idea ma poi aveva pensato che forse ciavissi arrinisciutu a farici cangiari strada.
Ora era tutto pronto finalmente o almeno così Ninuzza pensava pecchè in realtà in quella casa mancava un letto nico in più.
Ma che ne poteva sapere Ninuzza di quella picciridda? Di quella cosa ruci che Carmela ci presentò quando lei ci aprì la porta. Antonia si chiamava. Sua nipote. E diceva parole in inglisi e francisi e arrireva sempre che non ci capiva assai quando la nonna ci carezzava la faccia e ci ripeteva:
"Quantu si bedda! Quantu si bedda!".
Sassittanu presto a tavola che Ninuzza aveva preparato un bendidio e u mangiari non si ietta. Una cena come se fossero state allultimo dellanno. E infatti si fece notte fino a quando ciarriniscenu a finire tutte quelle cose. Però per stabilire come sistemarisi per dormire non ci furono tante discussioni. Tutte e tre nel letto grande a continuare la scampagnata.
A picca a picca sua figghia finalmente arrinisciu a cuntarici tutte le cose che ciaveva tenuto ammucciate per tutto quel tempo e Ninuzza anche ci disse cose che prima mai le aveva detto. Accussì chiancennu e arrirennu si fici quasi giorno.
Carmela e la picciridda quagghianu sopra il suo petto. Lei no. Lei pensava. E ci sembrò come in sogno di capire ogni cosa. Si alzò senza fare rumore spostando pianopiano quelle teste che aveva continuato a coprire di baci e nisciu per andare a vedere il sole che stava spuntando.
Passò davanti alla porta dove sassittava un tempo per leggere con Carmela e dove ora sempre più spesso si mitteva adascutari il silenzio e arrivò finalmente sotto al grande albero di fico. Sera portata una coperta. Per il primo friscu della matinata. La mise sopra alle radici e si sdraiò un attimo con locchi fissi al cielo e la schiena appoggiata tannicchia al tronco. Non pensava più ora. Vedeva solo quella luce che a poco a poco si mangiava tutto.
Mise le braccia dietro la testa sorridendo. Era felice.
Powered by Blogger.