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31/07/07

29/07/07

Caramelle

Alli voti la gente si comporta come nelle barzellette che poi per forza che tu non li prendi più sul serio e arriri appena li vedi o cangi strada.
Mettiamo questi due nuovi che sono venuti lanno scorso. Erano padre figghio e un suggiteddu che avevano messo nella iaggia. La madre non si sapeva che fine aveva fatto ma oggi posso dire che qualche idea me passata nella testa.
Per primo accuminciau il vecchio che ci passò le bustine ai carabbinieri in cambio di un paio di manette. Quello che cera andato a chiedere il bicarbonato era friscufriscu. Spuntau che nemmeno il dialetto sapeva e con i capelli tagghiati a coppula di parrino peggio che nelle caserme. Di sicuro gli altri nei secoli fedeli ciavevano voluto fare lo scherzo per pigghiarlo tannicchia per il culo e invece. Al vecchio ci andò bene che era la prima volta e che ciaveva letà però la figura di merda ciarristau che per un pò spariu dalla circolazione.
So figghiu però fici ancora peggio che un giorno dentro allarmadio dei contatori della luce del palazzo ci trovarono trecento caramelle allanice che non erano per i bambini.
Certo poteva essere stato chiunque ma quando quel minchione ci rapiu alla polizia sopra al tavolo della cucina ciaveva una boccia piena piena di caramelle allanice e di sotto quelle erano tutte con la carta e di sopra invece nemmeno a parlarne. Trecento precise che nemmeno una ancora ne aveva regalate. Ora hanno cangiato casa. Tutti tranne u suggi. Me lo sono tenuto io che ce lò chiesto al vecchio mentre cera il trasloco.
"Mi piacissi avere una compagnia come quella"
"Totò chiffai u voi? Però tavverto che a noi cià portato tannicchia mali!"
"Non si preoccupassi, anzi. Sono sicuro che cummia cangia idea"
E così me lo sono preso. Mi furia tutta la casa che pare un furetto. Quando ci dice la testa si avvicina e cerca il mangiare. Lui pari felici e la iaggia lò regalata.

Il signor Agnori



Nessuna aveva mai visto la femmina del signor Agnori.
Non saffacciava. Non nisceva. Pareva proprio che non esisteva. Però ogni giorno fino alla settimana scorsa nel filo della biancheria cerano sempre appinnuti un paio di mutanni niuri tutte arraccamati che in mezzo alle camicie del signor Mario parevano come una mosca bagnata nel latte.
Mario Agnori era venuto a stare nel mio palazzo a maggio dell'anno scorso. Di notte. Saveva affittato la casa della signora Anzalone.
Purazza.
Lei laveva sistemata per suo figlio Gionatan che a febbraio si doveva maritare una tedesca ma poi u Signuruzzu laveva fatto cascare da una impalcatura e lui a Catania cera tornato solo per farsi baciare per lultima volta da sua madre. Ma non era di questo che volevo parlare.
Il fatto è che una settimana fa mentre cercavo di dormire nel balcone che cera un caldo che pareva di essere in un forno visti una macchinona vicino al portone. Erano le tre di notte e la cosa mi passi strana.
Provai a vedere chi guidava ma cera troppo buio e il lampione come al solito non funzionava. Poi però saprì il portone e nisciu Agnori.
Era quasi tutto nudo.
Portava solo un paio di mutanni nere e una cravatta gialla. Veloce veloce acchianau sopra la macchina e se ne andò. E questa è lultima volta che qualcuno la visto.
Ora ci sono i vigili che stanno sistemando le scale per entrare in casa sua. Qualcuno si è lamentato che da qualche giorno nisceva dalla porta un feto tremendo di cane morto.
Ma io non ho mai sentito abbaiare nella sua casa.
Mai.


Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

28/07/07

[Test di appercezione tematica] Figure di esterni




1)
La panchina è deserta. Un ramo a farle ombra. L'uomo che si avvicina ha in mano un giornale. Si siede. Tasta i pantaloni allungando goffamente le gambe. Poi, dalla tasca destra, estrae delle forbici. La panchina è nuovamente deserta. Girotondi di bimbi resistono al vento.

2)
Rifiuti. Il sole si riflette sullo scheletro di due carrozzine. Vicino ad esse un topo annusa distratto. I rumori provenienti dall'autostrada sembrano spaventarlo. Ai margini del campo una gara d'aquiloni.


3)
Una macchia di benzina. Segni di frenata. Più lontano un corpo.

4)
Accovacciata sull'erba mostra il pube. Un ragazzo finge di fotografarla. All'improvviso lei si alza ed abbassa la gonna che teneva arrotolata sui fianchi. Fra i casermoni, sullo sfondo, s'intravede un balcone dipinto d'azzurro.


5)
Camminano abbracciati. Lo sguardo di lui sembra essere attirato da un manifesto che ricopre le rovine di un edificio alla sua sinistra. Una splendida donna sorseggia nuda una bibita. Lei lo guarda e sorride divertita.



