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11/03/08

La picciridda -2-

E insomma celavevo da mezzora e già non capivo più niente.
Tutte le informazioni che avevo erano quelle della televisione che cerano anche nei film e cioè che a una picciridda bisogna darici il latte cambiarici il panno e farla dormire.
Però menero visti poche storie dove cerano i bambini niuri pecchè la piccola era niura e su questo non si poteva sbagghiari.
Valevano lo stesso le tre cose? E chi me lo diceva se non era così?
Comunque ora era tempo di movirisi pecchè le braccia già mi facevano male a forza di annacarla e poi pareva che si era addummisciuta.
La posai nel letto grande come i bambuli di terracotta di quando ero nicu e ci misi vicino due cuscini. Il latte! Nel mio frigo cera sulu acqua e birra. Bisognava comprarlo. E i pannolini anche. Ora che ci pensavo dovevano essere come quelli collanimale. Collippopotamo della televisione.
Mentre stavo pensando a queste cose però partiu la processione.
Dallarmadi dalle ceste dai garage tutti i condomini pigghianu le barattelle che avevano conservato.
Megghiu della notte di Natale.
La porta di casa mia rimase aperta tutta la giornata che ci mancavano solo gli angileddi per completare il teatro.
Il primo a venire fu il Cavaliere in persona con una cascia china di latte per bambini e una pila di buoni che gli erano rimasti dalle ultime elezioni per fare le spese al supermercato.
La signora Ardenti purtau la culla che era servita per tutti i suoi figghi ma che ancora anche se aveva quacche anmmaccatura funzionava.
Discreto una catenella doro che ce la doveva regalare al suo amore quando prima o poi avissi capitato di incontrarlo ma che andava bene anche per la picciridda.
"Diventerà una donna anche lei" mi disse e iu fici finta di non pensare.
Amato invece mi resi una machina fotografica che però non cera bisogno di stampare le foto. Mi rissi che laveva comprata sopra a internet e io lo ringraziai tutto soddisfatto però appena nisciu labbiai in un cassetto che di sicuro ci vuleva tempu a capiri come funzionava.
Antonina Ampecchi purtau i pannolini che cerano rimasti e visto che le sue due gemelline erano cresciute la scorta era veramente abbondante.
E poi arrivanu vistituzzi. Coperte. Linzola. Macari una borsa per lacqua caura e un biberon senza tettarella. La moglie di Alfio la usava per fare le dosi dei dolci ma me la volle dare lo stesso.
A me casuzza era china di cianfrusaglie e di una picciridda.
Io solo di confusione.

La prima notte non ciarriniscii a dormire. Mavevano spiegato come dovevo fare con il pannolino e io per stare tranquillo e per imparare cenavevo cambiato uno ogni ora.
Comera bella! Più la guardavo e più mi piaceva.
Locchi soprattutto che ogni tanto li rapeva e io ci vireva u cielo.
Che strano! Pinsava che quelli niuri non ce li potessero avere locchi azzurri. Ma non era così evidentemente.
Di tutti quelli del palazzo solo una non sera fatta ancora vedere. La signora Adonia. Quella che un anno fa alla morte del marito sera presa la casa al primo piano.
Forse stava ancora chiancennu. Forse assittata davanti al telefono sperava ancora in quacche telefonata. Oppure per sopravvivere sera scordata di tutto e di tutti.
Quando cera scomparsa Suellen la figghia per un po' non sera parlato daltro nel palazzo.
Quella carusidda ciaveva appena diciotto anni.
Lei la madre aveva denunciato questa cosa ma i carabbineri avevano fatto solo finta di cercare che la figghia aveva lasciato un bigliettino daddio e poi era anche maggiorenne.
Suellen macari che aveva quel nome disgraziato era una favola.
Una di quelle fimmine che uno li talia e ci rinuncia in partenza per come sono belle. Da quando era tornata a stare nel palazzo ogni pomeriggio si formava una strana folla davanti al portone.
Tutti i carusiddi del quartiere venivano a fare limpennata con la vespa sotto al suo balcone o a giocare a pallone o a fari vuci tra loro e a pigghiarisi a pugna come se fossero veri masculi.
Poi però quando lei arrivati alle quattro meno un quarto nisceva fora che andava a una scuola per infermiera nessuno si avvicinava e stavano tutti con la bocca aperta a pisci mottu.
Se ne dissero tante quando non turnau chiù a casa. Che se nera andata per fare lattrice. Che lavevano rapita per darla a quacche sceicco. Che di sicuro prima o poi qualcuno lavrebbe riconosciuta in quacche film di quelli vietati. Nessuno ciaveva mai avuto vera confidenza con lei e così ci fu anche chi disse che aveva scelto di farsi suora o che era partita per aiutare quelli dellafrica.
Io solo di una cosa sono sicuro però che furono in tanti quelli che sognarono di ritrovarla la mattina cuccata insieme a loro.

2 commenti:

  1. Caro Dario è una storia così bella che meriterebbe di essere vera...
    I.

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  2. Grazie I. Magari è tutto vero... o lo sarà ;-)

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