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18/06/08

La picciridda - 15 -

Arcidiacono venne di capomatina. Aveva portato due granite di mandorla e quattro briosce di quelle tunne a forma di minna. Suellen non si era ancora arrusbigghiata e io ero mezzo rotto che avevo dormito sopra alla sdraio.
"E lei?" ci chiesi per cortesia ancora mezzo addumisciuto.
"Sono vecchio Totò. Non mi posso fare lignizione per il diabete a ogni momento"
Preparai rapidorapido il caffè e ci offrii una tazzina bella china. Io invece con il cucchiaino scavai un poco al centro del bicchiere con la granita e dopo ci versai il liquido che era rimasto nella cafittera.

"Novita?"
"Mah! Che ti devo dire... questo caruso... questo Giorgi... pari a posto. I miei amici alla base militare mi hanno detto che è uno che non fa casini. Però non lo sanno se è vera quella cosa delle telenovelle. Lui nei loro documenti ci spunta che è un meccanico"
"Un minchiataro insomma" Mi scappau così di getto questa cosa. Ma era che un poco lavevo sempre pensato.
"Non è detto Totò. Non è detto. Ora aspetto una telefonata dallamerica. Te lo ricordi a Anselmo? Il figghio della Zia Nedda quella che vendeva i muluni che sera maritata con Cola. Quello vedovo. Il figghio della bonanima di Tano u sciancatu?"
Non lo sapevo proprio di chi parlava ma ci feci segno di sì prima che iniziava la lista come nella bibbia.
Sicuro della mia conoscenza il Cavaliere continuò:
"Lui è stato sempre un bravo sarto. Uno dei migliori. Pulito. Preciso. Ora ci fa i costumi allamericani dei filmi e insomma ha tanti amici in quel posto - e qui Arcidiacono fici una risata che non riuscii a capire - che se questo Giorgi è un minchiataro lo scopriamo presto"

Avevo inzuppato troppo la brioscia e ora la tenevo in mano sopra al bicchiere che aspettavo che sculava. Mero conservato la punta della minna però che quella mi piaceva mangiarla da sola.
Finalmente anche Suellen si susiu.
Si presentò con una magliettina e le mutande però appena vide al Cavaliere se ne andò di corsa in bagno a darisi una sistemata e a vistirisi macari. Quando turnai Arcidiacono accuminciò a parrari:
"Ho i biglietti e il passaporto. Per la bambina ci vuole il permesso alla polizia. Però se decidi di portarla te lo faccio avere subito. Che vuoi fare?"
"Io non lo so. E se poi succede qualcosa? E se la devo lasciare per lavorare? Se sammala? Io volevo che la teneva mia madre... ma lei..."
Lui la guardò perplesso. Non lo so se pensava quello che ciavevo io in testa ma poi dopo mi diede unocchiata veloce mi fece un sorriso e ci rispose.
"Tu non ti devi preoccupare che Angelica non rimane da sola. Che poi non si chiama Angelica vero?"
"No"
"Bene! Vorrà dire che fino a quando rimane qua sarà Angelica e poi quando deciderai di portala con te sceglierai tu"
"Ma picchì come si chiama?"
Non è che ciavesse tanta importanza alla fine ma mera venuta la curiosità di sapere.
"Angelica! Pittia è Angelica Totò!"
Il Cavaliere ci fece quanche altra domanda su Giorgi e io lo sapevo dove voleva arrivare solo che lei tirò fuori solo le cose che già conoscevamo.
La mia granita era finita da un pezzo e Suellen aveva lasciato più di metà della sua. Che spreco! Ci resi una spazzolata veloce che era quasi tutta sciolta e maddumai una sigaretta. Arcidiacono sera già alzato per andarsene.
"Oggi pomeriggio torno e tu mi devi dare una risposta precisa per la picciridda. Occhei?"
"Sì sì certo"