Fonte immagine: Jindrich Pilecek

27/07/07

Piccoli disagi



Da quando cè morto il figlio la signora Anzalone non è più la stessa.
La vedo ogni giorno ca nesci da casa per andare al cimitero a piangere o in chiesa a priari. Lei. Che appena ci parlavano di fare unofferta al prete ciarrireva nella faccia e ci diceva:
"Piuttosto li butto dal balcone che Dio lo sa a chi deve aiutare".
Ora sera fatta siccasicca e aveva locchi astutati come quando piove e manca la luce.
Il Cavaliere Arcidiacono che sta nel suo stesso pianerottolo laiutò a sbrigare tutte le carte per fare tornare suo figlio e per la tomba. Che cetto se non cera lui a questora Gionatan se ne stava friscufriscu ad aspettare nella ghiaccera o forse era ancora in mezzo ai tedeschi.
Lavevano pigghiato allaereoporto e sua madre laveva voluto portare almeno per una notte nella sua casa prima di vurricallo.
Quando però arrivarono sotto al palazzo ci fu un problema.
L'ascensore come al solito non funzionava e il tabuto non passava nelle scale. Arcidiacono allora chiamò due suoi amici e così per farlo arrivare al sesto piano
scinnenu le corde dal balcone.
Povero Gionatan pareva che si stava facendo l'altalena come quandera nico e sappinneva nella ringhiera delle scale.
Ora acchianava lentolento e a ogni piano qualcuno lo baciava. Qualcuno lo accarezzava.


Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

24/07/07

Fermè samedì et dimanche

Si potrebbe
chenesò
una pizza
o spaghetti vongolati sradicati dal tuo frigo
si potrebbe anche scopare
ma fa male
sì lo so
vanno bene due panini?
No
niente bambini
solo frasi da legare
in questo puzzle mio banale
di silenzi e di rimandi
ma è già tardi
non credi ora si debba andare?
Ok va bene
ci si vede
non ti scordare

23/07/07

Mondo Niovo



Assira me ne andai alla Villa. Sarà stato il caldo oppure la voglia di nesciri dalla casa. Non lo so.
Lalberi erano tutti nello stesso posto in cui i lassai dieci anni fa. Anche le panchine erano le stesse. Tutte acculurate di viddi con i cuori i nomi e le minchie grattate sopra il legno.
La gente passava.
Carusiddi a nura che ciavevano lappuntamento collo zito. Picciriddi con la famigghia. Vecchi che parravano senza taliari nenti e senza nenti pinsari.
Cera un bello friscu vicino alla fontana e veniva voglia di farisi una bella panzata di sonno.
Qualche cosa però mi fici scantari.
Una luce come mai ne avevo visto neanche per il fuoco di S.Agata. Una stella cadente che mi passi illuminare tutto lo spiazzale. Lentalenta scinniu in mezzo al cielo e quanto spariu davanti ammia tutta russa ci stava una facciuzza di miele.
Non sacciu chiffù ma marririu sta magia.


Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

21/07/07

Genova 2 - Esempi -

A mia non mi hanno mai interessato queste cose della politica. Che uno ci tenta di seguirle e non ci capisci nenti manco se vuole.
Però questa cosa di Genova ce la vosi spiare al cavaliere. Pecchè lui sa sempre tutto e ora al governo ce quello che mi fece votare lui e perciò è informato.
Arcidiacono mi guardò ca mi passi che mi voleva pigghiari po culu ma poi mi disse che non cera da preoccuparsi.
"Sono i soliti buddelli dei comunisti che ci scassono la minchia a chi lavora. Alla gente onesta"
Io allora ciò chiesto chi era la gente onesta e lui si è un poco incazzato e mi ha risposto nervoso.
"Totò picchì no sai cuiè a gente onesta? Sono quelli che fanno travagghiari a tutti. Ciai presente Agnelli? E Bellusconi? E Craxi?"
"Ma non è motto chistu?" ci rissi fermando lelenco.
Lui mi rispose che era solo un esempio poi canciau discorso.

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

Genova 1 - lapilli -

-Signora Azzara! Signora Azzara! Noviri che ciò la biancheria stesa? Picchì non la ietta nella munnizza sta terra?
-Macchivvoli? Noviri ca è letna? Taliassi le macchine
-Biii. Vero. Aveva assai! Macchiffà sta scinnennu a lava? Stamatina al telegiornale parravano solo di du carusu ca mossi a Genova. U visti?
-Sì! Sì! Sa ciccau povero figghiu. Ma cu cinni capisci cosa. Distruggenu na città. Però hanno detto anche che ora si sta fermando
-Ma cui a lava? U sapi ca ci iu macari Vincenzo?
-Cui!?! Vincenzo? Ma non sta travagghiando a Padova? Chiccifà alletna ?
-No. No. Sinniu a Genova Mu rissi soomà aieri
-Cetto! Sinnivanno al nord e si strammano la testa. Chiccì iu a fare in mezzo a du buddellu? Macchiffà signora non li entra i robbi?
-Cetto cetto. Prima che arriva laltra terra. Ieri dicevano che lo volevano fermare. La vista la strada distrutta? Chi pensa? Ciarrinesciunu?
-Ma quali. Non si ferma u munnu. Non lo sanno ca semu nelle mani do signuruzzu?
-Cui Bellusconi?
-No. Parravo del vulcano. Di sta pioggia niura
-Ah. Vabbè va. Ma scusari se lò disturbata
-Nenti nenti. Buongiorno!
-Buongiorno!

20/07/07

Lettera aperta di Salvatore Borsellino

[Pubblico integralmente la lettera aperta di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo. Nessun giornale italiano le ha dato, finora, lo spazio che avrebbe meritato. Forse sarà pubblicata all’estero. Grazie a due giornalisti di Reuters per avermela procurata]

19 Luglio 1992 : Una strage di stato

Per anni, dopo l’estate del 1992 sono stato in tante scuole d’Italia a parlare del sogno di Paolo e Giovanni, a parlare di speranza, di volontà di lottare, di quell’alba che vedevo vicina grazie alla rinascita della coscienza civile dopo il loro sacrificio, dopo la lunga notte di stragi senza colpevoli e della interminabile serie di assassini di magistrati, poliziotti e giornalisti indegna di un paese cosiddetto civile.

Poi quell’alba si è rivelata solo un miraggio, la coscienza civile che purtroppo in Italia deve sempre essere svegliata da tragedie come quella di Capaci o di Via D’Amelio, si è di nuovo assopita sotto il peso dell’ indifferenza e quella che sembrava essere la volontà di riscatto dello Stato nella lotta alla mafia si è di nuovo spenta, sepolta dalla volontà di normalizzazione e compromesso e contro i giudici, almeno contro quelli onesti e ancora vivi, è iniziata un altro tipo di lotta, non più con il tritolo ma con armi più subdole, come la delegittimazione della stessa funzione del magistrato, e di quelli morti si è cercato da ogni parte di appropriarsene mistificandone il messaggio.

Per anni allora ho sentito crescere in me, giorno per giorno, sentimenti di disillusione, di rabbia e a poco a poco la speranza veniva sostituita dalla sfiducia nello Stato, nelle Istituzioni che non avevano saputo raccogliere il frutto del sacrificio di quegli uomini, e allora ho smesso di parlare ai giovani convinto che non era mio diritto comunicare loro questi sentimenti, soprattutto che non era mio diritto di farlo come fratello di Paolo che, sino all’ultimo momento della sua vita, aveva sempre tenuto accesa dentro di sé, e in quelli che gli stavano vicino, la speranza, anzi la certezza, di un domani diverso per la sua Sicilia e per il suo Paese.

Per anni allora non sono neanche più tornato in Sicilia, rifiutandomi di vedere, almeno con gli occhi, l’abisso in cui questa terra era ancora sprofondata, di vedere, almeno con gli occhi, come tutto quello contro cui Paolo aveva lottato, la corruzione, il clientelismo, la contiguità fossero di nuovo imperanti, come nella politica, nel governo della cosa pubblica, fossero riemersi tutti i vecchi personaggi più ambigui, spesso dallo stesso Paolo inquisiti quando ancora in vita, e nuovi personaggi ancora peggiori dato che ormai oggi essere inquisiti sembra conferire un’aureola di persecuzione e quasi costituire un titolo di merito.

Da questa mia apatia, da questo rinchiudermi in una torre d’avorio limitandomi a giudicare ma senza più volere agire, sono stato di recente scosso da un incontro illuminante con Gioacchino Basile, un uomo che ha pagato sempre di persona le sue scelte, che, all’interno dei Cantieri Navali di Palermo e della Fincantrieri, ha sempre condotto, praticamente da solo e avendo contro lo stesso sindacato, quella lotta contro la mafia che sarebbe stata compito degli organismi dello Stato, Stato che invece, secondo le sue circostanziate denunce, intesseva accordi con la mafia trasformando le Partecipazioni Statali in un organismo di partecipazione al finanziamento e al potere della mafia in Sicilia.

I fatti riferiti in queste denunce, di cui Paolo Borsellino si era occupato nei giorni immediatamente precedenti il suo assassinio, sono state oggetto di una “Relazione sull’infiltrazione mafiosa nei Cantieri Navali di Palermo” da parte della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia (relatore on. Mantovano) ma come purtroppo troppo spesso succede in Italia con gli atti delle commissioni parlamentari, non hanno poi avuto sviluppi sul piano parlamentare mentre su quello giudiziario, come sempre succede quando si passa dalle indagini sulla mafia a quello sui livelli “superiori”, hanno subito la consueta sorte dell’archiviazione.