I cinquecento euri erano ancora nella sacchetta. Ciavevo la luce e lacqua da pagare e listituto delle case popolari macari che ultimamente quei mangiatari erano diventati più affamati e stonavano la testa un giorno sì e uno no. Certo forse sopra a tutte le fammigghie saranno stati una decina a pagare però faceva rabbia lo stesso che con quello che niscevo di soddi io non ciavevo visto fare mai un lavoro al mio palazzo o alla strada sotto.
Anche le pulizie li pagavamo noi. A uno indiano che aveva portato Amato. La signora Ampecchi non laveva volute fare.
"Io qui ci abito. I facissi qualcunaltro queste cose" Così aveva detto e non aveva voluto cambiare idea.
Pensai nella mia testa se a casa avevo bisogno di qualche cosa. Avevo ancora i buoni per il supermercato che maveva dato il cavaliere e perciò era inutile scangiare per quello gli euri.
Decisi che ci dovevo fare un regalo a Suellen per la partenza. Ma cosa? Io non me ne intendevo di vestiti o di trucchi o di altre cose per le fimmine. Potevo andare da Amato a chiedere. Lui di sicuro qualche idea la trovava e poi secondo me era anche giusto dirgli come era andata a finire collAlicata.

"Oh! Totò! Entra! Entra! Accomodati"
Amato ciaveva una vestaglia leggera tutta acculurata e sotto si vedeva che portava sulu i mutanni. Forse anche lui sera appena svegliato.
Chissà come campava questo cristiano. Io non lavevo mai capito che tutte le volte era assittato davanti al compitere e altro non faceva. Chiaramente sapeva già tutto di Suellen e io lo dovetti informare solo di poche cose. Però a pinsarici che palazzo di cuttigghiari era quello!
Ci misi poco a spiegarici cosa mi serviva. Lui ancora non maveva chiesto niente dellaltra cosa ma di sicuro non selera scordata. Lo conoscevo bene che lui era troppo riservato per chiedermi notizie così direttamente e che invece avrebbe approfittato di qualche parola che prima o poi sarebbe uscita per farmi le domande giuste. Bene! Meglio così!
Dopo tannicchia di silenzio che si vedeva che stava pensando mi rissi:
"Che ne dici di un lettore emmepitre?"
"Emme chi?"
"Emmepitre Totò! E' come una radio piccola con le cuffie solo che dentro ci metti le cose tue che hai registrato"
"E che se ne fa lei?"
"Si può ascutari la musica. Quella che gli piace. Ci penso io per questo! Anzi... a pensarci meglio... proprio laltro giorno mi sono scaricato un corso dinglese che prima o poi ci volevo provare a imparare questa lingua. Potrebbe seguirlo lei con il lettore. Di sicuro ci servirebbe allinizio"
Chi parrava difficile Amato. Lo sapevo che forse ciaveva ragione ma erano cose troppo complicate pimmia.
"Ma se invece ciarrialassi un bello completino con il reggipetto e le mutanne e il pigiama macari? Secondo te non ci piacerebbe chiossai? Lo sai come sono le fimmine che è come se a un bambino ci arriali una bella palla per giocare"
Mi guardò un secondo poi forse mi diede ragione perchè subito sinniu davanti allo schermo e mungennu un paio di tasti mi fici vedere fimmine bellissime che sfilavano quasi a nura davanti a tante persone. Taliava lo schermo e taliava a mia. Poi quando vedeva qualche espressione strana nella mia faccia spingeva un altro tasto e spuntava il modello e il prezzo. Ma quanto costavano quei pezzi di stoffa? Mah!
Oramai era deciso. Dopotutto non me li ero nemmeno sudati quei soldi e potevo spenderli come mi pareva.
"Ma ora come paghiamo? Cè qualche puttuso nel compiutere dove ci vanno messi gli euri?"
Sammazzau dalle risate.
"No Totò! Non cinnè puttusi! Non qua almeno. Dammilli a mia che ci penso io"
I 500 euri passanu dalla mia sacchetta alla sua e mi diede il resto anche mentre lui trafficava con un pezzo di plastica e dei numeri.
"Uso la mia carta di credito" rissi guardando la mia faccia dubbiosa "la settimana prossima arriva tutto per posta"
"Così tardi?" Il biglietto dellaereo era per domenica e non aveva senso un regalo fatto dopo la partenza che non sapevo nemmeno dove spedirlo.
"Aspetta! Ora vedo che si può fare"
Amato mungiu ancora e poi ancora fino a quando si girò tutto soddisfatto verso di mia:
"Dammi trenta euri!"
" Picchì?"
"Così li facciamo arrivare prima"
Ci diedi quando mi aveva chiesto. Merano rimasti solo i soldi per una stecca di emmeesse e quella subito dopo andai a comprare.

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