Gioacchino Basile è convinto che l’interesse personale che Paolo gli aveva assicurato nell’approfondimento di questo filone di indagine e l’averne riferito in uno dei suoi incontri a Roma nei giorni immediatamente precedenti la sua morte, sia il motivo principale della “necessità” di eliminarlo con una rapidità definita “anomala” dalla stessa Procura di Caltanissetta e che la sparizione di questo dossier dalla borsa di Paolo sia stata contestuale alla sottrazione dell’agenda rossa.

Per parte mia io credo che questo possa essere stato soltanto uno dei motivi, all’interno del più ampio filone “mafia-appalti” che lo stesso Paolo aveva fatto intuire fosse il motivo principale dell’eliminazione di Giovanni Falcone insieme alla sua ormai certa nomina a Procuratore Nazionale Antimafia.

Il motivo principale credo invece sia stato quell’accordo di non belligeranza tra lo stato e il potere mafioso che deve essergli stato prospettato nello studio di un ministro negli incontri di Paolo a Roma nei giorni immediatamente precedenti la strage, accordo al quale Paolo deve di sicuro essersi sdegnosamente opposto.

Su questi incontri, che Paolo deve sicuramente aver annotato nella sua agenda scomparsa, pesa un silenzio inquietante e l’epidemia di amnesie che ha colpito dopo la morte di Paolo tutti i presunti partecipanti lo ha fatto diventare l’ultimo, inquietante, segreto di Stato, come inquietanti sono i segreti di Stato e gli “omissis” che riempiono le inchieste su tutte le altre stragi di Stato in Italia.

Ma il vero segreto di Stato, anche se segreto credo non sia più per nessuno, è lo scellerato accordo di mutuo soccorso stabilito negli anni tra lo Stato e la mafia.

A partire da quando i voti assicurati dalla mafia in Sicilia consentivano alla Democrazia Cristiana di governare nel resto dell’Italia anche se questo aveva come conseguenza l’abbandono della Sicilia, così come di tutto il Sud al potere mafioso, la rinuncia al controllo del territorio, l’accettazione della coesistenza, insieme alle tasse dello Stato, delle tasse imposte dalla mafia, il pizzo e il taglieggiamento.

E, conseguenza ancora più grave, la rinunzia, da parte dei giovani del sud, alla speranza di un lavoro se non ottenuto, da pochi, a prezzo di favori e clientelismo e negato, a molti, per il mancato sviluppo dell’ industrializzazione rispetto al resto del paese.

A seguire con il “papello” contrattato da Riina con lo Stato con la minaccia di portare la guerra anche nel resto del paese (vedi via dei Georgofili e via Palestro), contrattazione che è stata a mio avviso la causa principale della necessità di eliminare Paolo Borsellino, e di eliminarlo in fretta.

A seguire, infine, con l’individuazione di nuovi referenti politici dopo che le vicende di tangentopoli aveva fatto piazza pulita di buona parte della precedente classe politica e dei referenti “storici”.

Accordi questi che costituiscono la causa del degrado civile di oggi dove si consente che indagati per associazione mafiosa governino la Sicilia e dove, a livello nazionale, cresce, almeno nei sondaggi, il consenso popolare verso chi ha probabilmente adoperato capitali di provenienza mafiosa per creare il proprio impero industriale con annesso partito politico.

Come possono allora chiamarsi “deviati” e non consoni all’essenza stesso di questo Stato quei “Servizi” che, per “silenzio-assenso” del capo del Governo o su sua esplicita richiesta, hanno spiato magistrati ritenuti e definiti “nemici” nei relativi dossier e addirittura convinto altri magistati a spiare quei loro colleghi che, sempre negli stessi dossier, venivano definiti come “nemici”, “comunisti” e “braccio armato” della magistratura, con un linguaggio che non è difficile ritrovare negli articoli di certi giornali e nelle dichiarazioni di certi poltici.

Giaocchino Basile mi dice che sarebbe mio diritto “pretendere” dallo stato di conoscere la verità sull’assassinio di Paolo, ma da “questo” Stato, dal quale ho respinto “l’indennizzo” che pretendeva di offrirmi quale fratello di Paolo, indennizzo che andrebbe semmai offerto a tutti i giovani siciliani e italiani per quello che gli è stato tolto, sono sicuro che non otterrò altro che silenzi.

Gli stessi silenzi, lo stesso “muro di gomma”, che hanno dovuto subire i figli del Generale Dalla Chiesa, i parenti dei morti in quella interminabile serie di stragi, la strage di Portella della Ginestra, la strage di Piazza Fontana, la strage di Piazza della Loggia, la strage del Treno Italicus, la strage di Ustica, la strage di Natale del rapido 904, la strage di Pizzolungo, le stragi di Via dei Georgofili e di Via Palestro, delle quali oggi si conoscono raramente gli esecutori, mai i mandanti e spesso neanche il movente, susseguitesi mentre nel nostro Sud, grazie alla latitanza delle altre istituzioni dello Stato, uno dopo l’altro venivano uccisi tutti i Magistrati e i rappresentanti delle forze dell’ordine che della lotta alla mafia avevano fatto la propria ragione di vita, in una tragica sequenza che non ha eguali in nessuno degli altri paesi del mondo cosiddetto civile.

Io mi chiedo invece, con amarezza , di quante altre stragi, di quanti altri morti avremo ancora bisogno perché da parte dello Stato ci sia finalmente quella reazione decisa e soprattutto duratura, come finora non è mai stata, che porti alla sconfitta delle criminalità mafiosa e soprattutto dei poteri, sempre meno occulti, ad essa legati, perché venga finalmente rotto quel patto scellerato di non belligeranza che, come disse il giudice Di Lello il 20 Luglio del 1992, pezzi dello Stato hanno da decenni stretto con la mafia e che ha permesso e continua a permettere non solo la passata decennale latitanza di boss famosi come Riina e Provenzano ma la latitanza e l’impunità di decine di “capi mandamento” che sono i veri padroni sia di Palermo che delle altre città della Sicilia.

Da parte mia sono certo che non riuscirò a conoscere la verità in quel poco che mi resta da vivere dato che, a 65 anni, sono solo un sopravvissuto in una famiglia in cui mio padre, il fratello di mio padre, mio fratello, sono tutti morti a 52 anni, i primi per cause naturali, l’ultimo perché era diventato un corpo estraneo allo Stato le cui Istituzioni egli invece profondamente rispettava (sempre le Istituzioni, non sempre invece quelli che le rappresentavano).

Spero soltanto che, in questo anniversario, mi siano risparmiate la vista e le parole dei tanti ipocriti che oggi piangono su Paolo e Giovanni quando, se fossero ancora in vita, li osteggerebbero accusandoli, nella migiore della ipotesi , di essere dei “professionisti dell’antimafia” o li farebbero addirittura spiare da squallidi personaggi come Pio Pompa come “nemici” o come “braccio armato della magistratura” .

Chiedo solo, in questa occasione, di avere delle risposte ad almeno alcune delle tante domande, dei tanti dubbi che non mi lasciano pace.

Chiedo al Proc. Pietro Giammanco, allontanato da Palermo dopo l’assassinio di Paolo, ma promosso ad un incarico più alto piuttosto che rimosso come avrebbe meritato, perché non abbia disposto la bonifica e la zona di rimozione per Via D’Amelio.

Eppure nella stessa via, al n.68 era stato da poco scoperto un covo dei Madonia e, a parte il pericolo oggettivo per l’incolumità di Paolo Borsellino, le segnalazioni di pericolo reale che pervenivano i quei giorni erano tali da da far confidare da Paolo a Pippo Tricoli lo stesso 19 Luglio: “è arrivato in città il carico di tritolo per me”.

A meno che, come affermato dal Sen. Mancino in un suo intervento del 20 Luglio alla camera, anche lui credesse che “Borsellino non era un frequentatore abituale della casa della madre” : infatti vi si recava appena almeno tre volte alla settimana!

La stessa domanda inoltro all’allora prefetto di Palermo Mario Jovine anche se la risposta ritiene di averla già data con l’affermazione fatta in quei giorni: “Nessuno segnalò la pericolosità di Via D’Amelio” .

Affermazione palesemente risibile : in quei giorni si erano susseguite le segnalazioni di possibili attentati a Paolo Borsellino e bastava interrogare gli stessi agenti della scorta, cinque dei quali morti insieme a lui, per sapere quali erano i punti più a rischio.

Chiedo alla Procura di Caltanissetta, e in particolare al gip Giovanbattista Tona, il motivo dell’archiviazione delle indagini relative alla pista del Castello Utveggio: eppure proprio da questo luogo partirono, subito dopo l’attentato, delle telefonate dal cellulare clonato di Borsellino a quello del dott.Contrada, oggi finalmente condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per collusione e favoreggiamento.

Chiedo alla stessa Procura di Caltanissetta, e sempre allo stesso gip Giovanbattista Tona, i motivi dell’archiviazione dell’inchiesta relativa ai mandanti occulti delle stragi.

Per un’altra archivazione, quella relativa alle vicissitudini del fascicolo Fincantieri ho già inoltrato richiesta di chiarimenti in via ufficiale.

Chiedo alla Procura di Caltanissetta di non archiviare, se non lo ha già fatto, le indagini relative alla sparizione dell’agenda rossa di Paolo e di chiarire il coinvolgimento dei tutte le persone, dei servizi e non, in essa coinvolte.

Chiedo soprattutto al sen. Nicola Mancino, del quale ricordo, negli anni immediatamente successivi al 1992, una sua lacrima spremuta a forza durante una commemorazione di Paolo a Palermo, lacrima che mi fece indignare al punto da alzarmi ed abbandonare la sala, di sforzare la memoria per raccontarci di che cosa si parlò nell’incontro con Paolo nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.

O spiegarci perché, dopo avere telefonato a Paolo per incontrarlo mentre stava interrogando Gaspare Mutolo, a sole 48 ore dalla strage, gli fece invece incontrare il capo della Poliza dott. Parisi e il dott. Contrada, incontro dal quale Paolo uscì sconvolto tanto, come raccontò lo stesso Mutolo, da tenere in mano due sigarette accese contemporaneamente

Altrimenti, grazie alla sparizione dell’agenda rossa di Paolo, non saremo mai in grado di saperlo.

E in quel colloquio si trova sicuramente la chiave dalla sua morte e della strage di Via D’Amelio.

Salvatore Borsellino

Milano, 15 Luglio 2007

17/07/07

Ignazio Azzara



Mi stavo accattando il pane quando si avvicinò Gessica la figghia di Ignazio Azzara il parrucchiere.
Era con sua madre Margherita.
"Totò me la racconti una favola? Totò! Totò! Me la racconti una favola?"
Chinnisaccio che ci passa nella testa ai picciriddi. Io non ciavevo mai parlato a quella pupidda e quando la taliavo era solo pecchè sua madre mincantesimava.
Margherita ciavi un culo che pare una campana e io la immaginavo sempre mentre suonava a festa.
Comunque che ci dovevo dire. Accalai la testa taliando le cosce ciauruse della mammina e con un sorriso risposi allaltra fimminedda che appena faceva scuru venivo a casa sua per raccontarci una bella storia. La picciridda mi passi contenta e sua madre seriaseria rapiu la bocca. Ma solo per dirmi:
"Laspetto allora! A più tardi."

Dopo tanti anni ormai li saccio tutti i movimenti del palazzo.
Suo marito non si arricugghieva mai prima delle undici e nella mia testa stavo cominciando a fare cunti e cunticini.
Mi fici una doccia e aspettai il momento.
Erano le sette quando massittai vicino al letto di Gessica e accuminciai:
"Tanto tempo fa cera un posto dove tutti campavano felici. Non ci mancava nenti e nenti dovevano fare"
"Totò! Totò! E cerano i gelati?"
"Sì! Sì! Cerano"
"Totò! Totò! E i cammelli? Cerano i cammelli?"
"Sì! Sì! Cerano"
"Totò! Totò! E cerano anche i pochemon?"
"Sì! Sì! Cerano"
Già mi stavo stancando.
Margherita ci guardava messa di profilo vicino alla porta e io nella mia testa ci dicevo alla picciridda:
"Addumisciti! Addumisciti! Addumisciti che ci faccio vedere il battagghio a tua madre"
Invece con la bocca rispondevo a tante di quelle domande che mero dimenticato anche la storia che ci volevo contare.

Quando mi arrusbigghiai Gessica dormiva stringendomi il naso tra le dita. Luttima cosa che mi ricordavo era lei che mi diceva: "Questo è locchio bello"
Mi alzai alleggioalleggio per non fare rumore e guardai lorologgio.
Era luna di notte.
Ma pecchè nessuno maveva svegliato?
Pensai che forse non mavevano voluto distubbare ma appena niscii fuori dalla stanza della picciridda arrivai a capire il vero motivo. Senza farimi sentire dai musicanti vutai come a un suggi e pigghiai la strada delle scale.
Stavo scendendo alla mia casa quando sentii la voce di Margherita:
"Totò.Totò. Ma unni vai?"
Mi vutai un attimo e visti il paradiso, ma poi pensai che a me le feste non mi piacciono.
Cè troppa confusione.
Accussì ci risposi solo buonanotte e continuai a scendere.


Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

16/07/07

"Due parole sui tag " di Midnight Shadow


Due parole sui tag

I tag (ingl., "etichette") di questo blog sono molti, alcuni si commentano da sé, altri me li capisco da me, altri ancora sorgono spontanei ma poi non vengono più utilizzati.
Cresciuta alla scuola del formalismo russo, ho sempre attribuito un forte significato a tutte le componenti di un testo, orale o scritto. Il testo *non* è il messaggio. Il testo è il messaggio e diverse altre cosucce accessorie, che se non prese in considerazione, ne snaturano il significato. Ed ecco appunto i tag, o almeno un primo gruppo.

a ruota libera, at my best, presunzione letteraria, raccontini da dopolavoro, fiction, stardust memories, raccordi, catene

Il mio blog non è il mio diario. Ossia, lo è per certi versi (e per certi tag: real life, le perle del weekend, la casa del cetriolo, questa la bloggo, e così via), ma è nato come spazio in cui riportare quello che mi esce dalle dita e che rientra sotto molti aspetti nella definizione di creative writing. Quel che ci può essere di vissuto, di "reale", dietro i messaggi con i tag del primo gruppo è affar mio ed esclusivamente mio. Quello che c'è di fronte al lettore è un testo, spesso un monologo, una narrazione interiore, a volte un fittizio occhio esterno che segue i personaggi nelle loro azioni.
Questo mi interessa mostrare. Questo mi interessa venga valutato. Non la mia vita, reale o presunta alle sue spalle.

Mi sono rassegnata ormai da diversi anni al fatto che non sarò mai una scrittrice. Ma mi piace inventare personaggi, immedesimarmi in situazioni, cercare definizioni, e scrivere di dolore quando sono felice, e di gioia quando ho l'anima in pezzi, e far ridere quando sono scoraggiata e far riflettere quando mi viene da guardare il mondo dall'alto in basso. Mi piace creare. Ma non sono una dea, e non posso creare se non rimescolando quel che già c'è, di letto, di ascoltato, di immaginato, di vissuto. Non è l'origine quel che conta. E' la nuova statuetta d'argilla in cui adoro soffiare il mio alito di vita. Fumoso.


Fonte testo: http://blog.libero.it/ombradellaluce

13/07/07

Via Bronte 2


Il mio palazzo ha otto piani.
E' attaccato con uno più basso e con unaltro ancora.
Quandera nuovo pareva un confetto di nascita. Tutto rosa di fuori e la scala marroncina di dentro. Poi ognuno che ci tornava ci mise un colore diverso tanto che ora mi pare la vesti di una cameriera quando finisce di fari i sivvizzi.
Io ci sono andato che ancora ci stavano lavorando con l'acqua che non arrivava nemmeno se ti vistevi dindiano come nei filmi dei caubboi che vedevo quando ero caruso. La fontanella poi cela misero dopo un paio di anni pecchè lacquedotto diceva che lacqua cera già nella casa e lacqua si paga.
Quando arrivai nel palazzo con me ci stava il signor Amico. Lui per dirla tutta cera entrato quacche giorno prima pecchè laveva costruito il suo padrone e lui ciaveva lavorato. Così grazie a un amico sera fatto dare la casa e laveva aggiustata come ci pareva. Poi a poco a poco arrivarono tutti gli altri.
Trentadue famigghie.
Come nel quartiere dove sono nato che ora però non si chiama più accussì pecchè la gente sopra allautobusso quando ci passiamo e celo conto che io ci stavo dice che ero fottunato pecchè quello è il centro storico e io ci calo la testa e ci dico di sì.

12/07/07

Liberi tutti


ma se il padrone non è più padrone
che tale non si deve mentovare

se le nostre parole evaporano
nell'indistinto di un vociare

se legulei e lolite metropolitane
ci mostrano il futuro, da calciare

se rinnova il boia
l'antico suo operare

se nascosta da pubblicità e sragioni
la guerra si appresta a ritornare

ecco

se ciò avviene chi dobbiamo ringraziare?

La Storia ride, non la si può ingannare.

15 Novembre 2002


Fonte immagine: http://kindlerya.blogspot.com

[Pubblico e Privato] Città Ho Chi Minh

30 Aprile 1975

Oggi alla televisione cera una confusione di notizie strana. Nonsacciu unni avevano sconfitto agli americani: quelli dei caubboi, e degli indiani, e della coccacola, e dei filmi.
Tutti parevano preoccupati e sorpresi anche, come quando tarrusbigghi dopo un lungo sonno. Iu, per conto mio, aspittavo nella poltrona solo che iniziavano i cartoni animati che delle altre cose non minteressava, cerano cose più importanti da pensare.
Avevano arrestato allamico mio Paolo e la scuola media era veramente difficile con tutti i prufissuri che ti facevano furiare la testa, e i compiti, e le interrogazioni.
A Paolo lavevano preso che dentro a una gioielleria si stava inchiennu i sacchetti. Ciaveva la pistola di Ginco, quella che avevamo comprato insieme alla fera, ma nessuno senera accorto. Tutto stava filannu lisciu quando dentro al negozio trasiu uno sbirro. Paolo non si scantau. Era un duro lui.
Ci appoggiò la canna della pistola nella testa e "Non ti moviri ca tammazzu!" ci rissi.
Però a quel pezzo di merda ci pariu, quel giorno, di essere un eroe. Si girò di scatto e ucchiappau, però prima si pigghiò una pisciata fridda nella faccia.
La fontana sutta a me casa non funzionava e Paolo aveva pensato daiutarisi da solo.


Fonte immagine: http://www.weatherman.splinder.com

11/07/07

La signora Alicata


Io ce lavevo detto al postino che era meglio che ce la dava lui la posta alla signora Alicata ma quel mischino ci aveva premura e mi lassau tutte le buste nelle mani. Per me cera la solita carta di ittari e una cattolina di mio nipote. Per la signora invece una busta gialla con tanti timbri che pareva una carta del comune.
Io non sono curioso però prima di suonare il campanello della porta ci vosi dare una taliata.
Era di so marito che ci scriveva dal collegio.
Lui ventanni prima ciaveva ammazzato il fratello pecchè non li voleva fare maritare e lei selera preso lo stesso con il sangue della famigghia che ancora nisceva fora. La conoscevano tutti la sua storia nel palazzo e forse per questo la signora Alicata non parrava con nessuno.
Ci diceva a tutti buongiorno e buonasera e chiudeva la porta.
Appena ci dissi che ciavevo una lettera per lei mi taliau stotto poi però vide la firma e ci arrireno locchi.
Cia resi e la salutai.
Lei non disse niente ma quando mi vutai per scendere a casa mi passi di sentiri:
"Grazie".

10/07/07

Economie


... per continuare dovresti inserire anche una data, o perlomeno una stagione, un mese. E' importante farlo, non potrei andare avanti senza.
Ecco, Febbraio, bene. Freddo, dunque, almeno in questa parte del globo.

N.G.,imbacuccato e sospirante, ha un forte mal di testa, sta per uscire da casa, deve recarsi al lavoro, ma... è indeciso.
Telefonare? Dire: "Sto male, fanculo, non vengo..."
Un rapido sguardo alle stanze buie, tutti ancora dormono. Ora si è deciso.
Con passo rapido è già oltre il portone, le mani vanno alle tasche del cappotto, cercano le chiavi dell'auto. Cazzo! Li ha dimenticate, decide di proseguire a piedi. L'aria è fredda ma l'ufficio non è molto lontano.
"Mi farà bene!" pensa "Sicuro!".
Sull'asfalto luccica la sua ombra, per strada non c'è nessuno, nessun strombazzare di clacson, nessun ticchettare di passi. All'improvviso quel silenzio sembra travolgerlo. La sua andatura diviene sempre più veloce, ora corre, vuole raggiungere l'angolo successivo per sentire, per vedere un volto, qualcosa. Nessuno...

Inserire 10 crediti. Inserire 10 crediti. Inserire 10 crediti.

"Forza CKD10 continua"
"Smettila 3P2, sai che non può. Il programmatore di incubi non è come noi, se vuoi far spaventare quell'umano devi tirar fuori i crediti"
"Uffa! Li ho finiti! Mi..."
"No! Ho speso troppo questo mese."
"Cazzo!"
"Cazzo!"

08/07/07

06/07/07

Il signor Aloisi

Aloisi non lo vedo da assai.
Me lo ricordo quando ancora scendeva le scale e si fermava a prendere un caffè a casa mia pecché Agatina so mugghieri non lo sapeva fare per niente e a lui un caffè ogni tanto ci piaceva prenderlo dalla caffettiera di casa e non peffozza arrivari fino al bar che costava anche assai.
Parlavamo delle partite e della pulizia delle scale e poi mi salutava e sinnieva.
Quando ci fu l’incidente ci fici le condoglianze ma non ci andai al funerale pecchè a me i morti mi piace vederli vivi. Poi un gionno lo incontrai che ritornava dalla spesa e lo invitai a pigghiarisi unaltro caffè.
Nel pomeriggio quando scinniu a me casa lo visti subito che Aloisi aveva una faccia strana. Sava portato una busta di prastica e mi pareva che voleva farimi vedere quaccosa.
Quando ce lo chiesi fu contento di mostrarimi la bialetti a una tazza che si era comprato nuovanuova che pareva ca parrava. Ci spiegai tutti i trucchi che sapevo e lui mi sembrò contento. Uscendo nel pianerottolo mi disse queste parole:
"Totò ma tu lo sai come è motta Agatina?"
Però poi acchianau i scali e nemmeno si vutau per dirmelo ma io già melero immaginato.

03/07/07

02/07/07

[Pubblico e Privato] La maggioranza silenziosa



7 Marzo 1971

Ciavevo già sette anni e mezzo e una televisione nuova: Sanremo, Canzonissima, il Telegiornale... io avevo tifato per quella canzone, come si chiamava... "Che sarà"; però alle mie cugine ci piaceva di più Nada checciaveva il cuore zingaro e a pensarci oggi, sarà stata la loro età o i primi sfruculiamenti, non ci potevo dare torto anche se ammia continua a piacere quella.
Eravamo tutti a casa di mia nonna.
Me la ricordo ancora quella casa. Ogni tanto ancora ci passo e faccio finta daccattari quacche cosa dai cinesi che ora ci stanno dentro. Era a pianoterra, ma con i soffitti alti che ci pareva una chiesa e il cesso fuori che ricordava il bordello.
Quando eravamo lì tutti davanti alla televisioni subito si facevano le squadre. Ma no così a discussioni. No, tutto avveniva amuta amuta che già, non si sa come, appena arrivato ognuno aveva preso la sua decisione e fatto la combriccola. Quando ti accorgevi che non eri tra quelli che vincevano ciavevi solo due possibilità: scassarici la minchia, e uscari coppa, o nesciri fora e giocare a sciancateddu. Iu nisceva.
Il comune ciaveva messo una luce forte proprio sopra al pezzo di strada della casa, e si vireva tutto come se fosse giorno. Così prendevo il gessetto da qualche muro fresco e disegnavo le caselle. Tanto lo sapevo che non ci resistevano assai la dentro, con le madri e i padri a litigare, e con mia nonna ca munnava faviani.

Fonte immagine: http://www.tesionline.it
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